Non mi giudicate – 2016

Eccomi dunque ancora una volta a fare i conti con il tempo che passa. Un altro giro intorno al sole tra le pagine di questo blog se ne andato. Come ho fatto lo scorso anno, premio gli album e gli artisti che più hanno lasciato il segno nel 2016. Naturalmente le mie scelte si limitano a ciò che ho potuto ascoltare quest’anno, per ognuna di esse troverete la recensione dell’album su questo blog. Quest’anno, rispetto al precedente, ho ascoltato un bel numero di EP e così ho aggiunto una categoria tutta dedicata a loro. Un’altra novità è dettata dal maggiore spazio che ha trovato il country nella mia musica, così ho aggiunto un posto anche per questo genere americano. Quest’anno non è stato affatto facile scegliere e ho dovuto escludere qualcuno ma poco importa. In fin dei conti questo 2016 è stato un anno ricco di musica e ha volte mi sono ritrovato sommerso di cose da ascoltare. Il tutto per merito mio, si capisce.

  • Most Valuable Player: Agnes Obel
    Questa cantautrice rimane una delle più affascinanti degli ultimi anni. Il suo terzo album Citizen Of Glass è uno dei più belli di quest’anno. Un ritorno ispirato e magico, caratterizzato da tutto ciò che rende unica quest’artista. Imperdibile.
    Agnes Obel – Stretch your Eyes
  • Most Valuable Album: Jet Plane And Oxbow
    Johnatan Meiburg torna nella sua forma migliore con un disco carico e intenso. Le sonorità anni ’80 rilanciano gli Shearwater, un gruppo che non è mai troppo tardi scoprire. Vivamente consigliato per la sua qualità.
    Shearwater – Jet Plane And Oxbow
  • Best Pop Album: Keep It Together
    Lily & Madeleine virano su sonorità più pop ma riescono a non perdere la bussola. Le due ragazze di Indianapolis crescono a vista d’occhio, staccandosi sempre di più dai loro modelli e trovando una strada più personale. Ben fatto.
    Lily & Madeleine – Westfield
  • Best Folk Album: Between River And Railway
    Quando si parla di folk, si parla di tradizione. Nel caso di Claire Hasting è quella scozzese. Tra inediti e classici, questa giovane cantautrice ci porta nella sua terra con semplicità e una bella voce. Da tenere d’occhio per il futuro.
    Claire Hastings – The House At Rosehill
  • Best Country Album: Honest Life
    Courtney Marie Andrews nonostante la giovane età è già da tempo nel country che conta. Questo album però ha qualcosa di speciale, per maturità e ispirazione. Carico di sentimenti e malinconia, Honest Life è un must per gli appasionati del genere.
    Courtney Marie Andrews – How Quickly Your Heart Mends
  • Best Singer/Songwriter Album: Angel Olsen
    Difficile inquadrare questa artista americana in un genere musicale. Quello che è sicuro è che è una cantautrice. Ecco perchè non si può fare a meno di mettela al primo posto. Il suo MY WOMAN è un gioiellino anche se ha diviso critica e fan.
    Angel Olsen – Shut Up Kiss Me
  • Rookie of the Year: Billie Marten
    Con Writing Of Blues And Yellows fa il suo esordio la giovanissima cantautrice inglese Billie Marten. Il suo folk pop delicato e sognante è il suo punto di forza. Aspettavo da tempo questo esordio e questo album si è rivelato al di sopra di ogni aspettativa.
    Billie Marten – Milk & Honey
  • Sixth Man of the Year: Bon Iver
    Certo, mettere uno come Justin Vernon in panchina non è mai una buona idea ma è successo. Lui si è fatto trovare pronto con l’enigmatico 22, A Million, che provoca reazioni contrastanti. A me è piaciuto e tanto basta. Un’esperienza da fare.
    Bon Iver – 29 #Strafford APTS
  • Defensive Player of the Year:  Keaton Henson
    Come dire, Keaton Henson è Keaton Henson. Chi è più “difensivo” di lui.? Con il nuovo Kindly Now prova a buttare giù quella barriera tra lui e l’ascoltatore. Ci riesce con la consueta sensibilità e tristezza. Da ascoltare in totale solitudine.
    Keaton Henson – Alright
  • Most Improved Player: Kelly Oliver
    Dopo l’ottimo This Land, la cantautrice folk inglese compie un ulteriore passo avanti nella sua crescita artistica. L’album Bedlam è un concentrato di ballate folk senza tempo che traggono ispitazione dalla tradizione. Consigliatissimo.
    Kelly Oliver – Bedlam
  • Throwback Album of the Year: Soon Enough
    L’esordio di Erin Rae e dei suoi The Meanwhiles dello scorso anno è un album incredibilmente malinconico e emozionante. La voce di Erin Rae è tra le più e emozionanti che si possano sentire. Solo per malinconici cronici.
    Erin Rae And The Meanwhiles – Minolta
  • Earworm of the Year: Amerika
    Il gruppo canadese Wintersleep è tornato quest’anno in grande stile con The Great Detachment. Il singolo Amerika mi ha trapanato il cervello per settimane. Ritornello orecchiabile e tanto buon indie rock. Da ascoltare a vostro rischio e pericolo.
    Wintersleep – Amerika
  • Best Extended Play: Tide & Time
    Tanti EP quest’anno. Difficile scegliere ma sicuramente questo Tide & Time della cantautrice inglese Kitty Macfarlane è stato il più sorprendente. Voce unica e attenzione ai dettagli. Profondamente ispirato. Si attende un seguito.
    Kitty Macfarlane – Song to the Siren (Tim Buckley cover)
  • Most Valuable Book: I Racconti (1831 – 1849)
    Nonostante abbia letto libri con la regolarità di sempre, ho dato meno spazio a loro su questo blog. Senza dubbio la raccolta di tutti (o quasi) i racconti di Edgar Allan Poe è il libro dell’anno. Vi consiglio l’edizione di Einaudi con la traduzione di Manganelli.

