Mi ritorni in mente, ep. 46

È tempo di vacanze e tutti i miei buoni propositi di scrivere una recensione cadono nel vuoto e si sciolgono nel caldo d’agosto. Le vacanze sono vacanze dopotutto e anche questo blog, o meglio il suo autore, si prendono una pausa. Ma questo è il momento più adatto per affondare le mani negli album che ho accumulato in queste settimane e prepararmi per i per i prossimi post in vista di un autunno ricco di nuova musica. Quando arrivano le vacanze mi viene sempre in mente una vecchia canzone dei R.E.M., Permanent Vacation. Una canzone che risale ai primissimi esordi del gruppo americano, non certo una delle migliori ma è una di quelle rarità sempre interessanti. Quale occasione migliore per ascoltarla ancora una volta e cantarla durante queste vacanze?

I’m on a permanent vacation
Nothing left to move
I want a revelation
Nothing left to prove
I could take it with me
Leave you all behind
I got some kind of feeling
Burnin’ on my mind

Sleeping late in the morning
Stay out all night long
Every day is like the one before
I’m going wrong

Mezza dozzina

Sei anni. Sono di nuovo qui, su questo blog, dopo sei anni esatti dal primo post. Lo scorso anno è stato un anno nel quale ho ascoltato davvero tanta musica, lasciandomi trasportare dalle sensazioni del momento, senza badare troppo al genere o dalla popolarità dell’artista. È stato anche un anno su Twitter che mi ha permesso di non perdere nessuna nuova uscita e fare nuove conoscenze. Il 2016 però è stato anche l’anno nel quale ho fatto più fatica a tenere aggiornato questo blog. Credo di non aver saltato neanche un weekend, anzi ho pubblicato spesso anche a metà settimana, ma è stato più impegnativo che in passato. Un po’ a causa di qualche impegno di lavoro e a volte anche per una semplice questione di voglia. Ho pensato, ma perchè non ascolto musica semplicemente senza doverne scrivere? Non conosco la risposta ma mi piace farlo e, anche se ci sono momenti nei quali vorrei mollare tutto, ho intenzione di continuare. Ma vediamo un po’ quali sono le curiosità statistiche di questi sei anni.

Il post più visto è La Tartaruga non ci può aiutare, uno dei primi post nel quale scrivevo di It il capolavoro di Stephen King. Buffo come un blog che tratta soprattutto di musica abbia come post più visto uno su un libro! Al secondo posto c’è una recensione recente, Fuori legge, dell’album From The Stillhouse dei Murder Murder. È il post di musica più visto, con grande distacco dal primo in classifica. Il terzo posto spetta a Mal di cuore altra recensione dell’EP Singing & Silence di Rorie, anche questa pubblicata lo scorso anno.
Tra i temini di ricerca più usati per arrivare a questo blog, il più ricercato è “lana del rey“. Seguono “amy macdonald” e “wintersleep hello hum“. Ma la Tartaruga di Stephen King in tutte le sue varianti è la più ricercata.

