E sognerò il mare

Il primo album di questa cantautrice danese è uscito dieci anni fa e, anche se io l’ho scoperta l’anno successivo, è incredibile pensare che lei ci sia sempre stata con la sua musica. Mi ricordo quando ascoltai per la prima volta Philharmonics, rapito da quelle melodie magiche ed evocative. Quello era solo l’inizio della luminosa carriera di Agnes Obel, arrivata lo scorso febbraio al suo quarto album intitolato Myopia. Il suo percorso artistico è sempre stato in evoluzione, lasciando meno spazio alle parole e più alla musica, esprimendosi più come compositrice che come cantautrice. Ogni suo album è avvolto da un alone di mistero e di fascino, che sono pronto ad affrontare anche questa volta.

Agnes Obel
Agnes Obel

Si comincia con Camera’s Rolling dove ritroviamo le atmosfere tanto care alla Obel. Un brano etereo e sfocato, intriso di mistero che poggia sulla sua voce. La voce che è anch’essa uno strumento musicale che va oltre al significato delle parole, “The script is burning / On heavy fuel / No time to lose / What will you do? / Camera’s rolling / What will you do? / What will you do? / That you can’t undo?“. La successiva Broken Sleep è più sperimentale e vi fa entrare in un mondo notturno e fatto di sogni. La voce si trasforma, si sdoppia, intrecciandosi come spire di fumo. La Obel qui si mostra in una delle sue forme migliori, “I would like to fall, silence every call / (Will you level me with a dream?) / If I could fall, fall / I would like to fall (fall asleep), silence every call / (Will you level me with a dream?) / If I could fall, I would like to fall“. Island Of Doom è il primo singolo che ha anticipato l’album e la scelta è stata perfetta. Qui la voce della Obel si pone in primo piano, tornando in parte alle sonorità degli esordi. Ma è il ritornello a sorprendere, dove la sua voce alterata forma un coro a tre di grande impatto. Espediente già usato nel precedente album e che dimostra la volontà di creare e sorprendere di quest’artista, “Destiny made her way and found you in a room / They told me, they told me / To undo the rule of mind and body / And nature laughed away as their voices grew / They told me, they told me / Clean out the room and bury the body“. Roscian è un intermezzo esclusivamente strumentale, in linea con sui precedenti lavori. Ritroviamo il suono del pianoforte in perfetto stile Obel, che traccia un fil rouge lungo questi dieci anni. La title track Myopia è una delle più affascinanti dei questo album. Melodia e ritmo si incontrano, avvolti dalla voce morbida e impalpabile della Obel. Una discesa nel buio, nelle profondità più recondite dell’animo, “Your god is some one / Who would glow when you go along / Through so many eyes / In the dark with someone / Will you go, will you go along? / Like fire runs“. Ancora un brano strumentale, intitolato Drosera. Il titolo fa riferimento ad una pianta carnivora e il brano parte lento e poi va in crescendo, quasi a sottolineare la sua lentezza e letalità. Cant’ Be è un’altra affascinate prova del talento compositivo della Obel e della sua band. Siamo ancora attratti e trascinati in un sogno senza fine, incomprensibile e sfuggente, di rara bellezza che ha solo bisogno di essere ascoltato, “I can’t be, I can’t be / Keep digging, keep digging deep / Can’t keep me calm / Can’t keep me whole, can’t keep me whole / Can’t reach the sun“. Parliament Of Owl è un’altro brano strumentale. Il pianoforte apre e gli archi tessono una melodia triste ma profondamente epica. Un senso di nostalgia e quella strana sensazione di vedere attraverso la musica prendono il sopravvento. Uno dei momenti più belli e classici di questo album. Promise Keeper è un altro gioiellino della Obel. Essenziale e sognante, lascia l’ascoltatore in sospeso tra la notte e il giorno, cullato dalla voce unica di quest’artista, “Dream away, dream away / A game of numbers, will take us under / You would leave me under oath / Blazing thunder at all / Leave me under the sun / And I’ll / Dream of the sea / Dream of the sea“. Questo meraviglioso viaggio si chiude con Won’t You Call Me. La voce calda della Obel ci accompagna una ballata delicata ed elegante. C’è tutto quello che ho amato di quest’artista ed è bello ritrovarlo intatto in canzoni come questa, “No one knows what the devil did / What disguises hid from our eyes / So don’t burn your fire for their sake / Miracles of fate got no enemy but time“.

Con Myopia, Agnes Obel ci prende per mano e ci accompagna in un mondo notturno, fatto di sogni ma anche di incubi e insicurezze. Forse l’album più sperimentale di quest’artista che però non rinuncia ai suoi strumenti preferiti, pianoforte ed archi. La voce, mai come in questa occasione, è il veicolo per il suono delle parole più che per il loro significato. Agnes Obel dà prova, ancora una volta, del suo talento come compositrice, continuando ad affascinare con eleganza ma senza rinunciare a sorprendere come fece dieci anni fa. Myopia rinnova il legame tra me e quest’artista che è, e resterà, a mio parere, una delle più misteriose e talentuose degli utimi anni. Myopia è un album da ascoltare in religioso silenzio, quasi fosse un messaggio proveniente da una dimensione a noi sconosciuta, che si rivela con immagini evocate dal potere della musica.

