Non è rimasto niente per cui piangere

Quasi dieci anni fa ascoltavo per la prima volta la voce e la musica della cantautrice inglese Billie Marten. Da allora molto è cambiato intorno a noi ma le canzoni di questa artista sembrano rimaste sospese nel tempo. Album dopo album, Billie Marten, si è mossa sulla scena musicale con la sua consueta delicatezza e serenità proponendo sempre un folk genuino e sincero. Questa sua caratteristica è rimasta pressoché inalterata nel corso degli anni, arrivando fino ad oggi con l’album Drop Cherries, il quarto della sua carriera. A soli ventiquattro anni questa cantautrice ha saputo ritagliarsi il suo spazio all’interno del panorama indie folk, decisamente inflazionato negli ultimi anni, grazie al suo stile particolare e la coerenza che l’ha contraddistinta.

Billie-Marten
Billie-Marten

L’album si apre con la strumentale New Idea nella quale la voce della Marten è uno strumento aggiunto. Ritroviamo il canto e le parole nella bella God Above, una luminosa poesia folk arricchitta da archi e fiati. La successiva Just Us riporta a sonorità più consuete per quest’artista che ritroviamo poi anche in I Can’t Get My Head Around You, una canzone che parla d’amore con un piglio pop. Willow è un altro esempio della poetica della Marten, fatta di immagini famigliari e malinconiche. Acid Tooth rallenta ancora di più e ci fa apprezzare una Billie ancora più riflessiva, caratteristica che ritroviamo poi in Devil Swim in maniera più intima e sognante. I Bend To Him è un canzone scarna ed essenziale che si poggia quasi esclusivamente sulla fragile voce della cantautrice. Le sonorità luminose si possono tornare a sentire in Nothing But Mine per continuare in maniera più dolce e delicata in Arrows. Bille Marten non accelera e non rallenta mai, continua costante con il suo passo arrivando alla bella Tongue che si apre con le note di un pianoforte. Poesia e archi danno forma ad un piccolo gioiellino di semplicità e naturalezza. Il singolo This Is How We Move è tutto quello che ci si aspetta da questa cantautrice che chiude poi l’album con la title track, Drop Cherries. Una gentile riflessione sulla vita e sull’amore.

Drop Cherries è un album essenziale come i precedenti, che fa leva sui sentimenti e sulle nostre fragilità piuttosto che sulle melodie orecchiabili e ricchi accompagnamenti. Billie Marten ci offre così ben tredici brani, ognuno di essi non vive di vita propria, non c’è uno singolo che spicca sugli altri, tutti sono immersi in un’atmosfera distesa e malinconica. Non c’è tristezza ma la perenne ricerca di un equilibrio, di una pace interiore che nasce dalle piccole cose. Drop Cherries dimostra la costanza di Billie Marten nel proseguire per la sua strada, ricalcando all’infinito le sue sonorità ma trovando sempre ispirazione nella fasi della sua vita. Ascoltando quest’artista ci si ritrova sempre in uno stato di placida ammirazione per il suo genuino talento.

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Lascia che il vento ti riporti a casa

L’avventura delle First Aid Kit è iniziata nel 2008 quando le sorelle svedesi Johanna e Klara Söderberg hanno esordito con l’EP Drunken Trees. All’epoca la più giovane, Klara, aveva solo quindici anni. Nel 2012 è arrivata la consacrazione definitiva con The Lion’s Roar che ha permesso alle due ragazze di arrivare al loro quinto album di studio, Palomino, uscito all’inizio di questo mese. Le First Aid Kit sono note per la loro musica fortemente ispirata al folk americano ma negli anni hanno saputo trovare nuovi spunti, lasciandosi influenzare dal pop e dal rock. Per me questa coppia di artiste è una garanzia, ogni loro album è un acquisto a scatola chiusa. Questo non fa eccezione, fatto salvo che non ho resistito ad ascoltare i suoi singoli.