Ma ci sono alcune ricerche piuttosto divertenti. Qualche esempio? “dove posso scaricare l’ultimo album di amy macdonald 2012” è la classica domada diretta a Mr Google. Non è chiaro avesse intenzioni piratesche o meno. C’è chi è più chiaro in merito: “dove si compra life in a beautiful light“. La curiosa “voglio ascoltare tutte le canzoni che a cantato peter buck“, che oltre a contenere un errore grammaticale, è anche piuttosto vaga. Caro amico, insieme ai R.E.M., Peter Buck non cantava ma da solista ne ha fatto un po’. Quante di preciso non ne ho idea. Ma qualcuno ha ancora dei dubbi, “peter buck canta“. Poi c’è chi cerca canzoni di seconda mano: “aurora aksnes canzone usata“. Quest’altra è un po’ vaga ma efficace, “cantante rossa inglese“. Sarà Florence Welch? Poi c’è l’interessante: “parole che escono da sole“. Non me ne viene in mente nessuna. Tutte in coppia. Una disperata: “believe la cantaurtice di believe“. Mi dispiace ma non la so. Anche io ho fatto una richerca del genere una volta: “quale era la canzone che faceva mmmm mmh mmh“. Questa la so, è Mmm Mmm Mmm Mmm dei Crush Test Dummies. Un po’ confusa la ricerca di: “coeur de pirate la canzone francese con i tatuaggi“. Una canzone con i tatuaggi? Non so come ma anche una ricerca come questa: “come s’intitola la canzone di oggi del stacchetto delle veline” ha portato al mio blog. Non avrà trovato quello che cercava. Il dubbioso: “battute nonsense fanno ridere?“. Dipende, tu ridi? In cerca di conferme chi ha cercato, “l’indie rock sta diventando mainstream“. Problemi con l’inglese: “vorrei ascoltare a month of sathurdei dei r e m” oppure “canzone rem con parole streig wuo oh“, “ho sentito una cazone ritornello fa est see you est see mi” ma peggio chi li ha con l’italiano, “cuando cina avuto 500 milioni di abitanti“. Quest’ultima è una ricerca sensata per il mio blog. Davvero. A voi scoprire il post in cui ne parlo. Una radio con solo Florence + The Machine? Possibile, “in che radio posso ascoltare florence?” ma non a tutti piacerebbe, infatti: “florence welch non mi piace“. Ho letto un paio di libri sui R.E.M. e so quasi tutto su di loro ma questa mi mancava: “rem my losing religion la cantano dei preti“. Addirittura si entra nel mistero, “antichi sacerdoti di culto che cantavano rem my religion“. Qualcuno accusa di plagio Amy Macdonald ma non è sicuro di chi sia la canzone originale, “chi  ha cantato  e suonato per primo ‘life in a beautiful light’ ?“. Ma anche Lovecraft non la racconta giusta: “lovecraft non si è inventato niente“. Qualcun’altro ha le idee ben chiare su cosa cercare: “agnes obel sexy“. Giuro che non so nulla di quello che succede lì dentro: “la camera da letto di miley cyrus“, si insiste: “immagini o famo strano“. Spero sempre che ognuno trovi ciò che cerca, perchè questa è difficile: “per radio circola una canzone tipo scozzese“. Questa poi è ancora più difficile, “ultimamente sento una canzone dei rem“. Fantasie su Lana Del Rey: “lana del rey dorata“, fammi sapere quando trovi qualcosa, anche se ormai lo sanno tutti che “lana del rey rifatta“. Ma soprattutto: “a quanto pagano la lana quest’anno“? Qualcuno chiede una “descrizione oggettiva di dracula“, una fotografia sarebbe l’ideale. Anzi no, i vampiri non vengono nelle foto. Probabilmente la stessa persona ci ha riprovato per un’altra strada: “descrizione oggettiva di un morto“! Questa non l’ho capita: “осенняя фотосессия в парке идеи“. Non è facile ma c’è chi ci riesce: “mi distinguo dalla massa“. “qualcuno conosce la tv marchio obell?“, no mi dispiace. C’è ne anche per Anna Calvi: “anna calvi cosa vuol fare capire con la canzone eliza“, saranno anche affari suoi. Strani personaggi si affacciano in questo blog: “come far venire dal passato. una antenata“. Personaggi anche piuttosto confusi, ““in francese” titolo canzone donna “anno fa” paradise” ma sempre determinati: “canta una canzone in inglese stando seduta“. I London Grammar non piacciono a tutti, c’è chi sa fare di meglio: “la versione bella della canzone hey now dei london grammar“.

Spero abbiate trovato divertente questo “approfondimento” sui termini di ricerca che hanno condotto qui i visitatori in questi sei anni. Per quest’anno prevedo un’interessamento maggiore da parte mia alla musica folk anglosassone e al country americano. Non mancherò le nuove uscite di vecchie conoscenze ma soprattutto non mi darò limiti per quanto rigurda generi e stili. Un altro anno di blog ha inizio e spero, come sempre, di riuscire a tenerlo aggiornato regolarmente. Ne approfitto per condividere il nuovo singolo della band inglese To Kill A King intitolato The Problem Of Evil

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Dopo festival

Esistono due categorie di italiani: quelli che ammettono di guardare Sanremo e i bugiardi. Non nascondo di aver sempre seguito il festival di Sanremo sin da quando ne ho memoria, anche se ammetto di non essere arrivato in fondo a nessuna puntata. Anche quest’anno, insieme al canone da pagare, arriva puntuale  il festival della canzone italiana e colgo l’occasione per buttare giù qualche pensiero sulla musica italiana e del perchè non ne scrivo mai su questo blog.

