Dieci anni. Tanto è passato da quando sono stato catturato e portato nel mondo magico di Florence +The Machine, la band progetto capitanata da Florence Welch che nel 2009 ha debuttato con l’acclamato Lungs. Il quinto album, intitolato Dance Fever, è uscito lo scorso maggio a quattro anni di distanza dal precedente High As Hope che aveva ulteriormente consolidato il sound della band. Cosa aspettarsi, dunque, da questa nuova fatica, nata nei lunghi anni di pandemia? In generale da Florence +The Machine non ci si aspettano sorprese ma un pop di qualità, riconoscibile e affascinante. Non resta che ascoltare e tornare di nuovo alla corte della regina rossa.
King apre le danze, con la voce inconfondibile della Welch che corre sinuosa sulle pulsazioni della musica. Una canzone profondamente personale che affronta le insicurezze e le consapevolezze della propria età, “I need my golden crown of sorrow / My bloody sword to swing / My empty halls to echo with grand self-mythology / I am no mother / I am no bride / I am king“. I mostri che albergano nell’animo emergono in Free che corre con ritmo sincopato. Le sonorità ci riportano agli esordi e ci ricordano perché questa band è così amata da allora, “I’m always running from something / I push it back, but it keeps on coming / And being clever never got me very far / Because it’s all in my head / “You’re too sensitive” they said / I said “Okay, but let’s discuss this at the hospital”“. Choreomania sottolinea in modo marcato il tema di fondo dell’album, la mania di ballare, un’ossessione irresistibile. Una canzone che va in crescendo, avanzando lenta ma costante, guidata dall’energia della Welch, “And I am freaking out in the middle of the street / With the complete conviction of someone who’s never had anything actually really bad happen to them / But I am committed now to the feeling“. La successiva Back In Town segna un momento più riflessivo e malinconico. Una canzone insolitamente scarna ed essenziale per la band, sorretta dalla voce della sua leader, “I’m back in town, why don’t we go out / And never go to sleep? / Throw our dreams out, let them pile up on the streets / I thought that I was here with you / But it was always just an empty room / ‘Cause it’s always the same“. Girls Against God continua sulle stesse sonorità ma il testo è molto personale e frammentario. Florence si lascia andare a ricordi ed immagini del passato, e lo fa con passione e sensibilità, “And it’s good to be alive / Crying into cereal at midnight / If they ever let me out, I’m gonna really let it out / I listen to music from 2006 and feel kind of sick / But, oh God, you’re gonna get it / You’ll be sorry that you messed with this“. La successiva Girl Dream Evil vira verso un pop rock in pieno stile della band. Le atmosfere oscure ribaltano il mito della ragazza dei sogni, “Am I your dream girl? / You think of me in bed / But you could never hold me / And like me better in your head / Make me evil / Then I’m an angel instead / At least you’ll sanctify me when I’m dead“. Preyer Factory è un breve intermezzo di poco più di un minuto che concede pieni poteri alla voce della Welch, “All the things that I ran from / I now bring as close to me as I can / Ripping hotel sheets with gritted teeth / My montage of lost things / My shiny trinkets of grief“. Cassandra sembra una riflessione, tra realtà e immaginazione, del periodo difficile del lockdown. Un mondo fermo dove ognuno era solo e perso,”Well, can you see me? / I cannot see you / Everything I thought I knew has fallen out of view / In this blindness I’m condemned to / Well, can you hear me? / I cannot hear you / Every song I thought I knew, I’ve been deafened to / And there’s no one left to sing to“. Heaven Is Here è un’altra canzone personale con chiari rifermenti alla carriera di artista. Breve nella durata e scarna ma originale nell’accompagnamento, “And I ride in my red dress / And time stretches endless / With my gun in my hand / You know I always get my man / And every song I wrote became an escape rope / Tied around my neck to pull me up to Heaven“. Tra le mie preferite c’è la bella Daffodil. Qui sente la versione più epica, quasi mistica dei Florence + The Machine. Tutto è ben bilanciato e ispirato. Da ascoltare, “There is no bad, there is no good / I drank all the blood that I could / Made myself mythical, tried to be real / Saw the future in the face of a / Daffodil / Daffodil“. Il singolo di punta dell’album, nonché la canzone più in linea con la consueta produzione, è sicuramente My Love. C’è poco da aggiungere, la classe e lo stile della Welch sono qui, “I was always able to write my way out / Song always made sense to me / Now I find that when I look down / Every page is empty“. Nemmeno un minuto per Restraint, nella quale Florence canta con voce sommessa pochi versi, “And have I learned restraint? / Am I quiet enough for you yet?“. Cambio di passo con The Bomb. Nonostante il titolo faccia presagire altro, ci troviamo invece di fronte ad un lento dalle tinte classiche. Una canzone d’amore come di deve, “I’ve blown apart my life for you / And bodies hit the floor for you / And break me, shake me, devastate me / Come here, baby, tell me that I’m wrong / I don’t love you, I just love the bomb“. Si chiude con Morning Elvis. Una canzone dolorosa e triste, che sembra raccontare le difficoltà di essere un’artista e soffrire sul palco come l’ultimo Elvis, “Well, pick me up in New Orleans / Pinned in a bathroom stall / Pick me up above my body / Press my corpse against the wall / I told the band to leave without me / I’ll get the next flight / And I’ll see you all with Elvis / If I don’t survive the night“.
Dance Fever è un album figlio del suo tempo che ci riporta ad una Florence Welch più umana, per così dire. Le incertezze, le insicurezze e la voglia di riscatto di questi tempi emergono da ogni strofa. Non c’è volontà di sperimentare per i Florence + The Machine, se non in brevi e rare occasioni, ma l’ennesimo tentativo riuscito di mantenere sempre alta la qualità delle loro canzoni. Questo è stato finora il loro segreto: fare sempre delle ottime canzoni, senza forse prendersi dei rischi ma del resto non hanno nemmeno il bisogno di farlo. Non ne ha bisogno Florence Welch, che si dimostra ancora un’artista irraggiungibile ma meno dea e sempre più mortale.
Sito Ufficiale / Facebook / Twitter / Instagram / YouTube