First Aid Kit
First Aid Kit

Out Of My Head apre l’album con la voce unica di Klara e ci riporta alla luminose e vitali melodie di Stay Gold. La scelta di aprire con una canzone che spazza il buio del suo predecessore non è casuale, “Stuck inside my dreaming / Falling behind / Running on low / Does it matter now? / Let me out, out of my mind / Out of my head, ooh, ooh, ooh / Out of my head, out of my mind“. L’amore, anche se non ricambiato, è l’ispirazione per Angel, un brano folk rock che esplode in un ritornello orecchiabile e liberatorio. C’è un’energia in questa canzone che dimostra tutta la voglia di tornare a fare musica con gioia, “All of this pain that I’ve kept concealed / Thought if I didn’t speak it, it wouldn’t be real / But sometimes, sometimes I feel I have to shout / At the top of my lungs and just let it out“. La successiva Ready To Run riprende le sonorità più vintage alle quali queste sorelle sono più affezionate e ci riporta ai loro brani migliori. L’atmosfera di questo brano è ancora coma di gioia e buoni sentimenti, “Did I disappoint you? / I’m pretty sure I did / You thought I was some kind of rock star / I was a nervous little kid / And I assumed you were someone I could lean myself upon / But with the blink of an eye, you were out the door, gone“. Turning Onto You è una ballata dalle stile americana che si affida alla voce di Klara per regalarci una canzone nostalgica. Inutile sottolineare l’affiatamento delle due sorelle, “Cause you got me hanging on / Like the words to my favorite song / Let the night turn into dawn / I’ll be turning onto you / Oh as time’s moving on / I’m asking you don’t keep me waiting too long“. Il basso guida le voci dolci di Klara e Johanna in Fallen Snow. Una canzone essenziale e ben equilibrata. Orecchiabile e con un ritmo irresistibile. Cosa chiedere di più? “When you think that I’m not watching / I can see a bleakness in your smile / I know all the depths you’ve gone to / To lift the sorrow from your eyes / Oh, was it worth your while?“. C’è ancora tanta nostalgia in Wild Horses II. Un viaggio fa da sfondo a questo brano, lento e accompagnato dalla musica di Gram Parsons e dei Rolling Stones, “We passed a canyon / We passed a fire brigade / Headed up the mountains / They set the woods ablaze and then we got hungry / Stopped at a diner / You flirted with the waitress / And I didn’t even care“. The Last One è una potente canzone d’amore che brilla luminosa, una canzone a due voci con un ritornello perfetto come sempre. Le First Aid Kit hanno ancora un tocco magico come il primo giorno, “When did I become a woman / Who waits, fevered, for a call? / I need a word from you, a touch, a feeling / Oh so desperate to feel anything at all“. Nobody Knows è una canzone elegante e misteriosa, accompagnata dal suono degli archi. L’esperimento di uscire dalla loro comfort zone è pienamente riuscito e non possiamo che goderci il risultato, “Caught in the rain with no protection / Biding my time with no sense of direction / That look in your eyes keeps getting stranger / Caught in the rain, helpless without you“. Segue A Feeling That Never Came è più in linea con lo stile classico delle First Aid Kit. La voce di Klara tratteggia una melodia sempre più ricca e irresistibile. Ancora una canzone solare e dolce che spazza via i cattivi pensieri, “It’s funny how it happened / How fast your world can change / It’s funny how you tricked me / And how you keep fooling yourself / It’s funny how I believed you then / When you said we all try our best / I loved you, I did, but I’ve put that notion to rest“. A seguire una ballata intitolata 29 Palms Highway. Le sonorità anni ’70 di cui sono innamorate queste due ragazze si fanno risentire anche qui, “I hold my arms out to you / I hold my arms out to you / I’m ready to listen / Are you coming through? / I hold my arms out / 29 Palms Highway / Stretches out in the desert sand“. Chiude l’album la title track Palomino. Una delle mie preferite di questo album. Il sound del southern rock si addolcisce con le voci angeliche delle sorelle. Il ritmo, la melodia e il ritornello orecchiabile creano qualcosa di meraviglioso. Da ascoltare, “Where you go my love goes, darling / I can hear the unknown road calling / So let the winds carry you home, my darling / For where I go your love goes, darling“.

Palomino segna un ritorno delle First Aid Kit che dimostrano di essere in grande forma e di aver trovato un sound più personale e maturo. Smessi i panni da ragazze, ore le sorelle Söderberg iniziano una nuova carriera come donne, più consapevoli del loro talento e di ciò che la loro arte può fare. Questo album chiude le porte alla malinconia del precedente Ruins e apre a nuove melodie, più luminose e leggere. Gli anni passano ma le First Aid Kit continuano il loro percorso artistico rimanendo sempre riconoscibili, regalandoci quel dolce mix di folk, pop e rock che però lascia intatta un’anima sincera. Palomino si candida come uno degli album più belli di questo anno che sta per finire, nonché uno dei ritorni più graditi ed attesi. Brave ragazze, anche questa volta avete fatto centro.

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Mi ritorni in mente, ep. 86

Questo mese è stato pubblicato l’album I Walked With You A Ways che segna il debutto del duo Planis, composto dalle cantautrici americane Jess Williamson e Katie Crutchfield. Questo album troverà sicuramente spazio su questo blog prossimamente perché oggi vorrei consigliare un altro album. Se Jess Williamson era già un nome di mia conoscenza, quello di Katie Crutchfield meno. In realtà vedendo le foto della coppia mi è sembrato di riconoscerla. Infatti si tratta di un’artista nota anche con il nome di Waxahatchee e il suo ultimo album, uscito nel 2020 s’intitola Saint Cloud.

Ho deciso quindi di recuperare questo album che ricordo fu ben accolto nonostante segni una svolta folk americana per questa cantautrice. Personalmente l’album mi è piaciuto fin dal primo ascolto, un ottimo mix di indie folk e indie rock, caratterizzato da melodie orecchiabili e una voce carismatica. Non è stato facile sceglierne una. L’invito è ascoltare tutto Saint Cloud. Non è mai troppo tardi per ascoltare della buona musica.

