Non mi giudicate – 2022

Come tutti gli anni è giunto il momento di tirare le somme di questo 2022. Sono 72 i miei album usciti quest’anno e quindi candidabili per la breve selezione che troverete qui sotto. Come sempre, ma quest’anno in particolar modo, è stato difficile scegliere per alcune categorie. Forse anche a causa nel gran numero di album, molti di più del 2021. Avrei voluto dare spazio su questo blog ad altri album ma anche sulle recensioni ho dovuto fare delle scelte, spesso a malincuore. Ma tutto ciò mi ha aiutato a restringere la rosa dei candidati per questa lista. Ecco dunque svelati i miei personalissimi migliori album del 2022. Buona parte degli esclusi lì trovate comunque tutti qui: 2022. E i restanti? Li trovate un po’ qui, su Bandcamp, e un po’.. chissà dove.

  • Most Valuable Player: Aldous Harding
    Pochi altri artisti sono paragonabili a lei. Con il suo Warm Chris si conferma una delle più originali cantautrici della sua generazione. Una di quelle che si faranno ricordare a lungo. Ascoltare per credere.
    Amore è il nome del gioco
  • Most Valuable Album: Palomino
    Il ritorno delle First Aid Kit è segnato da un album eccezionale. Probabilmente il più bello della loro carriera sotto tutti i punti di vista. Positivo e solare ma venato di una malinconica maturità.
    Lascia che il vento ti riporti a casa
  • Best Pop Album: Dance Fever
    I Florence + The Machine danno vita ad un album potente ma allo stesso tempo fragile e insicuro. Le difficoltà del lockdown ci mostrano una Florence Welch meno dea e più mortale.
    Welch la Rossa, il diavolo e la voce d’oro
  • Best Folk Album: To Have You Near
    Categoria colma di ottimi album. Alla fine però l’angelica voce di Hannah Rarity riesce a spuntarla sulle contendenti. Il suo è un folk moderno ed emozionante che prende ispirazione dalla tradizione.
    Un vento pieno di ricordi
  • Best Country Album: No Regular Dog
    Pochi dubbi sul migliore album di questa categoria. Kelsey Waldon ci regala un album solido nel quale ogni canzone si completa con le altre, dove non c’è un solo passo falso. Non so quante volte l’ho riascoltato.
    Consunto come un vecchio paio di jeans
  • Best Singer/Songwriter Album: Loose Future
    Altra categoria affollata di ottimi album. Ho voluto premiare il coraggio di Courtney Marie Andrews di rinnovarsi e trovare nuove strade. Il risultato è ottimo come lo è sempre stato per questa cantautrice americana.
    La vita è migliore senza piani
  • Best Instrumental Album: Beatha
    Quest’anno ho ascoltato album prevalentemente strumentali più del solito. La mia scelta ricade però su quello di Tina Jordan Rees, stimata musicista scozzese, che debutta da solista con le sue composizioni originali.
  • Rookie of the Year: Iona Lane
    Con Hallival questa cantautrice inglese debutta con un album che è una finestra sulle bellezze della natura ma anche sugli uomini che la abitano, arrivando infine a noi stessi. Un folk moderno e senza tempo.
    Brutale bellezza avvolta dalle mareggiate occidentali
  • Sixth Player of the Year: Katie Spencer
    Quando ascoltai The Edge Of The Land non avrei mai pensato di inserirlo tra i migliori di quest’anno. Ma pian piano è cresciuto e ogni tanto mi chiama ancora a sé ed io ritorno piacevolmente da Katie.
    Come il gelsomino la sera
  • Defensive Player of the Year: Erin Rae
    Non poteva mancare questa cantautrice con il suo Lighten Up che torna a deliziarci con la sua voce unica e le sue canzoni sincere. Un album rassicurante e familiare, dove rifugiarsi quando se ne sente il bisogno.
    Sotto un vecchio familiare bagliore
  • Most Improved Player: Hailey Whitters
    La mia scelta ricade, senza esitazioni, sull’album Raised. Il country spensierato e solare ma anche un po’ nostalgico di questa cantautrice trova qui la sua massima espressione. Semplicemente irresistibile.
  • Throwback Album of the Year: Saint Cloud
    Complice il debutto del duo Planis, ho riscoperto questo album del 2020 di Waxahatchee ovvero Katie Crutchfield. La sua voce carismatica e il suo stile particolare mi hanno conquistato subito.
    Mi ritorni in mente, ep. 86
  • Earworm of the Year: Karma Climb
    Molte sono le canzoni che mi sono ronzate in testa per un bel po’. Forse più delle altre c’è questa degli Editors, che sono tornati come sempre carichi di novità, con il loro EBM. Tom Smith è una garanzia.
    È così che ci nascondiamo dalla vita moderna
  • Best Extended Play: I Promised You Light
    Sono ben due gli EP pubblicati quest’anno da Josienne Clarke, uno di brani originali e uno di splendide cover. Ho scelto il primo solo perché ne ho scritto a riguardo da queste parti ma anche l’altro Now & Then merita un ascolto.
    Queste furono le prime luci
  • Honourable Mention: Nikki Lane
    Non potevo dimenticare lei e il suo Denim & Diamonds. Un ritorno in grande stile a distanza di anni. Una album maturo e personale che segna una svolta rock ma che non rinnega l’anima outlaw country di questa cantautrice.
    Ti farà girare e ti sputerà fuori

Lascia che il vento ti riporti a casa

L’avventura delle First Aid Kit è iniziata nel 2008 quando le sorelle svedesi Johanna e Klara Söderberg hanno esordito con l’EP Drunken Trees. All’epoca la più giovane, Klara, aveva solo quindici anni. Nel 2012 è arrivata la consacrazione definitiva con The Lion’s Roar che ha permesso alle due ragazze di arrivare al loro quinto album di studio, Palomino, uscito all’inizio di questo mese. Le First Aid Kit sono note per la loro musica fortemente ispirata al folk americano ma negli anni hanno saputo trovare nuovi spunti, lasciandosi influenzare dal pop e dal rock. Per me questa coppia di artiste è una garanzia, ogni loro album è un acquisto a scatola chiusa. Questo non fa eccezione, fatto salvo che non ho resistito ad ascoltare i suoi singoli.