Questo 2016 è stato un anno nel quale ho potuto ascoltare davvero tanti album e non tutti hanno avuto spazio in questo blog. Avevo intenzione di elencarli qui, in questo post di fine anno ma poi ci ho ripensato. Chissà magari meritano più spazio e l’anno prossimo lo troveranno. Nel 2017 ci saranno tanti ritorni e spero come sempre di avere il tempo di ascoltare musica e di scrivere in questo blog.

Buon 2017

Un Natale con i fiocchi

È la vigilia di Natale ed è anche sabato. Di solito il fine settimana è destinato ad una recensione ma questo non è un fine settimana come gli altri. Quest’anno posso unire il Natale alla musica e questo è possibile sono se si tratta di musica natalizia. Come rimanere indifferenti di fronte alle nostalgiche e zuccherose canzoni di Natale? Come esserlo se a cantarle è una come Kacey Musgraves? Sì, quest’anno la cantautrice americana ha pubblicato A Very Kacey Christmas, un album di Natale con tanti classici e quattro inediti. L’album di canzoni di Natale è una tappa forzata per ogni artista di successo e non sempre il risultato è all’altezza ma Kacey Musgraves… bhè ascoltare per credere.

Kacey Musgraves
Kacey Musgraves

Si comincia con Have Yourself A Merry Little Christmas che subito ci porta nell’atmosfera natalzia. Calda e confortante, la voce della Musgraves è suadente al punto giusto. Un inizio con i fiocchi, “Through the years, we all will be together if the fates allow / So hang a shining star upon the highest bough / And have yourself a merry little Christmas now“. Un classico che più classico non si può come Let It Snow non può certo mancare. Impreziosito dal Trio Lescano… ops intedevo le The Quebe Sisters. Una canzone che fa subito Natale, “Oh, the fire is slowly dying / And, my dear, we’re still goodbye-ing / But as long as you love me so / Let it snow, jet it snow, let it snow“. Christmas Don’t Be Late ha i tratti delle belle canzoni di una volta. Tutto è fatto con gusto e attenzione, Kacey Musgraves si rivela essere un’artista versatile e brava, “Want a plane that loops the loop / And I still want a hula-hoop / I can hardly stand the wait / Please, Christmas, don’t be late / I can hardly stand the wait / Please, Christmas, don’t be late“. Il primo inedito è A Willie Nice Christmas, cantata insieme a quella vecchia roccia di Willie Nelson. Un Natale alternativo, una canzone simpatica che spazza via la nostaligia che questa festa porta con sè, “Don’t get caught up in the hustle and the bustle / This time of year ain’t supposed to be so stressful / Here’s to easily silent nights and finding your own paradise / ‘Cause whatever family, might call your own“. C’è anche Feliz Navidad di José Feliciano. Una bella versione arricchita dai cori e dalla voce elegante della Musgraves. Davvero bella, “Feliz navidad, feliz navidad / Feliz navidad, prospero año y felicidad / Feliz navidad, feliz navidad / Feliz navidad, prospero año y felicidad“. Un’altro inedito con Christmas Makes Me Cry. Qui la malinconia sale alle stelle. Coglie tutti gli aspetti del Natale che ogni anno si ripete e ogni anno pensiamo a quanto era bello quando eravamo bambini, “It’s the ones we miss, no one to kiss under the mistletoe / Another year gone by, just one more that I, I couldn’t make it home / And I know that they say, “Have a happy holiday” / And every year, I swear I sincerely try / Oh, but Christmas, it