Meglio tardi che mai, ep. 1

Il caldo ha colpito anche questo mio blog e la voglia di ferie si fa sentire. Queste due cose messe insieme (oltre ad altri eventi che hanno messo sotto sopra la mia routine ma, non preoccupatevi, ora è tutto tornato alla normalità) hanno provocato qualche rallentamento nella regolare pubblicazione delle mie “recensioni”. Nei giorni scorsi ero ben intenzionato a recuperare, preparando un paio di post per le settimane successive ma è mi mancata la voglia. Sì, ogni tanto succede. Mi sono guardato indietro e ho pensato di fare un’operazione di “recupero”. Siamo a metà dell’anno e non tutta la musica che ho ascoltato finora è passata da queste parti. Ci sono album che meritano di essere quantomeno consigliati e ho pensato che sarebbe comodo riunirli in un unico post e dedicare loro qualche parola. Ecco il primo episodio di una serie che potrebbe diventare un genere di post piuttosto frequente in futuro. Forse. Non lo so nemmeno io.


Kim Carnie è un’artista scozzese che con il suo And So We Gather esordisce come solista dopo una carriera ricca di soddisfazioni come cantante in lingua gaelica. Il suo folk moderno e tradizionale allo stesso tempo mi hanno subito conquistato. Un album etereo e giovane.


Con A Miss / A Masterpiece, la cantautrice statunitense Sylvia Rose Novak, sceglie sonorità più rock rispetto al passato ma conserva il suo stile personale anche grazie ad una voce unica e riconoscibile. Un album che migliora ad ogni ascolto, forte e carico di sentimenti e passione.


Let There Be No Despair è il secondo album di Jess Jocoy che ascolto e posso dire che trovo davvero magica la sua voce e il modo di interpretare il country e l’americana. La sua è una voce soul prestata al folk e il risultato è qualcosa di unico e affascinante. Provare per credere.


The Sheepdogs sono una band canadese che ha appena pubblicato il loro settimo album. Io li ho scoperti di recente e mi piace il loro southern rock, un po’ vintage, che pesca anche dal country e dal folk americano. Questo Outta Sight è pieno di canzoni irresistibili che piaceranno sicuramente ai nostalgici degli anni ’70.


Elles Bailey con la sua voce black e il suo blues rock è giunta al suo terzo album intitolato Shining In The Half Light. La sua musica esce dalla mia comfort zone e ogni tanto bisogna provare a vedere cosa c’è fuori. Un album che si ascolta tutto d’un fiato, attratti dalla voce soul di questa artista.

Come il gelsomino la sera

Due anni fa, per mia fortuna, recuperai un album del 2019 intitolato Weather Beaten della cantautrice inglese Katie Spencer. Un debutto notevole che metteva in luce il suo talento, sia come musicista, sia come autrice. Quest’anno è uscito il suo seguito, dal titolo The Edge Of The Land. L’album è stato registrato in due giorni, dal vivo in studio ed è chiaro l’intento di restituire all’ascoltatore un’esperienza più sincera e vicina. La musica della Spencer non è immediata ma proprio per questo ha la capacità di svelarsi pian piano, ascolto dopo ascolto.

Katie Spencer
Katie Spencer

Take Your Time apre l’album, la chitarra acustica accompagna la voce morbida della Spencer che ci invita a prenderci tutto il tempo che ci serve. Ritroviamo con piacere le sonorità dell’esordio, “Seasons come, people grow / Wounds heal, so deep below / Take your time, take your time / Show me now, what surrender brings / Peace and solitude, some wondering / Take your time, take your time“. La title track The Edge Of The Land si dispiega su immagini che richiamano l’oceano, pennellando con le note e con la voce una canzone malinconica. Da ascoltare, “The passion fires of yesterday / Still burn bright and can’t be washed away / By the salt tide that ebbs and sways / Shapes our land into what we see today / At the edge of the land“. Segue Silence On The Hillside, una canzone dalle atmosfere rassicuranti e tranquille. Katie Spencer ha la capacità di trasportarci in un posto sicuro, con semplicità e sincerità, “Silence on the hillside / You know, it feels like night time / But the birds sing, and the sun shines / And it’s deserted down in the valley / People with family / Sharing quiet stories at home“. Roads è una canzone fatta di ricordi dolorosi che si rivelano sulle note pulite e riconoscibili della chitarra. Katie Spencer con poco riesce a fare molto, “I see you dancing in that confident way / Now I know, you were roaming around / In your infinite circle of doubt / And it all comes rolling back / Some of these memories have been kept hidden / Far off the beaten track / On the roads in my mind“. Bear’s Tune è un brano strumentale che troviamo a metà dell’album e ci fra apprezzare le doti di musicista di questa cantautrice insieme alla sua band. A seguire la bella Shannon Road che vive di nostalgia, di immagini di fine estate. La voce della Spencer è delicata, ci prende per mano come una vecchia amica, “Someone’s burning his old wardrobe on the green / And all the kids are laughing / Barefooted on the grass / And the cold is coming in, it’s september again / And the streetlights, they flicker on and off / On and off, on and off / It’s the shannon road silent disco“. Wormhole è una canzone di rinascita che trasmette sensazioni positive, che danno conforto. Tutto si allinea, musica e voce, in una splendida melodia, “Sadness is a teacher / Who we must come to know / He lets us know where we can go / Like the wind that bites my cheeks / Or like the jasmine in the evening / You make me strong, come the day“. Go Your Way è l’unica canzone non scritta dalla Spencer. Si tratta infatti di una cover dell’originale di Anne Briggs, riproposta in una forma meno tradizionale ma più nelle sue corde, “Friends and strangers bring stories / When asked where you have been / Magic stories they do tell to me / You go your way oh my love / You go your way oh my love“. Sweet And Gentle è un brano che lascia molto spazio alla musica che alle parole. Una canzone dalle atmosfere notturne e distese, che si illumina di speranza, “All my answers come to me / In the night time, so softly / Sweet and gentle, as the snow falls / So quietly“. L’album si conclude con Forevermore che si anima di amore e dolcezza, non senza una velata malinconia che risiede naturale nella voce di Katie, “Before you go, I wish you well with your travelling / May the darkness turn to light within / God only knows what’ll happen then / You don’t know whether you’re coming or going / Forevermore, forevermore“.

