Mi ritorni in mente, ep. 90

Anche se l’album Paint Horse risale al febbraio scorso, la scoperta da parte mia del cantautore canadese Benjamin Dakota Rogers è piuttosto recente. Sono rimasto subito impressionato dalla sua voce e dalla passione con la quale interpreta le sua canzoni. Lo stile è quello del country folk americano più classico e tradizionale, fatto di ballate e storie da raccontare. Questo è il suo secondo album che segue Better By Now del 2019.

Difficile scegliere una sola canzone da questo album. Molte sono le ballate intitolate con un nome femminile Maggie, Rosie ed Eloise. Altre sono caratterizzate da un fascino particolare come Blackjack County Chain o la bella John Came Home. Ce n’è per tutti i gusti in questo Paint Horse e chi è appassionato di questo genere musicale troverà davvero delle ottime canzoni. Ho scelto Back To You perché è tra le più orecchiabili e immediate dell’album ma non posso che consigliarvi di dedicare un ascolto, anche più di uno, a questo album.

Non sai come funziona il fuoco

Anche se il nome di Kassi Valazza è nuovo su questo blog, il suo primo album Dear Dead Days del 2019 è stato uno di quelli che hanno dovuto attendere al lungo nella mia wishlist. Quando ho saputo della pubblicazione del suo secondo album, Kassi Valazza Knows Nothing, previsto per maggio di quest’anno, ho pensato di recuperare prima di il suo esordio. Devo imparare a fidarmi di più di me stesso quando metto le cose in wishlist. Un buon motivo per averle messe lì c’è sempre. Oggi però vi voglio consigliare il suo disco più recente di questa cantautrice americana ma non è peccato andare ad ascoltare quello precedente, anche se profondamente diverso nelle atmosfere e nelle sonorità ma siamo pur sempre nell’orbita del country, americana e compagnia.

Kassi Valazza
Kassi Valazza

Room In The City ci introduce a quelle sonorità che di fatto ci accompagneranno per il resto dell’album. Melodie dolci e malinconiche, accompagnamento acustico essenziale e voce carismatica sono gli ingredienti della musica della Valazza. I punti più alti si raggiungono con la splendida Rapture, la sfuggente ed dura Canyon Lines e la solitaria Long Way From Home, che incanta grazie alla voce unica di questa cantautrice. Corners rappresenta una piccola variazione sul tema dell’album, almeno all’apparenza, offrendoci una triste canzone d’amore. Song For A Season si rifà alle sonorità anni ’60, nelle quali Kassi Valazza sembra stare a proprio agio. Una canzone poetica, guidata dalla melodia così come Watching Planes Go By che introduce un gusto vagamente rock che ritroviamo poi in maniera più marcata in Smile. Chiudono l’album l’evocativa Welcome Song e Wildageeses, una canzone che sa di natura, immensi paesaggi e libertà.

Kassi Valazza Knows Nothing è un album nel quale la melodia gioca un ruolo fondamentale e necessario per mantenere un equilibrio che altrimenti farebbe sprofondare tutto in un insieme di canzoni monotone e prevedibili. Kassi Valazza riesce a fare un lavoro straordinario, obbligandoci ad ascoltare e riascoltare le canzoni per cogliere ogni sfumatura, trovandone sempre di nuove. Non è un album che offre un approccio semplice e immediato. Non è un album nel quale cercare una canzone che spicca sulle altre. Qui tutto è immerso in un’atmosfera poetica e anche un po’ psichedelica. Si sente l’anima country che produce ballate e il piacere di cantare e scrivere canzoni. Kassi Valazza Knows Nothing è un gran bell’album che da una nuova forma e dimensione alla musica di questa cantautrice, lasciandoci presagire un futuro molto interessante.

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Non c’è nessun altro da incolpare

Dopo l’album We Still Go To Rodeos uscito nel 2020, nel pieno del lockdown, e i problemi di salute che l’hanno colpita duramente lo scorso anno, è tornata Whitney Rose con il suo nuovo Rosie. Si tratta del sesto album di studio dopo la svolta in direzione di un country più rock e meno tradizionale. Questa scelta però sembra essere già stata archiviata fin dai primi singoli tratti dall’album, quasi ha voler lasciarsi alle spalle anni difficili tornando alle sonorità dei primi lavori. Whitney Rose è una delle prime cantautrici country che ho iniziato a seguire e riservo a lei un posto speciale nella mia musica. Nonostante qualche trascurabile passo falso, quest’artista è riuscita a produrre ottime canzoni, sempre piacevoli da ascoltare.