Sanremo è uno dei pochi programmi in televisione nel quale si può ascoltare musica dal vivo, che ci piaccia o no. Per me gurdare il festival significa provare a sentire se c’è qualcosa di interessante. Non mi interessa lo show, i comici forzatamente inseriti in un contesto che non è il loro, le interminabili interviste scontate a questo e quello, io voglio solo ascoltare musica che sia quella dei concorrenti o degli ospiti. Non voglio essere cattivo nei confronti del festival, come lo sono in molti che criticano sempre ma intanto lo guardano (e poi mentono), non ce l’ho nemmeno con Conti che ha evitato in questi due anni le prediche alla Fazio/Bonolis e la confusione di altri noti predecessori. Quest’anno ha anche avuto (lui o chi per lui) l’idea di inserire nel cast la bravissima Virginia Raffele che ha strappato sane risate. Ma torniamo alla musica. Come sempre faccio fatica a trovare qualcosa che mi piaccia davvero. Qualcosa che mi spinga ad ascoltare l’album di quell’artista. Per fortuna ci sono i mitici Elio e Le Storie Tese, l’unico gruppo italiano lì in mezzo alla mia musica. Forse non hanno più lo smalto dei tempi d’oro (anche se non sono d’accordo) ma come tutte le grandi band sanno andare avanti di mestiere dimostrandolo anche quest’anno con Vincere L’Odio. Geniale l’idea di fare solo ritornelli (linfa vitale delle canzoni sanremesi) e cambiare melodia e ritmo in continuamente come solo loro sanno fare. Gli Elii, ha differenza di tanti artisti italiani, danno un’importanza di primo piano alla musica e non la declassano a mero accompagnamento al canto. Proprio questo è il punto. Non noto differenze musicali tra gli artisiti, soprattutto i più giovani. Sembra che oggi sia di moda alzare la voce e non cantare, metterla in mostra piuttosto che usarla dare un messaggio, emozionare o divertire. Forse è tutta colpa dell’orchestra, spesso e volentieri inserita forzatamente solo perchè c’è. Forse è colpa dei talent show nei quali i giovani devono dimostrare di avere talento, quando basterebbe avere un po’ di sensibilità e mestire di cui sopra. Invece stiamo per essere invasi da un esercito di cloni in balia del momento, sempre indecisi sulla strada da prendere. Ad esempio ad Annalisa Scarrone non manca nulla, bella presenza e bella voce, eppure non mi convince. Così come non mi convicono i testi che troppo spesso si incartano con giri di parole ad effetto ma che a ben guardare non significano nulla. Lasciamo perdere i rapper nostrani che ultimamente nascono come funghi, l’uno uguale all’altro e paradossalmente uno peggio dell’altro. Poi c’è chi si fa vivo solo per il festival e mi viene il dubbio che non faccia nulla tra un’edizione e l’altra, cadendo nel dimenticatoio subito dopo. Non possono mancare le vecchie glorie, alcune palesemente decadute, altre sempre in forma anche se un po’ dimesse. Tra le nuove proposte mi sono invaghito per un attimo della sfortunata Miele ma credo mi sia già passato. La vittoria degli Stadio ha almeno il sapore di una rivincita su quei discografici che spingono i loro giovani sempre in cerca di visibilità. Loro non ne hanno più bisogno e forse si sono meritati la vittoria.

Alla fine però il festival di Sanremo è divertente. Un carrozzone di personaggi di tutti i tipi che seguiamo per nemmeno una settimana e poi dimentichiamo. Ogni anno tutto ricomincia, sperando in qualcosa di meglio ma anche quest’anno rimango a bocca asciutta. Mi piacerebbe un giorno pubblicare una mia recensione di un album italiano su questo blog ma dubito lo farò mai. Prima ho scritto che Elio e Le Storie Tese è l’unico gruppo italiano nella mia musica preferita, l’altro artista è Samuele Bersani. Nient’altro. Continuerò a cercare e Sanremo forse non è l’occasione adatta per trovare qualcosa ma sono pigro per quanto riguarda la musica italiana e non ho interesse a cercare troppo a fondo. Resto in superficie e prendo quello che viene. Poco, molto poco ma ho altro da ascoltare. La musica nel nostro paese sta diventando materiale televisivo, lo spettacolo è anche musica ma la musica non può essere solo spettacolo. Sono stato sincero in questo post riguardo Sanremo e la musica italiana e spero di non avervi annoiato ma non posso lasciarvi senza una canzone. Nel 1999 passarono al festival anche i R.E.M. con la loro Daysleeper. Non me li ricordo, peccato.