The Edge Of The Land è un album che segna l’ulteriore passo in avanti di Katie Spencer verso uno stile proprio e riconoscibile. La qualità di questo album è molto alta e per questo motivo non è un album sempre di facile ascolto. Niente melodie orecchiabili o ritornelli accattivanti, solo un lento e costante progredire di parole e musica. Katie Specer possiede la rara abilità di incantare chi ascolta e trasportarlo altrove, dando l’impressione di vedere e sentire cose che, noi comuni mortali, fatichiamo perfino a comprendere. The Edge Of The Land forse non è un album per tutti i gusti ma è un album di tutti, un luogo in cui ritrovarsi con sé stessi, un posto sicuro, senza sorprese.

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Abbiamo il resto delle nostre vite

Il nuovo anno ha portato con sé alcune novità che sono dei graditi ritorni di artisti da tempo silenti o che si facevano sentire saltuariamente con qualche singolo. Tra questi c’era Hattie Briggs, cantautrice inglese con alle spalle due album, l’ultimo dei quali del 2016. Ben sei anni dopo eccola ritornare sulle scene con il nuovo Half Me Half You che, fin dall’immagine in copertina, lasciava intravedere una svolta artistica che potrebbe rappresentare un nuovo inizio. Sono contento di poter riascoltare la voce e la musica di Hattie Briggs dopo tanto tempo.

Hattie Briggs
Hattie Briggs

Si comincia da Close Your Eyes che introduce le nuove sonorità, più moderne e rock rispetto a quelle folk che ne hanno caratterizzato le produzioni precedenti, “What you did in the past should not define / How you see yourself now / Don’t let your demons get you down / I can help you free your mind / If you will, if you will, if you will, yeah if you will / Look up, let go and forget what’s behind / Yeah you’ll see that we have, we have“. Half Happy invece ritorna al folk pop degli esordi ma il risultato è più maturo e illuminato dalla voce morbida ed educata di una Briggs che appare più sicura dei propri mezzi. La successiva Hey Love è invece una canzone più linea con un certo tipo di cantautorato moderno. Si sente maggiormente l’influenza pop che ne condiziona l’atmosfera energica e notturna, nella quale la voce della Briggs si trova perfettamente a suo agio, “Hey Love, don’t you take another step / Cos I know as you know that we can’t do this again / Hey Love, don’t you say another word / Cos you know as I know that we’re gonna both end up hurting / Hurting / Both end up hurting“. Don’t Cry Until It’s Over ci regala una Hattie Briggs capace di emozionare come ha già dimostrato di saper fare in passato. Una canzone accorata e commossa, che invita a non perdere mai la speranza, “Don’t cry until it’s over. / No need to paint my shoulders, / With the tear drops rolling down your face. / You jump to say it won’t work. / We make mistakes but we learn. / Believe me when I say it’s all okay. / Don’t cry until it’s over“. World On Wheels è un altro riuscito esempio di come quest’artista sappia scrivere canzoni sempre efficaci e ispirate. Le sonorità sono quelle tipiche del pop cantautorale inglese e si va sul sicuro. Lo stesso si può dire di The Mountain And Me, impreziosito dalla voce cristallina della Briggs. Un gioiellino posto a metà di questo album. Segue Who Knows nella quale troviamo un accompagnamento più scarno ma che sa fa risaltare il canto e le parole. Ancora una prova del suo talento, “I’ve been dreaming a long time, honey / About when we work this out / See I was never sold before, but / With you I never had any doubt / And I’m not leaving / I’m not leaving / Til I know / You’re safe here again“. Little Bit Broken è un’altra bella canzone dalla melodia e dal ritornello orecchiabili, cariche di belle sensazioni. Home’s With You fa leva sulla presa facile dei ritmi pop, rinnovando la volontà di provare nuove strade. Hattie Briggs ci da dimostrazione di quello che sa fare, bilanciando presente e passato, “Cos you’re my little bit of moonlight, / You’ll be dancing with me all night, / If I could take each day and live it over again, / When I’m with you I wouldn’t change anything“. So Far To Fall con la collaborazione di Joe Dolman mi ha incuriosito. Fin dalle prime note avevo la sensazione di averla già sentita. Avevo ragione ma non del tutto. Infatti la melodia sembra ricalcata su Share Your Heart della stessa Briggs e apparsa nel suo primo album. Non so se sia voluto o meno ma ben venga. In entrambi i casi è una delle canzoni più belle dell’album, “It’s hard to find somebody when you’re searching for yourself, / But you had me drawn in from the start. / It’s hard to say you feel something, so you say nothing. / Is silence keeping us apart?“. Lost & Found torna al pop orecchiabile e moderno. Un altro tentativo ben riuscito di cambiare e sperimentare. si chiude con Hero Boy, una canzone malinconica ma luminosa che addolcisce ulteriormente questo album.

