Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 5

In queste settimane, nonostante i vari ponti, ho ascoltato poca musica in termini puramente legati al numero di ascolti. Perché in realtà aprile è stato un mese ricco di uscite interessanti ed attese da tempo ma che non ho ancora ascoltato un soddisfacente numero di volte. Sì, perché prima di abbandonare un album e riporlo nel dimenticatoio o quasi, concedo sempre una seconda possibilità a tutti. A volte, così facendo, mi accorgo che il mio giudizio era stato affrettato, altre invece confermo le mie prime impressioni. Questo vale soprattutto per i nuovi artisti, perché per i miei preferiti difficilmente un loro album cade presto nel suddetto dimenticatoio. Siccome maggio si presenta anche lui ricco di nuove uscite, è bene ricapitolare qui sotto gli album più meritevoli che ho ascoltato ultimamente. Tra conferme e nuove scoperte, alla fine non è andata male nemmeno stavolta.

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Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 3

Questa settimana ho letto un interessante articolo che riguardava la fruizione della musica nel mondo e in Italia. Per correttezza pubblico il link dal quale l’ho letto: La musica in download vicina all’estinzione. Lo streaming a pagamento è quasi metà del fatturato globale.
Tra l’altro ultimamente, ho l’abitudine di appuntarmi, a chissà quale scopo, gli articoli più interessanti che trovo online. A volte devo ammettere che mi tornano utili, altre volte sinceramente non so perché li metto da parte. Ma torniamo al tema di questo articolo. Il titolo è eloquente, lo streaming musicale si sta divorando il download ma ha ancora pietà per CD e vinili. In Italia chi scarica ancora musica (legalmente s’intende) rappresenta solo l’1% del totale. Sapevo che la mia abitudine di comprare musica in digitale era da tempo passata di moda ma non credevo di essere parte di una così ristretta minoranza.

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Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 2

A chi segue, come me, le nuove uscite discografiche e qualche notizia musicale qua e là, non sarà sfuggita quella del nuovo singolo di Beyoncé. Perché ha fatto notizia? Prima di tutto per la sua svolta country, un genere spesso considerato “di nicchia” e poi perché lei è afroamericana e qualcuno né ha approfittato per fare polemica. In realtà, questo è solo il punto più alto di una riscoperta della musica country da parte del pop mainstream, di cui Beyoncé è una delle massime esponenti da decenni ormai. Personalmente sono contento di essermi appassionato alla musica country anni fa, prima che diventasse cool e questa rinascita non mi lascia del tutto indifferente.

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I giorni più selvaggi sono alle spalle

L’album di debutto, Reckless, uscito due anni fa ci aveva fatto scoprire una delle voci più interessanti e carismatiche degli ultimi anni, ovvero quella di Morgan Wade. Fu un esordio solido il suo, fatto di canzoni pop rock ma dalle influenze country, che hanno spinto in alto le aspettative di questo nuovo disco, intitolato Psychopath. Una prova difficile la sua, anche perché quella ragazza insicura e contro il mondo ha incontrato il successo e quindi la fiducia in sé stessa.

Morgan Wade
Morgan Wade

Se si comincia ad ascoltare questo album dalla title track Psychopath, sembra che la Wade non si sia allontanata di molto dalle sonorità del suo esordio. Sonorità che ritroviamo anche in Domino, trascinante rock dal retrogusto squisitamente made in USA. Anche una ballata come Want non ci sarebbe stata male allora, cosi come la bella Roman Candle, dalle chiare influenze del pop rock anni ’90. Lo stesso si potrebbe dire della malinconica Outrun Me, che poggia quasi esclusivamente sulla forze della voce della Wade. Andando avanti nell’ascolto troviamo altre ballate degne di nota, come Guns and Roses, guidata dalle note del pianoforte e la conclusiva 27 Club. Per trovare qualcosa che si discosta più o meno nettamente dal recente passato dobbiamo ascoltare la scanzonata, ’80 Movies, che sa tanto di country pop d’altri tempi. Un rock un po’ più sporco muove Losers Looks Like Me, una canzone colma di rimpianto, ma è con la mia preferita Alains (dedicata alla Morissette) che si può sentire davvero la scossa che spezza l’album in due. Non è da meno Meet Somebody che si affida a delle sonorità spudoratamente grunge, celebrando ancora i bistrattati anni ’90. In fondo troviamo la spensierata e insolita Fall In Love With Me, che in qualche modo sancisce il cambiamento.