La direzione del vento (Duecento)

Lo scorso Ottobre riportai su questo blog l’interessante scoperta di una band inglese che si fa chiamare Millbrook. Sotto questo nome si celano tre ragazzi di Birmingham che hanno pubblicato il loro primo album, Millbrook, appunto. In quell’occasione mi soffermai sulle somiglianze tra lo stile degli americani R.E.M. e il loro singolo Real Time. Incuriosito, ho deciso di ascoltare per intero questo esordio, dove ho potuto trovare conferma delle mie impressioni. Nonostante Birmingham, Eddie Barber, Rohan Simmons e Tom Naqvi, sembrano provenire direttamente dal Nuovo Mondo. Il folk americano influenza questo esordio e getta le fondamenta per futuri sviluppi della loro musica.

Millbrook
Millbrook

Wandering è l’inizio scoppiettante che vede la partecipazione preziosa di Milo Sadler al sax. Un blues rock si diffonde nell’aria e non si può che apprezzare la classicità di brani come questo. La voce di Eddie Barber non prende mai il sopravvento e si integra perfettamente nella canzone. Non si può fare a meno di continuare con il brano successivo. We Are Bold è una delle migliori dell’album. La chitarra in stile Peter Buck/Byrds traccia la melodia e la voce di Barber non manca di sollevare qualche brivido. Questa canzone mette in mostra tutto il talento di questa giovane band. Where The Rhythm Winds ricalca la celeberrima melodia di Sweet Home Alabama. Gli animi sono più quieti ma trovano spazio sferzate più rock, in contrasto con la voce sommessa di Barber. Un’altra bella canzone che suona come un classico e dà spazio agli assoli di chiarra. Anche The Sweet Divine è qualcosa di già sentito ma questi tre ragazzi ci sanno fare e quindi lasciamoli fare. Southern rock è la parola d’ordine in questi casi. Ancora un assolo di chitarra dà aria alla canzone, a dimostrazione delle buone intenzioni di questi tre ragazzi. Nothing To Sing è più folk e introversa. Il ritmo rallenta e si intravede il sole del mattino tra le note, un velo di malinconia la ricopre. Un bella canzone, non c’è dubbio. Sulla scia di quest’ultima c’è Eastbound, con la sua melodia e la voce di Barber che si fa più morbida. L’armonica conferisce ancora di più “americanità” alla canzone, un tratto ormai caratteristico della band inglese. Poi c’è Real Time, la canzone più vicina allo stile dei primi R.E.M. che abbia mai sentito (Stipe e soci esclusi). Mi ha fatto saltare sulla sedia quando lo sentita per la prima volta. Non è un tributo, non fanno il verso alla band di Athens ma è una canzone spontanea e altrettanto spontaneamente ne è influenzata. Da mettere tra le migliori dell’album solo per questo motivo. Something Strange è funky ma i tre ragazzi non rinunciano alle trame del folk americano. Ancora una volta i Millbrook ci mettono qualche assolo qua e là, dimostrando di essere preparati. When The Sun Hangs Around è una straordinaria ballata, semplice ma non banale. Tutta l’abilità nello scrivere le canzoni viene fuori qui, in questi quattro minuti abbondanti, nei quali realizziamo che siamo di fronte ad un esordio di tutto rispetto. A chiuderlo c’è Voyager, lunga cavalcata di oltre cinque minuti. I Millbrook reggono fino alla fine, come poche altre band della loro esperienza sanno fare. Qualche chitarra distorta in più e l’effetto è epico ma sapientemente smorzato dalla voce di Barber. Ormai non c’è più da sorpendersi.

I Millbrook sfoderano una prova maiuscola e mettono alla luce un esordio eccezionale. Il gruppo inglese parte da delle basi solide, quelle della musica americana per costruirsi un futuro che appare luminoso. La band non ha nascosto di essere ambiziosa e si stente in ogni singolo brano. Non si tratta di musica innovativa ma, come è naturale che sia, i Millbrook si ispirano ai loro modelli artistici che hanno fatto grande il folk americano (Neil Young in primis). Così facendo pongono solide fondamenta sulle quali costruire un futuro nel quale posso esprimersi in canzoni più personali e meno legate al passato. Non gli manca nulla, nemmeno il talento. Questo esordio è un tesoro nascosto che spero sia il trampolino di lancio per tre ragazzi inglesi con gli USA nel cuore.

