Sono arrivato ad ascoltare Keaton Henson perché ero rimasto ben impressionato dal You. Questa canzone da sola è bastata a convincermi ha dare un ascolto a questo cantautore, poeta e disegnatore inglese. Henson è davvero un artista completo, dallo stile unico e per questo non apprezzabile da tutti. Inoltre non si esibisce praticamente mai dal vivo per la “paura da palcoscenico”. Come è scritto sul suo sito ufficiale, “Keaton Henson passa il suo tempo da solo, scrive canzoni e qualche volta disegna, non gli piace parlare di sè stesso”. Come si fa a non rimanere affascinati di fronte ad un artista così? Io ero curioso di entrare nel suo mondo e avrei voluto farlo partendo da suo album d’esordio Dear… del 2010 ma la sopra citata You era tratta dal suo secondo album Birthdays del 2013 e così ho scelto quest’ultimo. Non è stato facile, devo ammetterlo. Ai primi ascolti mi sentivo perso, non capivo cosa stavo ascoltando. Un piagnucoloso ventenne depresso o un delicato poeta tormentato? Più l’ascoltavo e più mi confondeva poi, quasi improvvisamente ho capito.
Keaton Henson ci accoglie nella sua casa con Teach Me. Delicata canzone che suona un po’ come una ninnananna ma la sua voce è così insicura e malferma che ne dà un tono triste, “By all means, give me your lessons in my ways, / But damn it, don’t expect me to change. / Mould me to the man that I should be, / But don’t consider that man to be free“. 10am Gare Du Nord è ancora più ispirata della precedente e si respira un’atmosfera calda e avvolgente. Una canzone per un amore disperato, interpretata come pochi saprebbero fare, “Please do not hurt me love, I am a fragile one / And you are the white in my eyes / Please do not break my heart, I think it’s had enough / Pain to last the rest of my life“. A seguire c’è You, che insieme alla precedente è una delle canzoni più belle di questo album. La voce di Henson si fa a tratti più calda e profonda, sorretta da colori più scuri e cupi che contrastano con il tentativo del cantautore di trasmettere speranza, “And if you must die sweetheart / Die knowing your life was my life’s best part / If you must die / Remember your life“. In Lying To You, Keaton Henson ci mette tutto sé stesso, toccando ancora una volta le corde giuste. Un’altra canzone poetica e pulita, sempre dolce e malinconica nella quale la voce trema più di quanto abbia fatto finora, “As we lie in bed I feel lonely, / Though we’re young, I feel eighty years old. / And your arms around me are keeping me warm. / But baby, I’m still feeling cold“. Un tentativo di dichiararsi ad una bella ragazza incontrata durante un viaggio in treno, questo è The Best Today. Keaton non sbaglia nulla e continua per la sua strada, la stessa percorsa nella precedenti canzoni, “As I get off the train, look back to see you through the frame / A man sits and blocks my view, and then I forget you“. Don’t Swin non è da meno ma questa volta la canzone non scivola via come nelle occasioni precedenti o per meglio dire, lo fa ma si chiude con un esplosioni rock che risolleva gli animi, “Oh my life, tell him you will meet him at ten / On my love, just don’t let me see him again / I just don’t think I can lie / Or not tear out both his eyes“. A questo punto potreste pensare che la vena rock del giovane cantautore si sia esaurita tutta lì e invece è turno di Kronos. Se finora la rabbia sembrava cosa d’altri ecco che Henson si sfoga mettendo in mostra una voce cattiva e fredda come il ghiaccio e riempiedo la scena di chitarre infuocate, “You son of a bitch / Stop writing songs like this / You think you’re better than them / But they don’t have to pretend“. Beekeeper placa i toni e si propaga in territori dalle sonorità rock americane. Un’altra piccola variazione sul tema, “Cause I’m just gettin’ started, let me offend / The devil’s got nothing on me my friend / All I want is to be left alone / Tact from me is like blood from a stone“. Sweetheart, What Have You Done To Us rientra tra le cazoni più belle dell’album e segna il ritorno alle sonorità che lo hanno caratterizzato. Epica e accorata è perfetta per la sempre più tremolante voce del ragazzo, “And God, you were the one who told me not to be, so English / Ohh ohh, ooohhh, ohh ohh / Sweetheart, what have you done to our love?“. Chiude tutto, e anche la porta, In The Morninig che, finalmente si potrebbe dire, dà un po’ di speranza e lascia intavedere una luce in fondo al tunnel, “There may be questions in your head / As a new day is dawning / Like what things for us lie ahead / But woman, I will see you in the morning“.
Questo è il classico album che va ascoltato con il cuore piuttosto che con la testa. Perchè soffermandosi troppo sulle dubbie capacità vocali di Keaton Henson e della sua tendenza a fare canzoni che si somigliano, si rischia di non superare la terza traccia. Ecco perchè io stesso ho fatto fatica ai primi ascolti. Inizialmente quel suo modo di cantare e la musica ridotta all’osso, nella maggior parte dei casi, mi aveva lasciato indifferente. Quasi infastidito. Poi ho fatto uno sforzo e piano piano le sue canzoni hanno cominciato ad entrarmi nella testa. Riascoltandole, poi, è stato come ritrovarle, come se le avessi perse. Birthdays non è un album che può piacere a tutti, in particolare è proprio Keaton Henson che può non andare a genio. Non si può negare, però, che il ragazzo non si celi dietro la maschera di un personaggio. Si mette a nudo con la sua musica e a volte può essere difficile comprenderlo del tutto. Rimane solo aperta la domanda che ho lasciato in sospeso. Un piagnucoloso ventenne depresso o un delicato poeta tormentato? Dopo aver ascoltato questo album ho capito che Henson è per lo più un poeta, che sia tormentato ho dei dubbi ma delicato lo è sicuramente.