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Mezza dozzina

Sei anni. Sono di nuovo qui, su questo blog, dopo sei anni esatti dal primo post. Lo scorso anno è stato un anno nel quale ho ascoltato davvero tanta musica, lasciandomi trasportare dalle sensazioni del momento, senza badare troppo al genere o dalla popolarità dell’artista. È stato anche un anno su Twitter che mi ha permesso di non perdere nessuna nuova uscita e fare nuove conoscenze. Il 2016 però è stato anche l’anno nel quale ho fatto più fatica a tenere aggiornato questo blog. Credo di non aver saltato neanche un weekend, anzi ho pubblicato spesso anche a metà settimana, ma è stato più impegnativo che in passato. Un po’ a causa di qualche impegno di lavoro e a volte anche per una semplice questione di voglia. Ho pensato, ma perchè non ascolto musica semplicemente senza doverne scrivere? Non conosco la risposta ma mi piace farlo e, anche se ci sono momenti nei quali vorrei mollare tutto, ho intenzione di continuare. Ma vediamo un po’ quali sono le curiosità statistiche di questi sei anni.

Il post più visto è La Tartaruga non ci può aiutare, uno dei primi post nel quale scrivevo di It il capolavoro di Stephen King. Buffo come un blog che tratta soprattutto di musica abbia come post più visto uno su un libro! Al secondo posto c’è una recensione recente, Fuori legge, dell’album From The Stillhouse dei Murder Murder. È il post di musica più visto, con grande distacco dal primo in classifica. Il terzo posto spetta a Mal di cuore altra recensione dell’EP Singing & Silence di Rorie, anche questa pubblicata lo scorso anno.
Tra i temini di ricerca più usati per arrivare a questo blog, il più ricercato è “lana del rey“. Seguono “amy macdonald” e “wintersleep hello hum“. Ma la Tartaruga di Stephen King in tutte le sue varianti è la più ricercata.

Ma ci sono alcune ricerche piuttosto divertenti. Qualche esempio? “dove posso scaricare l’ultimo album di amy macdonald 2012” è la classica domada diretta a Mr Google. Non è chiaro avesse intenzioni piratesche o meno. C’è chi è più chiaro in merito: “dove si compra life in a beautiful light“. La curiosa “voglio ascoltare tutte le canzoni che a cantato peter buck“, che oltre a contenere un errore grammaticale, è anche piuttosto vaga. Caro amico, insieme ai R.E.M., Peter Buck non cantava ma da solista ne ha fatto un po’. Quante di preciso non ne ho idea. Ma qualcuno ha ancora dei dubbi, “peter buck canta“. Poi c’è chi cerca canzoni di seconda mano: “aurora aksnes canzone usata“. Quest’altra è un po’ vaga ma efficace, “cantante rossa inglese“. Sarà Florence Welch? Poi c’è l’interessante: “parole che escono da sole“. Non me ne viene in mente nessuna. Tutte in coppia. Una disperata: “believe la cantaurtice di believe“. Mi dispiace ma non la so. Anche io ho fatto una richerca del genere una volta: “quale era la canzone che faceva mmmm mmh mmh“. Questa la so, è Mmm Mmm Mmm Mmm dei Crush Test Dummies. Un po’ confusa la ricerca di: “coeur de pirate la canzone francese con i tatuaggi“. Una canzone con i tatuaggi? Non so come ma anche una ricerca come questa: “come s’intitola la canzone di oggi del stacchetto delle veline” ha portato al mio blog. Non avrà trovato quello che cercava. Il dubbioso: “battute nonsense fanno ridere?“. Dipende, tu ridi? In cerca di conferme chi ha cercato, “l’indie rock sta diventando mainstream“. Problemi con l’inglese: “vorrei ascoltare a month of sathurdei dei r e m” oppure “canzone rem con parole streig wuo oh“, “ho sentito una cazone ritornello fa est see you est see mi” ma peggio chi li ha con l’italiano, “cuando cina avuto 500 milioni di abitanti“. Quest’ultima è una ricerca sensata per il mio blog. Davvero. A voi scoprire il post in cui ne parlo. Una radio con solo Florence + The Machine? Possibile, “in che radio posso ascoltare florence?” ma non a tutti piacerebbe, infatti: “florence welch non mi piace“. Ho letto un paio di libri sui R.E.M. e so quasi tutto su di loro ma questa mi mancava: “rem my losing religion la cantano dei preti“. Addirittura si entra nel mistero, “antichi sacerdoti di culto che cantavano rem my religion“. Qualcuno accusa di plagio Amy Macdonald ma non è sicuro di chi sia la canzone originale, “chi  ha cantato  e suonato per primo ‘life in a beautiful light’ ?“. Ma anche Lovecraft non la racconta giusta: “lovecraft non si è inventato niente“. Qualcun’altro ha le idee ben chiare su cosa cercare: “agnes obel sexy“. Giuro che non so nulla di quello che succede lì dentro: “la camera da letto di miley cyrus“, si insiste: “immagini o famo strano“. Spero sempre che ognuno trovi ciò che cerca, perchè questa è difficile: “per radio circola una canzone tipo scozzese“. Questa poi è ancora più difficile, “ultimamente sento una canzone dei rem“. Fantasie su Lana Del Rey: “lana del rey dorata“, fammi sapere quando trovi qualcosa, anche se ormai lo sanno tutti che “lana del rey rifatta“. Ma soprattutto: “a quanto pagano la lana quest’anno“? Qualcuno chiede una “descrizione oggettiva di dracula“, una fotografia sarebbe l’ideale. Anzi no, i vampiri non vengono nelle foto. Probabilmente la stessa persona ci ha riprovato per un’altra strada: “descrizione oggettiva di un morto“! Questa non l’ho capita: “осенняя фотосессия в парке идеи“. Non è facile ma c’è chi ci riesce: “mi distinguo dalla massa“. “qualcuno conosce la tv marchio obell?“, no mi dispiace. C’è ne anche per Anna Calvi: “anna calvi cosa vuol fare capire con la canzone eliza“, saranno anche affari suoi. Strani personaggi si affacciano in questo blog: “come far venire dal passato. una antenata“. Personaggi anche piuttosto confusi, ““in francese” titolo canzone donna “anno fa” paradise” ma sempre determinati: “canta una canzone in inglese stando seduta“. I London Grammar non piacciono a tutti, c’è chi sa fare di meglio: “la versione bella della canzone hey now dei london grammar“.