Mi ritorni in mente, ep. 31

Questa volta è successo che una canzone mi abbia fatto tornare in mente un’altra canzone. O per meglio dire un’altra band. Tre ragazzi di Birmingham riuniti sotto il nome di Millbrook mi hanno ricordato i mitici R.E.M., band alla quale sono molto legato. Sono al loro esordio con l’album che porta il loro nome Millbrook, appunto. Questa somiglianza, che suona più come un tributo, è esaltata dal brano Real Time, che mi riporta agli inizi della band di Athens. Ho letto una recensione molto positiva del loro esordio e i questi tre ragazzi inglesi (Eddie Barber, Rohan Simmons e Tom Naqvi) hanno la faccia giusta, mi piacciono.

Il loro album Millbrook l’ho già messo in lista e gli dedicherò l’attenzione che merita non appena avrò esaurito gli album che si sono accumulati con le nuove uscite di Settembre di questo mese. Quindi non sono affatto a corto di nuova musica in questo periodo e i Millbrook dovranno attendere ancora un po’.

… Have you seen the mailman? ‘Cause he ain’t been round for days …

Intermission

A volte mi sono chiesto perchè mi ritrovo sempre a scrivere di musica o di libri su questo blog. Dallo scorso anno sto pensando a qualche nuovo tipo di post. Di cos’altro potrei scrivere? Non mi sono stancato, e nemmeno credo mai mi stancherò, di ascoltare musica e di leggere libri. Non ho iniziato questo blog con lo scopo di scrivere di me stesso ma in questo momento non posso nascondere di farlo. Mi sono trovato a pensare a ciò che mi piace fare e a quello che sono. Mi sono ritrovato davanti a cose diverse tra loro e idee interessanti ma non credo di avere il tempo di pensarci o forse mi manca solo un po’ di voglia. Ho anche pensato ad un blog divertente, po’ cattivo e ironico. Un blog parallelo a questo. Poi ci ho ripensato o forse ho solo messo da parte l’idea. Il fatto è che questo blog è un appuntamento settimanale, praticamente fisso, ormai da più di quattro anni. Non è sempre facile trovare il tempo necessario per scrivere. Questa volta è una di quelle volte che mi sarebbe piaciuto scrivere d’altro. Non ho ancora ascoltato abbastanza il nuovo Tied To The Moon di Rachel Sermanni per farne una recensione e non ho ancora finito l’ultimo libro della Torre Nera di Stephen King. Quindi per il momento non ho nulla di nuovo da scrivere. Ho in lista un paio di album interessanti, uno dei quali recuperato tra quelli pubblicati lo scorso anno. Ogni giorno mi segno qualcosa da ascoltare di nuovo ma ci sono un paio di album che attendo da parecchio tempo. Il nuovo dei Wintersleep dovrebbe venire annunciato questo autunno e nella migliore delle ipotesi, uscire entro l’anno. Il quarto album di Amy Macdonald invece è pronto ma ancora da registrare e la ragazza se la sta prendendo comoda.

Lasciatemi aprire una parentesi a riguardo. Più passa il tempo e più sembra strano che una casa discografica come quella della Macdonald sia disposta ad aspettare quattro anni tra un album e l’altro. Amy è una giovane cantautrice di successo ma non è certo una star. Mi domando se può permettersi una pausa così lunga. Lei si giustifica dicendo che viene da un lungo tour e in questo momento si sta godendo la vita. A chi non piacerebbe prendersi un anno di pausa dal lavoro o dagli studi? Evidentemente lei se lo può permettere. Io resto dell’idea che qualsiasi artista giovane debba sfruttare i primi anni della sua carriera. Un album ogni due anni è una buona media. Prendo sempre come esempio la carriera dei R.E.M. che dal 1982 al 1988 pubblicarono un album all’anno. Poi rallentarono il ritmo arrivando ad una pausa di quattro anni solo tra il 2004 e il 2008 che coincide con il momento più basso della loro parabola. La loro storia si è conclusa con un quindici album pubblicati in trent’anni. Un album ogni due anni. Un’altro esempio viene dalla band britannica Editors che hanno fatto una pausa di quattro anni tra il 2009 e il 2013, durante la quale c’è stato un cambio di formazione. Ma quest’anno, il 2 Ottobre, sono pronti a pubblicare il quinto album In Dream, a distanza di due anni dall’ultimo. Per non citare Laura Marling che a soli venticinque anni ha gia cinque album alle spalle. In sostanza, da fan di Amy quale sono, mi sarebbe piaciuto ascoltare questo quarto lavoro addirittura lo scorso anno, a due anni esatti dall’ultimo Life In A Beautiful Light del 2012. Avevo sperato per questo anno e invece no. Ci sarà da aspettare. Addirittura le registrazioni potrebbero iniziare nei primi mesi del 2016. Questo significherebbe che tra un anno potremmo sperare di ascoltare l’album. E se fosse tutta una montatura? Ne dubito. Ma allora perchè non me la prendo anche con i Wintersleep? Anche loro hanno fatto l’ultimo album nel 2012 e sono lì lì per pubblicarlo nel 2016. Semplicemente il loro caso mi sembra diverso. Hanno un altro pubblico e poi il loro album è praticamente finito. Erano già pronti ad annunciarlo questo inverno, hanno avuto qualche intoppo, tutto qui. Nessuna pausa. Quello che spero è che questa attesa di quattro anni si ben spesa da parte di Amy Macdonald e che non deluda le aspettative di noi fan. Chiusa parentesi.

