In occasione dell’uscita del singolo Our Eyes, non ho mancato di riportare tra le pagine di questo blog le mie perplessità riguardo il nuovo corso intrapreso dalla cantautrice inglese Lucy Rose. Sono passati mesi e nel frattempo ho avuto modo di ascoltare anche altri brani estratti da questo Work It Out. Un po’ alla volta, Lucy mi ha convinto ad ascoltare per intero il suo nuovo album, il quale ha avuto una gestazione piuttosto lunga. Sono passati tre anni dall’esordio intitolato Like I Used To e molte cose sono cambiate nella musica della giovane cantautrice. Se il primo album dondolava tra pop e folk cantautorale, questa volta Lucy Rose Parton ha virato decisamente verso un pop giovane ed colorato. Ho messo da parte un po’ di dubbi rigurdo al nuovo sound e mi sono buttato nell’ascolto di Work It Out. I primi ascolti ascolti sembravano darmi ragione ma con il tempo ho saputo apprezzare meglio il suo nuovo album.
Apre For You che ci accompagna verso la nuova musica di Lucy. Lo fa senza un confine netto con il precedente album ma con un sfumatura che si estenda lungo tutta la canzone, fino ad esplodere in quello che è suo il sound portante, “We walked too fast to see everything that’s close to us / We hold, dear / I’ll kiss you goodbye when you are safe from harm / And I know you are here“. Il singolo Our Eyes che all’epoca della sua pubblicazione aveva sollevato qualche mia perplessità, ha saputo, con il crescere degli ascolti, conquistarsi l’attenzione all’interno dell’album. Il ritornello è orecchiabile e fresco ma forse non è abbastanza, “Our eyes stuck looking at / Our eyes are making out / We’re not made for this / Fighting love / Our eyes stuck looking at / Our eyes are making out / We’re too close to be out of touch!“. Like An Arrow è la canzone che mi ha convinto più di tutte ad ascoltare album. Nonostante sia marcatamente pop, conserva molto di quella Lucy Rose che fu. Una piacevolissima canzone rilassante e perfetta per l’estate, “We took our chance / And we flew / Like an arrow, like an arrow / We came to our sense to soar / Like an arrow, like an arrow“. La successiva Nebraska è da mettere tra le più belle dell’album. La voce della Rose è sottile e dolce. Una canzone che non brilla per la sua originalità ma è senza dubbio una delle piu sentite interprezioni tra queste nuove canzoni, molto probabilente frutto di un momento particolarmente ispirato, “And I’m walking on thin ice / To find who I really am / And I’m staring at my feet / I left my heart in this land“. Köln è veloce e ritmata, per certi versi allegra. Ancora una canzone che funziona bene ma la sensazione riamane la stessa. Lucy Rose può fare più di così, “And you wake up broke but you feel just fine, too young to / Know what happens inside / And you hear the thoughts that you shut outside, looking for / Something you may not find“. Shelter è più oscura delle precedenti ma a ben gurdare non tanto diversa. Forse a questo punto dell’album comincia ad essere un problema, siamo a metà e la muscia sembra andare a senso unico, nonostante gli sforzi della Rose. In My Life si ritorna ad una musica più scarna e genuina. Tutto ci guadagna e Lucy ritrova la dolcezza e la leggerezza che la sua voce sa trasmettere. Questa sembra poter essere la strada giusta, “This is my life / And I give it all to you / My only life / And it’s written down here for you“. Fly High è un breve interludio che nulla aggiunge, se non qualche secondo di arzigogoli elettronici. Till The End è davvero ben riuscita. Qui la Rose riesce a sfruttare al meglio questa sua svolta pop con ritmi e atmosfere solari e danzerecce, “And I want to believe / That I will keep fighting till the end / And I should have believed / That you were much more than just a friend, a friend“. Cover Up è una canzone già ascoltata un anno fa e oggi come allora mi piace ma non mi convince appieno. Il ritmi, che definirei asiatici, sono un tocco originale ma l’insieme riusulta un po’ pesante. Una ricerca di qualcosa che sembra sfuggire di mano alla brava Lucy Rose, “I don’t know why but something makes me wanna stay all night / And I’m gonna leave when I have seen the first of morning light / To lose myself I turn it up / Turn it up, turn it up. I turn it up“. She’ll Move è un condensato dell’album. Ritmi elettronici insistenti e artefatti, rendono l’ascolto piatto e scontato. Senza dubbio la canzone meno riuscita di questo album, “The way you had her there / Not knowing if she had a chance / The way you / The way you / The way you watched her go / Just looking for a place like home“. La titletrack Work It Out, spiace scriverlo, è l’ennesima canzone che non lascia traccia. La voce debole e sommessa della cantautrice non giova al brano, che non decolla mai e nemmeno prova a farlo, “Stay up / If I was to be afraid / Would you wait up / If I was to feel alone?“. Un piccolo riscatto arriva con l’ultima Into The Wild. Lucy Rose torna ha cantare con la sua chitarra e incanta con la sua voce. Perchè ci hai fatto aspettare tanto, Lucy? Bentornata, “And we both know things will change / Move on and just let go / Cause we both know how the story ends / You came running down with your hair looking wild / Something I haven’t seen in a while“. L’edizione deluxe aggiunge altre quattro canzoni, tre delle quali non si discostano di una virgola da quanto sentito finora ovvero Sheffield, I Tried e Like That. Degna di nota è Lone Ranger. Lucy Rose sfrutta la sua voce per creare un contrasto con la musica pulsante, che caratterizza l’album.
La prima sensazione che ho avuto ascoltando Work It Out è quella di una Lucy Rose sola davanti al computer o chissa quale altro aggeggio elettronico. Niente band. Sola con un po’ di suoni campionati e racchiusi in un sintetizzatore. Questo è, in sintesi, l’aspetto esteriore di questo album. Lucy Rose sembra divertirsi ad aggiungere suoni alle sue canzoni ma è dove ce ne sono meno che viene fuori il suo talento. Non riesce ad emergere in quel marasma di pulsazioni che lei stessa ha creato. Le atmosefere sono fresce e vive ma se protratte per buona parte della durata dell’album finiscono per diventare fredde e ripetitive. Lucy Rose c’è ma è nascosta da qualche parte. Non è affatto un album cattivo, il suo, ma poteva essere gestito meglio in alcune scelte. Ci sono ottimi spunti per continuare sulla strada del pop, che Lucy Rose sembra voler prendere, ma sono in inferiorità. Se prese una ad una queste canzoni rappresentano un pop di ottima fattura ma nel loro insieme risultano un po’ pesanti. Per me che ho apprezzato di Lucy Rose canzoni come Night Bus, questo album ha rappresentato qualcosa di inatteso. A tratti mi ha divertito e in altri mi ha lasciato indifferente. Spero che Lucy sappia trovare un equilibrio tra il suo passato e il suo presente affinchè il suo talento non anneghi in pop qualunque.