Spero abbiate trovato divertente questo “approfondimento” sui termini di ricerca che hanno condotto qui i visitatori in questi sei anni. Per quest’anno prevedo un’interessamento maggiore da parte mia alla musica folk anglosassone e al country americano. Non mancherò le nuove uscite di vecchie conoscenze ma soprattutto non mi darò limiti per quanto rigurda generi e stili. Un altro anno di blog ha inizio e spero, come sempre, di riuscire a tenerlo aggiornato regolarmente. Ne approfitto per condividere il nuovo singolo della band inglese To Kill A King intitolato The Problem Of Evil

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Non mi giudicate – 2016

Eccomi dunque ancora una volta a fare i conti con il tempo che passa. Un altro giro intorno al sole tra le pagine di questo blog se ne andato. Come ho fatto lo scorso anno, premio gli album e gli artisti che più hanno lasciato il segno nel 2016. Naturalmente le mie scelte si limitano a ciò che ho potuto ascoltare quest’anno, per ognuna di esse troverete la recensione dell’album su questo blog. Quest’anno, rispetto al precedente, ho ascoltato un bel numero di EP e così ho aggiunto una categoria tutta dedicata a loro. Un’altra novità è dettata dal maggiore spazio che ha trovato il country nella mia musica, così ho aggiunto un posto anche per questo genere americano. Quest’anno non è stato affatto facile scegliere e ho dovuto escludere qualcuno ma poco importa. In fin dei conti questo 2016 è stato un anno ricco di musica e ha volte mi sono ritrovato sommerso di cose da ascoltare. Il tutto per merito mio, si capisce.

