La strada ritrovata

Anche se non troverete il nome di Summer Dean tra le pagine di questo blog, non significa che il suo album di debutto del 2021, intitolato Bad Romantic, non sia tra i miei preferiti di quell’anno. Un debutto il suo arrivato a poco più di quarant’anni, quando Summer ha deciso di dismettere i panni di insegnante e dedicarsi completamente alla vita di cantautrice country. Una scelta rischiosa ma dettata da quell’urgenza, quel fuoco che brucia dentro e non a cui non è facile resistere. Il suo nuovo album The Biggest Life è prima di tutto la conferma che la strada è presa e che la scelta è stata quella giusta. Cos’ha di speciale la musica di Summer Dean? La voce unica. Ha qualcosa di speciale, quel genere di voce che incanta al primo ascolto e vorreste riascoltarla ancora e ancora. Diventando così una voce familiare, che ci canta quanto è bello fare ciò che si ama.

Summer Dean
Summer Dean

Se vi piacciono le ballate country, Summer Dean ne ha da offrirvene a sporte, a cominciare dalla bella Big Ol Truck, passando per I’ll Forget Again Tomorrow. L’amore e la vita sono una costante ispirazione per la Dean come la triste She Ain’t Me o la riflessiva Other Women, nella quale la protagonista desidera uscire dalla routine quotidiana di madre. Lonely Girl’s Lament è un’altra ballata solitaria e malinconica che poggia sulla voce carismatica della Dean, capace di regalare sempre qualche brivido. Le ballate terminano con Can’t Hide The Heartache From Her Face, un valzer country che è pura poesia. Una dei quella canzoni che non mi stancherei mai di ascoltare. Queste ballate fanno da contrasto per la parte dell’album più scanzonata e tipicamente honky tonk, a cominciare dalla traccia che dà il titolo all’album The Biggest Life Worth Living Is the Small, una celebrazione della vita fatta di piccole cose. Ancora più trascinate è Might Be Getting Over You, che fa coppia con Clean Up Your Act If You Wanna Talk Dirty To Me, dal piglio rock e divertente come l’irresistibile The Sun’s Gonna Rise Again. Ma non è finita qui, Summer Dean ha altri assi nella manica e ci regala due canzoni che rappresentano una variazione sul tema dell’album. Move Along Devil esplora territori più blues ma che ben si sposano con la voce della Dean. Voce che incanta anche senza cantare come succede in Baling Wire.

The Biggest Life è un ottimo album country, c’è poco da aggiungere. Potrei scrivere della voce di Summer Dean e della sua passione per questo genere musicale che trasmette ad ogni singola nota, per la sua scelta di vita, per la sua terra ma sarebbe tutto inutile per che non servirebbe a nulla. È sufficiente ascoltare questo album (e anche il precedente Bad Romantic) per trovare parole migliori di quelle che potrei scrivere io qui. Quindi mi faccio da parte e lascio che sia Summer Dean a spiegarvi cosa sia la musica country e come andrebbe fatta. L’unico difetto di questo album che mi mette in difficoltà nello scegliere una sola canzone da farvi ascoltare per convincervi The Biggest Life va ascoltato per intero con tutte le sue tredici canzoni.

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Non c’è nessun altro da incolpare

Dopo l’album We Still Go To Rodeos uscito nel 2020, nel pieno del lockdown, e i problemi di salute che l’hanno colpita duramente lo scorso anno, è tornata Whitney Rose con il suo nuovo Rosie. Si tratta del sesto album di studio dopo la svolta in direzione di un country più rock e meno tradizionale. Questa scelta però sembra essere già stata archiviata fin dai primi singoli tratti dall’album, quasi ha voler lasciarsi alle spalle anni difficili tornando alle sonorità dei primi lavori. Whitney Rose è una delle prime cantautrici country che ho iniziato a seguire e riservo a lei un posto speciale nella mia musica. Nonostante qualche trascurabile passo falso, quest’artista è riuscita a produrre ottime canzoni, sempre piacevoli da ascoltare.

