Ancora un altro libro

Mi ero ripromesso, all’inizio dell’anno, di scrivere di più riguardo ai libri letti. In parte ho mantenuto la promessa ma prima che finisca questo 2019 vi consiglierò ancora qualche libro. Prima di addentrarmi nei dettagli di alcuni libri in particolare vi consiglio le divertenti avventure di Tre Uomini In Barca (per non parlar del cane) di Jerome K. Jerome. Un libretto carico di scene comiche e a volte paradossali, in bilico tra fantasia e realtà, che vede protagonisti tre amici in gita sul Tamigi con il cane Montmorency. Scritto nel 1889, strappa ancora qualche sorriso e anche qualcosa di più. Il suo seguito Tre Uomini a Zonzo ambientato in Germania è meno comico ma è incredibilmente profetico sulla diffusione della lingua inglese e l’avvento di Hitler, oltre ad essere infarcito di contraddizioni e assurdità del popolo tedesco. Se vi piacciono i libri più seri, vi consiglio Altai del collettivo Wu Ming, romanzo storico che fa da seguito (o quasi) di Q, che ho letto tempo fa. Meno complesso e più lineare del predecessore è comunque un buon romanzo, ben scritto e pensato.

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Scegliere cosa leggere nella sconfinata bibliografia di Stephen King, era un problema che non volevo più affrontare. Perciò non mi restava altro che procedere in ordine cronologico. Avendo già letto Carrie (1974) e i successivi Shining (1977) e L’ombra dello scorpione (1978) mi restava solo Le notti di Salem (1975), per completare i suoi primi quattro libri. Sapevo già di dover affrontare una storia di vampiri e che avrei incontrato padre Donald Callahan, protagonista di alcuni episodi della Torre Nera. Le intenzioni del giovane King erano quelle di scrivere un libro che fosse una pietra miliare dei libri dei vampiri e dell’horror in genere. Lo stesso King ammetterà di essere stato un po’ presuntuoso ma Le notti di Salem resta comunque un eccezionale esempio del suo talento. Questo romanzo ha contribuito in modo significativo a etichettarlo come il “re del’horror”, definizione che gli è sempre andata stretta ma che non ha mai rifiutato.
L’idea alla base del romanzo è semplice, come nella maggior parte dei romanzi di King: un vampiro decide di stabilirsi nella sonnolenta cittadina di Jerusalem’s Lot nel Maine, scegliendo una casa nota per la sua cattiva reputazione. Il resto lo potete immaginare, tutti sappiamo cosa fanno i vampiri ma ciò che sorprende di questo libro è il contesto nel quale si svolgono i fatti. Il male, rappresentato dal vampiro Kurt Barlow, si muove senza sosta nella quotidianità delle notti di Salem’s Lot. Durante il giorno solo pochi cittadini notano che qualcosa sta succedendo ma fingono di non vedere (anticipando il sentimento della città di Derry in It). Lo scrittore Ben Mears, torna a Sales’s Lot, dopo averla lasciata da bambino e più di tutti nota le terribili azioni dello straniero Barlow e del suo aiutante R.T. Straker. Troverà la collaborazione del professore Matt Burke e l’appoggio di Susan Norton, una giovane ragazza che Ben ha conosciuto proprio a Salem’s Lot. Si aggiungerà ben presto alla compagnia anche Mark Petrie, un ragazzino senza paura, appassionato di mostri e vampiri. La lotta contro Barlow risulterà subito impari e King si rivela spietato e senza nessun rispetto per il lettore, soprattutto per quello che si affeziona facilmente ai personaggi.
Nonostante si noti un King un po’ acerbo sotto alcuni aspetti, si può già apprezzare la sua capacità nel dettagliare e dare profondità ai personaggi secondari (o perfino semplici comparse). Praticamente ognuno di essi ha nome e cognome, un lavoro, un passato anche se il suo passaggio nel romanzo è molto breve. Che King si sia ispirato a Dracula di Bram Stoker è cosa nota, anzi lui stesso lo sottolinea più volte. L’impostazione stessa della trama è molto simile. L’unica differenza è che quello di Stoker era una sorta di romanzo epistolare, quello di King è in questa forma solo nel capitolo finale. Un romanzo che non si può non definire horror e quindi si discosta un po’ dalle successive produzioni del Re, meno focalizzate su mostri e sangue. Un romanzo d’azione con pochi momenti riflessivi. In definitiva Le notti di Salem è un romanzo assolutamente da non perdere per conoscere Stephen King e le sue influenze letterarie, oltre a quelle che avrà sulla successiva produzione del Re.
In seguito ho anche letto La Zona Morta (1979). Avevo visto, diversi anni fa, il film del 1983 di David Cronenberg con Christopher Walken ma del quale ricordavo davvero poco. In questo romanzo King mette da parte mostri e il suo immaginario horror per confezionare un thriller dal ritmo incalzante e dall’immancabile componente sovrannaturale. Il giovane Johnny Smith, capace di avere delle premonizioni, rimane in coma per cinque anni in seguito ad un grave incidente automobilistico. Al suo risveglio trova un mondo diverso e le sue capacità più sviluppate ed invadenti. Una serie di eventi lo porterà a decidere le sorti degli Stati Uniti d’America. Stephen King ci racconta un’istantanea di quegli anni, tra mito e realtà, di un sogno americano corrotto e, purtroppo, profetico. Un ottimo libro per chi vuole iniziare ad affrontare il mondo di King.