Half Me Half You è un album che ci restituisce una Hattie Briggs in splendida forma che sembra voler ricominciare da zero. C’è quanto di buono aveva fatto sentire nei due dischi precedenti, aggiungendoci quelle sonorità nuove che ci aveva fatto assaggiare con i vari singoli pubblicati nel corso di questi sei anni. Half Me Half You è un vero passo in avanti che potrebbe aprire un futuro luminoso per quest’artista. Se prima ero contento del suo ritorno quest’anno, ora, una volta ascoltato l’album, lo sono doppiamente. Per me, che ho ritrovato la sua musica e per Hattie che pare voler riprendere il filo con la sua carriera, tornado con le sue canzoni e la sua splendida voce.

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Sotto un vecchio familiare bagliore

Il tempo vola. Sono passati quattro anni dall’ultimo album della cantautrice americana Erin Rae, Putting On Airs, e non me ne sono nemmeno accorto. Il nuovo Lighten Up apre, su questo blog, la nuova stagione. Si tratta infatti del primo album del 2022 che mi appresto ad ascoltare. Erin Rae è una cantautrice alla quale riservo sempre un posto speciale nella mia musica, una di quelle che mi ha regalato canzoni che non posso dimenticare. Questo suo terzo disco lo accolgo a braccia aperte, sapendo già che andrò incontro a splendide canzoni country folk dallo spirito contemporaneo ma legate alle melodie classiche di questo genere. A partire dalla copertina, dai colori e dal titolo, Lighten Up, promette molto bene.

Erin Rae
Erin Rae

Candy + Curry apre l’album con le consuete melodie di quest’artista. Un accompagnamento etereo fa da sfondo alla voce delicata della Rae. Una canzone che parla di solitudine, probabilmente legata al lockdown, “I’m pickin’ / Little purple violets from / Out in the side yard / I am learning wildflower recipes / I am practicing sun salutations / I am askin’ for / Right direction / On my knees“. Molto bella la successiva Can’t See Stars. Il desiderio di vedere le stelle nascoste dall’inquinamento luminoso, la volontà di tornare all’essenza delle cose. Una canzone nostalgica che vede la preziosa partecipazione di Kevin Morby, “Well, I ain’t seen stars in a million moons / ‘Cause of that light pollution / If they think of a solution I / Hope they let us know / So I drive out to that further place / Where there are no interruptions / Just me alone, just me beneath / An old familiar glow“. True Love’s Face è una canzone dai ritmi country pop, una canzone che parla d’amore. Erin Rae con la sua voce dolce la rende orecchiabile e leggera, “And I will know it when I see it / I will not turn it away / I won’t question everything / As I have done until today / I will know it when I see it / I will not turn it away / I won’t question everything / As I have done until today“. Non possono mancare le ballate malinconiche come Gonna Be Strange. Tutta la sensibilità di questa artista emerge ispirata da un addio e si sentono le sonorità degli esordi, “In this hallowed hallway before the big reveal / It’s heavy on my heart, the way that I was then / Is this how it’s always gonna have to feel? / Or will we ride out into the sun again / My friend / My friend“. Tra le canzoni che preferisco c’è California Belongs To You. La Rae traccia con la voce la melodia di una poesia misteriosa e triste. Tutto è in perfetta armonia e non si può chiedere di meglio, “Any mention of the coast / I think of you the most / Before shell or sea or sand / Before salty air or suntan / It was a year ago today / You were showing me the way / So I would not miss a thing / Where to eat or drink or play“. Cosmic Sigh è un’altra canzone splendida, poetica e sognante. Una canzone sfuggente e senza tempo, lontana dalle sonorità alla quale la Rae ci ha abituati, “But on the way, the sun / Day is dawning in the soul / And warms the melancholy / And come what may, she’s won / There’s no need to be afraid / With her illusions falling“. Un inno alle donne di oggi è Modern Woman. Una luminosa canzone dalle tinte pop folk che invita a riflettere. Erin Rae non sbaglia nemmeno in questa occasione, “Round up the old perceptions / Lay them on down / They’re only tellin’ stories and they’re / Gettin’ in the way right now / ‘Cause you can’t see the future / Can’t change the past / Come see a modern woman“. Drift Away è un’altra canzone malinconica che si affida alla melodiosa voce della Rae che sa come incantare l’ascoltatore, “How come time slowed down today? / Nothing getting in the way / I can not describe / Or put a finger on what changed / But dreams are coming true before my eyes / And I am tryin’ not to get into my head about it / Where you know they’ll go to die“. Segue Enemy, nella quale Erin torna nella sua dimensione più intima e confidenziale che solo lei sa esprimere. Ogni parola è quella giusta, ogni nota quella che serve, “Wait a minute / I’m gonna wise up / Gonna rise up to the occasion / Don’t turn away / I was just chasing my demons“. Mind-Heart è un brano che corre sulle note di una chitarra, lasciando che le parole emergano dal canto della Rae. Una canzone fragile e carica di sentimenti, “I had a vision of you / Comin’ to my rescue / You were not equipped to / But you did not know it / I had a heart in two / Funny dreams of what is true / Wanted to get close to you / But I could not show it“. Lighten Up And Try è una canzone d’amore e di speranza, una canzone leggera che lascia buone sensazioni come spesso capita con quest’artista, “What are you gonna do for love? / See a spark and just let it lie? / What are you gonna do for love? / Fan the flame, lighten up and try“. L’album si chiude con la bella Undone che si affida alla melodia e al canto per parlarci di un dolore che è difficile da mandare via, “I held a sword and a shield / A young defence and / Know it’s senseless / To hide a wound that don’t heal / It turns a burden / To heavy to wield“.

