Una canzone, due video

Anche dopo il loro scioglimento i R.E.M. hanno pubblicato l’ultimo singolo della loro carriera We All Go Back To Where We Belong e hanno fatto ben due video differenti. In realtà sono sostanzialmente uguali ma i protagonisti sono diversi, entrambi infatti stanno lì davanti alla videocamera senza fare nulla. In un video c’è l’attrice Kirsten Dunst che sorride in imbarazzo, vero o recitato che sia, e nell’altro un totalmente inespressivo, eccetto nel finale, John Giorno, un artista-poeta-attivista americano. Non è chiaro se i due stiano ascoltando il brano mentre vengono ripresi oppure no.

Michael Stipe ha detto: “Avere la possibilità di lavorare con John e Kristen era un sogno che avevamo sin da quando abbiamo registrato la canzone, e la loro partecipazione ha completato la canzone”. Inutile dire che il video con Kirsten Dunst si lascia guardare più volentieri e rende felici. Sembra quasi la canzone nel video con l’attrice assuma un significato diveso, di speranza e giovinezza mentre nel caso di John Giorno sembra essere più malinconica, rivolta al passato. We All Go Back To Where We Belong è una canzone leggera, quasi inusuale per il gruppo ma forse un po’ incompleta, grezza. Non importa, è sempre bello sentire una nuova canzone dei R.E.M. anche perchè non ce ne saranno più. O almeno così pare.

Nove decimi di musica

Già nel post precedente avevo espresso la mia contarietà alle recensioni, dato che ultimamente mi è capitato di leggerne diverse. Immagino come deve sentirsi un critico musicale quando gli chiedono di recensire il nuovo album di un artista che disprezza profondamente. Molto probabilmente il voto è già deciso, ancora prima di premere play e ascoltarlo (sempre che lo faccia davvero) serve solo a cercarne la conferma. Se quell’artista è il vostro idolo, leggerete una recensione che vi recherà non pochi rodimenti. Ma chissenefrega! Voi conoscete il cantante o il gruppo e comprate l’album lo stesso, forse con un po’ di risentimento per aver letto quella brutta recensione. Ma se non conoscete nulla dell’artista, come potete sapere se quell’album fa per voi oppure no? Vi fidate di quella recensione fatta da un critico che è tutt’altro che un suo fan? Ovviamente non dirà mai che non gli piace, semplicemente cerca di giustificare il suo votaccio con motivazioni tecniche, fredde e distaccate. Per far vedere quanto ne sa. Non metto in dubbio che un critico musicale ne sappia più di me di musica a prescindere. Una soluzione sarebbe scegliersi un recensore di fiducia, uno che ha i nostri stessi gusti. Con i nostri gusti ma a volte potrebbe essere persino troppo buono con il suo cantante preferito.

La recensione è soggettiva ed è per questo che la trovo del tutto inutile quando viene pubblicata su riviste o siti specializzati. Puoi dare la tua opinione su un forum o un blog ma dare un’opinione personale di qualcosa che può essere giudicato solo soggettivamente facendola passare per un giudizio oggettivo, è scorretto. Internet è piena di recensioni contrastanti con voti che oscillano dal 5/10 al 7/10 con una semplicità disarmante. Proprio il voto è la parte peggiore di una recensione, cosa si giudica? L’aspetto tecnico o emotivo? Credo che un cantante o un gruppo che si rispetti quando pubblica un album lo ritenga ben fatto, non esiterebbe a darsi un 9 o un 10, altrimenti non lo pubblicherebbe nemmeno. Questo non significa che tutti gli album sono belli perchè sono belli “a mamma sua” ma è proprio qui che entra in gioco l’aspetto tecnico. Un album fatto con il cuore ma tecnicamente pessimo non è un buon album ma se fatto con il cuore e con un discreto livello tecnico potrebbe esserlo. Se l’album è tecnicamente perfetto non è detto che sia un bell’album. Ho letto parecchie recensioni di album recenti che venivano definiti capolavori ma a me non hanno fatto nessuna impressione. Si fa un gran parlare degli Arcade Fire e ho provato a sentire qualche loro canzone e non mi sembrano nulla di eccezionale, anzi.