  • Most Valuable Player: Agnes Obel
    Questa cantautrice rimane una delle più affascinanti degli ultimi anni. Il suo terzo album Citizen Of Glass è uno dei più belli di quest’anno. Un ritorno ispirato e magico, caratterizzato da tutto ciò che rende unica quest’artista. Imperdibile.
    Agnes Obel – Stretch your Eyes
  • Most Valuable Album: Jet Plane And Oxbow
    Johnatan Meiburg torna nella sua forma migliore con un disco carico e intenso. Le sonorità anni ’80 rilanciano gli Shearwater, un gruppo che non è mai troppo tardi scoprire. Vivamente consigliato per la sua qualità.
    Shearwater – Jet Plane And Oxbow
  • Best Pop Album: Keep It Together
    Lily & Madeleine virano su sonorità più pop ma riescono a non perdere la bussola. Le due ragazze di Indianapolis crescono a vista d’occhio, staccandosi sempre di più dai loro modelli e trovando una strada più personale. Ben fatto.
    Lily & Madeleine – Westfield
  • Best Folk Album: Between River And Railway
    Quando si parla di folk, si parla di tradizione. Nel caso di Claire Hasting è quella scozzese. Tra inediti e classici, questa giovane cantautrice ci porta nella sua terra con semplicità e una bella voce. Da tenere d’occhio per il futuro.
    Claire Hastings – The House At Rosehill
  • Best Country Album: Honest Life
    Courtney Marie Andrews nonostante la giovane età è già da tempo nel country che conta. Questo album però ha qualcosa di speciale, per maturità e ispirazione. Carico di sentimenti e malinconia, Honest Life è un must per gli appasionati del genere.
    Courtney Marie Andrews – How Quickly Your Heart Mends
  • Best Singer/Songwriter Album: Angel Olsen
    Difficile inquadrare questa artista americana in un genere musicale. Quello che è sicuro è che è una cantautrice. Ecco perchè non si può fare a meno di mettela al primo posto. Il suo MY WOMAN è un gioiellino anche se ha diviso critica e fan.
    Angel Olsen – Shut Up Kiss Me
  • Rookie of the Year: Billie Marten
    Con Writing Of Blues And Yellows fa il suo esordio la giovanissima cantautrice inglese Billie Marten. Il suo folk pop delicato e sognante è il suo punto di forza. Aspettavo da tempo questo esordio e questo album si è rivelato al di sopra di ogni aspettativa.
    Billie Marten – Milk & Honey
  • Sixth Man of the Year: Bon Iver
    Certo, mettere uno come Justin Vernon in panchina non è mai una buona idea ma è successo. Lui si è fatto trovare pronto con l’enigmatico 22, A Million, che provoca reazioni contrastanti. A me è piaciuto e tanto basta. Un’esperienza da fare.
    Bon Iver – 29 #Strafford APTS
  • Defensive Player of the Year:  Keaton Henson
    Come dire, Keaton Henson è Keaton Henson. Chi è più “difensivo” di lui.? Con il nuovo Kindly Now prova a buttare giù quella barriera tra lui e l’ascoltatore. Ci riesce con la consueta sensibilità e tristezza. Da ascoltare in totale solitudine.
    Keaton Henson – Alright
  • Most Improved Player: Kelly Oliver
    Dopo l’ottimo This Land, la cantautrice folk inglese compie un ulteriore passo avanti nella sua crescita artistica. L’album Bedlam è un concentrato di ballate folk senza tempo che traggono ispitazione dalla tradizione. Consigliatissimo.
    Kelly Oliver – Bedlam
  • Throwback Album of the Year: Soon Enough
    L’esordio di Erin Rae e dei suoi The Meanwhiles dello scorso anno è un album incredibilmente malinconico e emozionante. La voce di Erin Rae è tra le più e emozionanti che si possano sentire. Solo per malinconici cronici.
    Erin Rae And The Meanwhiles – Minolta
  • Earworm of the Year: Amerika
    Il gruppo canadese Wintersleep è tornato quest’anno in grande stile con The Great Detachment. Il singolo Amerika mi ha trapanato il cervello per settimane. Ritornello orecchiabile e tanto buon indie rock. Da ascoltare a vostro rischio e pericolo.
    Wintersleep – Amerika
  • Best Extended Play: Tide & Time
    Tanti EP quest’anno. Difficile scegliere ma sicuramente questo Tide & Time della cantautrice inglese Kitty Macfarlane è stato il più sorprendente. Voce unica e attenzione ai dettagli. Profondamente ispirato. Si attende un seguito.
    Kitty Macfarlane – Song to the Siren (Tim Buckley cover)
  • Most Valuable Book: I Racconti (1831 – 1849)
    Nonostante abbia letto libri con la regolarità di sempre, ho dato meno spazio a loro su questo blog. Senza dubbio la raccolta di tutti (o quasi) i racconti di Edgar Allan Poe è il libro dell’anno. Vi consiglio l’edizione di Einaudi con la traduzione di Manganelli.

Questo 2016 è stato un anno nel quale ho potuto ascoltare davvero tanti album e non tutti hanno avuto spazio in questo blog. Avevo intenzione di elencarli qui, in questo post di fine anno ma poi ci ho ripensato. Chissà magari meritano più spazio e l’anno prossimo lo troveranno. Nel 2017 ci saranno tanti ritorni e spero come sempre di avere il tempo di ascoltare musica e di scrivere in questo blog.

Buon 2017

Un milione di occhi

Le settimane passano veloci e i tre anni di distanza dall’ultimo album della cantautrice danese Agnes Obel, sono passati altrettanto velocemente. Aventine è un album di quelli da ascoltare con attenzione, senza distrazioni o pensieri. In realtà tutta la musica della Obel è così. Quest’anno è tornata con Citizen Of Glass, titolo che è la traduzione letterale dal tedesco “gläserner bürger”, termine che viene usato per indicare il livello di privacy dei cittadini, oggi molto basso. Agnes Obel prende spunto da questo concetto per mettere in piedi un ritorno atteso, dove ritrova slancio e nuove idee. L’attesa è finita. Finalmente, cara Agnes, ci rincontriamo.

