Ciò che tiene unito il mondo

Uno degli album che mi ha accompagnato in questa calda estate è What Holds The World Together del trio folk The Wilderness Yet. Si tratta del loro secondo album, dopo l’ottimo esordio omonimo di due anni fa. Il trio si distingue per la voce dolce e melodiosa di Rosie Hodgson, accompagnata da Rowan Piggott e Philippe Barnes che sanno dare vita a nuove canzoni ispirate alla tradizione d’oltremanica e rinnovate i brani tradizionali. Anche in questa occasione ho partecipato alla loro campagna di crowdfunding, sapendo per certo che in questo album avrei trovato dell’ottima musica folk.

The Wilderness Yet
The Wilderness Yet

L’album si apre con Wild Northeaster, nella quale ritroviamo il testo di una poesia di Charles Kingsley intitolata “Ode To The North-East Wind”. La musica si rifà ad una tradizionale melodia irlandese “The Blast of Wind”, il tutto impreziosito dalla voce incantevole della Hodgson, “But the black North-easter, / Through the snowstorm hurled, / Drives our English hearts of oak / Seaward round the world. / Come, as came our fathers, / Heralded by thee, / Conquering from the eastward, / Lords by land and sea“. Segue la misteriosa Old Brock, una rivisitazione di una canzone di Tim Brooks intitolata “Down In The Dark”. Le tre voci si uniscono creando un’atmosfera notturna e affascinante, “Down in the dark where no-one can see us, / Down in the dark through the sand and the loam, / Down in the dark where no-one can hear us, / Old Brock he’s a digging, digging, digging. / Old Brock he’s a digging, digging his home“. Charlie Fox è una cavalcata folk che corre su una giga intitolata “Johnny O’Leary” e il testo scritto da Dave Webber che racconta la caccia alla volpe dal punto di vista della malcapitata preda, “Now Charlie he was six year old afore he fell to hounds, / And hundreds were the times he’d killed while on his farmyard rounds, / But though his mask and brush have gone, in a trophy room to lay, / Don’t ever forget the fifty times that Charlie got away“. La title track What Holds The World Together è una canzone originale scritta dalla Hodgson e ispirata alla riforestazione che avviene nel villaggio di Piplantri in India. Una canzone sul rispetto della natura e la sua forza vitale, “What holds the world together but roots grown deep beneath the changing whims of man? / But what is now was never / And natures grip it slips as soil shifts into sand / And what richness there she tethered, it falls from fields and farms / With the bones of all those daughters held there in her arms“. The Carol Of The Floods è scritta e cantata da Piggott che ci ricorda come la convivenza tra uomo e natura offra degli esempi positivi. In questo caso i corsi d’acqua e i bacini di Sheffield Lakeland hanno creato un nuovo habitat naturale da preservare, “Down sleeping hill / Through forge and mill / Her waters drive the wheel / Of nature’s sloth / And mankind’s growth / A city made of steel / This city’s tale / Has left its trail / In weir and dam’s release / Each pass and dale / Each oaky vale / Holds reservoirs of peace“. The Banks Of The Bann è una canzone tradizionale cantata a cappella a tre voci e racconta di una storia d’amore tra un povero ragazzo disposto a tutto pur di sposare la ricca fanciulla del quale è innamorato, “On the banks of Bann, where I first beheld her / She appeared like fair Juno or a Grecian queen / Her eyes shone like diamonds, her hair softly twining / Her cheeks were like roses, or like blood drops in snow“. Of All The Gods è stata scritta da Rosie Hodgson come regalo di san Valentino a Rowan Piggott. Molto di più che una canzone d’amore, una dolce poesia, profonda e ispirata, “Of all the gods that man has conjured / In his wonder and his fear / And for their love torn asunder / All the world for ten thousand years / They cannot move me, for all their might / Like my lover’s arms that reach to find me in the night“. La successiva The Last Shanachie si apre con la voce del bisnonno di Piggott, registrata su un cilindro di cera. La canzone si ispira a queste storie in antico irlandese narrate dal bisnonno, uno “shanachie”, un narratore, “Once there was, yet once there was not / In a beehive hut, on a mountain green / A teller of tales both tall and short / Who told of what is, and of what had been / The last shanachie in the land of memory / Sang a song the mountains sing for you and me…“. Il brano strumentale in due parti Midnight Accountant / The Optimist è opera di Barnes e Piggott che si prendono la scena esibendo tutto il loro talento di musicisti. T Stands For Thomas è una rivisitazione di brano tradizionale noto anche nella versione “P Stands For Paddy”. Una ballata folk dalle atmosfere tipiche che si ritrovano spesso in questo genere, “As I walked out one bright morning / So early in the Spring / I leaned my back on an old garden gate / Just to hear two lovers sing / To hear two lovers sing my boys / And hear what they might say / In case I’d learn just a little of love / Before I go away“. The Nightingale’s Lullaby è una ninnananna scritta da Piggott e cantata dalla Hodgson per la loro figlia. La melodia e il canto sono perfette allo scopo ma pare non abbia sortito gli effetti sperati, “Hush thee my baby, dry you your eyes / For the nightingale soon will take wing / And he’ll lilt you a garland of sweet lullabies / To the tune of an evening in Spring / The dry notes of Summer will fade into brown / As the air of the Autumn wind blows / With the low strains of Winter he’ll whistle on down / As the turning year shields your repose“. Chiude l’album, Emigrantvisa è un addattamento di una canzone tradizionale svedese, qui riproposta in una versione a tre voci diversamente da quella comparsa nell’album solista “Mountscribe” di Rowan Piggott, “Tonight I must journey to a far-off land, / One from whence I may never return. / Farewell you fine fellows, may you understand / That my heart will for you ever yearn“.