Whitney Rose
Whitney Rose

A partire da Tell Me A Story, Babe è chiaro che ci troviamo di fronte ad un album profondamente diverso al precedente. Questa ballata country ci introduce alle atmosfere confidenziali che ritroviamo anche un’altra canzone, l’ottima Mermaid In A Pantsuit che va a chiudere l’album. Le sonorità degli esordi sono rilanciate da canzoni come Memphis In My Mind, che con sue chitarre e il suo ritmo ci fa restituisce tutto il carisma della voce della Rose. Lo stesso vale per la malinconica You′re Gonna Get Lonely e per la scanzonata Honky Tonk In Mexico. L’unica cover dell’album è Can’t Remember Happiness, che si affida ad un country dalle vaghe tinte rock nella corde della Rose ma preso in prestito da Joanne Mackell. Una canzone carica di nostalgia del passato. Barb Wire Blossom è un’altra canzone che ricorda le migliori della cantautrice americana, grazie ad un mix di country e rock ed un pizzico di romanticismo. I Need A Little Shame torna sui ricordi, riflettendo sugli errori del passato, rimanendo fedele alle sonorità dell’album. Il country più puro arriva con Minding My Own Pain, che ancora una volta vede la Rose fermarsi e riflettere, affidandosi a sonorità ben rodate e di sicuro effetto. Per finire My Own Jail, che con la sua anima blues ci mostra l’abilità come autrice della Rose, capace di tirare fuori un sound senza tempo, un country rock vecchio stile.

Con Rosie si ritorna perlopiù ad un country classico rinunciando di proseguire sulla strada del precedente album. Con questa scelta Whitney Rose ritrova un’ispirazione ben bilanciata tra canzoni più malinconiche e altre più spensierate, dimostrando un ottimo stato di forma. Questo album si distingue soprattutto per la sua uniformità, quasi come se ogni canzone prendesse spunto da un’ispirazione comune, che viaggia sottotraccia. Rosie è un album che ci riporta una Whitney Rose al suo meglio (oltre che evidentemente in salute), facendoci ascoltare quello che potrebbe essere uno dei migliori album country di quest’anno, riaffermandosi, in questo modo, come una della cantautrici più talentuose della nuova generazione.

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Una mentina in tasca e una pallottola tra i denti

Ho l’abitudine a non lasciarmi influenzare troppo da ciò che gli artisti raccontano riguardo alla loro musica. Le varie interviste che rilasciano in occasione dell’uscita del nuovo album sono numerose (tanto più sono famosi) ma io non le leggo spesso, quasi mai a dire la verità. Da quel che so, Margo Price, è riuscita a dire definitivamente addio all’alcol che le stava causando non pochi problemi ma a quanto pare non sa rinunciare al fumo e a occasionali “viaggi” indotti dai funghi allucinogeni. Molte di queste cose sono anche scritte nel suo libro autobiografico Maybe We’ll Make It uscito lo scorso anno e che racconta gli anni più difficili della sua carriera e della sua vita. Anche se personalmente preferisco mettere da parte tutte queste cose almeno per un momento quando ascolto per la prima volta un album, il nuovo Strays è frutto di tutti questi cambiamenti che spingono la Price a superare le regole del country.

Margo Price
Margo Price

In Been To The Mountain è una carrellata di immagini legate ai ricordi e alle contraddizioni di una vita al limite. Il country rock dalle contaminazioni psichedeliche è la cifra stilistica dell’album e questa traccia di apertura lo mette subito in chiaro. Lo stesso vale per la bella Change Of Heart, una delle canzoni più potenti che io ricordi di Margo Price, soprattutto musicalmente. Non è da meno Light Me Up che è un crescendo country rock che vede la partecipazione di Mike Campbell. Insieme a Sharon Van Etten dà vita a Radio un orecchiabile inno al diritto di poter stare un po’ in santa pace, lontano da tutto e da tutti. Forse la canzone più inedita per questa cantautrice è Time Machine dalle tinte luminose e dal gusto pop. Il resto dell’album si muove tra ballate country come la splendida County Road che si dispiega in un fiume di parole lungo i suoi sei minuti, oppure la poetica e solitaria Landfill che chiude l’album. Alle collaborazioni partecipa anche la band statunitense Lucius nel rock lento di Anytime You Call. Completano l’album la dolorosa Hell In The Heartland e la cupa e scarna Lydia, che scava a fondo, senza mezzi termini o giri di parole. Una delle canzoni più dure della Price, non solo di questo album.