First Aid Kit
First Aid Kit

Out Of My Head apre l’album con la voce unica di Klara e ci riporta alla luminose e vitali melodie di Stay Gold. La scelta di aprire con una canzone che spazza il buio del suo predecessore non è casuale, “Stuck inside my dreaming / Falling behind / Running on low / Does it matter now? / Let me out, out of my mind / Out of my head, ooh, ooh, ooh / Out of my head, out of my mind“. L’amore, anche se non ricambiato, è l’ispirazione per Angel, un brano folk rock che esplode in un ritornello orecchiabile e liberatorio. C’è un’energia in questa canzone che dimostra tutta la voglia di tornare a fare musica con gioia, “All of this pain that I’ve kept concealed / Thought if I didn’t speak it, it wouldn’t be real / But sometimes, sometimes I feel I have to shout / At the top of my lungs and just let it out“. La successiva Ready To Run riprende le sonorità più vintage alle quali queste sorelle sono più affezionate e ci riporta ai loro brani migliori. L’atmosfera di questo brano è ancora coma di gioia e buoni sentimenti, “Did I disappoint you? / I’m pretty sure I did / You thought I was some kind of rock star / I was a nervous little kid / And I assumed you were someone I could lean myself upon / But with the blink of an eye, you were out the door, gone“. Turning Onto You è una ballata dalle stile americana che si affida alla voce di Klara per regalarci una canzone nostalgica. Inutile sottolineare l’affiatamento delle due sorelle, “Cause you got me hanging on / Like the words to my favorite song / Let the night turn into dawn / I’ll be turning onto you / Oh as time’s moving on / I’m asking you don’t keep me waiting too long“. Il basso guida le voci dolci di Klara e Johanna in Fallen Snow. Una canzone essenziale e ben equilibrata. Orecchiabile e con un ritmo irresistibile. Cosa chiedere di più? “When you think that I’m not watching / I can see a bleakness in your smile / I know all the depths you’ve gone to / To lift the sorrow from your eyes / Oh, was it worth your while?“. C’è ancora tanta nostalgia in Wild Horses II. Un viaggio fa da sfondo a questo brano, lento e accompagnato dalla musica di Gram Parsons e dei Rolling Stones, “We passed a canyon / We passed a fire brigade / Headed up the mountains / They set the woods ablaze and then we got hungry / Stopped at a diner / You flirted with the waitress / And I didn’t even care“. The Last One è una potente canzone d’amore che brilla luminosa, una canzone a due voci con un ritornello perfetto come sempre. Le First Aid Kit hanno ancora un tocco magico come il primo giorno, “When did I become a woman / Who waits, fevered, for a call? / I need a word from you, a touch, a feeling / Oh so desperate to feel anything at all“. Nobody Knows è una canzone elegante e misteriosa, accompagnata dal suono degli archi. L’esperimento di uscire dalla loro comfort zone è pienamente riuscito e non possiamo che goderci il risultato, “Caught in the rain with no protection / Biding my time with no sense of direction / That look in your eyes keeps getting stranger / Caught in the rain, helpless without you“. Segue A Feeling That Never Came è più in linea con lo stile classico delle First Aid Kit. La voce di Klara tratteggia una melodia sempre più ricca e irresistibile. Ancora una canzone solare e dolce che spazza via i cattivi pensieri, “It’s funny how it happened / How fast your world can change / It’s funny how you tricked me / And how you keep fooling yourself / It’s funny how I believed you then / When you said we all try our best / I loved you, I did, but I’ve put that notion to rest“. A seguire una ballata intitolata 29 Palms Highway. Le sonorità anni ’70 di cui sono innamorate queste due ragazze si fanno risentire anche qui, “I hold my arms out to you / I hold my arms out to you / I’m ready to listen / Are you coming through? / I hold my arms out / 29 Palms Highway / Stretches out in the desert sand“. Chiude l’album la title track Palomino. Una delle mie preferite di questo album. Il sound del southern rock si addolcisce con le voci angeliche delle sorelle. Il ritmo, la melodia e il ritornello orecchiabile creano qualcosa di meraviglioso. Da ascoltare, “Where you go my love goes, darling / I can hear the unknown road calling / So let the winds carry you home, my darling / For where I go your love goes, darling“.

Palomino segna un ritorno delle First Aid Kit che dimostrano di essere in grande forma e di aver trovato un sound più personale e maturo. Smessi i panni da ragazze, ore le sorelle Söderberg iniziano una nuova carriera come donne, più consapevoli del loro talento e di ciò che la loro arte può fare. Questo album chiude le porte alla malinconia del precedente Ruins e apre a nuove melodie, più luminose e leggere. Gli anni passano ma le First Aid Kit continuano il loro percorso artistico rimanendo sempre riconoscibili, regalandoci quel dolce mix di folk, pop e rock che però lascia intatta un’anima sincera. Palomino si candida come uno degli album più belli di questo anno che sta per finire, nonché uno dei ritorni più graditi ed attesi. Brave ragazze, anche questa volta avete fatto centro.