Psychopath ci restituisce una Morgan Wade che prova ad affondare di più la penna nel suo animo, facendo emergere il suo volto più rock. Le sonorità country sono quasi del tutto scomparse, in favore di qualcosa di più orecchiabile e immediato. Rispetto a Reckless, questa cantautrice, ha fatto dei passi in avanti, affinando la scrittura e provando a variare in maniera più decisa. In definitiva Psychopath è un seguito degno del suo predecessore che apre nuove strade per Morgan Wade, strade che possono avere svolte improvvise ma sempre più dirette verso uno stile personale e riconoscibile, ancora in parte nascosto sotto la superficie.

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Non c’è più niente da salvare

Non sapevo nulla riguardo alla storia di Jessica Willis Fisher e della sua famiglia, sono arrivato a lei leggendo una recensione come tante che ha attirato la mia attenzione. Non sarò certo io a riportarla qui, ognuno di voi potrà farlo cercando un po’ in rete, se vuole. Ma è chiaro fin dal titolo del debutto solista di questa cantautrice e musicista americana, che Brand New Day vuole segnare l’inizio di una nuova vita, lontano dalle brutte esperienze che ha vissuto. Ho l’impressione a volte di prevedere con facilità cosa ascolterò ancora prima di premere play. Mi bastano la copertina dell’album, qualche foto promozionale, l’artwork in generale, per indovinare. Questo album profumava di country americano fino al midollo. Ed era quello che volevo.

Jessica Willis Fisher
Jessica Willis Fisher

La title track Brand New Day dà il via non solo all’album ma anche alla speranza di un futuro migliore. Un country positivo e luminoso che lascia buone sensazioni, “Life can’t let you down / When you’re leaving rock bottom with the lost and found / Luck comes knocking on the way / Jump don’t turn around / You’re gonna hit the net before you touch the ground / Love will rise again and say it’s a brand new day“. La successiva Fire Song affronta il passaggio più doloroso, ovvero lasciarsi alle spalle il passato, bruciare ogni sua traccia. In un’atmosfera notturna spicca il suono del violino della Willis Fisher, “Wake up, wake up / This ain’t just a dream / The smoke is fillin’ up the room / Can you smell the kerosene? / Let go, let go / There’s nothin’ left to save / There’s poppin’ in the timbers / And the sky’s about to cave“. Hopelessly, Madly è una canzone d’amore che può apparire banale ma è soprattutto sincera che si lascia ricordare per un bel ritornello, cantato con voce angelica, “Laying down in thе dark you kiss me goodnight / I feel the warmth of your body and everything’s right / I don’t know why the time should fly and go so fast / But I believe that you and me can make this last“. Segue Slow Me Down, una ballata che corre sulle note di una chitarra acustica. Un invito a non vivere la vita con frenesia e saper rallentare per godersi le gioie della vita, “Sweet, sweet simplе life and / Spending all my time with you and mе and family around / And get more of this, sweet, sweet way of living / I didn’t know what I was missing, taking all for granted until now / Baby, slow me down, baby, slow me down“. Con Lucky One si vira verso un country blues che ci ricorda di non mollare mai di fronte alle difficoltà. Jessica Willis Fisher dimostra di saper cambiare registro con naturalezza tra una canzone e l’altra, “You can try and say it’s all right / When you should cry and say it’s not alright at all / But if you lie, heaven help you when you fall / ‘Cause it’s a long way down, a long way down / When you’re not the lucky one“. My History forse non è un caso che si piazza a metà di questo album. Qui Jessica cerca di affrontare la propria storia con un country delicato ma duro allo stesso tempo, “All my story now belongs to me / I will try to build a better life for me / No one else will know what I could see / I am my survivor and you will be my history“. River Runaway si apre con le note del violino che introduce il canto della Willis Fisher. Una canzone che lascia molto spazio alla musica e fa risaltare il suo talento di musicista, “River runaway / Oh, I’m ready to ride to the end of the line / No more need to stay / No one else will believe in the path only mine“. You Move Me mi ha ricordato la Musgraves degli esordi. Una canzone sulla forza dell’amore, semplice e dolce, “Here is how love was to me, I could look and not see / Going through the emotions, not knowing what they mean / And it scared me so much, that I just wouldn’t budge / I might have stayed there forеver if not for your touch only mine“. La successiva Gone è un’iniezione di fiducia ed energia. Ancora una volta il tema è la volontà di guardare avanti e seguire la propria strada, “And I’ll keep walking down this road I’m on / Knowing you’ll be gone and I’ll be fine / And I’ll keep going ‘til there’s no more fear / Knowing I’ll be here and you’ll be gone“. L’album si chiude con October First che affronta in modo più esplicito le vicende che hanno segnato la vita di Jessica e della sua famiglia. Una canzone toccante quanto liberatoria, “Oh, the times have changed but so have I / And I can’t help but wonder why I even wrote this song / Oh, you’ll have to reap the seeds you’ve sown / And I’ll leave well enough along and just keeping going on / I’ll just keep going on“.

