Non è passato molto tempo da quando ho ascoltato per la prima volta questo gruppo di sorelle americane ma ora posso dare un’opinione più precisa riguardo alla loro musica. Per farlo ho ascoltato il loro album d’esordio (o quanto meno di maggior successo) intitolato SHEL del 2012, omonimo del gruppo nonchè acronimo dei loro nomi, Sarah, Hannah, Eva e Liza. Ero rimasto piacevolmente sorpreso dalla versione live della loro Lost At Sea che ho voluto approfondire la loro conoscenza. Posso affermare che ciò che ho trovato nell’album è perfettamente in linea con questo brano. Non nascondo che avevo qualche perpelssità riguardo a quello che avrei potuto trovarci, ma le SHEL si sono dimostrate coraggiose in alcuni frangenti, salvandosi così da passaggi a vuoto o banalità che il loro pop folk fiabesco potrebbe comportare.
Si comincia con Paint My Life che ci introduce nel colorato mondo delle sorelle Holbrook, fatto di violini e mandolini. Tutto è così armonioso e delicato che non si può fare altro che lasciarsi trasportare, “Is this my real life, or some wounded fool’s fantasy / I remember a colorful light, it once belonged to me / Until I painted my heart in white lies / They seemed so harmless at the time“. Like Minded Fool è più triste ma ugualmente eterea. Una canzone breve di soli due minuti, dove si concentra tutta l’emotività di questo gruppo, “Go tell my friends I’m leaving town / They’ll help me find a place where memories won’t bring me down / The days when only silence ruled / When every word I said made me sound like a fool“. Freckles ci illumina con un frizzante folk dal sapore più britannico che americano. Un’atmosfera scanzonata e colorata raggiunge le nostre orecchie, strappandoci un sorriso. Qui le SHEL danno dimostrazione di essere delle brave musiciste ma il meglio deve ancora venire, “I thought love would be so easy / Like pulling petals off a daisy / It’s the feelings we can’t help that bring us shame / I know I’d be alright if you felt the same“. The Man Who Was The Circus mescola classica, pop e folk in una sola canzone, evocativa di atmosfere circensi. Come in un musical, di soli cinque minuti, il gruppo ci trascina nel mondo dolceamaro del circo, dove i pagliacci piangono ma lo spettacolo deve andare avanti. Una delle migliori canzoni dell’album, un piccolo gioiellino di poesia, “And all the clowns gather round / Wiping off their smiles as the tears drip down / The man who was the circus is gone / Still the show must go on“. La successiva Lost At Sea richiama il folk celtico, epico e magico. Basta questa canzone per incuriosire l’ascoltatore, che viene catturato da un turbinio di immagini. Anche questa volta le quattro sorelle danno prova di tutto il loro talento, “Love like a music box lost at sea / Sing sweet melodies both wild and free / Here the waves come; they’ll take me far away / Love the world will take, and love the world will change“. The Wise Old Owl è gioca con il suono della parole e con la voce. Ci ritroveremo a canticchiare il ritornello del vecchio gufo in una frazione di secondo. Forse ci sentiremo un po’ stupidi ma è così che funziona, “My dreams have had their price, look up at the sky tonight / Shards of glass from my slipper make the stars in the Dipper / I know you see them nightly, do recall you held me tightly / Once upon a time, once upon a time“. Vinyl Memories ci fa rivivere atmosfere vintage e malinconiche, sempre delicate come la voce di Eva Holbrook. Un’altra canzone piacevole da ascoltare e foriera di belle sensazioni, “My hope is just a torn cable / All my friends are enemies / The world spins and keeps repeating / All the worst of history / Now I must believe“. Segue a ruota una cover di un brano dei Led Zeppelin intitolato The Battle Of Evermore. Una buona cover più folk dell’originale ma nulla di eccezionale. Stained ripresenta gli stessi ingredienti delle precedenti canzoni ma c’è più energia. Inattaccabile il fascino del violino e del mandolino messi assieme, praticamente sempre presenti nella loro musica, “Hold a rose to the flame / Like a coward you delight in my pain / Tell me why’d you call my name / Your love left my heart stained / I don’t sleep at night“. On My Way è una bella canzone pop accattivante e orecchiabile. Le quattro sorelle danno il meglio in questo tipo di canzoni, “Come on child, stop your sleeping / Walk all day, sing all night, come on over the rise / Come on child, time you’re leaving / Walk all day, sing all night, come on over the rise“. Segue Tuscany brano esclusivamente strumentale dedicato alla nostra bella regione… o almeno credo. When The Dragon Came Down è un bel brano in quello stile che ormai conosciamo bene. Forse rimane un po’ anonimo essendo preceduto da altri brani piuttosto simili ma è comunque altrettanto piacevole, “Oh is she really gone / I lost my queen along with my crown / When the Dragon came down / Oh deep within my sleep / Awakened by the sound of her scream / The Dragon came down like a dream“. Chiude l’album la bella The Lastest And Greatest Blueberry Rubberband che a partire dal titolo si rivela curiosa. Tanti “uh-uh” e buon umore, sintetizzano il mondo delle SHEL, colorato, un po’ malinconico ma anche allegro e leggero, “Magic flies by like a crimson butterfly / Flickers of a memory in the twinkle of an eye / Jellybeans that make you hop high above the silver moon / Find your way back down to earth, just ride a red balloon“.
Se fosse un film, questo album starebbe sotto la categoria “per famiglie”. Sarah, Hannah, Eva e Liza non si lanciano in chissà quali seri progetti musicali e artistici ma il loro intento è quello di proporre buona musica per tutte le orecchie. Ma non si tratta di un prodotto superficiale. Le ragazze mescolano pop, folk e classica senza paura e, strano ma vero, appaiono immuni all’influenza dello stile americano. Sembrano infatti prendere ispirazione dalla musica del vecchio continente piuttosto che dal nuovo ma l’immagine del gruppo è, per certi versi, marcatamente americana. Queste quattro sorelle possono solo crescere e questo album da prova delle loro solide basi. SHEL non è un album perfetto, soprattutto per le troppe somiglianze tra i brani, che tendono ad appiattire i tre quarti d’ora di ascolto. Un’album che rappresenta un buon passatempo, curioso e senza particolari pretese ma nel quale si possono trovare spunti interessanti per aprirsi verso altri scenari musicali.