Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 3

Questa settimana ho letto un interessante articolo che riguardava la fruizione della musica nel mondo e in Italia. Per correttezza pubblico il link dal quale l’ho letto: La musica in download vicina all’estinzione. Lo streaming a pagamento è quasi metà del fatturato globale.
Tra l’altro ultimamente, ho l’abitudine di appuntarmi, a chissà quale scopo, gli articoli più interessanti che trovo online. A volte devo ammettere che mi tornano utili, altre volte sinceramente non so perché li metto da parte. Ma torniamo al tema di questo articolo. Il titolo è eloquente, lo streaming musicale si sta divorando il download ma ha ancora pietà per CD e vinili. In Italia chi scarica ancora musica (legalmente s’intende) rappresenta solo l’1% del totale. Sapevo che la mia abitudine di comprare musica in digitale era da tempo passata di moda ma non credevo di essere parte di una così ristretta minoranza.

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Un nido di vespe

Anche da queste parti il bisogno di vacanze si sta facendo sentire ma ci sarà da aspettare ancora qualche settimana. Nel frattempo ci pensa qualche nuova uscita a tenermi impegnato (a parte il lavoro ovviamente) e tra queste c’è Kitchen Sink della cantautrice inglese Nadine Shah. Non è la prima volta che ascolto un album di quest’artista ma la sua scoperta da parte mia è piuttosto recente. Risale infatti a poco più di un anno fa l’occasione in cui ascoltai Fast Food, il suo secondo album. Ho aspettato ad ascoltare il successivo Holiday Destination, tanto che è arrivato prima alle mie orecchie questo Kitchen Sink. Quarto album dunque che si presentava, per certi aspetti, piuttosto diverso da suoi predecessori. Ma Nadine Shah mi piace per la sua voce e la sua vocazione rock e sapevo che avrei comunque trovato tutto questo ancora.

Nadine Shah
Nadine Shah

Si parte con Club Cougar, dalla quale emerge la voce della Shah sotto i colpi dei synth. Una canzone che appare un po’ ironica, o forse non lo è, sulla differenza di età in una relazione, in questo caso clandestina e fugace, “Call me pretty, make your manoeuvre / One year younger, call me a cougar / All dressed up, think I did it for ya / Make eye contact, think I adore ya“. Il singolo Ladies For Babies (Goats For Love) torna su sonorità più indie rock. La voce della Shah è affascinante e misteriosa, restando uno dei suoi punti di forza, “He wants his lady / To be a lady / To care less, be hairless / All he wants in fairness / Is a baby / A little baby / To care for, be there for / But careful, she could turn out like / Ladies for babies and goats for love“. Buckfast è uno sgangherato rock che trova equilibrio grazie al canto di quest’artista. Il tutto simboleggia un stato di ebrezza nel quale è difficile mettere le cose a fuoco, “Take a swipe at the other in your bed / Makes a change from the others in your head / And the voices said / Pretend to everyone you wish that you were dead“. Dillydally è una riflessione sullo scorrere inesorabile del tempo. La voce della Shah si muove sinuosa su un tappeto di suoni in precario equilibrio. Particolarmente ispirata ed originale questa canzone, che esce un po’ dai binari del rock, “Stop your counting of years / Stop the wreck in your mind / Stop your feeling of fears / You’re divine / See you checking off lists / See you counting the time / All the ones that you missed / You will find“. La successiva Trad prende di mira le tradizioni, vecchie e nuove, ribaltandole. Il risultato è incerto e criptico. Dipende dai punti di vista ma è sicuro che Nadine Shah sa essere schietta quanto misteriosa, “Shave my legs / Freeze my eggs / Will you want me when I am old / Take my hand / Whilst in demand / And I will do as I am told / Take me to the ceremony / Make me holy matrimony“. La title track Kitchen Sink è una canzone dalla musica essenziale che si poggia sulla voce carismatica della sua interprete. Le chitarre fanno la voce grossa, spezzando il flusso delle parole e al loro ritmo, “Don’t you worry what the neighbours think / They’re characters from kitchen sink / Forget about the curtain-twitchers / Gossiping boring bunch of bitches / And I just let them pass me by / And I just let them pass me by“. Kite lascia spazio alle suggestioni della musica, bastano poche parole per dare vita ad una delle canzoni meno ruvide di questo album. Mi ha ricordato Anna Calvi e la cosa, oltre a non essere una novità, è positiva, “Sometimes I lie but there are times I am right / Sometimes I want to end it all with goodnight / All that I want is you to fly like a kite / All that I want is you to fly like a kite“. Ukrainian Wine è ancora una canzone che affronta, a suo modo, il peso degli anni e delle responsabilità. Scorci privati e confusi si intravedono nelle crepe causate dalle debolezze che ognuno di noi ha e fatica ad ammettere, “Ask me to grow up / But keep pouring me wine / I lost my cards and keys / Lost the ground from the sky / I fell and grazed my knees / Watch me walk a straight line“. Segue Wasps Nest è una delle mie canzoni preferite di questo album. Ha un fascino particolare, un po’ orientale. La voce grave della Shah è irresistibile e la rende unica tra tante sue colleghe. Walk è una canzone che procede a balzi, un su e giù come in un loop infinito. Una canzone particolare che esce dai canoni di quest’artista e definisce nuove vie, “Running gauntlets / Swerving perverts / Put my waist size to the wayside / Nasty surprise / More prying eyes / I don’t want your love / I have got enough / I just want to walk“. Si termina con Prayer Mat. Anche in questo caso il ritmo è lento e rilassato, quasi a volerci rendere partecipi di una sensazione di vuoto e ricerca. L’ultima canzone riflette i sentimenti di questo album e il suo fragile equilibrio, “Could live another life of this / I would / Choose you every time / Settle for another day of this / But we’re / Running out of wine“.