Brand New Day è un album dalle melodie immediate, squisitamente country, con un approccio marcatamente americano ma nel quale si percepisce una volontà forte di chiudere un capitolo doloroso della vita. Jessica Willis Fisher sceglie di farlo attraverso la musica, quella musica che ha unito la sua famiglia. Un album che può essere ascoltato anche senza conoscere nulla di tutto quello che ha vissuto ma che comunque sa trasmettere una sensazione di riscatto e fiducia. Brand New Day è un bell’album nel quale spicca la componente emotiva e ci fa conoscere un’artista di sicuro talento da tenere d’occhio nel prossimo futuro.

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Nel mezzo dell’America

Nel 2020 la cantautrice americana Hailey Whitters con il suo The Dream era riuscita nella difficile impresa di portare un po’ di luce nel buio di quell’anno. A due anni di distanza è ritornata con il suo terzo album dove, in copertina, è ritratta con un abito bianco e un cappello di paglia mentre sorride in mezzo ad un campo di mais. Il titolo Raised campeggia a grandi lettere nel cielo azzurro. Le copertine degli album spesso rivelano cosa sta sotto e le atmosfere che la musica porta con sé ed è chiaro che Hailey Whitters ci trasporterà nelle assolate campagne americane per farci ascoltare della buona musica country.

Hailey Whitters
Hailey Whitters

Una breve intro dal titolo Ad Astra Per Alas Porci, ovvero “alle stelle sulle ali dei porci” prende spunto dal motto latino che John Steinback usava per ricordare che le buone intenzioni posso portare in alto. La title track Raised è un delicato country fatto di immagini familiari. La voce della Whitters è un raggio di sole e ci incanta con la sua sincerità, “I can’t help that I’m this way / My heart goes wild and that won’t change / If I take this love right to my grave / It’s ‘cause I fault how I was raised, hey“. Il singolo Everything She Ain’t è una delle canzoni che preferisco di questo album. Un country pop orecchiabile ed accattivante. Un testo leggero e spensierato che mette di buon umore, “The whiskey in your soda, the lime to your Corona / Shotgun in your Tacoma, the Audrey to your Hank / She’s got a little style and a Hollywood smile / But believe me, honey, good as money in the bank / I’m everything she is, and everything she ain’t“. Big Family è una carrellata di istantanee di una famiglia allargata americana. Ancora una volta emerge l’amore per la famiglia e le cose semplici della vita, “It’s all husbands and ex-wives and boyfriends and picked lines / To the word of God according to who’s preachin’ in the living room / It’s secrets and suppers / Lookin’ more like your mother / All in a little house in a little town / But ain’t nothing small about big family“. Middle Of America è un bel contry rock che vede la collaborazione con al band American Aquarium. Trascinante, orecchiabile e molto made in USA ma scivola via che un piacere, “Whoa, we’re bunch of patchwork dreamers / Tryin’ to hold onto life they know / We’re a bunch of better believers / Never leavin’ either when they go / They live, they ride, they just live right in the middle of America“. La ballata Plain Jane si rifà ad un country più tradizionale che ci racconta della vita un po’ incasinata della Whitters, prendere o lasciare, “I like my drinks a little too strong / I like my men a little bit wrong / I like my nights a little bit wild / Full-grown woman, still juvenile / I like bars a little too dark / I’ll find a song in a broken heart / Watchin’ a good thing go to hell / Know that story just a little too well“. La successiva College Town riprende le sonorità più pop per raccontare come gli anni del college cambiano la vita di una ragazza, “She knows that all goin’ in, not a thing comin’ out / She’s got the world in her hands for years to find out / How to dress up and mess up and wake up drunk on a couch / She’ll get a heartbreak degree when love lets her down / They don’t teach you in school what you learn in a college town“. Un altro breve brano strumentale spezza in due l’album prima della ballata Boys Back Home. Una canzone dedicata ai ragazzi che “ritornano a casa”. Hailey Whitters scrive una canzone commovente ed insolita per una ragazza, “They wear worn-out boots, they take off their hats / For suppers and sermons, funerals and flags / They’ll bail you out of a ditch or a bar / And they won’t be caught dead in no electric car / ‘Cause it’s all sure rock roads / For the boys back home“. Everybody Oughta è un invito a fare esperienze e anche a sbagliare se necessario. Ancora una canzone ben scritta che descrive la bellezza della vita e delle piccole cose, “Everybody oughta catch a red set sun / Drink a store-warm beer before they turn twenty-one / Everybody oughta make a spring break run with eighteen dollars / Everybody oughta“. Pretty Boy è una ballata che corre sulle note di un pianoforte. Dedicata a quei ragazzi che non si adatteranno mai e resteranno sempre un po’ diversi da tutti gli altri, “You’re the pretty boy / The funny boy / The trumpet in a marching band really coy / The skinny kid / That don’t fit in / You’ve always been a little bit different / You gotta sing your song in the middle of all their noise / Being strong ain’t so pretty boy“. The Neon è forse traccia più pop dell’album e quella più malinconica, nella quale la Whitters ci trascina in un polveroso bar dove l’unico desiderio è dimenticare, “Here come the memories / Just like a flood / What I thought we were nah, that ain’t what it was / Now I need a new whiskey / A new favorite song / I’ll try not to care when the old one comes on“. Un brevissimo intermezzo parlato intitolato The Grassman introduce la scanzonata Our Grass Is Legal. Le immagini della campagna americana e dei suoi abitanti scorrono veloci su di un country bucolico e divertente, “And our grass is legal and our trucks are diesel / We settle the deal with a handshake / And we tell it like it is and chip in our two cents / And we live in constant love and we say grace“. Beer Tastes Better vuole evocare le sensazioni che si provano tornando nella propria città dopo tanto tempo. Qualcosa è cambiato, qualcos’altro è sempre uguale, “Don’t beer taste better in your hometown? / Shootin’ the breeze, old memories down / Seventeen, we couldn’t wait to get out / Now we’re all comin’ back“. I ricordi indimenticabili sono legati sempre ad un campo o così ci racconta Hailey in In A Field Somewhere. Un dipinto bucolico, ricco di vita e momenti di gioia. Un’atmosfera perfetta per chiudere questo album, “It’s where I learned my lessons, it’s where I earned my stripes / Got a full-ride education underneath them half-moon nights / With a cold one in my hand, kicked back in a lawn chair / Life is good in a field somewhere“. Le ultime note sono affidate ad Ad Astra Per Alas Porci (Reprise) che chiude idealmente il cerchio.