Ognuno è libero di pensarla come vuole ma è difficile per chi vorrebbe conoscere un artista fidarsi solo delle recensioni. La recensione oggettiva dovrebbe essere una descrizione delle canzoni, delle sonorità e dei generi musicali presenti nell’album che possano indirizzare l’ascoltare veso un artista o un altro. La soluzione è farsi un’idea personale delle canzoni e dell’album utilizzando le divese soluzioni che internet ci offre, come YouTube o Grooveshark. Un ascolto vale più di mille parole di cui le recensioni sono piene. Mi sto liberando dalle recensioni e non mi interessano più le opinioni di alcuni critici snob. Sono libero dai 9/10 dati agli album che sono troppo vecchi per essere brutti e dai 6/10 dati agli album che sono troppo nuovi per essere belli. Sono libero dagli album considerati capolavori solo perchè sono artisitici e come l’arte moderna solo pochi la capiscono o fanno finta di capirla mentre tutti sono voltati dall’altra parte ad ammirare il Giudizio Universale di Michelagelo.

Io ascolto

Se c’è una cantante che in questo periodo raccoglie consensi come se piovesse, questa è sicuramente Adele. Nel 2008 aveva ottenuto un buon successo con Chasing Pavements ma niente di paragonabile a quello che ha ottenuto con Rolling in the Deep quest’anno. Non sono un fan del genere soul e affini, infatti il primo singolo di 21 era così tanto trasmesso dalle radio da risultarmi indigesto. Recentemente è “on air” il nuovo singolo Someone Like You. Ho avuto l’occasione di sentire la canzone, per la prima volta, proprio nella versione live che allego a questo post. Mi è piaciuto soprattutto il trasporto con il quale la canta, al di là della voce e al di là della musica. Come canzone non è nulla di originale e mai sentito ma è l’interpretazione che fa la differenza, è una di quella canzoni che devi sentire fino alla fine. E proprio alla fine della canzone, ho cambiato canale e davano un video di Emma Marrone, l’opposto italiano di Adele, in quel caso non sono riuscito ad arrivare in fondo.

Ci sono canzoni che, ha detta degli esperti, sono dei capolavori in composizione, ispirazione ecc e che spesso vengono acclamati eccessivamente. Ma questi capolavori emozionano? Fanno pensare? Divertono? Solleticano l’immaginazione? Battisti disse, rispondendo alla provocazioni del pubblico che criticava il suo modo di cantare e la qualità della sua musica, “Io propongo delle cose, vi emozionano, vi piacciono, sì o no?“, il pubblico rispose di sì, “Bene, me fa piacere. Sotto maestro con la base…”. Ecco cosa significa per me e cosa deve significare la musica. Non so nulla di toni, mezzi toni, chiavi, quattro quarti ecc, io ascolto e basta. Ecco Someone Like You non sarà un capolavoro di composizione ma lo è di interpretazione, oltre tutto fatta con una bellissima voce. Molte canzoni di successo che si possono abitualmente sentire per radio si rifanno a qualcosa di già sentito ma spesso mancano di trasporto, di coinvolgimento. A volte composizioni stilisticamente perfette non trasmettono nulla a chi le ascolta.

Questa canzone ha quello che serve per essere una bella canzone. Bando alle ciance tecniche delle recensioni fredde e scritte dai signor “soloiosocomesifa” (e allora scrivete anche voi le canzoni invece di limitarvi a fare recensioni) e ascoltate.

Basketball, Kobe, Italy and Obama

Seguo da diversi anni la pallacanestro italiana con uno sguardo a quella europea e statunitense della NBA. Recentemente il mondo del basket nostrano ha fatto parlare di sè a causa di una vicenda piuttosto curiosa che ieri ha toccato il suo apice. Non ho scritto nulla finora della vicenda Kobe Bryant perchè sentivo che riservava ancora delle sorprese.