always makes me cry / Always“. Anche Present Without A Bow è un inedito dal piglio pop. Vede la collaborazione di Leon Bridges. Un bel duetto che porta una storia d’amore sotto l’albero. Un pezzo romantico e nostalgico, “There’s no red and white stripes on a candy cane / And Silent Night just wouldn’t sound the same / Where’d the magic go? / All I know is me without you is like a present without a bow“. Un’altro classico come Mele Kalikimaka riaccende la speranza di un Natale sereno. Kacey Musgraves ci porta alle Hawaii con la consueta dolcezza e spensieratezza, con un tocco vintage, “Mele Kalikimaka is the thing to say / On a bright Hawaiian Christmas Day / That’s the island greeting that we send to you / From the land where palm trees sway“. Vale il prezzo del biglietto la divertente I Want Hippopotamus For Christmas. Un classico interpretato dalla Musgraves con innocenza, sembra cantare con un bel sorriso e fa sorridere anche chi ascolta. La canzone di per sè è già irresistibile ma con la sua voce e la reintrepetzione country lo è ancora di più. Da ascoltare, “I want a hippopotamus for Christmas / Only a hippopotamus will do / No crocodiles or rhinoceroses / I only like hippopotamuses / And hippopotamuses like me, too“. Un altro classico per bambini è Rudolph the Red-Nosed Reindeer. Come in precedenza, l’interpretazione della Musgraves è perfetta. Tutto molto natalizio, “Rudolph, the Red-Nosed Reindeer had a very shiny nose / Well, and if you ever saw it, you would even say it glowed / (Like a light bulb)“. Ribbons And Bows è un inedito nel quale l’amore trionfa. Carica di buoni sentimenti come vuole il Natale, questa canzone è orecchiabile quanto basta per essere cantata in coro, “Don’t need ribbons and bows to cure my woes / No, I just need your love / Expensive rings or diamond things / No, I just need your love“. Chiude l’album What Are You Doing New Year’s Eve?, lento romantico e strappalacrime. Kacey Musgraves ne dà un interpretazione elegante con un sensibilità d’altri tempi, “Wonder whose arms will hold you good and tight / When it’s exactly 12 o’clock midnight / Welcoming in the New Year, New Year’s Eve“.

Gli album con le canzoni di Natale hanno da sempre avuto un significato più commerciale che artistico. Questo non fa eccezione. Lo ascolterete per qualche settimana per poi riporlo nel cassetto fino all’anno prossimo. A Very Kacey Christmas però non è eccessivamente melenso e ruffiano, la brava Kacey dimostra tutto il suo talento, reinterpretando i classici con grande rispetto e classe. Purchè non diventi un appuntamento fisso ogni anno, questo album è un’ottima colonna sonora per le feste da ascoltare e riascoltare prima che finiscano. Un album da condividere con parenti e amici, in perfetta sintonia con il Natale.

Mi ritrovai per una selva oscura

A volte basta la copertina di un album per incuriosirmi. Questo The Road To Some Strange Forest della cantautrice americana Moriah Woods ha una copertina che richiama un folk dai toni dark, quasi funerei. L’ascolto poi di un brano come Mother mi portato ad avvicinarmi a questa artista si stanza in Polonia. Non sono attirato dal dark folk ma la mia curiosità mi ha spinto in questa direzione. Se non si puù giudicare un libro dalla copertina non si può dire altrettanto degli album musicali. La copertina è fondamentale e a volte basta ed avanza nella sua scelta.