Agnes Obel
Agnes Obel

Stretch Your Eyes ci accompagna in punta di piedi nelle atmosfere eteree e magiche di questa cantautrice. Tutto questo è ciò che ci si aspetterebbe dalla Obel, che tra gli archi, la sua voce suona come uno strumento musicale. Nulla è lasciato al caso, “Gates of gold / In your head you hold / A kingdom molten / May the gods be on your side / You can give to my heart / Thousand words or more / You can give to my heart / Thousand words or more“. Il singolo Familiar è il brano più orecchiabile dell’album, nel quale si intravede l’approccio più moderno alle canzoni. Nel ritornello la Obel canta con la sua voce modificata di tono che  ne amplifica il mistero, “We took a walk to the summit at night, you and I / To burn a hole in the old grip of the familiar, you and I / And the dark was opening wide, do or die / Under a mask of a million ruling eyes“. Il primo brano strumentale è Red Virgin Soil che prende il titolo dal nome di una rivista letteraria sovietica del 1920. La Obel è capace di incantare anche con la sola musica e lo ha dimostrato più volte anche in passato. La successiva It’s Happening Again riporta alla mente il precedente Aventine nel quale la cantautrice danese riesce dare forma ad una semplice melodia attraverso le parole e il canto. Perfetta, “No future, no past / No laws of time / Can undo what is happening / When I close my eyes / And with the stars and the moon / I woke up in the night / In the same place / To save me for my eyes“. Anche in Stone la voce si trasforma in strumento, portandoci lontano, là dove la straordinaria Riverside ci aveva portati. Una delle canzoni più intense di questo album ma allo stesso tempo delicata, quasi fragile, “Oh how the birds forget to sing / Do they know where I have been? / Oh how I will leave you there again / Deep within my head of stone / Could I be, of stone, could I be, of stone, could I be / You are my only one“. Trojan Horses è un piccolo capolavoro. Agnes Obel sembra sfuggire, appare e scompare. Un’inafferabile voce angelica insegue un ritmo incalzante e sinistro, “I tell myself I wanna hide / I tell myself I wanna be lied to / Silent reader of my mind, do you know what i will ask of you? / Tell me if you wanna hide / Tell me if you wanna be lied to“. La title track Citizens Of Glass, la Obel ritorna ad una purezza e semplicità disarmanti. Tutto è al suo posto, come fosse sempre stato così. Una piccola magia, “Rend a black drop from my heart / With the weight of days / The end of time has just begun / I hear it call your name“. Golden Green è una delle sue canzoni più belle. Un fascino irresistibile pervade la musica e la Obel come un elfo, si muove leggera in un bosco di note. Da ascoltare, “All my eyes can see is / Born out of your imagery / It’s coming at, it’s coming at, it’s coming at my heart / To scorch the earth with fire / Tell me who you really love / Tell me who you really love / Tell me who you really love“. La successiva Grasshopper è l’altro brano strumentale dell’album. Si respira sempre un’aura di mistero nella musica della Obel che, con eleganza e sapienza, viene evocata nella sua forma migliore. Con Mary cala il sipario sull’album. Ritroviamo la Obel degli esordi, voce e pianoforte. Un’atmosfera malinconica scorre in questa ballata che ricalca alla perfezione lo stile della musicista danese, “In my house the silence rang so loud / Under doorways, through the hallway down / Waiting for the secret to grow out / Oh what we do when no one is around“.

Citizen Of Glass ci mostra una Agnes Obel in gran forma, profondamente ispirata che non vuole lasciarsi alle spalle il passato. Un’artista vera, della quale fidarsi sempre perchè la sua musica è sempre sincera ed elegante. C’è solo più ritmo in questo terzo lavoro rispetto ai precedenti ed è questo particolare che dà all’album una marcia in più. Agnes Obel riesce ad arricchire di dettagli le sue canzoni senza in alcun modo appesantirle. Questo è il segno evidente di un duro lavoro che avrà sicuramente ripagato lei e ripaga noi ascoltatori che abbiamo atteso a lungo questo momento. Ora che l’anno sta finendo, Citizen Of Glass si può mettere nella lista dei migliori, dove già gli avevo riservato un posto.

Il canto dei fringuelli

Quando ho letto che queste due sorelle australiane Mabel e Ivy Windred-Wornes, si ispiravano alla musica delle First Aid Kit, Agnes Obel e Sufjan Stevens, non ho saputo resistere e ha subito ascoltato il loro album d’esordio, dei quali ho notoriamente un debole. Sotto il nome di Charm of Finches, le due giovanissime sorelline hanno debuttato quest’anno con Staring At The Starry Ceiling. In realtà avevo già ascoltato qualche loro canzone un paio di anni fa ma ho preferito aspettare l’album per andare alla scoperta delle Charm of Finches. La musica non ha confini e anche l’Australia può essere dietro l’angolo.