Raised è un viaggio “nel mezzo dell’America” tra campi di mais sconfinati, rednecks, musica country, college e bar fumosi. Hailey Whitters ci prende per mano e ci porta tra la sua gente e lo fa attraverso la musica country e le immagini di vita quotidiana. Questo album vuole farci vedere la ricchezza della vita che ogni giorno si ripete, la gioia della semplicità. Ecco, Raised è un album fatto di gioia. Non è divertente o spensierato ma semplicemente genuino e sincero. Se il precedente The Dream ruotava più attorno all’individuo, Raised allarga la visuale offrendoci la vista sulla famiglia e la comunità. Ad Hailey Whitters è riuscito ciò che Kacey Musgraves non è riuscita a fare. Quest’ultima è precipitata in un pop con poche vie d’uscita mentre la Whitters ha saputo trovare la strada migliore per dare vita ad un ottimo album country. Sarà pure una strada sterrata, polverosa e con qualche buca ma porta nella direzione giusta.

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Più facile a dirsi che a farsi

Da dove cominciare? Dal fatto che non sono un fan dei concept album o dall’incomprensibile moda di scrivere i titoli delle canzoni tutti minuscoli? Oppure dalla chiara svolta pop intrapresa da Kacey Musgraves, iniziata con il precedente Golden Hour? Il nuovo album della cantautrice texana, intitolato star-crossed, si presenta subito in linea con il gusto pop dei giorni nostri, accompagnato anche da un film che riassume questa tragedia in tre atti. Un’imponente macchina commerciale è stata messa in moto per questo album, ispirato dal divorzio da Ruston Kelly, dopo tre anni di matrimonio. Ma io sono qui per la musica. Metto da parte film, video, lettere minuscole e cose varie e ascolto star-crossed come non fosse successo nulla.