Strays ci restituisce l’immagine di una Margo Price in pieno controllo della sua musica e della sua carriera artistica. Tanto spazio a canzoni liberatorie ma anche a quelle più riflessive, tutte con la volontà di ribadire ancora una volta che le cose cambiano e si può iniziare una vita nuova. Un album che in qualche modo sancisce una rinascita personale e una maggiore convinzione di percorrere la strada intrapresa già con il precedente That’s How Rumors Get Started. Ciò che ho sempre amato della musica di Margo Price è il contrasto tra la sua voce pulita e apparentemente innocente con la sua immagine di cattiva ragazza e la sua storia difficile. Anche se, per sua stessa ammissione e senza dimenticare che nella vita privata è anche moglie e madre, non tutto è come appare e c’è anche un po’ di costruzione del personaggio ma Strays è finora è il suo album che rimarca di più questo contrasto. Un ottimo album senza alti e bassi che viaggia a velocità costante e, senza trovare resistenza, si fa spazio con energia per le strade della vita.

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Ti farà girare e ti sputerà fuori

Dopo cinque anni dall’ottimo Highway Queen è tornata con un nuovo album la regina del cosiddetto outlaw country, ovvero Nikki Lane. Un lungo periodo di pausa che l’ha vista, tra le altre cose, collaborare con Lana Del Rey e aprire un negozio di vestiti “High Classy Hillbilly” a Nashville. Tutto questo mentre il mondo si fermava in attesa di tempi migliori. L’ispirazione non è dunque mancata per questo Denim & Diamonds che segna un ritorno molto atteso di una delle più carismatiche artiste country degli ultimi dieci anni, che con i suoi occhi azzurri, la voce graffiata e il piglio di cattiva ragazza non passa certo inosservata. Non resta che ascoltare cosa ha combinato in quello che è il suo quarto disco in carriera prodotto da Joshua Homme (Queens Of The Stone Age).