What Holds The World Together è la conferma delle qualità di questo trio già dimostrate nel loro esordio. Le loro canzoni hanno un tratto caratteristico reso più evidente dal sempre ottimo accompagnamento musicale e dalla voce di Rosie Hodgson. L’amore per la natura e la poesia emerge da ogni verso in ciascuna delle dodici canzoni di questo disco. The Wilderness Yet è un progetto che riesce a valorizzare ogni suo singolo elemento attraverso brani tradizionali e non solo. Le canzoni originali sono ispirate dai nostri tempi ma rispettose della tradizione. What Holds The World Together è il motivo per cui mi piace partecipare alle campagne di crowdfunding. Comprare a scatola chiusa fa crescere il piacere della scoperta.

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Cinque colpi delle dita, ep. 9

Agosto è il mese nel quale faccio un’abbuffata di cinema, guardano film vecchi e nuovi che mi appunto durante l’anno. L’ultimo episodio di questa rubrica però risale a quasi un anno fa perciò comincerò dai film visti dallo scorso settembre per darvi qualche consiglio su cosa vedere (o non vedere).

Tolo Tolo – Anche se non posso dirmi un fan di Checco Zalone, credo di aver visto tutti i suoi film. Questo è il peggiore dei suoi. Demenziale nel senso peggiore del termine. In alcuni momenti ho provato imbarazzo. Pessimo. Voto 4
Dark Water – Film che ricostruisce la storia vera di un avvocato che scava a fondo sulla pericolosità del teflon. Potente e ben congegnato che smaschera l’avidità dell’uomo e il suo potere autodistruttivo. Assolutamente da vedere anche se manca un finale vero e proprio, perché la vicenda si trascina ancora ai giorni nostri. Voto 8
Il primo Natale – La comicità di Ficarra e Picone l’ho sempre trovata intelligente e leggera. Qui si sconfina troppo nella fantasia e nell’assurdo, un territorio che indebolisce il duo comico e il buonismo diffuso non aiuta affatto. Non certo imperdibile. Voto 6
Timecrimes – Vi piacciono i viaggi nel tempo? I loop temporali e i paradossi che generano? Allora questo film spagnolo fa per voi. Niente eroi fighi o donzelle dal salvare ma un uomo comune finito in un bel casino. Forse non proprio impeccabile ma da vedere. Voto 8
L’ufficiale e la spia – Roman Polański porta sul grande schermo il romanzo storico di Robert Harris che narra le vicende dietro al celebre “affare Dreyfus”. Un bel film c’è poco da dire. Tutto perfetto e coinvolgente al punto giusto, peccato per un finale debole. Voto 7
A quiet place Part II – Se la prima parte mi era piaciuta questa seconda parte molto meno. Di fatto è come la prima, non cambia praticamente nulla se non l’ambientazione. Sappiamo già come fare fuori gli alieni cattivi, e quindi? I pochi minuti che fungono da prologo dell’intera vicenda salvano un film piuttosto noioso. Voto 5
Benedetta – Tolta qualche scena che ha sollevato qualche polverone e qualche nudità, questo film, basato su una storia vera, non è affatto male come credevo. Forse un po’ ripiegato su sé stesso ma la presenza di Virgine Efira (anagraficamente fuori contesto) vale un voto in più. Voto 6