Lighten Up è un album che ci restituisce il meglio di Erin Rae. Dopo la svolta intrapresa con il precedente, qui si ritorna a fare affidamento alle sonorità che hanno caratterizzato il suo esordio. Ascoltare la musica di quest’artista è come trovare una voce amica che ci vuole rassicurare ma anche mettere in evidenza le difficoltà della vita. La voce della Rae è sempre educata e pulita, a volte angelica, ma le sue parole sono di questo mondo e fanno parte di ciascuno di noi. Lighten Up è un album molto bello e non era difficile prevederlo. Erin Rae è una certezza come poche altre e ancora una volta ha fatto centro. Le parole qui diventano superflue e lascio che la sua musica parli per lei.

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Non mi giudicate – 2021

L’anno è finito ed è arrivato il momento di provare a capire cosa è rimasto di questo 2021. Il mondo della musica ha subito gravi ripercussioni dovute all’epidemia ma la pubblicazione di album non ha subito rallentamenti (o così almeno mi è parso), complice anche l’impossibilità di fare concerti che ha spinto molti artisti a scrivere nuove canzoni piuttosto che starsene con le mani in mano in attesa di tempi migliori. Dal canto mio ho avuto modo di ascoltare numerosi album di debutto (come piace a me) ma ho notato che sono davvero pochi quelli di folk tradizionale, come se, per un genere di nicchia come questo, lo stop ai concerti abbia pesato di più. O semplicemente sono io che mi sono lasciato scappare qualche titolo che mi è passato sotto il naso. I freddi numeri dicono che sono 58 gli album usciti quest’anno e finiti dritti nella mia collezione. Come sempre qui cercherò di riportare gli album e gli artisti che hanno lasciato in qualche modo il segno in questo 2021, con l’inevitabile sensazione di aver escluso qualcuno. Ma tutte le novità di quest’anno, passate per questo blog le trovate qui: 2021.
Oltre alle solite categorie, ispirate ai premi NBA, ho aggiunto “Honourable Mention” per chi ha saputo coraggiosamente cambiare rispetto al passato e merita una “menzione d’onore”.

  • Most Valuable Player: Josienne Clarke
    Questa canatutrice ha deciso di chiudere con il passato e diventare del tutto indipendente. Il risultato è A Small Unknowable Thing, un album che racchiude il talento e l’anima di quest’artista sempre ispirata e prolifica.
    Il tempo è un grande guaritore
  • Most Valuable Album: In These Silent Days
    Se c’è un nome che ormai è una garanzia è quello di Brandi Carlile. Con questo album si conferma una cantautrice abile e sensibile, capace ancora di emozionare oggi come allora.
    Il proiettile d’argento
  • Best Pop Album: Californian Soil
    Il trio inglese dei London Grammar si rinnova rimanendo fedele al sound che li ha fatti diventare una delle promesse più scintillanti del pop alternativo. Questo potrebbe essere un nuovo inizio.
    In buone mani
  • Best Folk Album: The Eternal Rocks Beneath
    Il debutto di Katherine Priddy è senza dubbio il migliore degli album folk di quest’anno. La voce melodiosa e la scrittura sono eccezionali e lasciano intendere tutte le sue potenzialità.
    Le rocce eterne al di sotto di noi
  • Best Country Album: Ramble On
    Non sono pochi gli album country di quest’anno ma quello di Charlie Marie ha qualcosa in più. Un ottimo debutto dove trovare tutto il buono del country tradizionale e una scrittura brillante.
    Baciami gli stivali
  • Best Singer/Songwriter Album: Ignorance
    Scelta difficilissima ma che ricade su Tamara Lindeman, e il suo progetto The Weather Station. L’impegno ambientalista e sociale di questa cantautrice emergono in un album potente ed affascinante.
    Questo è lo scopo delle canzoni
  • Best Instrumental Album: Perséides
    Non potevo che premiare il breve ma riuscitissimo album di Cœur de pirate che, rimasta senza voce e sola al pianoforte traccia un mappa delle note che sono l’anima della sua musica.
    Sans voix
  • Rookie of the Year: Morgan Wade
    Il suo Reckless è un ottimo debutto e sin dai primi ascolti l’avevo già piazzato qui tra i migliori di quest’anno. Una cantautrice carismatica e dal passato turbolento, che ci regala un album sincero ed accattivante.
    Sotto quei tatuaggi
  • Sixth Player of the Year: Vincent Neil Emerson
    La sorpresa dell’anno va a lui al suo album omonimo. Questo cantautore combatte i suoi demoni con la musica e il risultato è un album profondamente country e diretto. Un astro nascente di questo genere musicale.
    Meglio imparare ad annegare
  • Defensive Player of the Year:  Cœur de pirate
    Ancora lei, Coeur de pirate, che con Impossible à aimer ripropone il suo pop malinconico mai scontato ma sempre orecchiabile e unico. Resta una delle cantautrici pop più riconoscibili e coraggiose della sua generazione.
    C’est parfait si l’on tremble
  • Most Improved Player: Danielle Lewis
    Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal nuovo corso di questa cantautrice gallese che con Dreaming In Slow Motion si rinnova e dimostra tutta la forza espressiva della sua voce.
    Sognare al rallentatore
  • Throwback Album of the Year: Prairie Love Letter
    Pochi dubbi riguardo questo album di Brennen Leigh. Una dichiarazione d’amore per la sua terra e la musica country. Un album che ho colpevolmente aspettato troppo ad ascoltare.
    Lettere d’amore alla prateria
  • Earworm of the Year: The Wild One
    Molte canzoni in questo anno mi sono entrate in testa con facilità e tra queste c’è The Wild One, cover nata dalla coppia Jackson+Sellers. Tutto l’album Breaking Point merita un ascolto.
    Punto di rottura
  • Best Extended Play: No Simple Thing
    Devo ammetterlo, gli Sheepdogs non hanno avuto molti concorrenti in questa categoria ma anche diversamente, la sola Keep On Loving You non poteva mancare in questa lista.
    Mi ritorni in mente, ep. 79
  • Honourable Mention: Tori Forsyth
    Ci sono grandi esclusi che non compaiono qui ma l’album Provlépseis è stato un riuscito cambio di rotta per questa cantautrice e non potevo non premiarla, per l’ottimo risultato.
    Sogni oscuri