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Due cuori ribelli

Sono passati otto anni dall’esordio delle First Aid Kit, intitolato The Big Black And The Blue. Il successo lo hanno trovato però due anni dopo con The Lion’s Roar segnando, di fatto, una pietra miliare nel panorama folk di nuova generazione. Le sorelle Söderberg, Johanna e Klara, originarie della Svezia, hanno dato nuova linfa al country folk americano nella Vecchia Europa, spingendo altri giovani artisti a seguire le loro orme. A quattro anni di distanza dall’ultimo Stay Gold, che le vedeva alle prese con un sound più pop, le First Aid Kit hanno pubblicato lo scorso mese il nuovo album, intitolato Ruins. Un atteso e gradito ritorno che si preannunciava come decisivo per la crescita delle due sorelle e così è stato.

First Aid Kit
First Aid Kit

L’album inizia con Rebel Heart, un brano che ricalca lo stile unico delle First Aid Kit ma che allo stesso tempo introduce nuovi elementi nella loro musica. Unica costante l’inimitabile voce di Klara, “I don’t know what it is that makes me run / That makes me wanna shatter everything that I’ve done / Why do I keep dreaming of you? / Why do I keep dreaming of you? / Is it all because of my rebel heart?“. Il singolo It’s A Shame è una colorata cavalcata folk pop. Le due sorelle cantano all’unisono, dando vita ad una delle canzoni più godibili di questo album. Una riflessione sulla vita e sul passato, nella quale si intravede la sopraggiunta maturità del duo, “Tell me it’s okay / To live life this way / Sometimes I want you to stay / I know it’s a shame / Shame / Shame“. Spazio al romanticismo con la bella Fireworks. Johanna e Klara si alternano nel canto, intessendo un lento d’altri tempi. Una canzone malinconica e disperata, realizzata splendidamente, “I could have sworn, I saw fireworks / From your house, last night / As the lights flickered and they failed / I had it all figured out“. Con Postcard, le First Aid Kit ritornano al loro primo amore, il country folk. Un brano c’è cattura per la sua leggerezza e sincerità, con quella vena triste che dà quel qualcosa in più, “I wasn’t looking for trouble but trouble came / I wasn’t looking to change, I’ll never be the same / But that’s not what you make it, baby“. La ballata To Live A Life esprime tutta la forza della loro musica. Per quasi tutta la sua durata è accompagnata da una chitarra acustica che priva il brano di qualsiasi distrazione, lasciando spazio alla voce magnetica di Klara, “Well I’m just like my mother / We both love to run / Chase impossible things / Or unreachable dreams / Lie awake in the night / Thinking this can’t be right / But there is no other way / To live a life alone / I’m alone now“. My Wild Sweet Love le sorelle Söderberg ripropongono le trame delle loro canzoni migliori. Lo fanno senza ripetersi, forti di essere oramai una certezza è non più delle esordienti, “Will I know what this all means / When we’re a hazy memory / With all the colors of a dream / My wild sweet love / My wild sweet love“. Distant Star è un altro pezzo folk pop nelle loro corde. C’è come un scambio di luce ed oscurità nelle melodie di questa canzone, oltre alla consueta sintonia tra le due sorelle, “You’re a distant star / My darling you’re so far away / You were never meant to stay / I reached out to see / If you’re still here with me / Maybe we could have made it easy / Could we“. La title track Ruins è un brano sulle difficoltà dell’amore. Una canzone dalle melodie morbide e tristi nella quale si mescolano le due voci, “Ruins / All the things we built assured that they would last / Ending months ticket stubs, and written notes and photographs / Where are you and here somewhere I cannot go / I’m sorry / I am / But I don’t take it back“. Hem Of Her Dress è una canzone scritta di getto, ispirata dalla musica dei Neutral Milk Hotel. Le First Aid Kit sono riuscite a coglierne la spontaneità, tratto distintivo della band di Jeff Mangum, “So I am incomplete / So loud, and so discreet / You tried to pinpoint me / I guess that was your mistake / Too much whiskey / Too much honey, too much wine / I learned some things never heal with time“. Nothing Has To Be True chiude l’album con le consuete atmosfere accorate e intense. Una ballata rock, impreziosita dalle voci delle sorelle. Un testo maturo, una riflessione sulla vita, “Now I feel so far away / From the person I once was / I thought love was enough / You can tell yourself so many things / And nothing has to be true“.

Ruins è un album che guarda al futuro ma che lascia anche spazio al passato della band. Un album nel quale le due sorelle Söderberg si dimostrano donne, nei testi più maturi e nelle scelte musicali. Per questo album si sono circondati da musicisti del calibro di Peter Buck (R.E.M), Glen Kotche (Wilco), McKenzie Smith (Midlake) ed Eli Moore (LAKE). La voce di Klara appare più libera, meno rigida che in passato, meno in contrasto con quella della sorella Johanna. Ruins vede le First Aid Kit allontanarsi e riavvicinarsi, come un pianeta intorno al suo sole, al folk americano degli esordi. Nuove soluzioni musicali le spingono in territori più pop ma le melodie e l’anima di queste due ragazze resta legata al country. Ruins si candida come uno dei migliori di quest’anno, consigliato anche a chi non conosce ancora questo duo svedese.