Eccoci ai film che ho visto questo mese, alcuni davvero ottimi e l’altri decisamente deludenti.
The Green Knight – Dopo aver letto il poema cavalleresco originale, magistralmente tradotto da Tolkien, questo film da cui è ispirato era un passaggio obbligatorio. In generale il film segue la trama del poema ma né ribalta il senso e lo scopo, rivedendo i ruoli dei personaggi all’interno della storia. A livello visivo è eccezionale e coinvolgente, forte al punto giusto e visionario senza confondere lo spettatore. Mi è piaciuto nonostante le divergenze ma si tratta di un film particolare, non per tutti i palati. Voto 7
The Last Duel – Sentivo odore di filmone da chilometri di distanza e il nome di Ridley Scott dice tutto. Cavalieri, dame, duelli, stupri e vendette sono gli ingredienti di un film impressionante. Non oso immaginare quali mezzi sono serviti per ricostruire queste vicende avvenute nella Francia del XIV secolo. Tre punti di vista diversi raccontano la medesima storia. Forse questo può renderlo ripetitivo e lento ma questo film è puro cinema e non un giocattolone d’intrattenimento. Flop al botteghino ingiustificabile. Voto 9
Dune – Ho letto i primi due romanzi della saga di Frank Herbert e sapevo che, se ben fatto, non sarebbe stato un film di pura azione. Infatti non lo è. Purtroppo si tratta di un prologo di due ore e mezza in cui non succede nulla. Ma proprio nulla. Le immagini spettacolari parlano più degli attori, molti dei quali sono poco più che comparse. Non comprendo molto l’entusiasmo intorno a questo film ma forse meglio aspettare la seconda parte prima di trarre conclusioni affrettate. Voto 7
Red Notice – Mi aspettavo un thriller divertente fatto di inseguimenti, zuffe e colpi di scena, con la fisicità di Dwayne Johnson, la simpatia di Ryan Reynolds e la bellezza di Gal Gadot. Quello che ho visto è un thriller divertente fatto di inseguimenti, zuffe e colpi di scena, con la fisicità di Dwayne Johnson, la simpatia di Ryan Reynolds e la bellezza di Gal Gadot. Direi che è tutto ok. Voto 7
Uncut Gems – Siamo abituati a vedere Adam Sandler in commedie spesso di dubbio gusto. Qui si cala perfettamente in un ruolo drammatico, in un film ansiogeno e senza respiro. Una pietra preziosa metterà a dura prova la vita del protagonista, per colpa di un avido Kevin Garnett (proprio lui). Un film originale pieno di parolacce e violenza che lascia una tristezza infinita quanto la bellezza di quel maledetto opale.
Don’t Look Up – Una commedia satirica piena di grandi nomi. Un meccanismo perfetto che si inceppa solo in poche occasioni. Divertente ma anche profondo nel messaggio che vuole trasmettere. Uno specchio su quello che siamo diventati. Alcune scene surreali alleggeriscono il film che altrimenti sarebbe davvero troppo denso di significati. Voto 8
The Northman – Il visionario Robert Eggers ci racconta una storia di vendetta ai tempi dei vichinghi. Niente di originale ma la forza delle immagini, la violenza brutale e lo spiritismo danno vita ad un film coinvolgente e spettacolare. Qualche colpo di scena rende meno banale la strada verso il finale prevedibile. Non un film per tutti i gusti ma merita una visione. Voto 8
Nightmare Alley – Gulliermo del Toro in genere non mi delude ma in questo remake ho trovato davvero poco da salvare. Ottimi gli attori e le scenografie ma la storia è vecchia, prevedibile fin dall’inizio. Dopo mezzora sarei stato in grado di raccontare il resto del film senza sforzo. Una delusione per me che mi aspettavo un film più complesso e cervellotico. Voto 6
Last Night In Soho – Inizia come una commedia questo film di Edgar Wright per poi diventare un film drammatico e infine un horror sanguinoso e vecchio stile. Le atmosfere anni ’60 sono fenomenali e i colpi di scena ben riusciti. Un buon film che intrattiene fino alla fine senza troppe pretese. Voto 7
Fight Club – Ebbene sì, non avevo mai visto questo film culto del 1999 e in questi 23 anni sono rimasto all’oscuro del principale colpo di scena. Ottimo film, tratto dal romanzo di Chuck Palahniuk, con riflessioni piuttosto interessanti sulla nostra società e le nuove generazioni. Il plot twist ad un certo punto si intuisce ma non toglie nulla a questo film invecchiato bene (CGI a parte). Voto 8