Sognare al rallentatore

Tra gli artisti dei quali attendevo l’album di debutto c’è sicuramente il nome di Danielle Lewis, cantautrice gallese con alle spalle vari EP. Una delle sue caratteristiche principali è senza dubbio la voce meravigliosa, inizialmente al servizio di un folk melodico e poi di un folk pop dalle sonorità alternative. Questo Dreaming In Slow Motion ha iniziato a prendere forma già un paio di anni fa e i singoli che lo hanno anticipato lasciavano intravedere le sue atmosfere e le sue sonorità. A Danielle Lewis l’onore di chiudere un anno consigli di questo blog per il quale è arrivato il momento di tirare le somme.

Danielle Lewis
Danielle Lewis

Woman Like You ci apre al mondo etereo della Lewis. La voce ci avvolge e la musica riempie l’aria, attirandoci a sé. Delicatezza e forza si incontrano e lasciano il segno, “A place of kindness / Was your kingdom / A home with many to grow / You gave me strength, imagination / To a girl awaiting the world“. La title track Dreaming In Slow Motion è semplicemente meravigliosa. La voce è melodia pura e si apre verso spazi infiniti. Danielle Lewis mette in mostra tutte sue capacità, sia come scrittura che come canto. My Youth viaggia su leggere note folk pop, venate da un sentimento di malinconia. L’accompagnamento musicale è più ricco ma non nasconde la voce, “I was last seen at sea / Until you came over me / The lightning doesn’t strike / The same place twice / I will let my youth wash over you / If we don’t come through / I won’t make you / I won’t lose my youth“. Flower esprime un desiderio di rinascita, come un fiore che aspetta la primavera. Il canto della Lewis è musica ed incanta, “Light, leave me to grow / I can find my own way home / Glow, lay me to bloom / Embody me alone / I am a flower / I need the rain / Like moon the moves the water / I breathe in your air“. La successiva In My Sleep è tratteggiata sulle note di un pianoforte ma ancora una volta è la voce, qui particolarmente impalpabile, a fare la differenza, “I see a silhouette in dreams, in my sleep, / Guide me like I’m a fantasy, / Through the night, / Whispers in my mind in the silence / A presence by my side in the darkness / I’ve felt in my sleep“. Slow, Sad And Real è tra le mie preferite di questo album. Una canzone dal testo oscuro e affascinante che si apre in un ritornello meraviglioso, “I’m a warrior, a barrier / Stick to what I’m needing / Lose what I believe in / I’m an animal, a criminal / Tempted by the wrong things / Shut down by these feelings“. Temporary prosegue su sonorità eteree, esaltate dalla voce della Lewis. Non molto lontano dalle sonorità degli esordi, questa canzone è tra i momenti più alti di questo disco. Segue Life Of Worth che si libra leggera nell’aria grazie ad un ritornello che è un piacere per le orecchie. Qui musica e voce si fondono in perfetta armonia. Let Me Imagine è essenziale e il canto è musica. La voce della Lewis è pulita e sempre venata di una certa malinconia capace di dare un tratto unico alle sue canzoni. Help Me chiude l’album e lo fa con sonorità marcatamente più folk. Una ballata moderna e ispirata che ben s’addice alla voce di quest’artista.

Dreaming In Slow Motion è un ottimo debutto che rivela la capacità di Danielle Lewis di prendere ciò che c’era di buono nella sua produzione precedente e riproporlo in una chiave più moderna e personale. Al centro resta la melodia, incarnata dalla voce e intorno ad essa di dispiegano suoni a volte elettronici ed altre più acustici. In Dreaming In Slow Motion le traccie sono coerenti tra loro anche se frutto, probabilmente, di un lavoro durato più anni. Danielle Lewis debutta quindi con un disco più che convincente, ben al di sopra delle mie personali aspettative. Sono contento per lei ma anche per me, che mi scopro ancora capace di sorprendermi per un po’ di musica.

