Sono soltanto gli smerghi giù a sud…

Scegliere cosa leggere nella sterminata lettaratura di Stephen King non è semplice. La mia prima intenzione fu quella di partire da It, ma quando lo vidi, il libro s’intende, non Pennywise, ebbi un’esitazione. Non mi spaventano i libri lunghi, o alti come verrebbe da dire ma non avevo mai letto nulla dello Zio Steve e sarebbe stato un peccato sprecare un kilo di carta nel caso non mi fosse piaciuto. Allora ho scelto Shining, romanzo ben più ridotto nelle dimensioni ma altrettanto celebre. A metà della vicende di Jack Torrence e famiglia avevo già scelto il prossimo libro, ovvero It. Stephen King mi ha sorpreso e non ho mancato di riportarlo anche su questo blog. Poi mi sono dedicato alla serie de La Torre Nera, leggendo per ora solo i primi due capitoli, passando per Carrie. Non riuscendo a trovare il terzo libro della serie e avendo voglia di leggere qualcosa di King ho dovuto spulciare la sua produzione. Alla fine ho scelto Pet Sematary.

Una famiglia si trasferisce nel Maine (ovviamente!) e fa subito la conoscenza dell’anziano vicino di casa e consorte. A separarli solo una strada. Dietro la casa di Lous Creed, il protagonista e padre di una bambina e il piccolo Gage, c’è un sentiero che porta dritto al cimitero degli animali oltre al quale c’è un luogo, il vero protagonista del romanzo. Per buona parte del romanzo King sembra preparare il lettore a qualcosa e ad indirizzarlo verso una particolare visione del concetto di morte, del tutto condivisibile. Ma perchè tutto questo? Il punto di svolta  arriva presto. Succede una disgrazia e tutti i lettori del mondo avranno pensato la stessa cosa negli istanti successivi. Forse una trama prevedibile? In un certo senso sì ma tale trama può prendere due strade. E una di queste, noi lettori, ci rifiutiamo di pensare possa essere presa. Quando siamo al bivio mancano ancora un po’ di pagine e quindi è lecito pensare che il dottor Creed prenderà sicuramente quella strada. Il punto di svolta di Pet Sematary nel quale è coinvolto il piccolo e dolce Gage è uno dei momenti più toccanti che abbia mai letto. Stephen King sfodera tutte le sue armi sporche d’inchiostro e ci trascina a casa Creed mettendoci in una situazione nella quale nessuno al mondo si vorrebbe mai trovare. Ma c’è un via d’uscita. Quella strada alternativa che può rappresentare il sentiero verso il cimitero degli animali e oltre. Louis Creed la prede e King ci racconta come è andata. Gli strascichi di questa scelta pesano come piombo, tutto sembra al rallentatore, tutto è ovattato, oscurato. Lous paga la sua scelta e sua moglie la paga ancora più cara. Louis non può sottrarsi al richiamo e sceglie di nuovo quella strada. Forse per l’ultima volta? Nessuno lo sa, lo Zio Steve chiude tutta la vicenda qui lasciando il lettore incerto e incredulo. Louis lo ha fatto davvero e lo ha fatto di nuovo.

Pet Sematary affronta un tema spinoso come la morte mostrandoci cosa succede se facciamo la scelta egoistica di Louis. Stephen King mi sorprende ancora. Il suo stile è così pulito, preciso, dritto all’obiettivo che non puoi fare a meno di rimanerne affascinato. Quanto mai ho letto Shining quella volta, ora sarò costretto a leggere ogni suo romanzo. I fantasmi di King bussano sempre alla tua porta.

Church
Church, sei tu?

Ogni cosa a suo tempo

Passeggiando per Youtube si fa la conoscenza di parecchia musica. Alcune volte buona, altre volte meno buona. Chi ha ideato il meccanismo della barra laterale dei video correlati deve sapere che ha inventato qualcosa di magico. Non nel suo funzionamento, che seguirà qualche algoritmo rispettoso di tutte le leggi matematiche e informatiche, piuttosto sono i criteri di scelta che a volte soprendono. Capita a volte che i video correlati siano strettamente legati a quello che state guardando tanto da essere uguali tra loro e ciò può creare qualche fastidio oltre che essere del tutto inutile. A volte invece, nella lista, appaiono video che non centrano nulla. Non so come sono arrivato ad ascoltare questa canzone. So di aver cliccato uno dei video correlati ma non mi ricordo a cosa fosse correlato.

Gabrielle Aplin
Gabrielle Aplin

Poco importa. Sarà stato il bel faccino o le atmosfere anglosassoni e nostalgiche del video, resta il fatto che ho ascoltato Home canzone della ventenne Gabrielle Aplin. Originaria di Bath, Inghilterra si è fatta strada nel mondo della musica in pochi anni partendo proprio da Youtube e la sua magia dei video correlati. Il stereotipo del cantautore di nuova generazione. Per ora ho ascoltato, con piacere, solo Home che fa parte di uno dei tre EP che Gabrielle a pubblicato. Finora nessun album anche se il suo esordio è previsto per il prossimo anno. Una voce melodica, giovane e l’atmosfera nostaligica sembrano essere gli ingredienti della giovane cantautrice.