Nikki Lane
Nikki Lane

Il primo singolo è anche la traccia di apertura dell’album e First High ci ricorda subito chi è Nikki Lane. Una maggiore influenza rock non pregiudica affatto la natura country della sua musica e amplifica quella voglia di tornare ai bei vecchi tempi, quando ci si stupiva ancora, “Take me back to the first dream / 501 blue jeans / Tighter than goddamn Springsteen / Take me back to the first show / Right back to the first note / When I knew my heart was pure rock ‘n’ roll / I’m still searching for that first high“. La title track Denim & Diamonds si apre con il riff di una chitarra elettrica e continua sulle note di un rock irriverente. Nikki Lane ribadisce la sua voglia di indipendenza e libertà, “I can do whatever I wanna / All by my lonesome / If that’s a problem well you can’t say shit / Cause I’m going my way / Livin’ and dyin’ / And I can buy my own damn denim and diamonds“. Faded è una ballata, una canzone d’amore sincera, resa ruvida dalla voce unica di questa cantautrice che dimostra di non rinunciare a canzoni più poetiche e meno rock, “Oh, honey I’m just crying out / Wishing you could tell me how to ease the pain / And oh, it feels like I’m dying now / I need you so bad / I don’t know how / But you’re the best I ever had / And it’s so hard to say“. Decisamente di tutt’altro tenore la bella Born Tough che ripercorre i momenti di una vita che ha lasciato i segno. Un brano forte e molto personale che ci fa conoscere un po’ di più quest’artista, “Well, my daddy always told me I was living in a man’s world / But that don’t mean there ain’t room for a big-hearted girl / So my mama took me pickin’ said that we could buy a set of tools / So that I could build my own life and play by my own rules“. Tra le più orecchiabili c’è la successiva Try Harder. Nei momenti di difficoltà e di sconforto forse dovremmo tutti sforzarci un po’ di più. Nikki Lane non manca di mettere in luce qualche debolezza sotto quell’apparenza di ragazza tosta, “Sometimes you gotta try a little harder / Try a little harder to get what you want / Keep singin’ / Sometimes you gotta try a little harder / Push a little farther just to make it on your own“. Good Enough è una lunga riflessione che corre sulle note country. Ancora una volta questa cantautrice si lascia andare, non si nasconde, rivelando una maturità ormai raggiunta, “So that’s patience, hope, and kindness / And all of those things / That we call on to remind us / Of all the love and the trust we have inside us / So that evil just can’t find us / I’ll keep my heart protected / So that nothing can divide us“. Live/Love è ancora una canzone che ha qualcosa di personale e lascia spazio alle emozioni, ma quella voce continua a graffiare e ha rivelare un’anima tormentata, “But people come and go just like the fish in the ocean / Doesn’t seem to matter for the sound of commotion / Things get pushed aside / Rollin’ with the tide / And I don’t ever wanna have to say goodbye“. Il cuore rock di questo album risiede tutto in Black Widow. Il ritornello è un rock’n’roll d’altri tempi che non fa ricordarci quanto Nikki Lane ami un certo stile vintage, “She’ll seduce the nation / Set their hearts on fire / Push your limitations / Make you walk the mile / If you’re prone to temptation / You better not stare / She’ll spin you up and spit you out / She’ll leave you running scared / She’s a black, black widow“. Pass It Down è un country rock ricco di buoni sentimenti e nostalgia. Un altro bel pezzo dallo stile classico ma che funzionano sempre, “Come on brother grab a chair / We gonna gather ‘round / Tell us a story you’d like to share / Go on and let your guard down / Or you can take a minute to sit right back / You don’t have to make a sound / Just take what you want from it / And go on and pass it down“. L’album si chiude con la bella Chymaio che ricorda le melodie messicane e dalle atmosfere western. Una delle canzoni più affascinanti e misteriose di questo disco, “So we traveled through the night / Guided on by the lamp of the moonlight / Careful not to show our trail / Pistols loaded for if we should fail / The sound of silence was blowing in the air / As we drifted to sleep on the ground / The enemy came closing round / Ese fue el final“.

Poter descrivere Denim & Diamonds come l’album più rock di Nikki Lane sarebbe riduttivo oltre che sbagliato. Questo album è innanzitutto il più maturo e personale che finora abbiamo potuto ascoltare da quest’artista. Le influenza rock sono ben mescolate all’anima country e western alla quale eravamo abituati e la voce ben si sposa con tutto questo. Denim & Diamonds è anche un album più personale rispetto ai precedenti, fatto di canzoni spesso brevi e dirette. Ci sono momenti leggeri ed irriverenti, altri più pesanti e riflessivi ma la personalità di Nikki Lane emerge senza filtri lasciandoci incantati lungo tutta la sua durata. Mi mancava la sua voce, devo essere sincero, e poterla riascoltare in un album così ben riuscito è una delle gioie di questo anno musicale. Denim & Diamonds si è fatto attendere ma l’attesa è stata ampiamente ripagata. Bentornata Nikki.

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Meglio tardi che mai, ep. 1

Il caldo ha colpito anche questo mio blog e la voglia di ferie si fa sentire. Queste due cose messe insieme (oltre ad altri eventi che hanno messo sotto sopra la mia routine ma, non preoccupatevi, ora è tutto tornato alla normalità) hanno provocato qualche rallentamento nella regolare pubblicazione delle mie “recensioni”. Nei giorni scorsi ero ben intenzionato a recuperare, preparando un paio di post per le settimane successive ma è mi mancata la voglia. Sì, ogni tanto succede. Mi sono guardato indietro e ho pensato di fare un’operazione di “recupero”. Siamo a metà dell’anno e non tutta la musica che ho ascoltato finora è passata da queste parti. Ci sono album che meritano di essere quantomeno consigliati e ho pensato che sarebbe comodo riunirli in un unico post e dedicare loro qualche parola. Ecco il primo episodio di una serie che potrebbe diventare un genere di post piuttosto frequente in futuro. Forse. Non lo so nemmeno io.