Kitchen Sink è il classico album che non si deve spiegare o raccontare. L’unica cosa da fare è ascoltarlo, lasciando che ognuno di noi tragga le proprie conclusioni. Di certo Nadine Shah non si nasconde dietro una maschera e lascia che queste canzoni rivelino qualcosa di più del suo animo. Musicalmente rimane fedele alle sonorità rock che da sempre l’accompagnano, riuscendo però ad amalgamarle con qualcosa di diverso. Kitchen Sink è un album sincero ma non semplice, a volte diretto e altre meno, ma comunque carico di significati che si possono scovare nelle parole oppure lasciare che sia il nostro inconscio a rivelarli.

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Mi ritorni in mente, ep. 61

Mi prendo una pausa dalla consuete recensioni ma non smetto di consigliarvi buona musica (o almeno spero lo sia anche per voi). Questa volta torno al 2015 quando il secondo album della cantautrice inglese Nadine Shah, intitolato Fast Food, mi era giunto alle orecchie ma per qualche ragione non l’ho mai ascoltato. In questi ultimi tempi sto cercando di recuperare qualche disco che mi sono lasciato scappare e Fast Food sicuramente meritava di essere preso al volo. Ma c’è sempre tempo per recuperare.

La musica della Shah si rifà alle grandi interpreti del rock d’autore, affidandosi al suono delle chitarre ed ad un’atmosfera oscura e tesa. I testi sono forti e affascinanti, tracciati dalla voce profonda di questa cantautrice. Tra le mie preferite di questo album posso citarvi Matador, Living e la trascinate Stealing Cars. Ma la verità è che Fast Food è un album da ascoltare per intero per assaporarne davvero la sua energia e forza.

Oh it’s criminal
I’m stealing cars in my dreams
That neither you or I can drive
Passing the time away, cinema twice a day
Now, I’ve nowt left to see
Put the guilt in me, my anxiety
Check your pulse when I speed