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Buoni consigli

Quando ho ascoltato per la prima volta una canzone di questo duo canadese, mi hanno ricordato le Lily & Madeleine degli inizi. Per questo non ho esitato ad ascoltare il loro nuovo album. Hannah Walker e Jamie Eliot si presentano sotto il nome di Twin Bandit, il loro Full Circle è uscito il mese scorso. Si tratta del loro secondo album e sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla loro musica, che spazia dal country al folk con un approccio alternative fresco e positivo. Full Circle è un album che ho deciso di ascoltare quasi “alla cieca”, spinto dalla curiosità e dalla volontà di ritrovare quelle atmosfere che mi hanno fatto scoprire, più da vicino, il mondo della musica folk.

Twin Bandit
Twin Bandit

Everything Under The Sun apre l’album, introducendoci nelle sue atmosfere delicate guidate dalle voci morbide di queste due ragazze. Un folk americano caratterizzato da una sensibilità pop che porta con sé buone sensazioni. La successiva I Try è cantata a due voci, in perfetta sintonia tra loro. Qui le due ragazze si rifanno alle First Aid Kit, ripiegando però su tonalità più leggere e armoniose. Una canzone ispirata, tra le più belle dell’album. Con Never Quite The Same vira verso un folk più scuro e maturo. Questa è una delle canzoni che preferisco di questo album, per la sua intensità e per le emozioni che riesce ad esprimere. Da ascoltare. Segue Gotta Make Sure che riprende le sonorità più luminose dell’inizio dell’album. Il testo dimostra tutto il talento delle ragazze e il ritornello è semplice e si finisce per canticchiarlo in men che non si dica. Un ottimo lavoro, davvero. Little Big Lies prosegue sulla stessa strada, scegliendo sonorità più country. Le voci delle Twin Bandit cantano all’unisono, strette l’una all’altra in un legame profondo. Hard To Know è una di quelle canzoni che scaldano il cuore, capaci di sorprendere ad ogni ascolto. Una canzone sincera e luminosa, come il resto dell’album, capace di trasportati altrove, un posto sicuro e migliore. So Long è un poetico alternative folk, arricchito da una chitarra graffiante. Le voci delle due ragazze lavorano insieme, in una confortevole armonia. To Stay è tra le migliori canzoni di questo album. Tutto è in precario equilibrio. Voce e musica si sostengono l’una con l’altra, delicate ed eteree. Un ottimo esempio di come nella semplicità spesso si nasconda la bellezza. La successiva Spell It Out è una bella canzone dalle tinte indie pop. Anche questa volta ii ritornello è orecchiabile e l’accompagnamento musicale è molto piacevole. So That’s Just The Way è un gioiellino folk. Una canzone che più di tutte richiama le sonorità delle sorelle Jurkiewicz e le loro atmosfere distese e confortanti. Per chiudere c’è Six Days To Sunday un’evanescente poesia folk, essenziale in ogni suo aspetto. Un buon modo per concludere l’album.

Full Circle si va ad aggiungere alle sorprese di questo 2017 che deve ancora finire. Hannah Walker e Jamie Eliot dimostrano una complicità perfetta, canzone dopo canzone. Un album dove ogni singolo brano trasmette sicurezza e positività. Non c’è volontà di forzare troppo la mano sulla malinconia o su sentimenti contrastanti. Full Circle è un insieme di canzoni fatte per convivere, per essere ascoltate una accanto all’altra. Le Twin Bandit sembrano cantare con il sorriso, appena accennato, di una gioia sincera. Non è facile scegliere quale canzone farvi ascoltare per convincervi che questo Full Circle merita ben più di un passaggio durante la vostra giornata.

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Il canto dei fringuelli

Quando ho letto che queste due sorelle australiane Mabel e Ivy Windred-Wornes, si ispiravano alla musica delle First Aid Kit, Agnes Obel e Sufjan Stevens, non ho saputo resistere e ha subito ascoltato il loro album d’esordio, dei quali ho notoriamente un debole. Sotto il nome di Charm of Finches, le due giovanissime sorelline hanno debuttato quest’anno con Staring At The Starry Ceiling. In realtà avevo già ascoltato qualche loro canzone un paio di anni fa ma ho preferito aspettare l’album per andare alla scoperta delle Charm of Finches. La musica non ha confini e anche l’Australia può essere dietro l’angolo.