Tutto ha inizio il 18 settembre di questo anno, quando il patron della Virtus Bologna, Claudio Sabatini, ha l’idea di portare in Italia, nella sua squadra, uno dei giocatori di basket al mondo. Kobe Bryant gioca a Los Angeles nella squadra dei Lakers ed è considerato l’erede di Michael Jordan. Quest’anno il campionato americano molto probabilmente inizierà in ritardo o addirittura non inizierà proprio, a causa della serrata che i proprietari delle squadre hanno voluto perchè si sono accorti che più della metà degli incassi serviva a pagare i contratti milionari dei giocatori. Dal canto loro i giocatori hanno risposto che questa particolare situazione si è venuta a creare proprio a causa dei proprietari che hanno permesso stipendi così alti, non richiesti dai giocatori. Ora, ovviamente, i giocatori non vogliono che i loro stipendi vengano ridotti e quindi è in corso una trattativa che sta paralizzando la stagione. Così alcune star NBA hanno deciso di tenersi in forma nei campionati europei in attesa che la situazione si risolva al più presto, facendosi pagare molto bene. Bryant è nato cestisticamente proprio in Italia, perchè suo padre Joe giocò nel nostro paese a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, e Sabatini era intenzionato a metterelo sotto contratto per almeno un mese. Ovviamente i soldi mancano e Sabatini chiede a comune e imprenditori di sostenerlo nell’impresa. Il 20 settembre la squadra di Montegranaro, attraverso un comunicato ufficiale, dichiara di appoggiare l’iniziativa definendola “un’idea straordinaria e affascinante partorita dalla mente geniale di Claudio Sabatini“. A me suona come una presa in giro, ma non sembrerebbe esserlo. La prima proposta economica per portare Kobe in Italia è di 800.000 dollari a partita per circa un mese, quindi sei partite che poi si riduco alle sole tre casalinghe. L’offerta viene fatta quando ancora la situazione della serrata NBA sembrava potersi risolvere in tempi brevi e forse per questo Kobe non accettò l’offerta. Il 22 settembre, Sabatini ci riprova e offre 600.000 dollari di cui 100.000 andranno in beneficenza, per la prima partita. Offre 650.000 dollari a partita per tre partite in casa arrivando a proporre 3 miloni di dollari per un contratto annuale. Kobe non sembra accettare e Sabatini cerca di struttare il potere dei media per convincere la stella dei Lakers. In pochi giorni succede di tutto, Sabatini trova uno sponsor per pagare il giocatore che risponde con la richesta di un contratto annuale di 15 milioni di dollari con la possibilità di lasciare la squadra quando vuole se il campionato NBA sarebbe ricominciato. Sabatini rimane spiazzato dalla richiesta ma non molla. Fa un’offerta di 2.5 miloni di dollari per un mese nel quale saranno giocate 8 partite, modificando quindi ad personam il calendario. Ovviamente la Lega e le altre squadre dovrebbero accettare le modifiche. Ma quello che colpisce è che le squadre ospitanti devono cedere metà dell’incasso della partita contro Kobe, alla Virtus. Anche i giocatori non ci stanno e il playmaker della nazionale Daniel Hackett si sfoga su Facebook sollevando polemiche. Ma Bryant sembra ancora lontano e Sabatini alza l’offerta. Sembra esserci un accordo per 40 giorni. Sembra. Un giornalista americano nega l’accordo ma Sabatini, il 30 settembre, dichiara che entro breve l’accordo con Kobe, per 10 partite, sarà ufficializzato. Ma il calendario ad personam di Sabatini non viene accolto da alcune squadre e l’accordo salta. Sabatini accusa le società avversarie di aver impedito l’arrivo di Kobe in Italia ma tiene duro e insiste. Il 3 ottobre viene annunciato come il giorno decisivo per mettere la parola fine alla telenovela. Ma non è così e il giorno decisivo diventa il 5 ottobre che non si rivela tale. La trattativa si fa confusa e c’è chi protesta e chi sostiene l’iniziativa. Poi Sabatini sembra gettare la spugna e si limita a sognare un’amichevole tra la Virtus con Kobe Bryant e Treviso. Il 12 ottobre viene fatta un’offerta di 2 milioni di dollari per un’amichevole, denominata Kobe Night.