Mi ritorni in mente, ep. 85

Ogni estate ha i suoi tormentoni (anche se quelli veri sono ormai una rarità), dal canto mio anche io ho qualche canzone che rimarrà scolpita nella memoria in questa strana estate. Tra siccità, caldo anomalo (o la nuova normalità?), venti di guerra, campagne elettorali, Piero Angela, Salman Rushdie e qualsiasi altra cosa mi sono dimenticato, è arrivata alle mie orecchie una nuova canzone.

Tutto è cominciato con un brevissimo documentario sulla vita in tour di due cantautori americani, Jeffrey Martin e Willy Tea Taylor. Lo potete vedere qui: Finding The Heart. Al termine Jeffrey Martin canta una sua nuova canzone, Sculptor. È bastato un ascolto che ho sentito subito la necessità di riascoltarla ancora. E ancora. Martin è un abilissimo cantautore (nel documentario Taylor è d’accordo con me) e questa canzone è un altro suo gioiello. Il suo nuovo album è in arrivo e il tour serve proprio per finanziarlo. Qui sotto Sculptor in una versione live, non quella del documentario. Bentornato, Jeff.

Meglio tardi che mai, ep. 1

Il caldo ha colpito anche questo mio blog e la voglia di ferie si fa sentire. Queste due cose messe insieme (oltre ad altri eventi che hanno messo sotto sopra la mia routine ma, non preoccupatevi, ora è tutto tornato alla normalità) hanno provocato qualche rallentamento nella regolare pubblicazione delle mie “recensioni”. Nei giorni scorsi ero ben intenzionato a recuperare, preparando un paio di post per le settimane successive ma è mi mancata la voglia. Sì, ogni tanto succede. Mi sono guardato indietro e ho pensato di fare un’operazione di “recupero”. Siamo a metà dell’anno e non tutta la musica che ho ascoltato finora è passata da queste parti. Ci sono album che meritano di essere quantomeno consigliati e ho pensato che sarebbe comodo riunirli in un unico post e dedicare loro qualche parola. Ecco il primo episodio di una serie che potrebbe diventare un genere di post piuttosto frequente in futuro. Forse. Non lo so nemmeno io.


Kim Carnie è un’artista scozzese che con il suo And So We Gather esordisce come solista dopo una carriera ricca di soddisfazioni come cantante in lingua gaelica. Il suo folk moderno e tradizionale allo stesso tempo mi hanno subito conquistato. Un album etereo e giovane.


Con A Miss / A Masterpiece, la cantautrice statunitense Sylvia Rose Novak, sceglie sonorità più rock rispetto al passato ma conserva il suo stile personale anche grazie ad una voce unica e riconoscibile. Un album che migliora ad ogni ascolto, forte e carico di sentimenti e passione.


Let There Be No Despair è il secondo album di Jess Jocoy che ascolto e posso dire che trovo davvero magica la sua voce e il modo di interpretare il country e l’americana. La sua è una voce soul prestata al folk e il risultato è qualcosa di unico e affascinante. Provare per credere.


The Sheepdogs sono una band canadese che ha appena pubblicato il loro settimo album. Io li ho scoperti di recente e mi piace il loro southern rock, un po’ vintage, che pesca anche dal country e dal folk americano. Questo Outta Sight è pieno di canzoni irresistibili che piaceranno sicuramente ai nostalgici degli anni ’70.


Elles Bailey con la sua voce black e il suo blues rock è giunta al suo terzo album intitolato Shining In The Half Light. La sua musica esce dalla mia comfort zone e ogni tanto bisogna provare a vedere cosa c’è fuori. Un album che si ascolta tutto d’un fiato, attratti dalla voce soul di questa artista.