Dalla prima volta che ascoltai Lungs dei Florence + The Machine sono passati tre anni, il turno di Ceremonials arrivò subito dopo. Sono passati quattro anni dall’uscita di quest’ultimo album e Florence Welch e il suo seguito sono tornati in grande stile. Questo How Big, How Blue, How Beautiful era molto atteso, soprattutto per scoprire quale direzione averebbe preso la sua musica. Dopo un periodo un po’ tormentato, Florence ha raccolto le idee e le ha riversate in questo album. Molti, io compreso, temevano che il terzo album della cantante inglese avesse come obiettivo quello di scalare le classifiche e far ballare la folla. Partendo dalla copertina, però, si può intuire che così non sarà. Florence ci guarda dritto negli occhi in modo enigmatico e in una posa poco spontanea. Sembra volerci dire qualcosa o è semplicemente un invito all’ascolto. Abbastanza per convincerci che dietro questa copertina c’è un album più profondo e sincero dei precedenti.
Apre il disco il potente indie rock di Ship To Wreck. Un sonno tormentato quello della Welch tra squali e orche ma con tutta l’intezione di uscirne. L’energia è quella dell’esordio ed è davvero bello poter tornare ad ascoltare la sua voce magnetica. Bentornati Florence + The Machine, “And oh my love remind me, what was it that I said? / I can’t help but pull the earth around me, to make my bed / And oh my love remind me, what was it that I did? / Did I drink too much? / Am I losing touch? / Did I build this ship to wreck?“. What Kind Of Man è il singolo di lancio e segna il passaggio da Ceremonials a questo album. Ancora tanto rock condito con l’epicità tipica del gruppo che però non si fa prendere la mano come è successo talvolta in passato. Un gran pezzo, “To let me dangle at a cruel angle / Oh my feet don’t touch the floor / Sometimes you’re half in and then you’re half out / But never close the door / What kind of man loves like this / What kind of man / What kind of man loves like this / What kind of man“. La successiva è la titletrack How Big, How Blue, How Beautiful dedicata al cielo di Los Angeles. Lo stile è quello di primi Florence + The Machine e il tempo sembra essersi fermato, archi e fiati riempiono l’aria e accompagnano la sempre straordinaria voce della Welch, “What are we gonna do? / We’ve opened the door, now it’s all coming through / Till we see it too / We’ve opened our eyes and it’s changing the view / Oh, what are we gonna do? / We’ve opened the door, now it’s all coming through / How big, how blue, how beautiful“. Queen Of Peace si apre con una bella melodia di fiati che si fonde con il consueto pop epico del gruppo. Un brano che distende i nervi e riempie i polmoni, cucito addosso alla voce e al carisma della Welch. Non si può chiedere di più, “Suddenly I’m overcome / Dissolving like the setting sun / Like a boat into oblivion / Cause you’re driving me away / Now you have me on the run / The damage is already done / Come on, is this what you want / Cause you’re driving me away“. Con i piedi per terra Various Storms & Saints ci riporta alla realtà. Un’evanescente ma calda ballata notturna resa dolce dalla voce della Welch che si mantiene al di sotto le consuete vette per non rompere l’atmosfera. Una prova di maturità, se mai ce ne fosse stato il bisogno, “But still you stumble, feet give way / Outside the world seems a violent place / But you had to have him, and so you did / Some things you let go in order to live / While all around you, the buildings sway / You sing it out loud, ‘who made us this way?’“. Delilah sembra riferirsi ai problemi con l’alcool che hanno colpito Florence Welch e che l’hanno trascinata in brutto momento. Questo album vuole testimoniare la sua rinascita, “It’s a different kind of danger / And the bells are ringing out / And I’m calling for my mother / As I pull the pillars down / It’s a different kind of danger / And my feet are spinning around / Never knew I was a dancer / ‘Till Delilah showed me how“. In Long & Lost la voce della Welch è delicata ma oscura. Le atmosfere sono fumose e indefinite, una canzone che mostra un altro lato della band, più intimo e meno roboante, “Is it too late to come on home? / Are all those bridges now old stone? / Is it too late to come on home? / Can the city forgive? I hear its sad song“. Caught è sulla stessa lunghezza ma è più viva e pulsante. Un’altra bella canzone che s’incastra perfettamente in questo album, che ci riporta ancora agli esordi dei Florence + The Machine, “And I’m caught / I forget all that I’ve been taught / I can’t keep calm, I can’t keep still / Pulled apart against my will“. Third Eye è un esplosione di energia, anche questa molto vicina al sound del debutto. Florence torna a sfoderare tutta la potenza della sua voce, lasciandosi trascinare dalla musica, corale e ricca. Una delle canzoni di questo album che mi ha ricordato perchè mi sono innamorato di questa band, “Hey, look up! / You don’t have to be a ghost, / Here amongst the living. / You are flesh and blood! / And you deserve to be loved and you deserve what you are given. / And oh, how much!“. Le acque si placano con St. Jude, “il santo patrono delle cause perse”, un brano d’atmosfera che sembra dispendersi nell’aria, tattenuto soltanto dalla voce sicura della Welch, “St. Jude, the patron saint of the lost causes / St. Jude, we were lost before she started / St. Jude, we lay in bed as she whipped around us / St. Jude, maybe I’ve always been more comfortable in chaos”. Chiude l’album Mother, dedicato a Madre Terra, energica e potente come sempre. Questa volta è il testo, più della musica e della voce, a rendere questa canzone perfetta per chiudere questo How Big, How Blue, How Beautiful, “Mother, make me / Make me a big tall tree / So I can shed my leaves and let it blow through me / Mother, make me / Make me a big grey cloud / So I can rain on you things I can’t say out loud“. Nell’edizione Deluxe compaiono altri tre brani: Hiding che ricalca quando sentito nel precedente Ceremonials, Make Up Your Mind che non avrebbe sfigurato affatto tra le undici titolari e Which Witch che invece sarebbe apparsa fuori contesto.
How Big, How Blue, How Beautiful è un gran bel ritorno. Florence Welch è tornata quell’artista carica di energia e potenza che abbiamo conosciuto in Lungs. Il successivo Ceremonials non è poi tanto lontano ma appariva più freddo impersonale. Questo nuovo lavoro non è un compromesso tra i due ma qualcosa nato più da un esigenza espressiva che per il semplice scopo di fare un album da classifica, che i Florence + The Machine hanno dimostrato di saper fare. Questo passo indietro dalle luci della ribalta, fa onore prima di tutto alla sua leader, che ha messo da parte i toni epici e barocchi, per scendere nel profondo della sua anima. Una lotta contro se stessa. Tutto questo senza rinunciare ad essere quella Florence che insieme a The Machine ha incantato il mondo con la sua straordinaria voce e carisma.