Dedico questo post ad una canzone, Riverside. Piccolo gioiello plasmato dalle mani di Agnes Obel che corrono veloci lungo i tasto del suo pianoforte. Come un fiume, l’estate scorre e ci tragetta verso Agosto che per qualche oscuro motivo rappresenta il punto più alto della parabola estiva ma che ne segna la sua inevitabile morte. Sinceramente non ho mai amato l’estate. Mi ha sempre fatto riaffrorare nostalgici ricordi che balzano alle spalle direttamente dal passato. Qualche giorno fa ascoltando Riverside ho pensato: come è bella questa canzone… perfetta… come si fa a creare una poesia come questa? A dire il vero non l’ho pensato, l’ho provato. Un flash, un istante nel quale ti sale dal cuore una strana sensazione. Riverside sembrava conoscermi, era fatta per me. Sono un po’ geloso di lei, non voglio condividerla con nessuno, non voglio sapere cosa pensano gli altri di questa perla di Agnes Obel. Non voglio sapere cosa rappresenta per lei che l’ha scritta ma so solo quello che rappresenta per me.
Ci sono dei momenti particolari in cui delle canzoni si incollano irrimediabilmente ad un ricordo. Non puoi decidere quale e quando succederà ma puoi solo aspettare che succeda. Riverside l’ho sentita per la prima volta lo scorso autunno ma solo quest’estate si è incollata. Forse è la prima e l’ultima volta che Agnes darà alla luce una canzone tale ma ne farà altrettante che si incollerano in momenti diversi e staranno sempre lì come una fotografia che con il tempo sbiadisce. Una fotografia che avremo per sempre nel portafoglio.
Agnes sta facendo scorrere le sue dita lungo il pianoforte, di nuovo. Nuove combinazioni di note, nuove melodie che forse se ne stanno tutte attorno a noi come antichi spiriti ed è necessario un dono per saperle catturare. I suoi occhi azzurri stanno scrutando l’aria per trovarle, la trappola del pianoforte è pronta a catturarle. Non disturbatela. Quando sarà il momento le condividerà con noi. Noi che siamo privi di quel dono che ci permette di vedere la musica.