Ma è di ieri la notizia che mi ha spinto a scrivere queto lungo post. Sabatini scrive nientemeno che al presidente Barak Obama, reo di aver auspicato la ripresa del campionato NBA essendo lui stesso un appassionato di basket. Ecco il testo della lettera:

Dear Mr. President,
We have a dream: to see Kobe Bryant playing for our Team Virtus Pallacanestro Bologna, the Italian town wellknown in the world as basket City.
According to your wishes we hope that the Nba lockout will shortly stop but in the meanwhile let us have the chance to see at least for one game the great Kobe Bryant playing with our black and white jersey and be part of our history.

Non credo ci sia bisogno di traduzione anche perchè è stato fatto un errore grossolano di scrittura. Infatti Bologna viene definita basket city invece di basketball city, che suona più corretto alle orecchie di un americano (basket = cesto). Io trovo ridicolo inviare una lettera ad Obama per un motivo così inutile e stupido. Il presidente degli Stati Uniti ha ben altri problemi di cui occuparsi invece di dare retta ai sogni Sabatini. Questa operazione, secondo il patron della Virtus, averebbe fatto bene al basket italiano. Dichiarazione che ha sollevato i dubbi del presidente del CONI. L’Italia del basket ha bisogno di giocatori giovani, in grado di competere a livello internazionale e non di un fenomeno NBA che per “soli” 2 milioni di dollari accetta di giocare un’amichevole nel Paese che lui dice di amare tanto. Nonostante la crisi economica c’è chi ha avuto il coraggio di sostenere l’operazione Kobe. Uno spreco di soldi che non fa bene a nessuno, solo a Bryant, al quale non mancano certo i soldi. Spero che qualcuno fermi questa farsa, questo tentativo da parte di un uomo di trasformare il campionato italiano in un circo a beneficio di pochi. Ma davvero pochi. Dal CONI alla Lega alla FIP, si rendono conto di tutto questo ma non oppongono resistenza. Perfino la Cina ha impedito che i suoi club firmassero giocatori NBA con contratti milionari per pochi mesi. Perfino la Cina.

Kobe Bryant
Kobe Bryant

Una cosa curiosa 2

Qualche settimana fa pubblicai questo articolo che riguardava la scoperta, da parte mia, della cantautrice scozzese Amy MacDonald. Allora non avevo ancora ascoltato il secondo album della ragazza, A Curious Thing del 2010. Ora che la sua discografia è completa (finora sono due album) posso scrivere qualcosa di più su di lei. Innanzi tutto ho letto diverse cose che mi hanno fatto piacere leggere. Ecco una sua dichiarazione di quest’anno riguardo alla consuetudine da parte dei cantanti britannici di trasferirsi a Londra per lavorare:

“Rimango a Glasgow perché qui non c’è quella cultura di dover frequentare un sacco di club. A me interessa solamente la musica, non ho bisogno di vedermi sulla rivista ‘Heat’. Sono cose che non mi importano. Qui in Scozia è facile fare una vita semplice, non vorrei vivere da un’altra parte. Se mi trasferissi a Londra la mia vita cambierebbe completamente. Sarei sempre seguita, e non saprei come fare. Me ne rimango qui, cercando di rimanere normale il più a lungo possibile.”