Quanto scritto qui sopra va inteso coma una sorta di sfogo estivo, nient’altro. Nel frattempo mi troverò altro da ascoltare come ho fatto finora. Nel frattempo devo trovare anche qualche altro argomento per questo blog. Ho dei dubbi che riuscirò a scrivere altro di ugualmente interessante o per meglio dire, che io riesca a scrivere di altro in modo altrettanto interessante. A dire la verità mi piace il basket, più correttamente basketball, o ancora meglio in italiano, pallacanestro. Ormai seguo questo sport da dieci anni ed è l’unico sport che mi piace. Il calcio è semplicemente noioso. Ma riuscirei a scrivere articoli di pallacanestro? No. Non voglio nemmeno farlo. Temo che continuerò a scrivere di musica e libri, per ora. Perchè farlo mi piace e con questo blog mi sono tolto delle piccole soddisfazioni nel corso di questi anni. Intermission significa intervallo. Questo post è una pausa ricreativa, dopotutto siamo ad Agosto e le ferie ci vogliono. Poi si ricomincia. Ho rubato il titolo ad un brano di Cœur de pirate e mi faccio perdonare permettendo a tutti di ascoltarlo qui sotto.

Niente da scrivere

Scrivo un post a settimana o almeno ci provo. Ci sono però delle volte che non so proprio cosa scrivere. Oggi è una di quelle volte. Mi dispiace saltare una settimana e non voglio farlo. Potrei scrivere di musica ma non ho ancora ascoltato i nuovi di Agnes Obel e Anna Calvi. Poi ci sarebbe anche l’album d’esordio di Lily & Madeleine (ben accolto dal mitico Anthony DeCurtis che cita anche i R.E.M. nella sua recensione!) e un nuovo EP di Rachel Sermanni (chissà se non esca qualcosa si nuovo il prossimo anno). Ed eccomi qui. Dopo Birdy sto aspettando tutta questa nuova musica. Ho ancora in serbo un album degli Holmes (al quale ho già dato un ascolto) e uno di Brandi Carlile (che sta preparando qualcosa di nuovo). Poi ogni tanto passo dalle parti di Bandcamp e scarico qualcosa di gratis che “tanto è gratis”. Quindi per ora non ho nulla da scrivere riguardo alla nuova musica ma lo farò appena ho tra le mani queste nuove uscite.

Anche in quanto a letture non ho nulla di nuovo. Ho continuato il viaggio verso la Torre Nera con La Sfera Del Buio. La traduzione del libro di Stephen King da Wizard And Glass è inspiegabile. Va bene la sfera ma il riferimento al buio non l’ho capito. Scrivero della Torre Nera più avanti nel viaggio. Detto questo, King è un grande ma chi sono io per dirlo! Mi è venuta quasi voglia di leggermi in mago di Oz perchè il Re nel finale fa troppi riferimenti ad Oz e non vorrei perdermi qualcosa nel prosieguo dell’avventura. Anche se La Sfera Del Buio è un enorme flashback che cade a fagiolo nel momento opportuno, la storia avanza ancora nella direzione della Torre e alcune cose si chiariscono e nuove domande sorgono. Lo step successivo è leggermi The Dome (il cui titolo si evitato di tradurre) che campeggia con tutta la sua mole sulla libreria. L’altro libro in attesa è Alle Montagne Della Follia del grande H.P. Lovecraft che ha una stazza decisamente inferiore. Ora sto leggendo Il Signore Degli Anelli. Ho preferito per comodità l’edizione divisa in tre romanzi e sto leggendo Le Due Torri. Per ora lo trovo davvero molto bello e ben scritto, ha un fascino particolare, un libro senza tempo. Inoltre, per quanto letto finora, la trilogia di film la trovo davvero ben fatta e molto fedele all’originale salvo qualche adattamento e taglio qua e là.