Kim Carnie è un’artista scozzese che con il suo And So We Gather esordisce come solista dopo una carriera ricca di soddisfazioni come cantante in lingua gaelica. Il suo folk moderno e tradizionale allo stesso tempo mi hanno subito conquistato. Un album etereo e giovane.


Con A Miss / A Masterpiece, la cantautrice statunitense Sylvia Rose Novak, sceglie sonorità più rock rispetto al passato ma conserva il suo stile personale anche grazie ad una voce unica e riconoscibile. Un album che migliora ad ogni ascolto, forte e carico di sentimenti e passione.


Let There Be No Despair è il secondo album di Jess Jocoy che ascolto e posso dire che trovo davvero magica la sua voce e il modo di interpretare il country e l’americana. La sua è una voce soul prestata al folk e il risultato è qualcosa di unico e affascinante. Provare per credere.


The Sheepdogs sono una band canadese che ha appena pubblicato il loro settimo album. Io li ho scoperti di recente e mi piace il loro southern rock, un po’ vintage, che pesca anche dal country e dal folk americano. Questo Outta Sight è pieno di canzoni irresistibili che piaceranno sicuramente ai nostalgici degli anni ’70.


Elles Bailey con la sua voce black e il suo blues rock è giunta al suo terzo album intitolato Shining In The Half Light. La sua musica esce dalla mia comfort zone e ogni tanto bisogna provare a vedere cosa c’è fuori. Un album che si ascolta tutto d’un fiato, attratti dalla voce soul di questa artista.

Mi ritorni in mente, ep. 81

Riprendo questa rubrica, la quale è, per così dire, ferma dall’agosto dello scorso anno. Lo faccio per consigliare un album uscito a novembre intitolato Best Self. Dieci canzoni firmate dalla cantautrice americana Hayley Johnson ma presentate con il nome del suo progetto The Little Miss. Di lei avevo già ascoltato il precedente Pollyanna del 2017 che offriva una collezione di sue canzoni in una versione acustica e dalla produzione scarna, se non del tutto inesistente. Ma mi ha fatto apprezzare la voce unica e carismatica della Johnson.

Best Self ripropone alcune di quelle canzoni e ne aggiunge altre inedite, tutte accompagnate da una produzione più ricca e varia. Difficile definire lo stile di The Little Miss ma forse la definizione più corretta è quella della sua pagina Bandcamp: folksy nonsense. Il suo approccio è country e a volte malinconico come vuole la musica americana ma c’è sempre un ironia di fondo che le permette di spaziare verso sonorità indie. Un mix di stili ben riuscito. Non sapendo quale canzone scegliere tra le dieci, ho pensato bene di proporvi tutto l’album che merita un ascolto per intero.

Mi ritorni in mente, ep. 80

Tra le novità in arrivo dopo l’estate, e non sono poche, c’è stato spazio per una sorpresa. Jade Jackson e Aubrie Sellers, due dei nomi più in vista dell’alternative country al femminile, hanno deciso di unire le forze. Jackson+Sellers è il nome scelto per il nuovo progetto che vedrà compimento con l’album Breaking Point previsto per il 22 ottobre prossimo. Non avrei mai immaginato una collaborazione tra queste due cantautrici e soprattutto mai avrei potuto sperare in un album. Ma evidentemente questo 2021 non ha ancora finito con le sorprese.

