Si prega di attendere…

Oggi vorrei scrivere qualcosa di diverso. Ormai è Natale, si sà e tutto ciò che potrei scrivere sul Natale risulterebbe piuttosto banale e scontato. Il Natale è qualcosa di personale, ognuno lo vive a modo suo e io credo che debba essere vissuto come un giorno a sè senza passato nè futuro. Che sia Natale, come in una fotografia. Una fotografia da conservare. Così sono i giorni di Natale che si sono accumulati nel corso degli anni. Ricordiamo quelli nei quali eravamo bambini e dimentichiamo in fretta quelli più recenti. Ci saranno occassioni per ricordare il Natale come un giorno speciale per noi e la nostra famiglia. Ecco quanto di banale potevo scrivere lo scritto. Ci sarà altro di cui posso scrivere? Capodanno lasciamolo perdere. Una festa che non ho mai fatto se non in famiglia. Per me il 31 Dicembre è un giorno come un altro. In un certo senso, per quanto rigurda me, il Natale rappresenta meglio la fine dell’anno. E poi mi voglio godere un po’ queste vacanze in un dolce far niente.

Visto che sono bloccato sul Natale e sul Capodanno tanto vale tornare a parlare di musica, come del resto accade spesso su questo blog. Il 2014 è alle porte e dato che è prassi comune pubblicare un album ogni due anni, vediamo quali nuove uscite ci potrebbe riservare il nuovo anno. Proverò anche a fare delle previsioni. Ci ho già provato in passato è ho fallito. Quindi non datemi retta riguardo alle date. Tra le certezze ci sono (forse) Lucy Rose, Rachel Sermanni e i Wintersleep. La prima ha terminato le registrazioni del nuovo album, come ha confermato lei stessa via twitter. Direi che potrebbe uscire in primavera o forse prima, sparo: Marzo. Poi c’è la scozzese Rachel Sermanni che dovrebbe pubblicare un nuovo EP a fine Gennaio e dunque presumo che il nuovo lavoro è alle porte. Per non ripetermi dico: Aprile. Forse una di queste due l’azzecco. Per quanto riguarda i canadesi Wintersleep temo ci sarà da aspettare ancora un po’. Come loro stessi hanno riportato su facebook l’altro ieri, ci sono nuove canzoni già pronte che proveranno dal vivo nelle date di Gennaio. Considerato tutto ciò ipotizzo un uscità dopo l’estate, diciamo: Ottobre. Tra gli artisti dei quali non si hanno notizie rigurdo al nuovo materiale ci metterei Amy MacDonald e Brandi Carlile. La prima aveva dichiarato di mettersi al lavoro dopo gli ultimi concerti di Novembre. Qualche concerto lo sta facendo ancora oggi, quindi non so se ha già cominciato. Per quanto riguarda Brandi Carlie credo di aver capito che si è messa in proprio e ha iniziato a buttare giù qualcosa di nuovo. Qui indovino due date alla ceca, Giugno per Amy e Marzo (di nuovo) per Brandi. Tra le uscite “minori” prevedo quacosa di nuovo per gli olandesi Mister And Mississippi, tardi direi: Novembre. Poi ci sarebbero anche gli Holmes, un gruppo svedese, del quale scarseggiano le notizie. Visto il silenzio, si prevede forse un ritorno a breve? Dico: Febbraio (questa è grossa). Ah, poi c’è anche Lana Del Rey che sembrava aver smarrito l’ispirazione dopo i numerosi leak delle sue nuove canzoni. Ora sembra che è tutto pronto per il secondo album che dovrebbe intitolarsi Ultraviolence. Nel frattempo è anche uscito il suo primo cortometraggio Tropico di cui me ne frega meno di niente. Non faccio previsione per Lana Del Rey, anche perchè non aspetto il suo album con ansia ma solo con un po’ di curiosità e insensatezza.

Credo di aver terminato. Spero di non aver dimenticato nessuno a parte le nuove uscite o scoperte, ma quelle non sono ancora in grado di prevederle! Alla fine non ho scritto niente di diverso dal solito. Però ho scritto parecchio. Per questa volta a vinto la quantità sulla qualità. Sarà per un’altra volta. Almeno ci ho provato. Nella speranza che qualcuna di quelle date elencate sopre sia quella giusta, auguro buon Natale a tutti. Lo faccio con Amy MacDonald e spero di ascoltare il suo nuovo album al più presto il prossimo anno.