Per me ascoltare le giovani promesse della musica rappresenta la possibilità di poter dire un domani: “Gabrielle Aplin l’ascoltavo quando ancora non la conosceva nessuno”, sempre che non finisca in nulla prima del tempo. Seguire, quindi la vita dell’artista al pari passo con la tua e soprattutto ascoltare musica che nasce nel tuo tempo. Oggi c’è una grande riscoperta del passato, dagli anni ’60 agli anni ’80 come se oggi non ci fosse di meglio. Ma è vero? Forse sì, ma non ci metterei la mano sul fuoco. Non ho vissuto gli anni ’80 ma da quel che ho capito erano ritenuti, allora, gli anni musicalmente peggiori. Oggi non è più così. Sono stati rivalutati, come si dice. E se la stessa cosa stesse capitando oggi? Non possiamo ancora saperlo. Per questo ascoltare la musica di oggi è importate non solo perchè corre al nostro fianco in questi anni ma perchè quando in futuro verrà rivalutata io voglio dire “io c’ero”. Quello che per me hanno rappresentato e rappresentano i R.E.M. è straordinario ma non rappresentano la mia età, il mio tempo. Hanno corso solo poco tempo al mio fianco e si sono fermati prima. Loro sono dei sempreverdi ma rappresentano gli anni ’80 e ’90. Voglio qualcosa che rappresenti il mio tempo. Di artisiti che invecchieranno con me ne ho trovati e chissà se si aggregherà anche Gabrielle. Devo ammettere che lo scoperta davvero agli esordi e sarebbe davvero bello poter correre accanto a lei fin dall’inizio.

L’anno scorso andava il rosso

In queste settimane ho letto un paio di articoli lontani nel tempo ma piuttosto in sintonia tra loro. Il primo di questi riportava il risultato di una recente ricerca spagnola che ha “dimostrato”, sempre che tale cosa si possa dimostrare, che la musica, soprattutto quella pop, sta diventando sostanzialmente tutta uguale. Questo processo di omologazione è stato registrato in un arco di tempo che va dal 1955 al 2010. Sostanziamente, si potrebbe dire che la musica del futuro non brillerà certo per originalità. Forse non era necessaria una ricerca per capirlo. Personalmente penso che buona parte della musica ce la siamo “bruciata” negli anni 60-70. Il rock ‘n’ roll di Elvis ha dato inizio alle danze, dando vita alla musica commerciale. Poi sono arrivati i Beatles e i Rolling Stones, con la tripletta basso, chitarra e batteria. Il problema, spigano i ricercatori, sta proprio negli strumenti usati. Ormai sono stati spremuti a sufficienza. Poi qualche guizzo come il punk e il grunge ma troppo di nicchia per durare. Io che sono cresciuto negli anni 90 non ho potuto non notare quanto fosse povera l’offerta musicale soprattutto nella fine di quel decennio. Se penso agli anni 90 mi viene in mente la parola plastica. Che spesso aveva un colore fluorescente. Oggi gli artisti sembrano pescare a piene mani negli anni 80 con discreti risultati. Ma la musica deve essere come la moda? La musica è moda? L‘anno scorso andava il rosso e quest’anno il blè dicevano gli Elii.

E allora dove possiamo andare a cercare per sentire qualcosa di nuovo? Ed eccoci al secondo articolo della settimana. In questo caso si trattava di una recensione di Philharmonics l’album d’esordio di Agnes Obel. Al di là del fatto che al recesore non piacesse molto l’album ha anche espresso un’opinione molto condivisibile riguardo al mondo della musica indie. L’autore dell’articolo si poneva questa domanda: davvero il mondo indie è più originale e ricco di idee di quello mainstream? Secondo lui non è così o almeno lo è meno spesso di quanto si possa credere. Sono d’accordo con lui su questo, meno sul fatto che Agnes Obel rientri nella categoria “una delle tante”. Trovo ogni volta la conferma che la musica indie è “omologata” quanto la musica pop commerciale ascoltando di tanto in tanto le nuove uscite. Le band che spiccano nel panorama indie si possono contare sulle dita di una mano, tutto il resto è un marasma informe che nasconde e amplfica allo stesso tempo la mancanza di talento di alcuni di questi. L’autore si chiedeva in che direzione sperimentare nuova musica. Ovviamente è sempre quella: l’elettronica. Prima di ammettere di aver perso ispirazione si prova con l’elettronica, tanto la capiscono in pochi o fanno finta di capirla. Ma sai che novità l’elettronica! La si usa per sperimentare dai tempi dei canti gregoriani.

Ecco come quest’ultimo articolo anticipa la ricerca spagnola. Quali novità ci aspettano? Ci sono ancora combinazioni valide di note o di strumenti che possiamo catturare nell’etere? Sembra che la risposta sia, no. La musica forse è prorprio come la moda. Abbiamo due gambe e due braccia. I pantaloni saranno sempre pantaloni e le camice saranno sempre camice. Ripescare nel passato, un passato glorioso, dà l’illusione di aver creato qualcosa di nuovo, quando invece non si è fatto altro che risvegliare qualcosa che dormiva da qualche lustro.

Ogni epoca hai i suoi eroi e alcuni artisti di oggi che ci ripropongono sonorità di ieri, con successo, non fanno altro che tramandare qualcosa che è stato bello e perchè no, potrebbe essere bello ancora oggi. La musica di oggi è l’erede, naturale o meno, di quella musica che appartiene ad un passato che non tornerà. Un passato dove la musica che vibrava nell’aria era tanta ed era facile catturarla. Oggi ne rimane poca ed è nel destino di pochi saperla intrappolare.