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Le nuvole corrono nel cielo

Questo autunno è stato davvero ricco di nuovi album e spero di riuscire a chiudere l’anno con pubblicando qui tutti i consigli che meritano un ascolto. Tra questi non può mancare Wonderful Oblivion delle sorelle australiane Mabel e Ivy Windred-Wornes, in arte Charm Of Finches. Il loro terzo album è uscito lo scorso ottobre ed ero sicuro che avrei trovato di nuovo le melodie e le voci cristalline del duo che già nell’ultima occasione aveva dimostrato una crescita significativa. In questa stagione (fredda e buia da in questo emisfero) non c’è niente di meglio che ascoltare questo folk oscuro e nuovo.

Charm Of Finches
Charm Of Finches

Concentrate On Breathing apre l’album con le voci delle sorelle unite in perfetta armonia. Una canzone eterea ed evocativa che ci invita a tornare all’essenziale e vivere appieno, ispirata dal lockdown, “Ooh, try to concentrate on breathing / And let your thoughts fall like water to the floor / When you put a name to what you’re seeing / Know that it’s all just the trick of the light / As simple as that“. Gravity è guidata da un accompagnamento scarno che sostiene le voci, qui tristemente ipnotiche. Una canzone con un testo molto intenso e toccante, “We all believed in a dream where she was alive and well / No one told us she was falling down then one day she fell / Couldn’t tell nobody in this whole damn world / Now we’re drunk on the floor watching it all unfurl“. La successiva Gravity si affida alle note del pianoforte per tessere una riflessione sul mondo di oggi e sul suo futuro. Tutto sembra cadere a pezzi e ci sembra di impazzire, “I watch the smoke form towers rising up to the heavens / The trees were screaming ashes as we wielded our weapons / Once the sky was blue / We could see a clear window view“. Pocket Of Stones è un’altra bella canzone dove le voci delle due sorelle ci spingono a liberarci di ciò che pesa sulla nostra vita. Una prova di scrittura davvero notevole, “Cast my memory back / Slowly draw in the net / Throw myself right into the current, will I float? / What a time we did have / When we weren’t thinking so hard / Well I guess it’s a comfort we’ve emptied our pockets of stones“. Con As A Child queste due ragazze, seppur molto giovani, hanno capito che il tempo dell’infanzia è finto. La magia e lo stupore di quegli hanno vanno dissolvendosi ma, a quanto sembra, sono rimasti impigliati in questa canzone, “When you’re a child / On a broomstick you might just fly up and away / And if you listen close / The wise old oak might have something to say“. Miranda è una ballata che racconta di una storia di gelosia. Una chitarra traccia la melodia e fa risaltare il canto. Qui si torna a sentire l’influenza delle First Aid Kit ed è perfetto così, “And on the lawn together you’d lie / And all the clouds scuttle across the sky / And you wonder if you should just, you wonder if you should just let it all pass you by / Oh Miranda, oh how hard, oh how hard you try“. Treading Water è una delicata canzone malinconica che racconta di un amore finito. La musica e le voce sono quasi impalpabili, “It’s now I remember all of the best times / Like when we camped under stars when we first met / We climbed a hill to those abandoned trams / Lay together underneath the pines and / Skinny-dipped in the river as the sun set“. Goodnight è ispirata dalla perdita di una persona cara. Una riflessione profonda sull’inevitabilità di questi eventi, scritta con talento e sensibilità, “I came home one Wednesday afternoon / It was a long day and I’d said goodbye to you / Now every piece of me is aching for that touch, / Aching for that love, / Aching for that heart to beat“. Canyon è ispirata ad un sogno e questo si può sentire nella sua leggerezza. Questa è una delle canzoni meno oscure dell’album nel quale apprezzare ancora la sintonia tra le due sorelle,”I had a dream snow was all I could see / A woman took me way up to the mountains / She wanted to show me just how far I could go / Before my lungs were at risk of exploding“. Un breve intermezzo intitolato Into The Well apre alla title track Wonderful Oblivion che chiude l’album. Una canzone affascinante e riflessiva. Dove andremo quando arriverà la nostra ora? “And when it’s our time / We’ll fade into the light / Maybe upwards or some other direction / Reaching heaven or hell / Or back into the well of wonderful oblivion“.

Wonderful Oblivion è la dimostrazione che la strada intrapresa dalle Charm Of Finches comincia a dare i suoi frutti. In modo particolare la scrittura delle due sorelle appare più matura e consapevole. Ogni canzone è ispirata e ricca di immagini, a volte vaghe e a volte più nitide, ma sempre lucide. Il passaggio all’età adulta è uno dei temi principali di questo album e lo specchio di ciò è nei testi di ciascuna canzone. Il vero grande passo in avanti fatto con questo album sta proprio nella scrittura e nella naturale sintonia che intercorre tra le due artiste. Wonderful Oblivion è la riprova del talento delle sorelle Windred-Wornes che ci regalano un ottimo album, tra i migliori di questo anno che sta per finire.

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