Tutto d’un fiato

Questo autunno è stato ricco di uscite discografiche, tra le quali spiccava il secondo lavoro della cantautrice inglese Anna Calvi. Nel Febbraio di quest’anno, fa tra le pagine di questo blog, avevo descritto la buona impressione che la Calvi mi aveva dato con le sue canzoni anche se c’è voluto del tempo perchè ciò succedesse. L’album d’esordio è stato uno dei migliori di quell’anno, il 2011 ed è stato accolto bene anche dalla critica. Ecco perchè questo One Breath era molto atteso e non nascondo che anche io ero molto curioso di ascoltarlo. Detto, fatto. Anna Calvi è tornata ed è sempre lei con qualche sorpresa e asso nella manica in più. Se il primo album ci ha sorpreso per la passione e il calore questo One Breath risulta essere più duro e spigoloso ma comunque carico e intenso come non mai.

Anna Calvi
Anna Calvi

Suddenly è la prova che qualcosa è cambiato ma sempre con qualche rimando al passato (Blackout). Questa è una canzone per ingraziarsi i novizi che inevitabilmente si ritroveranno a canticchiare anche chi, come me, ha già apprezzato la Calvi in passato, “We stand on the edge, it tastes like I’m leaving / Suddenly I’ll leave it all behind“. Eliza è il singolo prescelto soprattutto per il suo ritornello e l’assolo di chitarra che segna il suo ritorno in grande stile, “As if like a kiss we’re the same / So hold me up, hold me up / If only I could be you / Eliza“. La vera svolta arriva con Piece By Piece, una canzone che sembra partorita dalla mente di Thome Yorke prima maniera con in più l’inevitabile dolcezza femminile. Parte decisa e ruvida per poi ammoribidisi man mano. Se non via ha convinti, il ritorno a sonorità più famigliari di Cry ci riuscirà. A parte qualche “schitarrata” messa lì ad effetto, la canzone fila via piacevolmente, “Cry, cry, cry“. Bellissima ed eterea la successiva Sing To Me che ci porta in atmosfere distese e oscure perfette per fare da sfondo ad un film, “Sing to me, beautiful one“. Immediata, carica e epica è Tristan, una delle canzoni meglio riuscite dell’album,”God help you, Tristan“. La traccia che da il nome all’intero lavoro è One Breath. Delicata, fumosa e sfuggente con una Calvi che sussurra da chissà dove per condurci infine in un mondo principesco che sembra uscire da un film in bianco e nero. Se già vi vedevate in qualche reame incantato, Anna vi riporta sulla terra con l’energia del rock. In Love Of My Life sentirete una Anna Calvi distorta, sporca, elegantemente punk. Ammiro lo sfogo e il tentativo ma quello che ne esce non è particolarmente originale se non fosse per degli inserti più rilassati e melodici. Carry Me Over la riporta sui binari giusti e ci regala un’altra bella canzone, forse la migliore dell’album. Bleed Into Me si sviluppa lenta sulla voce e la chitarra della Calvi cresendo nel finale. Ancora più chiusa e buia la successiva The Bridge che chiude definitivamente con la ormai nota eleganza.

Anna Calvi è tornata in tutto il suo splendore e maestosità. Se eravate rimasti affascinati dalla sua chitarra questo album vi potrebbe riservare qualche delusione. Questa volta sono più evidenti la voce, accentuata da vari “ah-aah” e simili, e le percussioni che danno più corpo all’etereo mondo della Calvi. In generale le sonorità del primo album sono ancora presenti anche se in parte trasformate e arricchite da alcune trovate fuori dal coro, discutibili o meno che siano. Anna Calvi ha fatto ancora centro cambiando la maschera ma non il contenuto. Un passo in avanti ben bilanciato tra orecchiabilità e ricercatezza, quest’ultima, che richiede di salire di un livello per comprendere fino in fondo. Ci sono già riuscito una volta con Anna e ci sto riuscendo ancora.

Tutto cambia o forse no

Tra le novità del prossimo anno ci sarà sicuramente in nuovo Ep di Rachel Sermanni. La ventiduenne cantautrice scozzese ha già pubblicato parte delle nuove canzoni che saranno contenute in questo Ep intitolato, Everything changes, in un altro Ep uscito quest’autunno. The Boatshed Sessions è stato registrato live e contiene quattro canzoni del tutto nuove. Di solito aspetto l’album completo prima di ascoltare nuovi brani, ma con Rachel Sermanni non ho saputo resistere.

Rachel Sermanni
Rachel Sermanni

L’iniziale Black Hole non è distante dal folk già proposto dalla giovane cantautrice, se non fosse per delle vaghe e inedite influenze blues. Anche se un po’ scontata, Maybe Not è comunque una bella canzone che conserva tutte le caratteristiche dell’inconfondibile voce della Sermanni. Sicuramente la più orecchiabile e immediata dell’Ep. Dear Granvil è una ballata folk sussurrata che si accende con il ritornello. La successiva Two Birds è un altra prova delle capacità della ragazza nello scrivere canzoni.