Kacey Musgraves
Kacey Musgraves

La title track star-crossed imposta le premesse di questo album. Cori angelici e una chitarra solitaria ci presenta due amanti arrivati alla fine del loro amore. Le carte firmate, le strade che si separano nonostante gli sforzi. L’inizio è eccezionale e cinematografico, “Let me set the scene / Two lovers ripped right at the seams / They woke up from the perfect dream / And then the darkness came / I signed the papers yesterday / You came and took your things away / And moved out of the home we made / And gave you back your name“. Segue good wife che ribalta il concetto moderno di moglie, riflettendo sul ruolo più classico. La Musgraves è sembra essere disposta a fare la brava moglie pur di salvare il suo matrimonio. Un pop anni ’70 che ricorda le sonorità del precedente album, “Help me let go of all the things that make me mad / At the end of the day, he’s gotta know that I’ve got his back / And if he comes home stressed out, I could pack him a bowl / Just let him be himself, don’t try to control“. cherry blossom è la prima delle canzoni più danzerecce di questo album. Testo essenziale e scontato che sembra un po’ slegato dal resto dell’album. Un pop dalla presa facile e nient’altro, “I’m your cherry blossom baby / Don’t let me blow away / I hope you haven’t forgotten / Tokyo wasn’t built in a day / I’m your cherry blossom baby / I don’t wanna blow away“. La successiva simple times è un pop in linea con quello che si può ascoltare oggi, con accenni orientaleggianti. Qui la Musgraves sembra voler rifiutare il fatto che le cose non vadano affatto bene, “I think I’m going off of the deep end / I wanna wake up on an island / Throw everybody a peace sign / Put all the static on silent / We could stay up all night / Pour one out for the simple times“. if this was a movie.. vede Kacey riflettere sulle differenze tra realtà e finzione, in un lento pop pulsante. Qui siamo ancora nel disperato tentativo di salvare un amore ormai senza speranze, “If this was a movie / I’d be surprised / Hearing your car / Coming up the drive / And you’d run up the stairs / You’d hold my face / Say we’re being stupid / And we’d fall back into place / If this was a movie“. justified è un singolo che riprende le sonorità di Golden Hour ed torna, di nuovo, a riflettere su questa difficile relazione. Kacey Musgraves illumina il brano con la sua splendida voce e poco altro, “It was a fun, strange summer / I rolled on, didn’t think of you / We lost touch with each other / Fall came and I had to move / Moving backwards, hurt comes after / Healing doesn’t happen in a straight line“. angel è un parentesi acustica, raro momento di poesia e tenerezza di questo album. Una canzone d’amore genuina e sentita nel quale ritrovare la Musgraves che fu, “If I was an angel / I’d use only pretty words / And when I’m talking to you / It would never hurt / You’d only get the best of me / I’d never make you wanna leave“. Ecco che ci pensa un brano con breadwinner a riportarci sulla terra. Si torna al pop orecchiabile anni ’90 che va in contrasto che l’atmosfera evocata dal testo, “Here’s what he’ll do / He’ll play it cool / When he hangs out with a woman like you / Say he ain’t pressed by all your success / Tell you he’s different than all of the rest“. Con camera roll c’è un inaspettato ritorno al country o quanto meno a qualcosa di molto vicino. Si sente l’emozione, tutta la dolcezza e la malinconia della voce della Musgraves, “Chronological order / And nothing but torture / Scroll too far back / That’s what you get / I don’t wanna see ‘em / But I can’t delete ‘em / It just doesn’t feel right yet / Not yet“. easier said galleggia su un tappetto di pulsazioni elettroniche. Qui siamo alla resa, l’amore è giunto al capolinea. Una canzone piacevolmente triste, “But it ain’t easy / It ain’t easy to love someone / I’ve been tryin’ and I found out / That it’s easier said than done / Easier said than done / It’s easier said than done“. hookup scene è una bella ballata pop che dimostra che Kacey ci sa ancora fare. La sola voce angelica e la chitarra acustica sono più che sufficienti, “So if you’ve got someone to love / And you’ve almost given up / Hold on tight / Despite the way they make you mad / ‘Cause you might not even know that you don’t have it so bad“. La successiva keep lookin’ up è un luminoso pop che finalmente esce dal buio dei precedenti brani. La semplicità funziona ancora, “Keep lookin’ up / Don’t let the world bring you down / Keep your head in the clouds / And your feet on the ground / Keep lookin’ up / Keep lookin’ up“. what doesn’t kill me ritorna al pop facile e consumato, e quindi orecchiabile ma tutto sommato piacevole, “But you’re gonna feel me / You’re gonna feel me / You’re gonna feel me / When I’m done / When I’m done / What doesn’t kill me / What doesn’t kill me / What doesn’t kill me / Better run / Better run“. there is a light apre alla speranza e lo fa con una musica danzereccia, un po’ leggera ed inconsistente. Forse la canzone meno ispirata di questo album e anche un po’ fuori contesto, “There is a light / At the end of the tunnel / There is a light / Inside of me / There was a shadow of a doubt / But baby it’s never going out / There is a light / Inside of me“. Si chiude una bella cover di gracias a la vida. Cantata in spagnolo con voce dolce e amara. Tra le distorsioni si intravede il talento della Musgraves, che ci lascia con una delle canzoni più belle di questo album, “Gracias a la vida, que me ha dado tanto / Me dio dos luceros que cuando los abro / Perfecto distingo lo negro del blanco / Y en el alto cielo su fondo estrellado / Y en las multitudes el hombre que yo amo“.