Charm Of Finches
Charm Of Finches

Apre la bella Deep Water, ballata folk nella quale spiccano le due voci e l’incantevole melodia. C’è sempre un alone di magia nei loro brani e questo è sicuramente uno dei più affascinanti di questo album, “I was sure I saw a flicker in your eye / Of something under the surface that you try to hide / You are hiding in deep water / Only bubbles come out your mouth / What are you thinking, oh what are you hiding? / I’m dying to find out“. La successiva Paper And Ink è delicata e malinconica con un’attenzione particolare per il testo che dimostra tutto il talento di cantautrici delle due sorelle. Una delle migliori dell’album, “The sky begins to darken, the birds’ voices are lost / I see a fingernail moon behind a windowpane of frost / I’m staring and I’m staring, scare the night away / Until the flowers on my windowsill open to the day“. Sky Watching è una canzone triste che viaggia sulle note di un ukulele, dove le due voci si mescolano come in un sogno. Quello che ne esce è un brano davvero piacevole da ascoltare, “My knees are weak and I’m not sure if I can stand it any longer / My hands are shaking it feels like this old body’s breaking up / I can’t pretend that I am fine anymore“. Hope è un chiaro richiamo alla sonorità della Obel, dove pianoforte e voce angelica sono da sempre i suoi punti di forza. Le Charm of Finches non provano ad imitarla e fanno la cosa giusta, “I’m young, teach me how to talk / I’m old, teach me how to walk / I’m sure we can make it work if only we try / I’m a bird, teach me how to fly / I’m a stone, teach me how to cry / We can just let time decide, at least for now“. I Don’t Mind Being Alone è una delle canzoni più orecchiabili di questo album. Le due voci sono sempre in sintonia, quasi impalpabili, dalle quali traspare tutta la loro giovane età, “‘Cos I don’t mind being alone / So don’t you worry if I’m not home / Well we go crazy every time we have a fight / Well you should know by now that it will be alright“. Fossil In Stone prosegue sulla stessa strada delle precedenti ma c’è qualcosa in più. I tratti sono più scuri e intensi, come la notte. Questa è la canzone più matura dell’album a mio parere. Da ascoltare, “Flames inside me burning, burning me up / I’m waiting for the water but you never turn the cup / I’m trying hard to fight it, the flames lick my skin / I’m running for the water but the fire pulls me in“. Ma se vi doveste sentire oppressi da tanto buio ci pensa Imaginary Friend ha rischiarare un po’ il cielo. C’è sempre un traccia di malinconia nelle canzoni ma per quelli come me non ne avremo mai abbastanza di canzoni come questa, “You’re the voices in my head / That whisper words that no one’s said / In the silence of the telephone / You’re the ghost that haunts the hall / You’re the shadow on the wall / You are with me when I’m alone“. Truly Beauty è orecchiabile ma non per questo ha un testo banale. Ivy e Mabel sanno creare immagini nitide e fantastiche con apparente facilità. Di certo farlo alla loro età non è cosa comune, “A lean figure, Shadow by name, leads us to his rocky domain / He mocks at how took me so long to get away from the worldly throng / Silence whispers in my ear, it’s been so long since he did / It’s closing, it’s closing, it’s closing in“. La successiva Dragonfly è la canzone più lunga dell’album che poggia si una melodia eterea e sognate. Forse questa è la prova più difficile per queste due sorelle ma se la cavano senza troppa difficoltà, “I have been a dragonfly / Darting around in your life / Getting caught under your roof / Then flying away in a minute or two / Your eyes are fixed on my wings / I wonder if they’re transparent to you“. Chiude l’album Lost Girl che conferma il loro talento. Non aggiunge forse nulla di più ma si ascolta volentieri, “When she sat next to you / She said things that frightened you / And you believed she was a demon / She whispered things in your ear / Then told you what you wanted to hear / And you couldn’t help obey and believe her“.

È vero, le Charm of Finches di questo Staring At The Starry Ceiling non nascondo le origini della loro musica e il paragone con le First Aid Kit è sensato. Ma rispetto alle sorelle svedesi, le Charm of Finches non provano a cimentarsi in qualche ballata country folk ma restano in territori più tranquilli, a cavallo tra sogno e realtà. Forse qualcuno potrebbe dire che non si sentiva il bisogno dell’ennesima coppia di cantautrici sorelle ma io penso che è sempre un piacere sentire due voci come queste, che nei prossimi anni potrebbero acquisire ancora maggiore sicurezza, maturando sotto ogni aspetto. I testi così poetici e mai banali sono forse l’aspetto più sorprendente delle sorelle Windred-Wornes. Io a quattordici anni al massimo scrivevo qualche bel tema a scuola.

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L’estate comincia a cantare

Con questo album chiudo la discografia delle First Aid Kit, band svedese composta dalle sorelle Johanna e Klara Söderberg. L’album The Big Black And The Blue segna il loro esordio del 2010 e che anticipa il successo del seguito The Lion’s Roar del 2012. Solo un paio di anni fa mi sono avvicinato alla musica delle First Aid Kit ma in breve tempo, anche grazie all’ultimo Stay Gold, mi hanno conquistato sempre di più grazie alla loro melodie e alla voce unica di Klara. Con The Big Black And The Blue sono voluto tornare alle origini folk del duo ma che racchiudono un talento pronto a sbocciare negli anni a venire. Con questo album completo la loro discografia ad eccezione dell’EP Drunken Trees del 2008.