Charm Of Finches
Charm Of Finches

Apre la bella Deep Water, ballata folk nella quale spiccano le due voci e l’incantevole melodia. C’è sempre un alone di magia nei loro brani e questo è sicuramente uno dei più affascinanti di questo album, “I was sure I saw a flicker in your eye / Of something under the surface that you try to hide / You are hiding in deep water / Only bubbles come out your mouth / What are you thinking, oh what are you hiding? / I’m dying to find out“. La successiva Paper And Ink è delicata e malinconica con un’attenzione particolare per il testo che dimostra tutto il talento di cantautrici delle due sorelle. Una delle migliori dell’album, “The sky begins to darken, the birds’ voices are lost / I see a fingernail moon behind a windowpane of frost / I’m staring and I’m staring, scare the night away / Until the flowers on my windowsill open to the day“. Sky Watching è una canzone triste che viaggia sulle note di un ukulele, dove le due voci si mescolano come in un sogno. Quello che ne esce è un brano davvero piacevole da ascoltare, “My knees are weak and I’m not sure if I can stand it any longer / My hands are shaking it feels like this old body’s breaking up / I can’t pretend that I am fine anymore“. Hope è un chiaro richiamo alla sonorità della Obel, dove pianoforte e voce angelica sono da sempre i suoi punti di forza. Le Charm of Finches non provano ad imitarla e fanno la cosa giusta, “I’m young, teach me how to talk / I’m old, teach me how to walk / I’m sure we can make it work if only we try / I’m a bird, teach me how to fly / I’m a stone, teach me how to cry / We can just let time decide, at least for now“. I Don’t Mind Being Alone è una delle canzoni più orecchiabili di questo album. Le due voci sono sempre in sintonia, quasi impalpabili, dalle quali traspare tutta la loro giovane età, “‘Cos I don’t mind being alone / So don’t you worry if I’m not home / Well we go crazy every time we have a fight / Well you should know by now that it will be alright“. Fossil In Stone prosegue sulla stessa strada delle precedenti ma c’è qualcosa in più. I tratti sono più scuri e intensi, come la notte. Questa è la canzone più matura dell’album a mio parere. Da ascoltare, “Flames inside me burning, burning me up / I’m waiting for the water but you never turn the cup / I’m trying hard to fight it, the flames lick my skin / I’m running for the water but the fire pulls me in“. Ma se vi doveste sentire oppressi da tanto buio ci pensa Imaginary Friend ha rischiarare un po’ il cielo. C’è sempre un traccia di malinconia nelle canzoni ma per quelli come me non ne avremo mai abbastanza di canzoni come questa, “You’re the voices in my head / That whisper words that no one’s said / In the silence of the telephone / You’re the ghost that haunts the hall / You’re the shadow on the wall / You are with me when I’m alone“. Truly Beauty è orecchiabile ma non per questo ha un testo banale. Ivy e Mabel sanno creare immagini nitide e fantastiche con apparente facilità. Di certo farlo alla loro età non è cosa comune, “A lean figure, Shadow by name, leads us to his rocky domain / He mocks at how took me so long to get away from the worldly throng / Silence whispers in my ear, it’s been so long since he did / It’s closing, it’s closing, it’s closing in“. La successiva Dragonfly è la canzone più lunga dell’album che poggia si una melodia eterea e sognate. Forse questa è la prova più difficile per queste due sorelle ma se la cavano senza troppa difficoltà, “I have been a dragonfly / Darting around in your life / Getting caught under your roof / Then flying away in a minute or two / Your eyes are fixed on my wings / I wonder if they’re transparent to you“. Chiude l’album Lost Girl che conferma il loro talento. Non aggiunge forse nulla di più ma si ascolta volentieri, “When she sat next to you / She said things that frightened you / And you believed she was a demon / She whispered things in your ear / Then told you what you wanted to hear / And you couldn’t help obey and believe her“.

È vero, le Charm of Finches di questo Staring At The Starry Ceiling non nascondo le origini della loro musica e il paragone con le First Aid Kit è sensato. Ma rispetto alle sorelle svedesi, le Charm of Finches non provano a cimentarsi in qualche ballata country folk ma restano in territori più tranquilli, a cavallo tra sogno e realtà. Forse qualcuno potrebbe dire che non si sentiva il bisogno dell’ennesima coppia di cantautrici sorelle ma io penso che è sempre un piacere sentire due voci come queste, che nei prossimi anni potrebbero acquisire ancora maggiore sicurezza, maturando sotto ogni aspetto. I testi così poetici e mai banali sono forse l’aspetto più sorprendente delle sorelle Windred-Wornes. Io a quattordici anni al massimo scrivevo qualche bel tema a scuola.

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Mi ritorni in mente, ep. 37

Quest’anno sento particolarmente il bisogno di staccare la spina per un po’, come si dice in questi casi. Le ferie si avvicinano ma sono ancora piuttosto lontane. Ma si sa che nel bene o nel male il tempo passa comunque e speriamo che quello cha manca passi in fretta. Poi se ne riparlerà dopo di tutto il resto. Ad alleggerire l’attesa ci pensano tre nuovi singoli che anticipano l’uscita di altrettanti album.

Il ritorno di Agnes Obel è imminente e la nuova Familiar segna il nuovo corso. C’è dentro quello che conosciamo e amiamo della cantautrice danese ma sotto una veste più moderna. La seconda voce che sentite nella canzone è quella della stessa Obel modificata. La sua musica evolve, lasciando intatta la magia che scaturisce dalle note. Familiar migliora ascolto dopo ascolto e non vedo l’ora di mettere mano su questo terzo album ancora senza data, seguito di Aventine del 2013.

Terzo album in arrivo anche per la cantaurice americana Angel Olsen. Il suo album MY WOMAN (rigorosamente in maiuscolo) è previsto per il 2 Settembre, anticipato dal singolo Shut Up Kiss Me. Non sembra essere cambiato molto dall’ultimo Burn Your Fire For No Witness del 2014 e questo è un bene. Angel Olsen è in grado di soprendere sempre mettendo la sua straodinaria voce al servizio di un pop alternativo e intelligente.