Ho sempre avuto un’ammirazione particolare per quegli artisti che rifiutano le mode dello showbiz e continuano sulla loro strada, anche a scapito di una visibilità maggiore e quindi di un successo planetario. Le sue parole fanno intendere che Amy ha chiare intenzioni riguardo al suo futuro come artista e ha chiaro anche che non farà la fine di note promesse del pop che hanno sprecato il loro talento. Nel suo secondo album questa intenzione di vivere una vita normale si trova, senza dubbio, nella canzone An Ordinary Life, dove nel ritornello canta:  I don’t care about the cameras/I don’t care about the lights/ All I wanted was an ordinary life, (Non mi interessano le telecamere/ Non mi interessano le luci/ Tutto quello che volevo era una vita normale). I testi, come le idee, si fanno più profondi in questo album, dove anche la voce di Amy è più sicura. Proprio i testi erano il punto debole dell’album d’esordio (c’è di peggio) ma in questo caso è migliorata. Anche gli argomenti sono più seri e ricercati, come nel caso di Spark che si ispira ad un fatto di cronaca che riguarda la morte di un bambino ucciso per mano di un altro bambino poco più grade di lui. Nella canzone il bambino ucciso rassicura i genitori dicendo di stare bene e di essere presente in tante piccole cose. This Pretty Face è un monito a tutte quelle ragazze che sono famose solo per il loro aspetto, per il loro “bel faccino”, ma quando i media troveranno un altro “bel faccino” da mettere al centro dell’attenzione, sarà la fine per loro, non saranno più nessuno.

I testi più attenti e ispirati vanno forse a discapito di quell’orecchiabilità che era una delle caratteristiche del primo album. Proprio la canzone scelta come singolo sembra avere questa caratteristica, Don’t Tell Me That It’s Over, insieme alla scanzonata Love Love. In generale è un album meno immediato del precedente ma non per questo di valore inferiore. Si tratta pur sempre del secondo album e di strada da fare ne ha ancora tanta. Se tiene fede alla sue dichiarazioni prevedo per lei un futuro artistico duraturo che spero possa concretizzarsi con l’annunciato terzo album, anche a costo di rimanere fuori dalle luci della ribalta che ad Amy MacDonald non sembrano interessare.

Amy MacDonald
Amy MacDonald

Nonciclopedia nonsense

Nonciclopedia è stato chiuso per diffamazione? Da Vasco Rossi? A quanto pare Vasco ha scoperto Internet solo di recente e di conseguenza avrà scoperto Nonciclopedia da qualche giorno. Io fui informato della sua esistenza diversi anni fa, vedendo i miei compagni di classe visitare spesso il sito e farsi due grasse risate. A me non ha mai fatto ridere. Noncilopedia raccoglie solo una serie di battute gratuite e ingiustificate contro tutto e tutti. Non è satira e non è umorismo, si tratta solo di banalità spesso volgari. Essere volgari fa sempre ridere anche se non fa ridere. Fare battute volgari è semplice ed essendo semplice non ci vuole molto a farsi capire. La satira è ben altro. Un buon esempio lo da il “serissimo” blog spinoza.it. Per fare satira bisogna essere geniali come Guzzanti o Crozza e non ridicoli.Internet non perde nulla con l’assenza di Nonciclopedia, a mio parere è un sito perfettamente inutile. Sinceramente mette un po’ di tristezza leggere delle battutacce e sapere che c’è gente che ha perso tempo a scriverle.

Sia chiaro, non ritengo sia corretto aver accusato Nonciclopedia di diffamazione, perchè in fondo Internet è libera e deve rimanere libera. Non ritengo nemmeno che quelle frasi sconnesse senza obiettivo possano ritenersi diffamazioni. Come si dice, Nonciclopedia lascia il tempo che trova. Di conseguenza la sua chiusura, anche se temporanea mi lascia indifferente. Ammiro il tentativo di realizzare qualcosa di originale, seppur ispirandosi alla versione inglese, ma far ridere è tutt’altro ed è pure difficile. Spesso una voce della Nonciclopedia era così piena di cose prive di senso che non di rado passava la voglia di leggerle tutte, nel tentativo di trovare qualcosa di buono. Per curiosità, tempo fa, visitai la pagina dedicata ai R.E.M. e francamente non trovai nessuna battuta particolarmente sagace e geniale. Soltanto battute che definire offensive è offensivo per le battute stesse. Fu l’utima volta che visitai Nonciclopedia ad eccezione di questi giorni.

Puramente per una questione di principio spero che Nonciclopedia riapra, almeno per non darla vinta a chi vuole la censura in Internet, ma personalmente non ritengo grave la sua perdita.