Non ricordo quanto tempo sia passato dalla prima volta che ascoltai una canzone degli Editors, una versione acustica di Smokers Outside The Hospital Doors per MTV. Forse era il 2007 o il 2008 quando mi innamorai della voce di Tom Smith e di quel gruppo che è ritornato quest’anno con l’album In Dream. Si tratta del quinto della loro discografia, il secondo con la nuova formazione priva del chitarrista Chris Urbanowicz. Il precedente The Weight Of Your Love del 2013 era il risultato di un recupero dei brani scritti con l’ex chitarrista durato quattro anni. Un album che lasciò qualche perplessità e qualche buona sensazione per il futuro ma che deluse molti fan legati al quel sound dei primi due album. Questa volta il gruppo è partito da zero cercando di trovare un’identità nuova, che passa sempre dalla voce del leader Tom Smith. Eccoci dunque di fronte a In Dream, ennesimo cambio di direzione per la band inglese, ennesimo tentativo di trovare una definitiva consacrazione.
No Harm reintroduce i synths abbandonati da In This Light And On This Evening ma più leggeri e meno opprimenti. Smith si prende la scena con la sua voce inconfondibile e da forma ad una canzone essenziale ed intensa. Un gradito ritorno alle atmosfere oscure, tipiche del gruppo, “The fever I feel, the fake and the real / I’m a go-getter / My world just expands / Things just break in my hands / I’m a go-getter“. La successiva Ocean Of Nigth è portatrice di un po’ di luce, notturna e lontana. Quasi ci culla veloce verso una notte senza fine, trasfortati da una confortante melodia. In sottofondo la voce femminile di Rachel Goswell (Slowdive) che duetterà più avanti con Smith. Una delle migliori dell’album, “Wasting on nothing / Effortlessly, you appear / Sound of the thunder / Reverberate in your ears / This is a slow dance / This is the chance to transform / Pause for the silence / In habit, the calm of the storm“. Forgiveness fa tanto anni ’80. Sembra di tornare indietro e ritrovare gli Editors che conosciamo. C’è energia e rabbia che non sfocia in un sound epico nel quale Smith e soci sono talvolta caduti, “The line in the sand ain’t drawn for everyone / The flag in your hand don’t make you American / Stripping your soul back, be forever young, forever young / Forever young“. Salvation apre con gli archi e continua con l’elettronica facendo galleggiare Smith in un’aria densa. Il ritornello è un’esplosione, un cambio di marcia carico di energia che spezza l’equilibrio. Una buona canzone, forse un po’ frammentaria ma potente, “Son, you were made to suffer / Oh, but the morning comes / Oh, when the light is failing / Temptation takes you to / Salvation / Swimming with the swarm of electric stars / Salvation / Deliverance is ours by the light of the stars“. Il pezzo forte dell’album è sicuramente Life Is A Fear, pulsazione elettroniche ci catturano e ci trascinano tra laser e luci stroboscopiche. Tom Smith ancora una volta non disdegna il falsetto ma non manca di cantare a piena voce. Da ascoltare, “Every siren often my lullaby / Every heartbeat functioning thrown to the night / I’m quenched in your light / And see the floor rising through a dream / Forgotten thoughts lost in a memorable theme / And soaked to the skin“. The Law è essenziale e minimalista, dove trova posto Rachel Goswell con la sua voce fredda. Anche se c’è tutta l’intenzione di sperimentare, forse questo brano è un po’ debole e sottotono. Lecito aspettarsi di meglio dagli Editors, “What’s that accent? Where are you from? / What are you drinking? How’d I get some? / Sinking my teeth into something new / Doing what my maker taught me to“. Our Love è troppo disco per i miei gusti. Quel falsetto poi è troppo. No, questa non mi piace e più l’ascolto e più mi convinco che non fa per me. La salvo solo per il finale, “All eyes on you now / The cigarette burning, the taste of ash in your mouth / I understand, I understand / This ain’t a dream, it’s your world caving in (I always knew) / Your world caving in (I always knew)“. Ma gli Editors si riscattano con la bella All The Kings. Si torna a sentire Smith in tutto il suo splendore, che insegue il ritmo e la melodia, è questo che voglio sentire. Il brano si chiude con un estratto da Harm, canzone contenuta nella versione deluxe, “The place where we met is haunted by thieves / Sifting through memories, from the foreign leaves / Oh, bank us your soul, now race with the clock / Immunity over, take a moment, then stop“. Una ballata triste e profonda come solo gli Editors sanno fare è racchiusa in At All Cost. La voce di Smith è fredda e lontana, tutto è rallentato e confuso. Senza orpelli nè distrazioni, essenziale, “When I’m calm / And oh, I’d lie / And all my doubts are dead / Take me back to then / Don’t let it get lost / Don’t let it get lost / At all cost / At all cost“. Chiude l’album Marching Orders, lunga marcia che sfiora gli otto minuti. Una canzone epica e malinconica. Una bella canzone che dimostra che questo gruppo ha ancora qualcosa da dare. Un saluto perfetto, “I used to write down my dreams / Now they’re gone when my eyes open on you / Well even though you’ve fucked up / There’s still the makings of a dreamer in you“.
In Dream è un album nel quale gli Editors decidono di guardarsi indietro e provare qualcosa di nuovo. Il paragone con In This Light And On This Evening vale solo per l’uso preponderante dei sintetizzatori sulle chitarre, perchè questa volta si intravede una luce in fondo al tunnel. Gli Editors sono tornati con la voglia di fare bene e ci sono riusciti ma manca ancora quell’identità che permetterebbe loro di staccarsi una volta per tutte dai loro modelli. Restano vittime della critica che sembra aver perso fiducia in questo gruppo, troppo simile a tanti suoi predecessori. No, In Dream, non è ancora l’album perfetto, quella pietra miliare che segnerà la loro carriera. Gli Editors sembrano destinati a scrivere album sempre ottimi, a volte buoni, ma non sembrano destinati a sfornare un capolavoro. Con questo album, la nuova formazione, ha stabilito le nuove linee guida per il futuro, affidandosi a Tom Smith e al suo carisma. Proprio lui, che campeggia da solo in copertina, come non era mai successo finora. Gli Editors restano ancora un gruppo dai tratti indefiniti ma paradossalmente in grado di sorprendere.