Ultimo ma non ultimo, il ritorno del cantautore/poeta inglese Keaton Henson. La sua Alright è una poesia in musica come tutte le sue canzoni. Il nuovo album Kindly Now uscirà il 16 Settembre e sono convinto non deluderà. C’è ancora da aspettare per queste tre nuove uscite, così come c’è da aspettare per le ferie. Il tempo passa sempre e comunque. Non resta che aspettare.

Mi ritorni in mente, ep. 22

Curioso come Marika Hackman ritorni sempre, prima o poi, a farsi spazio tra i miei ascolti. Più volte, leggendo qualche sito e blog qua e là, il suo nome saltava fuori. Qualche volta pensavo “non male!”, un’altra “non fa per me” e poi “ripensandoci…”. Ed eccomi ancora qui, di fronte alla musica della Hackman. Questa volta si tratta del singolo Drown del suo album d’esordio “We Slept At Last” previsto per il 16 di Febbraio del prossimo anno. Sembra che con questa canzone Marika mi abbia convinto più di altre volte. A dire la verità non ho mai ascoltato uno dei numerosi EP che questa canturtice inglese ha pubblicato nel corso degli ultimi anni. Questo singolo ha tutte le caratteristiche che ho sempre associato alla Hackman, un folk moderno e estremamente cupo, forse un po’ troppo scuro per i miei gusti, ma sono pronto a tutto.

Intanto ci sono altre uscite che mi sono segnato sul calendario oltre a questa. Da tempo tenevo sotto contollo la pagina Facebook della band olandese Mister And Mississippi ma proprio quando ho mollato il colpo, ecco che mi sono perso l’annuncio dell’usicta del nuovo album. Si intitolerà We Only Part To Meet Again e uscirà il 30 Gennaio. Sul sito ufficiale si può ascoltare qualche assaggio delle nuove canzoni. Presto per giudicare ma sembra in linea con quanto fatto ascoltare con il precendete album omonimo del gruppo. Poco dopo, il 2 Febbraio, è il turno delle The Staves. Dopo aver ascoltato l’EP Blood I Bled sono molto fiducioso riguardo al nuovo If I Was e mi sembra che aver collaborato con il buon Justin Vernon abbia fatto bene alle tre sorelle Staveley-Taylors. Anche i canadesi Wintersleep e Coeur De Pirate sono a buon punto con il nuovo album. Anche Agnes Obel ha iniziato a lavorare al terzo album ma è presto per fare previsioni. Intanto mi lascio convincere da Drown di Marika Hackman e chissà se si aggiungerà anche lei alla mia musica del 2015.

Mi ritorni in mente, ep. 21

Ecco un’altra uscita da appuntare sul calendario di questo mese. Ottobre si sta rivelando ricco di uscite interessanti. Primo in ordine di tempo, la versione Deluxe di Aventine di Agnes Obel il 6 e Rachel Sermanni con Live in Dawson City il 13. La cantautrice scozzese ha anche finito di registrare il nuovo album che vedrà la luce il prossimo anno a distanza di tre anni dal precedente Under Mountains. Il 20 è il turno dei To Kill A King che pubblicheranno un EP, intitolato Exit, Pursued By A Bear contenente cinque canzoni inedite che anticiperanno molto probabilmente un nuovo album in uscita nel 2015. La settimana successiva, il 27, mi sono segnato un interessante debutto folk della giovane cantautrice Kelly Oliver, intitolato This Land. Il giorno successivo ci saranno ben due uscite, l’atteso Fumes di Lily & Madeleine e Blood I Bled EP delle The Staves.

Se sarà un Ottobre ricco, si prevede un 2015 altrettanto carico di nuove uscite. Amy MacDonald ha cantato un nuova canzone, in occasione del concerto a favore dell’indipendenza della Scozia, intitolata The Leap Of Faith, già la seconda di quest’anno. Sarebbe molto strano non ascoltare il suo quarto album il prossimo anno. Anche gli Editors si chiuderanno in studio in Scozia per preparare il quinto lavoro a detta loro più dance dei precedenti ma senza snaturare le caratteristiche della band. Speriamo bene.

Intanto mi ascolto questa nuova Oh, My Love dei To Kill A King che segna una svolta rock dai toni scuri per la band inglese. Un gradito ritorno per una delle più piacevoli scoperte dello scorso anno.

Mi ritorni in mente, ep. 20

Tra le nuove uscite del prossimo autunno ci sono anche due album non di inediti ma comuque altrettanto interessanti. Primo in ordine di tempo la versione deluxe di Aventine, il secondo album di Agnes Obel pubblicato un anno fa. L’uscita è prevista per il 6 di Ottobre. Cosa ha in più della versione originale? Tre canzoni inedite (Under Giant Trees, Arches, September Song), sei in versione live e due remix. Non capisco queste versioni deluxe pubblicate a distanza dall’uscita dell’album. Che senso ha riacquistare altre 11 canzoni che già si possiedono? Penso che mi limiterò alle tre inedite (anche se September Song era già disponibile nella versione per iTunes), forse anche alle versioni live ma sicuramente non ai remix.