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Non sono un appassionato del genere fantasy. Ho letto solo Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion e Lo Hobbit e dunque la mia cultura fantasy è limitata a questo noto scrittore inglese. Ma questa estate, non ricordo come, sono incappato nella saga fantasy de La Spada della Verità. Avevo visto, diversi anni fa, la serie tv della quale, a parte una splendida Bridget Regan nella parte di Kahlan Amnell, ricordavo poco o niente. Ho saputo che la serie era tratta dai libri di Terry Gooking, un autore americano che ha praticamente scritto solo romanzi che riguardano le avventure del Cercatore e della Depositaria. Sono partito ovviamente dal primo volume della quale è composta la saga. L’edizione italiana ha attraversato una serie di pubblicazioni un po’ confuse rispetto all’originale e l’attuale è composta di undici volumi che vanno a coprire il primo arco letterario della saga. Il primo volume racchiude i primi due episodi della saga e supera le 700 pagine. Prima di intraprendere questa avventura ho cercato di informarmi un po’ a riguardo. Ho capito essere una saga più per adulti che per ragazzi, contrariamente a come accade spesso nella letteratura fantasy, e che l’autore non deve essere un gran simpaticone ed è un po’ fissato con la dottrina filosofica dell’oggettivismo. Questa ultima caratteristica è particolarmente evidente in alcuni passaggi del libro e se devo essere sincero è una visione delle cose piuttosto condivisibile. In sostanza, anche i cattivi fanno i cattivi per una buona ragione e credono di essere nel giusto tanto quanto i buoni. Ho semplificato troppo, Wikipedia saprà essere più esaustiva se vi interessa. Comunque, la Spada della Verità mi aveva convinto e pur non aspettandomi chissà quale capolavoro, ho iniziato la lettura. Soprattutto nei primi capitoli si intuisce, forse anche per colpa di una traduzione non eccezionale, che Goodking non è uno scrittore nato. Anche se la lettura è estremamente scorrevole e senza particolari momenti morti, si può trovare qualche dialogo è un po’ infantile e il protagonista Richard Chyper a volte appare un po’ troppo ingenuo. Le idee però non mancano al buon Terry, anche se qualcuno lo accusa di aver scopiazzato qua e là nella letteratura fantasy (ma chi non l’ha mai fatto dopotutto). Fin da subito il mondo di Goodkind si delinea chiaramente, le Terre dell’Ovest prive di magia da una parte e dall’altra le Terre Centrali e il D’Hara, dove imperversa la magia. I tre confini che tengono separate le terre sono in pericolo, e uno di questi è già crollato ad opera del malvagio Darken Rahl. Il giovane Richard Cypher si trova coinvolto, dal mago e amico Zedd e dalla Depositaria Kahlan Amnell, in un viaggio alla ricerca della terza scatola dell’Orden. Un oggetto che, se finisse nelle mani di Rahl, gli permetterebbe di sottomettere il mondo. Non rivelo altro sulla trama che è interessante e ben congegnata. Mi è piaciuto il fatto che Goodking non si risparmia sui particolari violenti e anche un po’ splatter, che indirizza il fantasy verso un pubblico adulto. Notevoli i capitoli nel quale Richard è prigioniero di una Mord Sith. Sono tesi e claustrofobici, oltre ad essere una chiara fantasia sadomaso dell’autore. Al di là di questo, le scene delle torture sono le più toste del romanzo. Manca però, in mezzo a tutto questo, un po’ di sano turpiloquio. I cattivi non si abbandonano mai ad espressioni volgari e anche ai protagonisti non scappa mai una mezza parolaccia (forse c’entra ancora la traduzione). Evidentemente il fantasy piace così ma, a me, ha fatto uno strano effetto. In definitiva le oltre 700 pagine del primo volume le ho divorate in poco tempo e ho passato delle ore di piacevole lettura. Leggerò sicuramente anche il secondo volume e chissà se in futuro qualche altra saga fantasy farà capolino da queste parti.