Moriah Woods
Moriah Woods

Old Times apre l’album, conducendoci in questa foresta oscura che è la musica della Woods. La voce è eterea, la musica essenziale ma tutto è ben mescolato e crea la giusta atmosfera che ci si aspetterebbe date le premesse, “For our minds / for our minds All filled with pain / For the nights / for the nights I cried in shame / for the ones / for the ones you thought you loved / for old times / for old times when we weren’t sane / for old times“. La successiva The Serpent è un folk americano con una bella melodia. Questo serpente, figura demoniaca, è immagine di questo dark folk, che dà spazio a riff di chitarra elettrica e cori. Tanto affascinante quanto evocativa, “With closed eyes / We cling to the heart of their heavy words / We’ll see them through / Serpent comes with open arms he’s welcomed / Fueling the flame the serpent’s inside of me too / The serpent’s inside of me too“. Mother è una delle canzoni più belle di questo album. Una triste canzone alla base della quale sembra esserci un abbandono. Un’interpretazione intesa nella qualche la Woods dà anche prova del suo talento di cantautrice, “She said “darlin’ can’t you see? / I’m just a fragile human being / I cannot reap or cry or sow / So fight and fight and fight alone”“. Un bella ballata folk si nasconde sotto il titolo di The Fall. L’atmosfera è quella opprimente del folk più scuro. Moriah Woods è brava a non lasciarsi prendere la mano, “Dark the waves / Pushed at the sides of their minds / Have died somehow bodies still alive / They were lost oh so lost they lost their way / I was lost oh so lost I lost my way“. The Road è la canzone più dolce e malinconica di tutte. Una bella ballata folk che ci fa scoprire una Woods meno dark. Un’ottima prova come cantautrice capace di creare melodie orecchiabili ma non banali, “I drift slowly down the road / Looking over my shoulder now and then / And we dance to life’s lonesome tunes / To be reminded that we’re still alive“. Toni ancora scuri in Breacking Through. La notte cala su chi ascolta e porta con sè i suoi demoni e le sue creature. Brava la Woods a farci provare tutto questo, sfoderando anche le sue armi più rock, “The old and hungry days / Of lust and pain are sailing away / But the fears of breaking through / Still grip my head on my darker days“. You Can’t See è un intensa ballata che sa essere anche orecchiabile. Si intravede qualche lampo di luce nel buio creato dalla musica della Woods. Non è un buio opprimente ma piuttosto una fredda notte, “One day dear I’ll sing a tune of love and of truth / And I hope its about you / So take me by all of my sides / Aven those that you despise / Cause in the end its who I am“. Si sente tutta l’influenza del folk americano in Many More Will Follow. Una delle canzoni più ricche musicalmente di questo album. Una Moriah Woods ispirata, “My feet they’re tired from the walking / My breaths are shallow in between / The dogs are howling in the moonlight / And I rest my bones in the trees“. Opprimete e più scura delle altre canzoni, Ghosts Of The Past non lascia scampo. Triste e carica di rabbia che esplode nel finale in un vibrante rock, “Faces growing in the sand / And I cannot stand their eyes / And I’m growing with them too / And I’m looking for a place to hide / Said I’m looking for a place to hide“. Chiude questo album Some Strange Forest che in quanto a tristezza e dark non ha nulla da inviadiare alle altre tracce. Anzi, c’è spazio per le chitarre elettriche che alzano i decibel fino a creare quel muro di suono che solo la musica metal sa creare, “Somewhere in these memories / On twisted turning roads / I scooped up all my sorrows / And I brought them home“.

The Road To Some Strange Forest è un album che eslora il lato dark del folk americano. Moriah Woods non forza mai questo aspetto ma lascia che le sue canzoni trovino la propria dimensione da sole. A volte il risultato è più dark e altre meno ma l’album ha una sua anima, scura è vero, ma affascinante. Questa sensazione di oppressione non è mai forte e forse è per questo che The Road To Some Strange Forest è un album che ho potuto apprezzare dalla prima all’ultima nota senza dovervi rinunciare. Chi non ama le canzoni tristi stia lontano ma chi ha un cuore scuro quel tanto che basta, allora ha trovato in Moriah Woods la persona giusta.