Ho scritto a sufficienza per oggi. Non male, direi, considerando il fatto che non sapessi cosa scrivere. Intanto là fuori comincia a fare sempre più freddo e buio. Questo mi piace. L’inverno mi piace. Mi piace ascolatre musica con il buio e il vento freddo. L’apprezzo meglio. “Should we talk about the weather? Should we talk about the government?” cantavano i R.E.M. e del tempo ho parlato. Qualcosa da dire sul governo? Meglio di no. Meglio di no.

Mi ritorni in mente, ep. 9

La musica che ascolto non va più indietro del 1982. Qualcuno sicuramente mi direbbe che mi perdo il meglio. La musica degli anni ’60 e ’70 è la migliore, dicono. Secondo me è semplicemente una questione anagrafica. O forse no. A dire la verità il modo di fare musica degli anni ’80 proprio non riesco a sopportarlo salvo qualche eccezione. Ho solo i R.E.M. negli anni ottanta. Il 1982 è l’anno di Chronic Town. Più indietro non vado. Non lo faccio apposta ma sono più attratto dalla musica di oggi che quella di ieri. Fosse anche la migliore. La musica come la intendiamo oggi, quella che si può ascoltare ovunque, in qualsiasi momento e infinite volte si può dire che sia nata negli anni ’50. Si può quindi pensare che la musica in poco più che 60 anni sia già esaurita? Non credo. Certo negli anni ’60 sono state fatte tante cose belle che hanno cambiato la storia della musica. Ma non venitemi ha dire che allora non c’erano canzoni orribili come oggi. I fenomeni di una stagione c’erano allora come ci sono oggi. Inoltre in questi ultimi anni c’è un grande revival degli anni ’80, che allora erano considerati da molti come i peggiori dal punto di vista musicale. Ecco perchè non penso che la musica sia peggiorata nel tempo ma è solo una questione di visibilità. Ieri chi riusciva a “sfondare” erano relativamente pochi. Oggi basta un video su YouTube per farsi conoscere da milioni persone ed ecco spigato perchè il peggio ha più visibiltà di ieri e qundi si notà di più.

Mi sto addentrando in un territorio di cui non sono mimamente competente. Lascio fare il loro lavoro agli opinionisti esperti. Io mi considero un semplice “consumatore finale di musica” che cerca un brivido o qualche tipo di emozione tra le note. Questa canzone qualche brivido me lo ha dato, come buona parte delle canzoni dei R.E.M. fanno. Swan Swan H è una delle loro canzoni che preferisco. Cosa c’entra con quanto scritto sopra? Niente.

Swan, swan, hummingbird
Hurrah, we are all free now
What noisy cats are we
Girl and dog he bore his cross
Swan, swan, hummingbird
Hurrah, we are all free now
A long, low time ago, people talk to me

Musica egoista e fantasmi

“Perchè non fate un altro album come Automatic For The People?” – “Perchè lo abbiamo già fatto!”. Questa era la risposta di Peter Buck alla solita domanda dei fans. Una domanda simile sarà stata rivolta spesso anche al leader degli Editors, Tom Smith. Forse la band inglese non ha ancora sfornato quello che si potrebbe considerare il loro capolavoro. Questo The Weight Of Your Love non si può definire tale ma non si può nemmeno considerarlo un brutto album. Prima di ascoltarlo ho letto parecchie recensioni piuttosto fredde o addirittura negative. Poche altre trovavano The Weight Of Your Love un album ben riuscito contenente le migliori canzoni mai scritte dalla band. Indubbiamente questo quarto lavoro è diverso dai precedenti tre, così come il terzo era diverso dai precendenti due. In sostanza gli Editors hanno mantenuto le stesse sonorità solo per The Back Room e An End Has A Start. Dopo l’addio del chitarrista Chris Urbanowicz il cambio di rotta era praticamente obbiligato. Buona parte delle canzoni presenti in questo album sono state scritte quando Chris era ancora nel gruppo e le modifiche che hanno subito tali brani sono state piuttosto pesanti, nonostante il fantasma della sua chitarra aleggi ancora tra le note. Quattro anni, tanto è il tempo passato dall’ultima fatica, possono essere troppi e si rischia di snaturare le canzoni se ci si mette troppo mano e troppo spesso. I nuovi Editors invece di fare una cover dei vecchi Editors hanno preferito dare nuova vita alle loro stesse canzoni. Il risultato è un cambio di marcia mirando al mercato oltre oceano mietendo, al tempo stesso, più seguaci possibile anche nel vecchio continente.

