Non è bello ciò che è bello…

Si può dire quello che si vuole. Si possono scrivere fiumi di parole a riguardo. Si può dire che non è musica, che non è arte. Sì è vero, sono d’accordo. Sono il primo a non capire come questo genere di musica possa appassionare, emozionare o perfino divertire. Resta comunque il fatto che una cantante come Katy Perry rappresenta nel bene o nel male parte della proposta pop degli ultimi anni. La trovo più piacevole delle principali colleghe e concorrenti, leggasi Lady Gaga,Beyoncè, Rihanna e compagnia cantante. La prima è un opera d’arte moderna vivente della quale non compredo il significato. Il suo modo di porsi come la povera vittima del fardello della moda estrema è ridicolo. La sua musica provocatoria è solo un modo per attirare l’attenzione mediatica ed è priva di qualsiasi fondamento od obiettivo. Mi farò molti nemici dicendo che la trovo irritante e fuori misura. Beyoncè invece la ritengo più brava e capace anche se il suo genere non è il mio. Voce meravigliosa e potente ma ahimè il r’n’b proprio non lo digerisco. Non riesco ad apprezzarlo, forse perchè parte di una cultura che non è la mia. Lo stesso vale anche per Rihanna, anche se il suo essere necessariamente una bad girl è nauseante.

Katy Perry
Katy Perry

Katy Perry, contrariamente alle colleghe, l’ascolto volentieri, quando passa alla radio beninteso. Non ho mai ascoltato un suo album interamente ma dovrei forse farlo? Più di metà viene proposto sottoforma di singoli che puoi ascolatare ovunque, in televisione, alla radio, in Internet e in ascensore come diceva il buon Stipe. Katy Perry è roba da teenager nonostante lei non lo sia. Però tutti quei colori e mondi di plastica patinati, tutti quegli ammiccamenti innocenti a loro modo divertono proprio perchè palesemente finti. La sua musica è come un dolce ipercalorico in una dieta equilibrata e salutare. Fa male ma in fondo in fondo fa anche bene a piccole dosi. Anche l’aspetto del dolce ha la sua parte e Katy Perry ha anche quello. Sarà forse questo il motivo per il quale la preferisco alle altre? Forse. Non lo so ma è da ritenere probabile. E se anche fosse non vedo il problema. I cultori della musica ben suonata e ben interpretata intoneranno un vade retro e mentiranno dicendo di non conoscerla. Katy Perry è parte della musica del nostro tempo, quella che scala le classifiche, quella che fa notizia. Io sono il primo a sapere che la musica è ben altra cosa, sia quella fatta bene che quella fatta meno bene ma ogni tanto per la testa mi passa un chissenefrega a grandi lettere luminose che mi fa canticchiare una canzonetta delle sue. Non saranno belle canzoni ma come si dice: non è bello ciò che è bello me è bello ciò che piace. Katy Perry a quanto mi risulta piace e, chissenefrega, piace un po’ anche a me.

L’isola delle silhouette

La prima cosa che mi ha incuriosito riguardo a questo gruppo è la definizione che ne dava il sito ondarock.it. Li definiva come una band  che “aderisce con una certa precisione ai canoni del folk dei Duemila e, in particolare, degli ultimi anni“. Capire cosa intendesse il recensore è stato un buon motivo per ascoltarli. Il nome del gruppo è Mister And Mississippi  e si rifà ad un brano della tradizione americana ma i quattro ragazzi non hanno nulla di americano. Samgar Lemuël Jacobs (voce e percussioni), Maxime Barlag (voce e percussioni), Tom Broshuis (chitarra e tastiere) e Danny van Tiggele (chitarra e voce) sono tre ragazzi e una ragazza originari del Paesi Bassi. Non conosco l’olandese ma per quanto posso immaginare non deve essere una lingua particolarmente musicale. Se si aggiunge anche la volontà di raggiungere più pubblico possibile, ecco spiegato perchè i Mister And Mississippi cantano in inglese. In partria stanno risquotendo un ottimo successo e dato che questo è il loro album d’esordio, non potevo lasciarmi scappare l’opportunità di conoscere un gruppo che potrebbe regalarci molte soddisfazioni negli anni a venire.