Whitney Rose
Whitney Rose

A partire da Tell Me A Story, Babe è chiaro che ci troviamo di fronte ad un album profondamente diverso al precedente. Questa ballata country ci introduce alle atmosfere confidenziali che ritroviamo anche un’altra canzone, l’ottima Mermaid In A Pantsuit che va a chiudere l’album. Le sonorità degli esordi sono rilanciate da canzoni come Memphis In My Mind, che con sue chitarre e il suo ritmo ci fa restituisce tutto il carisma della voce della Rose. Lo stesso vale per la malinconica You′re Gonna Get Lonely e per la scanzonata Honky Tonk In Mexico. L’unica cover dell’album è Can’t Remember Happiness, che si affida ad un country dalle vaghe tinte rock nella corde della Rose ma preso in prestito da Joanne Mackell. Una canzone carica di nostalgia del passato. Barb Wire Blossom è un’altra canzone che ricorda le migliori della cantautrice americana, grazie ad un mix di country e rock ed un pizzico di romanticismo. I Need A Little Shame torna sui ricordi, riflettendo sugli errori del passato, rimanendo fedele alle sonorità dell’album. Il country più puro arriva con Minding My Own Pain, che ancora una volta vede la Rose fermarsi e riflettere, affidandosi a sonorità ben rodate e di sicuro effetto. Per finire My Own Jail, che con la sua anima blues ci mostra l’abilità come autrice della Rose, capace di tirare fuori un sound senza tempo, un country rock vecchio stile.

Con Rosie si ritorna perlopiù ad un country classico rinunciando di proseguire sulla strada del precedente album. Con questa scelta Whitney Rose ritrova un’ispirazione ben bilanciata tra canzoni più malinconiche e altre più spensierate, dimostrando un ottimo stato di forma. Questo album si distingue soprattutto per la sua uniformità, quasi come se ogni canzone prendesse spunto da un’ispirazione comune, che viaggia sottotraccia. Rosie è un album che ci riporta una Whitney Rose al suo meglio (oltre che evidentemente in salute), facendoci ascoltare quello che potrebbe essere uno dei migliori album country di quest’anno, riaffermandosi, in questo modo, come una della cantautrici più talentuose della nuova generazione.

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Vedo angeli che camminano per la città

Nel 2019, esplorando il vasto mondo della musica pop, sono inciampato nel nome di Lauren Daigle, cantautrice americana che l’anno precedente ebbe un discreto successo con il suo secondo album Look Up Child. Non ci sarebbe nulla di eccezionale se non fosse che la musica della Daigle ha una matrice fortemente cristiana. Anche se da noi, qui in Italia, ci pare impensabile che della musica pop di ispirazione religiosa riempia i palazzetti, in USA è piuttosto comune. Resta pur sempre un genere con un target preciso e perciò difficilmente un artista ha un successo su larga scala. Eppure Lauren Daigle è riuscita in qualche modo a rompere questa consuetudine grazie a canzoni orecchiabili e di più ampio respiro, una voce eccezionale e, perché no, una bella presenza (che nella musica pop non guasta mai). Anche io ne sono rimasto incuriosito e devo ammettere che Look Up Child l’ho ascoltato parecchie volte in questi anni. Sarà lo stesso per il nuovo album omonimo, Lauren Daigle?

Lauren Daigle
Lauren Daigle

La traccia di apertura nonché singolo di punta Thank God I Do riprende laddove terminava Look Up Child. Voce calda e spesso graffiata, che canta la bellezza di aver trovato Dio, con un accompagnamento essenziale ma efficace. Tra le mie preferite c’è sicuramente la bella Saint Ferdinand, che vede la partecipazione di Jon Batiste e Natalie Hemby. Una canzone di rinascita, orecchiabile e leggera. Canzoni come New e Ego si rifanno ad un pop soul caro alla Daigle, a suo agio anche grazie alle sue doti vocali che ben si prestano allo scopo. Il pop di Waiting è carico di energie con i suo ritmo trascinante che ritroviamo anche in These Are The Days, in maniera ancora più marcata. Non mancano i momenti più riflessivi come la bella To Know Me, illuminata dalle note del pianoforte e dalla splendida voce della Daigle. Allo stesso modo Don’t Believe Them si poggia su in testo forte, che fa riflettere, circondato da un’atmosfera scura e affascinante. Valuable è la classica canzone di conforto che funziona sempre ma che la Daigle riesce comunque a rendere piacevole. Kaleidoscope Jesus esce un po’ dai binari dell’album, nella forma ma non nella sostanza. Anzi è molto più esplicito nei rifermenti religiosi rispetto al resto dell’album.

Al di là del messaggio religioso che questo album porta inevitabilmente con sé, spesso solo accennato e a volte più marcato, Lauren Daigle riesce ancora una volta a lasciare aperta interpretazione ai suoi ascoltatori. I temi affrontati e i sentimenti positivi permeano ogni nota di questo disco che, pur riservando qualche sorpresa, si mantiene fedele alle atmosfere del suo predecessore. Tra pop e soul, questo Lauren Daigle, conferma il talento di una cantautrice che ha saputo ottenere successo insistendo su di un genere musicale lontano dal consueto immaginario della musica pop. Insomma, se volete ascoltare della buona musica pop che non sia fatta di banali canzoni d’amore, autocompiacimenti e figaggine, tenete in considerazione Lauren Daigle e non rimarrete delusi, anche se l’idea di un pop cristiano vi pare un po’ bizzarra.

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