Come piace a me

Prima che quest’anno finisca (come tutti gli altri) c’è spazio ancora per qualche recensione. Tra gli ultimi ascolti c’è l’interessante EP Fly della cantautrice gallese Danielle Lewis pubblicato lo scorso novembre. In realtà mi ero già appuntato il suo nome diverso tempo fa ma solo in occasione di questa nuova uscita, ho voluto approfondire la sua conoscenza. Così ho voluto ascoltare insieme due EP, Fly appunto, e Dreams Grow uscito lo scorso anno. Si tratta quindi di una doppia recensione nella quale ho potuto notare quanto è cresciuta quest’arista in un anno. I due EP insieme contano undici canzoni, un album insomma. Come piace a me.

Danielle Lewis
Danielle Lewis

Dreams Grow si apre con l’omonima canzone dalle atmofere indie pop. Carica di vita e positività, questo brano, rappresenta il volto più pop della Lewis che mette in luce più il suo songwiting che le doti vocali. In canzoni come la successiva I’ll Wait, Danielle sfodera la sua meravigliosa voce. Una voce angelica e cristallina, che viene perfettamente dosata in una canzone folk come questa, “Just like the tide you’d been and gone / Just like the sunset lost in the horizon / As I felt the wind come running round / It took my heart right from the ground“. La bella Dawnsio At Eich Galon è cantata in gallese. L’uso di questa lingua conferisce un tratto particolare a questa canzone, soprattutto per chi come me, non capisce una parola. Ma io sono convito che la musica è in grado abbattere qualsiasi barriera linguistica. Love Live Life mostra ancora tutta la vitalità e gioia di quest’artista. Un ritornello orecchiabile e buoni sentimenti fanno di questa canzone una delle più accessibili di Dreams Growi che si chiude con la straordinara Aros. La scelta di cantare ancora in gallese dà un fascino quasi fiabesco a questa canzone nella quale torna a farsi sentire la voce Lewis in tutto il suo splendore. Davvero un’ottima canzone.
L’EP Fly, comincia con la bella West Coast Sun. Melodie celestiali fanno da contrasto ad un ritornello accattivante. La voce della Lewis è delicata e irresistibile. Una canzone ispirata dalla sua terra. Meravigliosa, da ascoltare, “Looking over New Quay / From the window I grew in / Tracing out a path down to Cardigan Bay / Will you keep me warm, / When I’m back in old South Wales“. Along This Time è una malinconica ballata folk, nella quale Danielle Lewis ci culla con la sua voce. C’è qualcosa di magico nell’aria, l’immagine di una notte d’inverno. A me fa questo effetto al di là del significato della canzone, “Songs fade into sound turn into rain / The sunlight on the ground has washed away / Remember how my laugh would make you smile / The little things we did along the way“. La title track Fly è un canzone intima e sognante. La voce è incantevole e pura, il talento come cantautrice è un dono. Leggera come il vento, questa canzone, scivola via lasciando solo buone sensazioni, “Let this river, lead us where we’ll lay / The tide will take me / Hold me so I’ll stay / It’s almost day / I’ll fly ‘til I find another sky / I’ll fly, remember these wings, I’ll fly high“. Un richiamo all’indie pop ascoltato in precedenza lo troviamo in Belong. In questo caso Danielle Lewis presta più attenzione al testo, lasciando comunque trasportare dai sentimenti, “All the trees they shed their leaves / And every season has it’s way to be / Dancing under the scorching sun / Or getting drenched under the pouring rain“. Anywhere Is Home è un bel pezzo folk dai mille colori. La voce dà forma alla canzone, arricchita da un ritornello orecchiabile. Un’altra dimostrazione di talento della quale esiste anche una versione in gallese intitolata Cartref Yn Mhob Man, “A life is a canvas we can paint what we want / Make it fun, make it happy / Always do what you love / The sky is always blue“. Chiude l’EP la meravigliosa Hiraeth. Nella prima parte c’è solo la voce angelica della Lewis che ammalia e incanta. La seconda parte si trasforma in un folk delicato, essenziale e nostaligico come vuole il titolo. Bellissima, “Ble aeth y golau’r haul / Does dim bywyd yn y ddail / Yn edrych lan i’r awyr lwyd / i dod o hyd i fy ffordd / Mae’n diwrnod hir / Yn fy meddwl i“.