L’altra uscita riguarda la cantautrice scozzese Rachel Sermanni che darà alle stampe (?) un album live, Live in Dawson City. Vorrei poterne fare a meno ma credo che non potrò farne a meno. Rachel è Rachel dopotutto. A proposito della Sermanni, proprio in questa piovosa estate del nord, è saltata fuori un bellissima cover di un classico della tradizione scozzese My Love is Like a Red, Red Rose trasmessa dalla BBC. Ad accompagnarla oltre alla sua fidata chitarra anche la Royal Scottish National Orchestra. Non aggiungerei altro se non il video della straordinaria interpretazione della ventiduenne cantautrice.

O my Luve’s like a red, red rose
That’s newly sprung in June;
O my Luve’s like the melodie
That’s sweetly play’d in tune.

Benzina sul fuoco

Non posso nascondere che il secondo album di Agnes Obel era per me uno dei più attesi del 2013. Il primo album Philharmonics risale a tre anni fa e a causa di qualche contrattempo legato alla salute dell’artista, Aventine ha visto al luce con circa un anno di ritardo e finalmente ora ho potuto ascoltare qualcosa di nuovo Agnes Obel. Philharmonics non è stato immediato per me ma con il tempo è cresciuto sempre di più, confermando la posizione della Obel nell’olimpo della mia musica preferita. Ancora oggi mi chiedo se c’è qualcuno al quale non piace almeno una canzone di quest’artista. Ho letto bene di lei perfino in un forum di appassionati di musica metal! Il motivo è da ricercare nella semplicità della sua muisica che allo stesso tempo è profonda e toccante. Per Agnes Obel ripetersi ai livelli di Philharmonics non era facile eppure in alcuni frangenti di questo splendido Aventine è riuscita perfino a superarsi.

Agnes Obel
Agnes Obel

Chord Left è il primo brano strumentale dell’album e fin da subito ritroviamo la Obel così come l’avevamo lasciata ed è una bella sensazione. Fuel To Fire era già possibile ascoltarla prima dell’uscita dell’album. La voce, il piano e gli archi si fondono creando una canzone che è l’emblema di tutto Aventine, Do you want me on your mind or do you want me to go on / I might be yours as sure as I can say / Be gone be faraway“. Dorian è aderente allo stile del precedente album, ricalcando Brother Sparrow viene fuori una canzone dalla melodia dolce e oscura, “Dorian, carry on, / Will you come along to the end / Will you ever let us carry on“. Se finora Agnes Obel non ha fatto altro che confermarsi, la title-track Aventine ci mostra qualcosa di nuovo. La musica, la voce e uno splendido uso degli archi ci porta in luoghi più luminosi e colorati. Uno dei migliori brani dell’album, “Will you go ahead to the Aventine / In the holly red in the night“. Ma la canzone più bella e riuscita, mio parere, è la successiva Run Cried The Crawling. Avvolgente, calda e un po’ fumosa. La voce di Agnes Obel si fa profonda e quasi confonde con la musica. Bellissima, “Baby my heart and soul / A giant in the room / I left him long ago, following you“. Tokka è la seconda traccia strumentale di Aventine. Un piccolo gioiellino di semplicità. The Curse è la canzone fulcro del album. Fiabesca, oscura, Agnes ci culla a mezz’aria verso qualcosa di magico, “The curse ruled from the underground down by the shore / And their hope grew with a hunger to live unlike before“. Un ritorno a qualcosa di più pop e orecchiabile con Pass Them By, Room for many, room for few / Here in the dark I made for you“. Words Are Dead è senza dubbio la più oscura delle undici canzoni di questo album ma allo stesso tempo dolce e confortante. La voce di Agnes è nascosta tra le pieghe delle musica come fosse una nebbia. Un’altra bella canzone come solo lei sa farne, “I wanna buy you roses / ‘Cause the words are dead, / Follow in the blindness / On the arrow head“. Terzo e ultimo brano strumentale, Fivefold è un buio sottofondo di archi che idealmente chiude l’album prima della già nota Smoke & Mirrors. Quest’ultima è una classica canzone della Obel nella quale tutto è perfettamente in armonia, voce, archi e piano, “Oh my one, I’m so happy / That you’ve got so far / I know the good, the great / Is working you like a charm“.

Aventine è tutto quello che ci si aspetterebbe da Agnes Obel. Ci si ritrova tutto quello che c’era in Philharmonics e poco di più. Forse questo può essere considerato un difetto ma trattandosi solo del secondo album, Agnes Obel ha tutto il tempo per provare qualcosa di diverso. Ma in fondo non sono nemmeno sicuro di voler ascoltare una Obel diversa. Bisogna ammettere che l’effetto sorpresa dell’album d’esordio è invitabilmente perduto, in favore di una maggiore coesione delle tracce di questo album. Aventine è un album nato e pensato dalla prima ed ultima canzone e non una semplice raccolta di quanto fatto in questi tre anni. In definitiva, se non avete mai ascoltato nulla di Agnes Obel è il momento di farlo. Provare per credere.