First Aid Kit
First Aid Kit

Apre la bella In The Morning, dove le due voci si fondono raccontando una triste storia, tutte caratteristiche che hanno reso questo duo inconfondibile, “In the oceans where you lay / Where you’ve made your grave / They’ll found you on the shore / Rosy no more / My dear“. La successiva Hard Believer è una ballata folk semplice, sostenuta dalla voce potente di Klara, dove la melodia gioca un ruolo fondamentale. Le First Aid Kit dimostrano di essere sicure di sè, consapevoli del loro talento, “Well I see you’ve got your bible your delusion imagery / Well I don’t need your eternity or your meaning to feel free / I just live because I love to and that’s enough you see / So don’t come preach about morality that’s just human sense to me“. Messe da parte tristezza e malinconia, sfoderano un folk vibrante e vivo con Sailor Song. Nelle corde delle sue sorelle ci sono anche queste canzoni e avranno occasione di dimostrarlo altre volte, “It was easier when I knew nothing of what I’d missed / You’re so happy I can see it and that’s the worst part of it / So let her take you out on sea / I will wave to you from the harbor oh little silly me“. Waltz For Richard è un altra ballata malinconica che mai mi stancherò di ascoltare. Le First Aid Kit sono questo e di questo mi sono innamorato, “So when the waves come rolling in / Then I won’t turn the tide / And in the line of fire / You’ll set me aside / So go on Richard let go“. Heavy Storm fa leva sul ritmo delle parole e un semplice giro di chitarra. Trova spazio anche la voce di Johanna che per un attimo smette di accompagnare la sorella, “He used to play an un-tuned guitar / While he sang about me and he sung about the stars / I used to dream about another time / And now it’s all clear that’s the only time I wish would come back“. Forse è in questa canzone, Ghost Town, che vengono fuori le First Aid Kit che saranno. Il brano più ambizioso dell’album che mette in luce, ancora una volta, il talento del duo, capace di emozionare con semplicità e sincerità, “And I remember how you told me all you wanted to do / That dream of Paris in the morning or a New York window view / I can see it now you’re married and your wife is with a child / And you’re all laughing in the garden and I’m lost somewhere in your mind“. Un folk dallo stampo classico per Josefin. C’è un atmosfera di mistero e fascino in questa canzone, semplice ma resa elegante della voce di Klara. Da ascoltare, “In the rain the pouring rain / Don’t loose your hope don’t loose in vain / There’s demons you fear tonight / Those demons you have to fight / Fight“. Altrettanto oscura e sfuggente è A Window Opens. Una lenta cavalcata dal sapore americano che incanta per la sua atmosfera, “You may call me irresponsible or even carefree / But it’s not the way I intented to be / I would like to stay here and not say a word / Maybe I’d see it in clarity, or I’ll see nothing at all“. Winter Is All Over Your è un gioiellino malinconico che esce dal solco del folk in senso stretto. Ancora sonorità più cupe e malinconiche che caratterizzano questa seconda metà dell’album, “When the winter calls to war / When the spring sets in once more / When the summer starts to sing / When the fall comes marching in / You’ll leave this world to me“. Poca luce si intravede con la bella I Met Up With The King dove trova sfogo un sentimento di rabbia e di incomprensione. Un passo avanti non da poco, “I met up with the king / He confessed his body was burning / I met up with the king / His body had begun to rot / And he said don’t think less of me / I’m still the same man I used to be“. Chiude Wills Of The River nelle quale tornano le melodie liete ma un po’ malinconiche delle First Aid Kit. Sempre perfette e incredibilmente evocative, “Oh see them planets shining / To the south to the north / Headed out the west wind / Going to find myself a home“.

Ciò che più sorprende di questo album è, alla luce dei successivi, come le sorelle Söderberg abbiano saputo nel corso degli anni affinare il loro naturale talento. La loro musica si è evoluta perfezionandosi sempre di più, confermandosi come uno dei gruppi più interessanti degli ultimi anni. Credevo di trovare delle First Aid Kit più insicure e meno riconoscibili in questo The Big Black And The Blue e invece non è stato affatto così. Sembra che la loro musica viva un eterno presente, anche grazie alle immortali sonorità del folk americano. L’invito è quello di concedere un ascolto a queste sorelle se non l’avete ancora fatto. La speranza è di risentirle quest’anno con un nuovo album e chissà, riscoprire che nulla è cambiato.

Il lato positivo

Questo album è rimasto per un po’ in lista d’attesa dopo che lo scorso Aprile avevo postato su questo blog la recensione di The Lion’s Roar. Pochi mesi dopo le svedesi First Aid Kit hanno dato alla luce il loro terzo album, intolato Stay Gold. Non ho voluto bruciare i tempi e ho atteso un po’ prima di concedere un ascolto al recente lavoro delle sorelle Söderberg. In questo anno intercorso tra i due miei ascolti, ho letto qualche recesione di Stay Gold, senza trovarene nessuna particolarmente negativa. Come ho già avuto modo di scrivere tempo fa, non do molto peso alle recesioni che vogliono fare una fredda disamina tecnica dell’album piuttosto che illustrarne i contenuti e le atmosfere. Ho notato, nelle prime, la particolare sottolineatura del loro passaggio ad una major discografica, quasi fosse un peccato. Se le recesioni comunque sono positive un ascolto sono disposto a concederlo sempre soprattutto quando si tratta di un duo come le First Aid Kit