Questo Ep dimostra che Rachel Sermanni sta crescendo e maturando, cogliendo più sfumature nella sua voce e nella musica. Nel prossimo Ep saranno presenti sia Black Hole che Two Birds insieme alla canzone che da ne dà il titolo Everything Changes. Ad un primo ascolto potrei perfino dire che è una delle migliori canzoni di quest’artista. In attesa di fine Gennaio, mi ascolto con piacere questa straordinaria canzone accopagnata da un altrettanto splendido video.

Benzina sul fuoco

Non posso nascondere che il secondo album di Agnes Obel era per me uno dei più attesi del 2013. Il primo album Philharmonics risale a tre anni fa e a causa di qualche contrattempo legato alla salute dell’artista, Aventine ha visto al luce con circa un anno di ritardo e finalmente ora ho potuto ascoltare qualcosa di nuovo Agnes Obel. Philharmonics non è stato immediato per me ma con il tempo è cresciuto sempre di più, confermando la posizione della Obel nell’olimpo della mia musica preferita. Ancora oggi mi chiedo se c’è qualcuno al quale non piace almeno una canzone di quest’artista. Ho letto bene di lei perfino in un forum di appassionati di musica metal! Il motivo è da ricercare nella semplicità della sua muisica che allo stesso tempo è profonda e toccante. Per Agnes Obel ripetersi ai livelli di Philharmonics non era facile eppure in alcuni frangenti di questo splendido Aventine è riuscita perfino a superarsi.

Agnes Obel
Agnes Obel

Chord Left è il primo brano strumentale dell’album e fin da subito ritroviamo la Obel così come l’avevamo lasciata ed è una bella sensazione. Fuel To Fire era già possibile ascoltarla prima dell’uscita dell’album. La voce, il piano e gli archi si fondono creando una canzone che è l’emblema di tutto Aventine, Do you want me on your mind or do you want me to go on / I might be yours as sure as I can say / Be gone be faraway“. Dorian è aderente allo stile del precedente album, ricalcando Brother Sparrow viene fuori una canzone dalla melodia dolce e oscura, “Dorian, carry on, / Will you come along to the end / Will you ever let us carry on“. Se finora Agnes Obel non ha fatto altro che confermarsi, la title-track Aventine ci mostra qualcosa di nuovo. La musica, la voce e uno splendido uso degli archi ci porta in luoghi più luminosi e colorati. Uno dei migliori brani dell’album, “Will you go ahead to the Aventine / In the holly red in the night“. Ma la canzone più bella e riuscita, mio parere, è la successiva Run Cried The Crawling. Avvolgente, calda e un po’ fumosa. La voce di Agnes Obel si fa profonda e quasi confonde con la musica. Bellissima, “Baby my heart and soul / A giant in the room / I left him long ago, following you“. Tokka è la seconda traccia strumentale di Aventine. Un piccolo gioiellino di semplicità. The Curse è la canzone fulcro del album. Fiabesca, oscura, Agnes ci culla a mezz’aria verso qualcosa di magico, “The curse ruled from the underground down by the shore / And their hope grew with a hunger to live unlike before“. Un ritorno a qualcosa di più pop e orecchiabile con Pass Them By, Room for many, room for few / Here in the dark I made for you“. Words Are Dead è senza dubbio la più oscura delle undici canzoni di questo album ma allo stesso tempo dolce e confortante. La voce di Agnes è nascosta tra le pieghe delle musica come fosse una nebbia. Un’altra bella canzone come solo lei sa farne, “I wanna buy you roses / ‘Cause the words are dead, / Follow in the blindness / On the arrow head“. Terzo e ultimo brano strumentale, Fivefold è un buio sottofondo di archi che idealmente chiude l’album prima della già nota Smoke & Mirrors. Quest’ultima è una classica canzone della Obel nella quale tutto è perfettamente in armonia, voce, archi e piano, “Oh my one, I’m so happy / That you’ve got so far / I know the good, the great / Is working you like a charm“.

Aventine è tutto quello che ci si aspetterebbe da Agnes Obel. Ci si ritrova tutto quello che c’era in Philharmonics e poco di più. Forse questo può essere considerato un difetto ma trattandosi solo del secondo album, Agnes Obel ha tutto il tempo per provare qualcosa di diverso. Ma in fondo non sono nemmeno sicuro di voler ascoltare una Obel diversa. Bisogna ammettere che l’effetto sorpresa dell’album d’esordio è invitabilmente perduto, in favore di una maggiore coesione delle tracce di questo album. Aventine è un album nato e pensato dalla prima ed ultima canzone e non una semplice raccolta di quanto fatto in questi tre anni. In definitiva, se non avete mai ascoltato nulla di Agnes Obel è il momento di farlo. Provare per credere.