Ascoltare due EP come questi, uno dopo l’altro, dà l’idea di come un’artista, in questo caso Danielle Lewis, possa crescere e migliorare in poco tempo. Dreams Grow è ricco della vitalità e della vocalità di questa artista ma nel più recente Fly si trova quella poesia e fascino che pochi sanno tirare fuori dal nulla come lei. Avere una bella voce non è abbastanza per fare belle canzoni, bisogna saperle scrivere ma soprattutto saper trasmettere quell’emozione, quella sensazione che solo con la musica si può condividere. Danielle Lewis ha tutto questo ma soprattutto sa creare canzoni meravigliose che passano dalla sua voce angelica e pulita.

Correre con le forbici in mano

Edwina Margaret “Fanny” Lumsden è una cantautrice australiana che, insieme alla sua band The Thrillseekers, ha pubblicato il suo album d’esordio intitolato Small Town Big Shot. I modi simpatici di Fanny Lumsden e la sua musica mi hanno subito conquistato. Un country dal sapore australiano che diverte ed emoziona, è alla base di questo album. Un country fresco e irresistibile. Ancora una volta è capitato che sia bastato il singolo Soapbox per farmi desiderare l’intero album. Al suo interno ho trovato tutto quello che mi aspettavo ci fosse dietro il sorriso contagioso di Fanny Lumsden, che mi ha accompagnato in queste settimane d’autunno e di lavoro.

Fanny Lumsden
Fanny Lumsden

Una delle migliori canzoni dell’album, Bravest Of Hearts, dà il via. Fanny Lumsden ci porta nella sua famiglia, nei colori della sua terra. Una canzone sincera che arriva dritto al cuore, grazie all’immediatezza della musica country e alla voce dolce della Lumsden. Soapbox è un brillante brano non a caso è stato scelto come singolo. Luminosa e accattivante, questa canzone vi ritroverete a fischiettarla in men che non si dica. Da ascoltare. Con la title track Small Town Big Shot si entra nella parte più malinconica e romantica dell’album. Qui Fanny Lumsden mette in mostra tutto il suo talento come cantautrice, scrivedo una ballata country a colpo sicuro. Si può dire lo stesso della bella Land Of Gold. Qui si sente il sorriso e la gioia di quest’artista. Non è facile trasmettere queste sensazioni, se non con la sincerità che a Fanny Lumsden sembra non mancare. Weatherman è spensierata, carica dei colori del buon country illuminato dal caldo sole dell’Australia. Ancora una volta il ritornello è irresistibile e intelligente. Totem Tennis continua sulla stessa lunghezza d’onda. Fanny Lumsden è regina della scena, servedosi di un carisma che non gli manca. Il gruppo che l’accompagna è allo stesso modo protagonista con un country rock trascinante. Rattle & Your Roll ci riporta alle sonorità più tranquille ma carica di sentimento. Una delle canzoni più belle dell’album che mostra un volto meno spersierato di questa cantautrice ma ugualmente efficace. Una delle canzoni più originali e brillanti dell’album è senza dubbio Sea Elephant School. Una canzone che fa subito presa grazie alla musica coinvolgente, al ritmo e la voce energica della Lumsden. Sicuramente da considerare tra le migliori di questo album. C’è spazio per il romanticismo con I Choose You che va sul sicuro. Fanny Lumsden e la sua band ci mettono tanto cuore e si sente. La voce si fa dolce, la musica evocativa. Tutto pefetto, insomma. Bastards esplora ancora il lato più sentimentale di questo album. Un’interpretazione intensa e sentita che spicca su tutte le altre canzoni. Chiude l’album la bella Sunstate che ci fa assaporare del buon country che nasce al di là del Pacifico ma non ha confini. L’ultima traccia riassume bene tutte le sfumature di questo album e la versatilità della voce della Lumsden.

C’è qualcosa in questo Small Town Big Shot, difficile da spiegare, che ti fa compredere che non stai ascoltando un’artista americana. Sembra che, in quelche modo, Fanny Lumsden e la sua band riescano a portare un pò di Australia nella loro musica country. Un album d’esordio che ha alle spalle anni di lavoro e si sente davvero, perchè Small Town Big Shot è un album solido, senza troppe sbavature. Fanny Lumsden è una carismatica frontwoman che fa della sua simpatia e sincerità i suoi punti di forza. Un album che mi sento di consigliare a chi vuole ascoltare qualcosa di leggero ma intelligente e onesto. Un’altra piccola sorpresa di questo anno che sta per finire. L’ennesima prova che c’è sempre qualcosa di nuovo da ascoltare e da scoprire.