Il primo singolo è una cover dell’originale di Julie Miller ed si intitola The Devil Is An Angel. Una versione molto più rock che riprende, ovviamente, le sonorità care alle due ragazze. Cos’altro aggiungere? Che mi piace e non vedo l’ora di mettere le mani sopra l’album. Non so se è lo stesso per voi ma questo è un po’ il tormentone della mia estate, altro che Mille e singoloni reggaeton (sposorizzati) che vanno tanto di moda e sono tutti uguali (per davvero, non tanto per dire). Forse sto invecchiando. Forse è meglio così…

Mi ritorni in mente, ep. 79

Al giorno d’oggi non è facile ascoltare nuove canzoni che si possano fischiettare sovrappensiero. Si dà il caso però che nell’ultimo EP della band canadese The Sheepdogs, ci sia una canzone che si presta benissimo a quanto sopra. Il titolo del disco è No Simple Thing (niente di più vero, sic) e raccoglie sei brani di questa band che fa del revival il suo punto di forza. Ci sono ottime canzoni all’interno, come ad esempio Rock And Roll (Ain’t No Simple Thing), oppure Talk It Over che invita a smettere di parlare per niente piuttosto che ascoltare e dialogare davvero. Poi c’è Jesse Please che è una trascinatane canzone d’amore nel perfetto stile di questa band.

Tra le altre spicca però Keep On Loving You. Una canzone fresca, orecchiabile e spensierata. E poi c’è quel motivetto che puoi fischiettare mentre stai facendo altro. Perfetta per l’estate, per questo momento dell’anno in cui stiamo facendo il conto alla rovescia verso le meritate vacanze. Ascoltatela qui sotto. Non mi assumo nessuna responsabilità in caso di dipendenza.

Those nights were long and filled with tears
Felt like disaster for a thousand years
And if you tell me that your love is true
I’m gonna keep on loving you

Sotto quei tatuaggi

Questo 2021 comincia a presentarsi, musicalmente, piuttosto interessante. Come qualcuno di voi saprà, quando sento parlare di album di debutto, la mia curiosità mi spinge a non farmelo scappare, spesso anche rischiando di uscire dalla mia comfort zone musicale. Non è esattamente il caso di Morgan Wade, dato che non mi sono poi tanto allontanato dai miei generi preferiti, ma la notizia del suo debutto, quel faccino un po’ imbronciato e tutti quei tatuaggi da cattiva ragazza mi hanno conquistato. Questa cantautrice americana aveva già pubblicato un album nel 2018 con la sua band The Stepbrothers e quindi Reckless si può considerare a tutti gli effetti il suo debutto solista. Di cos’altro avevo bisogno per decidermi a concedere una possibilità a questa ragazza? Di niente, direi.