First Aid Kit
First Aid Kit

Si comincia con My Silver Lining che è la dimostrazione che le due ragazze ricominciano là dove avevano finito, ovvero dal country folk americano. Ritroviamo anche la voce squillante e inconfondibile di Klara, accompagnata dalla sorella Johanna. Nulla sembra essere cambiato, “I hear a voice calling / Calling out for me / These shackles I’ve made in an attempt to be free / Be it for reason, be it for love / I won’t take the easy road“. La successiva Master Pretender è il primo passo verso un pop folk accattivante che caratterizzerà il corso dell’album. Una canzone tra le più belle che si fa ricordare per il suo ritornello e per la musica trascinante, “I always thought that you’d be here / But shit gets fucked up and people just disappear / So honey, now, don’t be mad / Time has told me it can’t be that bad  / And if it is, well, big goddamn but I’ll stick around“. La titletrack Stay Gold funziona come singolo ma forse è un po’ debole per dare il suo nome all’album, che contiene brani che le sono sicuramente superiori, “What if to love and be loved is not enough? / What if I fall and can’t bear to get up? / Oh, I wish, for once, we could stay gold / We could stay gold“. Cedar Lane è una bella ballata in perfetto stile Fist Aid Kit. Le due voci si mescolano alla perfezione cullandoci in melodie luminose e sognanti, “Now I see us walking down Cedar Lane / Slow in the sunshine fast in the rain / Time moved so swiftly all of those days / I still remember how you used to say / Something good will come out of this“. La successiva Shattered & Hollow si affida alla straordinaria voce di Klara, tutto gira intorno a lei. Questa canzone potrebbe essere perfetta per Florence Welch, soprattutto nel ritornello, “We are going to get out of here / Run from all the fears / Follow what we once held dear / When will we get out of here?“. The Bell è il brano che preferisco di tutto l’album nonostante non sia oggettivamente tra i migliori. Il finale è così intenso e magico che strappa un brivido, “I tried hard to be brave / I tried hard not to be afraid / But trying wasn’t enough / I’m sorry, I’m sorry / Can you hear the bell? / Can you hear the bell? / The bell, the bell“. Waitress Song rappresenta forse più di altre il segno dell’avvenuta maturazione artistica delle due sorelle. Una canzone che è quasi un racconto di una donna che cambia vita, “I could move to a small town / And become a waitress / Say my name was Stacy / And I was figuring things out“. Si potrebbe dire altrettanto di Fleeting One. Incredibile come le sorelle Söderberg abbiano sempre un asso nella manica, uno dopo l’altro, “I don’t know where I’m going / But no one is coming with me / I won’t give up chasing love, son / Here I go, look at me run / Here I go / Look at me run / Here I go / Look at me run“. Heaven Knows ha un inizio pacato ma poi esplode in un acceso country folk che ricorda King Of The World dal loro precedente album. Serviva un po’ di gioia sincera. Una bella canzone che fa sorridere, perchè le First Aid Kit sanno fare anche questo, “But heaven knows, knows / That you’re lying / As far as heaven goes, heaven goes / I just stopped trying“. A Long Time Ago chiude l’album nei migliore dei modi. Un’altra splendida ballata, solitaria e malinconica canzone d’amore, “I could’ve been / So many things / But it would never be enough for you / I was the one / You counted on / But I was never the one for you / Now I know / I lost you a long time ago“.

Mentre il precedente The Lion’s Roar aveva picchi altissimi e alcuni pezzi poco convincenti, questo Stay Gold distribuisce meglio la qualità su tutti i suoi brani. Non c’è una canzone che fa gridare al miracolo ed è difficile scegliere quale sia la migliore. Quello che è sicuro è che le First Aid Kit hanno creato un naturale seguito al loro secondo album, seppur rinunciando spesso a quelle sonorità folk americane che le hanno caratterizzate. Rispetto al passato c’è più pop ma di quello buono, che dimostra che Klara e Johanna hanno talento da vendere. Credevo che sarebbe stato un album spartiacque della loro carriera ma in realtà non lo è. Si tratta di una conferma che, personalmente, mi ha convinto di più di The Lion’s Roar. Un album molto bello e vario da non farsi scappare, adatto a chi vuole conoscere le First Aid Kit per la prima volta.

Il ruggito del leone

Conoscevo già da tempo le due sorelle Söderberg, Johanna e Klara, ma non avevo finora ascoltato nessun loro album. Ho deciso di rimediare e mi sono impossessato di The Lion’s Roar, il secondo album delle First Aid Kit. Uscito un paio di anni fa, non è passato inosservato e subito le due ragazze hanno ottenuto consensi da più parti, come si dice in questi casi. Recentemente le ho riscoperte con la loro Emmylou e, come mi capita spesso, non mi sono limitato ad ascoltare solo questo brano. Un altro episodio che mi ha fatto fare un passo in avanti nella direzione delle First Aid Kit, è stato anche l’aver conosciuto Lily & Madeleine che, non nascondendolo, si ispirano alle sorelle svedesi. Curioso notare che le First Aid Kit subiscono un’influenza americana maggiore delle duo Lily & Madeleine, che americane lo sono per davvero. Tutte e quattro le ragazze sono accomunate però dalla giovane età sia anagrafica che artistica. Il futuro è quindi nelle loro mani e le premesse sono buone. Molto buone.

