Non è la prima volta, e non sarà nemmeno l’ultima, che mi faccio attrarre dalla copertina di un album prima ancora che dal suo contenuto. Questa volta è casa dai muri gialli e il tetto blu scuro. Tutt’attorno un giardino rigoglioso, nel quale fiori e rampicanti fanno da cornice all’immagine di una ragazza vestita di bianco. Al primo piano, da una delle due finestre centrali, si affaccia un’anziana signora. Non è nient’altro che la fotografia della casa della nonna, un vecchio edificio scolastico, eppure sembra racchiudere una storia, un’istantanea di un giorno qualsiasi dalla simmetria perfetta. Questa è la copertina di Carvings, secondo album della cantautrice norvegese Juni Habel. Quasi non sarebbe stato necessario nemmeno ascoltare prima di acquistare. Dovevo assolutamente entrare in quella casa o quanto meno mettere piede in giardino per scoprire cosa aveva da raccontare la ragazza vestita di bianco.
Rhythm Of The Tides è quello che mi aspettavo. Un oscuro folk intimo e fatto della materia dei sogni, nel quale se ne coglie la tensione e la fragilità attraverso la voce della Habel. Il ricordo della sorella scomparsa rivive nella splendida Valiant scegliendo un folk moderno a due voci. Canzoni come Chicory e Little Twirl offrono sollievo e un momento di leggerezza. La Habel mostra il suo lato più luminoso, dove musica e parole si rincorrono, dove la voce diventa delicata ed evoca atmosfere nostalgiche. La semplicità e l’essenzialità ricercata da quest’artista si può apprezzare in I Went Out And Sought For Your Name che ripercorre i corridoi oscuri dell’anima. Dopotutto questa è la cifra stilistica di questo album come confermato dalla conclusiva e dolorosa I Carry You, My Love. Meno cupe e più luminose, ma non meno malinconiche, sono When We Awake e la delicata Drifting Pounds Of The Train che vanno a completare le otto canzoni di questo album, componendo un ritratto personale e profondo.
Se fosse un libro, invece di un album musicale, Carvings sarebbe un compendio su come scrivere canzoni folk contemporanee ma dall’anima senza tempo. Juni Habel incarna nel più completo dei modi il modello ideale della cantautrice folk del nostro tempo, sempre alla ricerca di un’essenzialità che va al di là della semplice estetica. L’obiettivo finale è quello di restituire un parte di sé, rendendo participi, per quanto possibile, gli ascoltatori. Seppure non mi piace fare confronti tra artisti diversi, non posso evitare di notare, ripescando dalla mia memoria musicale sempre più ampia, somiglianze con altre cantautrici, su tutte Aldous Harding per quanto riguarda i momenti più indie folk di questo Carvings e Rachel Sermanni nei brani più tradizionali e intimi. Juni Habel ci regala un album folk di pregevole fattura e di intensità rare, foriero di ottime sensazioni per chiunque ami questo genere musicale.