Cos’è dunque star-crossed? Difficile dirlo. Più che un concept album io lo definirei un album monotematico. Una sfoltita alle sue quindici tracce io l’avrei data, togliendo quelle due o tre canzoni che sembrano fuori contesto, soprattutto musicalmente. Sembra ormai chiaro che non risentiremo più la Kacey Musgraves irriverente e controcorrente, che aveva giurato eterno amore al country. Forse questo album rappresenta il divorzio, non solo dal marito, ma anche dal genere musicale che l’ha lanciata. La scrittura è forse un po’ ripetitiva e l’amore finito è un tema fin troppo ricorrente, così tanto da perdere forza avvicinandosi alla fine. star-crossed è un album ambizioso, dove la Musgraves, a mio parere, ha fatto il passo più lungo della gamba. Il risultato è un disco eccessivamente lungo, pericolosamente ripetitivo, capace di emozionare solo in poche occasioni. La mia speranza di tornare ad ascoltare una Kacey Musgraves più ispirata e meno pop è ancora viva e resto qui ad aspettarla.

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Un bel disastro

L’estate di solito non porta con sé grosse novità musicali eppure tra le poche uscite si possono nascondere delle interessanti novità. Tra queste il debutto della cantautrice statunitense Leah Blevins, intitolato First Time Feeling. L’album è una raccolta di dieci canzoni, scritte in altrettanti anni passati a cercare fortuna a Nashville tra mille difficoltà. Il momento di vederle finalmente insieme in questo disco è arrivato e io non mi sono fatto scappare questa occasione, attratto dalla voce dolce e graffiata allo stesso tempo di questa artista.

Leah Blevins
Leah Blevins

L’album di apre con Afraid che introduce la voce della Belvins e il suono graffiante della chitarra. Un alternative country che viene dall’anima e riserva un’attenzione particolare alla melodia. Un inizio lento ma non privo di quella fiamma che brucia dentro. Beautiful Disaster è una ballata country meravigliosamente ricca di emozioni. La voce della Blevins sa essere ruvida e morbida insieme e fa emergere immagini vivide. Una canzone molto bella, tra le più belle di questo album. La title track First Time Feeling è orecchiabile e trascinante ma sempre venata di malinconia. Le chitarre restano in primo piano e illuminano la voce della Blevins. Una canzone che funziona sotto tutti i punti di vista. La successiva Little Birds è un’altra ballata dolce e sognante. Una melodia delicata di dispiega pian piano rivelando emozioni sincere e profonde. Leah Blevins con semplicità mette in mostra il suo talento e si confida con chi l’ascolta. Fossil si rifà a sonorità folk rock ma non dimentica la melodia. La voce si fa cristallina e lascia il segno, in un procedere lento ma costante con una sensazione di ineluttabilità che la percorre. Tra le mie preferite c’è Magnolias, canzone biografica che si poggia su di un ritmo folk pop molto ben fatto. Anche qui la forza dei sentimenti emerge da ogni nota, a testimonianza della sincerità con la quale sono state scritte queste canzoni. Clutter sprofonda in un lenta ballata carica di sentimento. Un canzone dalle melodie vecchia scuola che ben si completa con la voce della Blevins, questa volta più dolce e delicata. Segue Believe, un bel country pop dettato dal ritmo. Anche questa volta questa cantautrice scrive una canzone orecchiabile ma non banale e ben bilanciata. Un piacere da ascoltare. Mexican Restaurant è una triste ballata country che corre sulle note di una chitarra. La voce della Blevins fa emergere le cicatrici che la vita le ha procurato. Commovente e toccante, anima solitaria. L’album si chiude con Mountain. Leah Blevins sceglie ancora la semplicità e si rifà ad un country classico e nostalgico. La sua voce è perfettamente quello che ci vuole non si può chiedere altro.

First Time Feeling è un debutto sorprendente, carico di significato, nel quale si percepisce il lungo precorso che ha portato alla sua realizzazione. Leah Blevins ha una voce che non poteva passare inosservata ancora per molto ed essa è ciò che rende questo album speciale. La sua capacità di essere dolce e dura, richiamando alla memoria quella di grandi nomi del country del passato. Le melodie sono quelle del country ma una vena oscura corre lungo ogni traccia, emergendo dalla voce della Blevins che a volte sembra spezzarsi. First Time Feeling è sicuramente tra i migliori album di questo 2021 e spero sia solo il primo di una serie, perché sarebbe un peccato se tutti gli sforzi di questa ragazza si rivelassero vani.