Morgan Wade
Morgan Wade

Wilder Days apre il disco al suono della chitarra. La voce ruvida della Wade si prende subito il centro della scena con rock classico che racconta di un amore che non ha funzionato, “You said you hate the smell of cigarette smoke / You only use to smoke when you drank / When you lived in Chicago / Unsure where the wind blows / I wish I’d known you in your wilder days“. Con Matches And Metaphors si percepisce con più forza l’influenza della musica fine anni ’90 e inizio millennio. Una canzone riflessiva, accattivante e malinconica, “I sure like your sounds and if you were here / I’d love to get you high then lay down, I / Want you hanging around / I’ve been needing something good / Hey, baby, can I use you right now?“. Other Side risente delle influenze country che portano la Wade a guardarsi indietro e ripensare alla sua vita in modo sincero e profondo. Una delle canzoni che preferisco di questo album, “You knew my skin back before I had all these tattoos / You remember me on late nights strung out from pills and booze / We’ve had some bad times, baby, but we had some good times, too / You knew my skin back before I had all these tattoos“. La successiva Don’t Cry è una ballata rock che fa emergere l’anima di Morgan Wade. La voce graffiata e le chitarre che riempiono l’aria sono ingredienti che fanno sempre presa sull’ascoltatore, “Don’t cry, don’t cry, don’t cry / At some point, your hero must die / To escape the hands of time / It’s okay to not be alright, and / Let it go, let it go, let it go / Face the truth and bare your soul / Lose yourself and break your heart / It’s a beautiful thing to fall apart“. Mend è una canzone scritta prima che l’artista abbandonasse l’alcol, una canzone che sembra una disperata richiesta di aiuto, “Turn that car around / You don’t need to be leaving me now / Come to bed and I will shut my mouth / And I don’t know what’s wrong with me / But you came along and finally I see / The type of love I know I need / No words spoken, I’m so broken / I hope you can mend me“. Last Cigarette è un country che richiama influenze pop e rock. Anche qui la dipendenza è protagonista ma si parla d’amore, che forse fa male ma al quale è difficile rinunciare, “Tell me the truth: Is it over for you? / It isn’t for me, but I’ll say what you want me to say / Addiction is strong, I know it’s wrong / But I need that high, I ain’t gonna lie / Give me tonight. So I can be alright / I can hold your body and you can hold mine“. Take Me Away è un’altra ispirata ballata che mostra le fragilità che emergono dopo anni di lotta, sotto quell’aspetto così duro. Si sa che anche l’anima più rock sa sciogliersi quando si trasforma in musica, “I’m so good at rеsisting / Been putting up my best defensеs / But I am growing weak / Baby, baby, lay me down / Take the words out of my mouth / I’m too tired to speak“. La title track Reckless riassume lo spirito di questo album e il percorso affrontato della Wade nella sua vita. Un bel pezzo rock, non c’è altro da aggiungere, “Reckless, no headlights / Driving too fast down shadow lines / Reckless, hand in the fire / No one to love, while I’m walking on the wire / Reckless, all alone / My heart is broken on the side of the road / I could fix it if I hеad home / You ain’t here to drivе me / Reckless“. Northern Air è un a canzone malinconica molto ben scritta ed interpretata dalla spiccata personalità country. Morgan Wade riesce ad evocare ricordi ed emozioni con sorprendente talento, “So tell me / Tell me, how’s that northern air / And do you think of me when you’re all alone? / I could drive all night to be there / ‘Cause I don’t think that I could stand / One more night on my own / Won’t you bring yourself on home?“. L’album si chiude con un’altra ballata intitolata Met You. Una canzone d’amore sincera, dove gioia e dolore sembrano mescolarsi e confondersi, “And the streetlights, they might as well, burn and hold out / Ain’t nothing bright as you, ever step foot in this godforsaken town / You lied and you left, and I’m wonderin’ what the hell I should do? / I’d seen it all, or so I thought, until I met you“.

Reckless è un album che non ha bisogno di molti ascolti per lasciarsi apprezzare. Lo stile onesto e sincero di Morgan Wade cattura subito l’ascoltatore che entra velocemente in sintonia con lei grazie soprattutto a collaudate melodie rock e country. Sono questi i due generi che più caratterizzano la musica di questa cantautrice che fa rivivere certe sonorità di inizio millennio che, evidentemente, non sono ancora andate perdute. Il suo passato turbolento, legato all’abuso di alcol, influenza le tematiche di questo disco che vuole segnare un nuovo inizio, un ritorno alla sobrietà. Reckless è un ottimo esordio, un diamante grezzo, come si dice in questi casi, che solo il tempo e l’esperienza saprà raffinare.

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Lo chiamano destino ma non lo è

Questo 2020 sta giungendo, finalmente, alla sua fine. Non è ancora arrivato il momento, almeno per me, di tirare le somme di questo anno di musica. Ecco perché ne approfitto per recuperare qualche disco, uscito negli scorsi mesi ma che non ha trovato spazio in questo blog. Bad Luck della cantautrice americana Sylvia Rose Novak è uscito a maggio ed è stato nella mia wishlist per un po’ di tempo. Si tratta del suo quarto album ma rappresenta per lei una rinascita dal punto di vista musicale. Un rock americano sincero, guidato dalle chitarre che mi ha subito conquistato.