First Aid Kit
First Aid Kit

L’apertura dell’album è affidata a The Lion’s Roar, con un intro molto simile a Swan Swan H dei R.E.M. ma talmente classico da non essere proprietà di nessuno. Un folk carico e trascinante nel quale è subito chiara la predominanza della voce di Klara su quella di Johanna, che è un po’ il marchio di fabbrica della coppia, “And I’m a goddamn coward, but then again so are you / And the lion’s roar, the lion’s roar“. La successiva Emmylou è un piccolo gioiello folk alla maniera americana nonchè una delle canzoni più belle dell’album, “I’ll be your Emmylou and I’ll be your June / and you’ll be my gram and my Johnny too / you know I’m not asking much of you / just sing little darling sing with me“. In The Hearts Of Men è più lenta rispetto alle precedenti, non sarà l’unica, e particolarmente ispirata nel testo, “In the hearts of men, in the arms of mothers, and the parts they play to convince others. We know what we’re doing. We’re doing it right“. Se volete un po’ di ritmo Blue è quello che ci vuole anche se l’argomento non è dei più allegri. Le ragazze con questa canzone fanno centro, soprattutto per il tema della canzone e la scelta delle melodia, “Then the only man you ever loved, he thought was going to marry you, died in a car accident when he was only twenty-two“. This Old Routine si può considerare la canzone tipo delle First Aid Kit, con un ritornello dal sapore anni ’60, “This old routine will drive you mad / It’s just a mumble never spoken out loud / And sometimes you don’t even know why you loved her“. A seguire la poetica To A Poet essenziale ed eterea che cerca un po’ di riscatto nel pungente ritornello, “Though I miss you more than I can take and I will surely break. / And every morning that I wake up there is the sake, but there’s nothing more to it, I just get through it“. I Found A Way è una canzone che metterei tra le più belle e riuscite di The Lion’s Roar, dalle atmosfere magiche e oscure e un ritornello difficile da dimenticare, “So the morning came / And swept the night away / As I was looking for / A way to disappear / Amongst the quiet things / And all these empty streets / I found a way, I found a way / To reappear“. Dance To Another Tune è forse la meno ispirarata e suona un po’ di già sentito, “Will you look at me? Take a good look at me and tell me who it is that I am“. Le due sorelle si risollevano subito con la struggente New Year’s Eve, anche questa da mettere tra le migliori, “People passed in cars with their windows down, with a pop song playing. A man walked by, walking back and forth the street with a drunken smile he took home along“.Il vero risveglio arriva con King Of The World, un folk trascinante e allegro che arriva quasi imprevisto (con il contributo di Conor Oberst), “I keep running around / Trying to find the ground / But my head is in the stars / My feet are in the sky / Well I’m nobody’s baby / I’m everybody’s girl / I’m the queen of nothing / I’m the king of the world“. Traccia bonus, la bella Wolf, un folk dalle forte contaminazioni americane, “Wolf father, at the door / You don’t smile anymore / You’re a drifter, shapeshifter / Let me see you run, hey ya hey ya“.

Cosa posso aggiungere a quanto di buono è stato detto sulle First Aid Kit? Poco o nulla. Solo la mia personale impressione ovvero un’ottima impressione. Forse non entrano nell’olimpo personale della mia musica preferita ma quasi ci riescono. Ancora, come sempre, mi chiedo cosa mi ha impedito di ascoltare le First Aid Kit già qualche tempo fa. Però ora intendo recuperare, anzi le due sorelle sono pronte a pubblicare il loro terzo album. Si intitolerà Stay Gold è promette di rappresentare un nuovo corso per il duo. Non mi resta che aspettare fino a Giugno. Per ora mi ascolterò ancora un po’ The Lion’s Roar perchè ho degli arretrati da requperare.

Mi ritorni in mente, ep. 11

Questa volta mi è tornata in mente non una canzone ma una band. Non so se è corretto definire “band” le due sorelle, Johanna e Klara Söderberg o se è più corretto definirle semplicemente coppia. Meglio usare il loro nome d’arte First Aid Kit. Forse grazie ad un’altra coppia di sorelle del folk, Lily & Madeleine, e anche grazie a Youtube sono tornato ad ascoltare qualcosa di loro. Quando uscì secondo album, The Lion’s Roar, avevo esitato ad ascoltarlo interamente ma ora grazie al brano Emmylou mi sono definitivamente convinto. Ora è nella mia libreria e presto mi dedicherò al suo ascolto.

C’è da aggiungere anche il fatto che le First Aid Kit stanno preparando un album nuovo per questo 2014 e prima preferirei ascoltare The Lion’s Roar. Detto questo non resta che ascoltare ancora una volta Emmylou. Come questa canzone dimostra, le First Aid Kit fanno un folk più classico e americano rispetto alle colleghe Lily & Madeleine e forse continuerò a preferire queste ultime ma mai dire mai.

I’ll be your Emmylou and I’ll be your June
If you’ll be my Gram and my Johnny too.
No, I’m not askin’ much of you
Just sing little darlin’, sing with me.

Realtà e promesse sulla nuova strada

Ormai è ufficiale. Mi sono dato al folk, almeno temporaneamente. In questo periodo, sarà l’estate, mi incuriosisce la musica folk straniera, americana o anglosassone che sia. Sarà forse perchè c’è voglia di vacanza e tranquillità ma il songwriting folk dalle melodie rilassanti è ciò che ultimamente mi fa più piacere ascoltare. Se poi si tratta di musica folk al femminile è meglio. Ecco perchè queste due sorelle americane sono in cima alla lista degli album che sto ascoltanto. In seguito ad una cover di Our Pretty Waves delle First Aid Kit postata su Youtube le due ragazzine hanno pubblicato il loro primo EP con il nome di Lily & Madeleine, The Weight Of The Globe. Il disco è composto da 5 tracce tra le quali spiccano In The Middle, Things I’ll Later Lose e una su tutte Back To The River. Anche le altre due canzoni Tired e These Great Things non fanno altro che confermare le buone impressioni delle restanti.

Lily & Madeleine
Lily & Madeleine

Si potrebbe pensare che queste due adolescenti siano le tipiche cantautrici folk alle prime armi che si divertono a strimepellare qualche nota ma sarebbe sbagliato farlo. Lily & Madeleine sono alle prime armi, è vero, ma dimostrano di avere un capacità di scrittura invidiabile e un’ispirazione altrettanto tale. La versione di studio dell’EP è arricchita rispetto alla più semplice versione acustica, anch’essa disponibile, e il confronto rende l’idea di quanto possono ancora dare Lily e Madeleine. Pare che le registrazioni per il primo album siano in corso e potrebbe vedere la luce questo autunno. Non resta che aspettare e sentire se le sorelle si confermeranno una realtà del folk o rimaranno eterne promesse. Unica cosa certa è che ora il folk m’intriga come non mai. La ricerca di nuova musica in questa direzione è già partita…