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Sotto quei tatuaggi

Questo 2021 comincia a presentarsi, musicalmente, piuttosto interessante. Come qualcuno di voi saprà, quando sento parlare di album di debutto, la mia curiosità mi spinge a non farmelo scappare, spesso anche rischiando di uscire dalla mia comfort zone musicale. Non è esattamente il caso di Morgan Wade, dato che non mi sono poi tanto allontanato dai miei generi preferiti, ma la notizia del suo debutto, quel faccino un po’ imbronciato e tutti quei tatuaggi da cattiva ragazza mi hanno conquistato. Questa cantautrice americana aveva già pubblicato un album nel 2018 con la sua band The Stepbrothers e quindi Reckless si può considerare a tutti gli effetti il suo debutto solista. Di cos’altro avevo bisogno per decidermi a concedere una possibilità a questa ragazza? Di niente, direi.

Morgan Wade
Morgan Wade

Wilder Days apre il disco al suono della chitarra. La voce ruvida della Wade si prende subito il centro della scena con rock classico che racconta di un amore che non ha funzionato, “You said you hate the smell of cigarette smoke / You only use to smoke when you drank / When you lived in Chicago / Unsure where the wind blows / I wish I’d known you in your wilder days“. Con Matches And Metaphors si percepisce con più forza l’influenza della musica fine anni ’90 e inizio millennio. Una canzone riflessiva, accattivante e malinconica, “I sure like your sounds and if you were here / I’d love to get you high then lay down, I / Want you hanging around / I’ve been needing something good / Hey, baby, can I use you right now?“. Other Side risente delle influenze country che portano la Wade a guardarsi indietro e ripensare alla sua vita in modo sincero e profondo. Una delle canzoni che preferisco di questo album, “You knew my skin back before I had all these tattoos / You remember me on late nights strung out from pills and booze / We’ve had some bad times, baby, but we had some good times, too / You knew my skin back before I had all these tattoos“. La successiva Don’t Cry è una ballata rock che fa emergere l’anima di Morgan Wade. La voce graffiata e le chitarre che riempiono l’aria sono ingredienti che fanno sempre presa sull’ascoltatore, “Don’t cry, don’t cry, don’t cry / At some point, your hero must die / To escape the hands of time / It’s okay to not be alright, and / Let it go, let it go, let it go / Face the truth and bare your soul / Lose yourself and break your heart / It’s a beautiful thing to fall apart“. Mend è una canzone scritta prima che l’artista abbandonasse l’alcol, una canzone che sembra una disperata richiesta di aiuto, “Turn that car around / You don’t need to be leaving me now / Come to bed and I will shut my mouth / And I don’t know what’s wrong with me / But you came along and finally I see / The type of love I know I need / No words spoken, I’m so broken / I hope you can mend me“. Last Cigarette è un country che richiama influenze pop e rock. Anche qui la dipendenza è protagonista ma si parla d’amore, che forse fa male ma al quale è difficile rinunciare, “Tell me the truth: Is it over for you? / It isn’t for me, but I’ll say what you want me to say / Addiction is strong, I know it’s wrong / But I need that high, I ain’t gonna lie / Give me tonight. So I can be alright / I can hold your body and you can hold mine“. Take Me Away è un’altra ispirata ballata che mostra le fragilità che emergono dopo anni di lotta, sotto quell’aspetto così duro. Si sa che anche l’anima più rock sa sciogliersi quando si trasforma in musica, “I’m so good at rеsisting / Been putting up my best defensеs / But I am growing weak / Baby, baby, lay me down / Take the words out of my mouth / I’m too tired to speak“. La title track Reckless riassume lo spirito di questo album e il percorso affrontato della Wade nella sua vita. Un bel pezzo rock, non c’è altro da aggiungere, “Reckless, no headlights / Driving too fast down shadow lines / Reckless, hand in the fire / No one to love, while I’m walking on the wire / Reckless, all alone / My heart is broken on the side of the road / I could fix it if I hеad home / You ain’t here to drivе me / Reckless“. Northern Air è un a canzone malinconica molto ben scritta ed interpretata dalla spiccata personalità country. Morgan Wade riesce ad evocare ricordi ed emozioni con sorprendente talento, “So tell me / Tell me, how’s that northern air / And do you think of me when you’re all alone? / I could drive all night to be there / ‘Cause I don’t think that I could stand / One more night on my own / Won’t you bring yourself on home?“. L’album si chiude con un’altra ballata intitolata Met You. Una canzone d’amore sincera, dove gioia e dolore sembrano mescolarsi e confondersi, “And the streetlights, they might as well, burn and hold out / Ain’t nothing bright as you, ever step foot in this godforsaken town / You lied and you left, and I’m wonderin’ what the hell I should do? / I’d seen it all, or so I thought, until I met you“.