Sylvia Rose Novak
Sylvia Rose Novak

Si comincia con Dallas. Gli echi delle chitarre si fanno subito sentire ed introducono la Novak e la sua voce graffiata e sicura. Un bel rock dal ritmo lento al quale è impossibile resistere, “Somewhere east of Fresno / The sun began to rise / Casting shadows on our faces / Dancing diamonds in our eyes / The birds called out a warning / The pedal hit the floor / Just us against a hundred men / Or more“. I colori del southern rock prendono il largo con Little Sister. La Novak ci regala una melodia orecchiabile ma il tema è difficile, lo spaccio di droga al confine con il Messico, raccontato da una donna, “Little Sister, I don’t think I’m gonna make it / I’ve taken far too much to try and fake it / The desert’s quiet and cold / And every ounce I hold / Is gonna break it“. C’è una voglia di scappare da tutto e da tutti in South Of Boulder. Un rock veloce dove la voce della Novak rincorre le note in un desiderio di fuga. Una delle canzoni più trascinanti di questo album, “And you can race the trains from here to Arizona / You can run the rivers to the coast / You can try to find some peace out in Sedona / From the places you have come to fear the most / From the places you have come to fear the most“. Dry affronta temi come l’alcol e la salute mentale. Un brano ruvido e sincero, dalle tinte scure e solcato dalle chitarre che graffiano l’aria. Un altra gran bella canzone rock, “I hear the hollow whisper and / The talk all over town / But if there’s cowardice in compromise / I’ll lay my armor down / There’s a reason that I’m here / Could someone tell me why I came? / Trading nickels in for numbers / Trading number in for names“. Spazio alla melodia con Arkansas che richiama il country, non solo nelle sonorità ma anche nella forma. Una storia fuorilegge fatta di violenza e pistole, “You can damn your youth and waste your life / Have a couple babies, be a real good wife / Or you can fire two rounds / Before they draw / Either way you’ll die in Arkansas“. Florwers Of The Fortunate è un rock veloce che celebra la vita e le sue difficoltà. Un altro brano che si lascia ascoltare volentieri ed entra subito in testa, “It’s a dizzy dance, this second chance / But you say you’re just a victim of circumstance / Caught between could’ve been and could be / Paralyzed by should’ve been and should be / One hand on the throttle and one foot in the grave / Just another soul to save“. Dirty è una ballata rock che si ispira alla storia di una senzatetto di Nashville incontrata dalla stessa Novak. Una delle canzoni che più mi piacciono di questo album, per quella rabbia che la pervade, “When you’re destitute and desperate, it’s easy to steal / When you’ve run out of cards, it’s easy to deal / You’re backed by your badge / But it doesn’t seem real / Anymore“. C’è rabbia e voglia di riscatto anche in Shadow. Testo autobiografico, segnato dai sensi di colpa e dalle difficoltà del mondo della musica. Sylvia Rose Novak qui si lascia trasportare dai sentimenti, “I’m just a shadow of a ghost of a person that you thought you knew / Just a fraction of the fiction that you wrote my life into / If in the attic of your mind you find / A photograph or two / They’re of a shadow of a ghost of a person that you thought you knew“. Wating On October è una ballata dal gusto country, malinconica e disperata. La Novak qui ci incanta con la voce, dura ma capace di tratteggiare immagini vivide, “I stay waiting on October / On a chill / That blankets time and makes the air stand still / Where the cotton fields catch fire / As the sun burns down the day / No gold can stay / We fade away / We fade away“. Si chiude con la title track Bad Luck, nel quale la Novak sfodera un rock deciso e made in USA. Una canzone ispirata dal disturbo ossessivo compulsivo di Warren Zevon di cui soffre la stessa Novak, “Wake up, baby, you’re talking in your sleep / Of shoes and ships and ceiling wax / And wolves among the sheep / You’re running from the future / You’re hiding from the past / At least we know these nightmares / Don’t last“.

Bad Luck è un album che ti cattura fin dal primo minuto, composto da dieci canzoni che hanno quel buon sapore del rock americano che si fa sempre più fatica a trovare. In alcune canzoni mi ha ricordato Lilly Hiatt e ne sono contento. Si sente come un’urgenza nello scrivere e mettere in musica queste canzoni. Sylvia Rose Novak ha dalla sua l’esperienza, non solo artistica ma anche di vita, per affrontare argomenti delicati e difficili, senza apparire mai presuntuosa o banale. Insomma se volete dare un calcio a questo 2020 con un po’ di rock, Bad Luck è quello che fa per voi.

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