Mister And Mississippi
Mister And Mississippi

Si comincia con la luminosa Follow The Sun che anticipa le sonorità folk distese, seguita dalla splendida Nemo Nobody. Incentrata sulla voce sussurrata della cantante Maxime Barlag, Nemo Nobody è una delle più belle canzoni dell’album capaci di emozionare. Tra queste c’è anche Calm, capace di realizzare l’intento espresso nel titolo. Chitarre, cori e ritmo in crescendo formano un paesaggio fantastico nel quale immergersi. Dopo queste due perle c’è un piccolo passo falso celato sotto il nome di See Me. L’intento era probabilmente quello di realizzare un brano pop un po’ mielenso ma l’inglese non proprio fluido e il testo un po’ banale riducono la canzone ad un tentativo andato a vuoto. Con la succesiva Same Room, Differen House i quattro ragazzi si riprendono. Per un attimo vi sembrerà che sia inavvertitamente partita una canzone dei Neutral Milk Hotel ma si scivola ben presto in altri territori. In questa canzone si potrà finalmente ascoltare un po’ di energia folk-rock con tanto di parapappa-papparà. Running ci riporta alle atmosfere iniziali dell’album convincendoci che una corsetta in questa stagione non sarebbe male. Ecco poi un’altra bella canzone che attinge a piene mani dalla tradizione francese. Sì, proprio francese come il titolo, Bon Vivant, lascia intuire. Atmosfere vintage e nostalgiche sono condensate in un minuto e mezzo di poesia. Six Feet Under è il brano più oscuro dell’album ma che sembra più uscire da una commedia nera piuttosto che da un horror anche se il finale potrebbe far pensare ad un film drammatico. Con Coloured In White, i Mister And Mississippi ci ripropongono la stessa ricetta a due voci che nulla dà e nulla toglie all’album. Nothern Sky è una bella canzone pop-folk dalle atmosfere tipiche del genere e a buon ragione scelta come singolo. Chiude Circulate, perfetta canzone finale che riassume le sensazioni dell’album, forse esagerando un po’ con la durata (oltre 6 minuti).

I Mister And Mississippi con questo album di debutto hanno saputo in qualche modo distinguersi dalle recenti proposte pop-folk o folk-rock qualsiasi cosa scriva ondarock.it. Questo gruppo mi dà la sensazione che in futuro possa raggiungere traguardi importanti, non solo in termini di successo ma anche artistici. I punti deboli, che possono essere smussati o quantomeno nascosti, sono principalmente due. Il primo è la tendenza ad affidarsi spesso al canto sussurrato della front-woman Maxime Barlag, che funziona sempre e mi piace tantissimo ma rischia di portarli sempre sulla stessa strada. Il secondo punto debole è la lingua inglese che non sempre è fluida, non nella pronuncia, della quale personalmente non me ne intendo, ma nella scrittura. Alcune frasi ha volte sono un po’ banali e scontate anche se funzionano comunque nelle canzoni. Detto questo i Mister And Mississippi rappresentano un giovene gruppo europeo da tenere d’occhio e dal futuro interessante.

Mi ritorni in mente, ep. 4

Tra le tante canzoni che amo dei Wintersleep questa Jaws Of Life è una di quelle che, non so per quale motivo, è rimasta per diverso tempo in un angolo. Inizialmente non mi piaceva ma poi l’ho riscoperta ed ora è una delle loro canzoni che preferisco. Conosciuti quasi per caso dopo il passaggio in tv del video di Weighty Ghost qualche anno fa, sono tutt’ora una tra le mie band preferite. Sicuramente la migliore tra quelle tipicamente indie-rock. Quello che amo di loro è la semplicità e sincerità della loro musica, non sono i classici “fighetti” indie che fanno di tutto per sembrare tormentati e bohemien. Sono capaci di fare canzoni allegre, tristi o cariche di rabbia ma tutte con un’onesta artistica invidiabile.E sono bravi. La voce di Paul Murphy è unica ma il cuore pulsante del gruppo è sicuramente il batterista Loel Campbell. Questa canzone è solo una piccola dimostrazione di quanto sia fondamentale Campbell nella musica dei Wintersleep. Jaws Of Life è tratta dal loro terzo album, il quale alterna momenti di energia pura, come questo, ad altri di puro distensione e poesia. Il loro ultimo album Hello Hum è un passo in una nuova direzione che inevitabilmente fa i conti con il passato. Nuove sonorità e ritmi non hanno intaccato questo straordinario gruppo che porta avanti quel sano indie-rock non corrotto dalle mode e dall’avvento di internet nella quale tutti si sentono un pò indie. Lunga vita ai Wintersleep!