Reckless è un album che non ha bisogno di molti ascolti per lasciarsi apprezzare. Lo stile onesto e sincero di Morgan Wade cattura subito l’ascoltatore che entra velocemente in sintonia con lei grazie soprattutto a collaudate melodie rock e country. Sono questi i due generi che più caratterizzano la musica di questa cantautrice che fa rivivere certe sonorità di inizio millennio che, evidentemente, non sono ancora andate perdute. Il suo passato turbolento, legato all’abuso di alcol, influenza le tematiche di questo disco che vuole segnare un nuovo inizio, un ritorno alla sobrietà. Reckless è un ottimo esordio, un diamante grezzo, come si dice in questi casi, che solo il tempo e l’esperienza saprà raffinare.

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Tutto passa, tutto se ne va

A tre anni di distanza da Real Class Act, la cantautrice australiana Fanny Lumsden è tornata lo scorso mese con il nuovo album Fallow. Un gradito ritorno, soprattutto dopo i devastanti incendi che hanno colpito l’Australia creando problemi anche a lei e alla sua famiglia. Anche la copertina del disco, che ritrae Fanny Lumsden in sella ad un cavallo, è stata poi successivamente riproposta con lo sfondo segnato dalle fiamme. Il country australiano proposto da questa cantautrice resta un punto fermo, insieme al suo carisma che trasmette simpatia e spensieratezza. Ma c’è sempre stato spazio anche per le ballate ed ero sicuro di trovare tutto questo anche in Fallow e così è stato.

Fanny Lumsden
Fanny Lumsden

Si comincia con l’introduttiva Mountain Song, quasi una preghiera alla montagna nella quale emerge la vocalità della Lumsden, accompagnandoci dolcemente all’interno di questo album. This To Shall Pass è una delle canzoni più belle di questo album. Una ballata che riflette su come le cose belle, come quelle brutte, sono destinate a passare. Tutto ha una fine insomma e di questi tempi ce lo auguriamo tutti. Più leggera e sbarazzina, la successiva Peed In The Pool. Ritroviamo la Lumsden divertente (e divertita) di sempre. Spazio alla simpatia e ai colori, in una cavalcata country pop godibilissima. Mi aspetto sempre una canzone così quando ascolto quest’artista. Con Grown Ups si rallenta il ritmo e ci si allontana un po’ dalle sonorità country. Il risultato è un brano moderno che si affida alla voce confortante della Lumsden. Fierce di rivela un trascinante pezzo dalle sfumature rock che ben si accompagnano alla voce ferma di questa ragazza. Una canzone che mi ricorda un rock americano che è sempre più difficile da trovare al giorno d’oggi. Tidy Town non è da meno e ricalca le formula vincente che ha reso Fanny Lumsden un’artista molto apprezzata. Ritmo incalzante e chitarre, graffiano quel tanto che basta a strappare un sorriso, quel lampo di felicità di un attimo. La title track Fallow smorza i toni. Una ballata eterea e notturna, dove la voce a due con il fratello Thomas, tratteggia immagini evocative e misteriose. Questa canzone, come altre all’interno di questo album, dimostrano una crescita artistica non indifferente. Wishing è un’altra bella ballata intima e personale. Fanny Lumsden ha sempre avuto una scrittura sincera e questa canzone non fa eccezione. These Days ci ricorda i giorni felici e senza pensieri. Giorni che si faranno ricordare. Una canzone gioiosa e leggera che scivola via piacevolmente, con il suo carico di buoni sentimenti. Ancora più spensierata è Dig. Una tipica canzone nello stile Lumsden. Difficile trovare un’altra cantautrice capace di trovarsi a suo agio in canzoni come questa e in altre più malinconiche e sentimentali, come la successiva Black And White. Anche qui spazio ai sentimenti, in una canzone profonda e commovente. Davvero un bel modo per concludere questo album prima dell’ultima Mountain Song Reprise. Si chiude il cerchio e si torna all’inizio, a quella montagna che da sempre è fonte di ispirazione.

Fallow è probabilmente il migliore album finora pubblicato da Fanny Lumsden. Ci sono tutti i volti della sua musica, ben bilanciati fra loro che danno prova del suo talento e di quello della sua band. Ci sono i sentimenti, i ricordi ma anche momenti più leggeri che si vanno ad incastrare perfettamente l’uno con l’altro. Si può dire che Fallow rappresenti un punto di svolta per quest’artista, uno di quegli album nel quale tutto quello che ha fatto in questi primi cinque anni di carriera ha trovato un unico posto nel quale restare. Questo disco, appunto. Il video qui sotto che unisce le prime due tracce, mostra il paesaggio australiano prima e dopo gli incendi. In questi giorni abbiamo tempo per ascoltare musica e se posso consigliarvi un album questo è Fallow.

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