Editors
Editors

Il brano d’apertura The Weigth, che originariamente era omonimo dell’album, ha sonorità più vicine al passato della band nelle quali però la voce di Tom Smith torna ad essere al centro, “I promised myself / I wouldn’t talk about death“. Il nuovo corso degli Editors si può intravedere nella successiva Sugar, canzone d’amore dai toni scuri che hanno reso famosa la band, “There’s sugar on your soul,/ You’re like no one I know,/ You’re the life of another world“. Il singolo Ton Of Love è il brano più fuori contesto dell’album e come singolo sarà anche potente ma convince poco ed sinceramente ha convinto poco anche me. Non a caso Ton Of Love è un tentativo isolato di proporre un rock più frizzante ma non nelle corde di Smith e soci, “Taken by force,/ Twisted fate, /Well, what weighs more,/ Down on your plate“. Si insiste con le canzoni d’amore e la mielensa What Is This Thing Called Love cantata in un inedito falsetto di Smith è estrema quanto la precedente ma nella direzione opposta. Forse Tom ha cercato di emulare Michael Stipe quando cantava Tongue ma l’effetto non è dei migliori, “What is this thing called love that you speak? / Cause we’re out of it. / We’re out of it“. Honesty è una ballata che dimostra che gli Editors sanno ancora scrivere buone canzoni, “Out of my window it echoes my heart / I’ve been checking for change since the start / Collide into me, I could do with a fight / Collide into me, cause it feels right “. La canzone che secondo il gruppo è il fulcro dell’album è Nothing, un’accorata ballata che punta tutto sulla voce di Smith e in fin dei conti rappresenta l’album meglio di qualsiasi altra canzone, Every conversation within you / Starts a celebration in me / Till I got nothing left / I got nothing left “. Un po’ di energia e di ritmo nella spensierata Formaldehyde sicuramente uno dei brani che cattura fin dal primo ascolto, “I’m yours to dissect / Now does every heartbeat / Burn white heat in your blood? / Formaldehyde“. Con Hyena si torna al rock classico, quello che piace a tutti, la voce di Smith, la batteria di Ed, il basso di Russel, le chitarre e tutto il resto si unisce per creare una canzone carica di rabbia ed energia. Uno dei brani più riusciti dell’album, “But don’t you understand? / The hunger makes the man. / With all that lies in front of us, / The world looks so ridiculous to me”. Questa doppietta rock è destinata a rimanere isolata fino alla fine dell’album che riprende con una snaturata Two Hearted Spider. Non penso che questa nuova versione sia da buttare ma è profondamente diversa a quella che abbiamo potuto ascoltare lo scorso anno quando Chris era ancora chiamato in causa. Ha perso parte dell’energia e della spigolosità che il chitarrista uscente gli conferiva ma se ci dimentichiamo per un attimo della versione originale, Two Hearted Spider, resta comunque una buona canzone, “Every move you make, / Breaks me, breaks me. / Every smile you fake, / Breaks me, breaks me“. Con The Phone Book il gruppo si da al folk-rock americano e il risultato non è affato male, “Sing me a love song / From your heart or from the phonebook“. Bird Of Pray entra di diritto tra le migliori canzoni dell’album nonostante il testo (d’amore) un po’ banale e scontato “You are a shiver / The gold and the silver / My heart is a church bell ringing“. Non aggiunge nulla la bonus track Get Low, contrariamente a Comrade Spill My Blood e The Sting. Quest’ultima, come per Two Hearted Spider, è stata purgata della chiarra di Chris con risultati più soddisfacenti.

Questi sono i nuovi Editors che vogliono dimostrare che non hanno paura di cambiare. Hanno dichiarato di fare musica in modo egoistico, l’importante è, quindi, che le canzoni piacciano prima di tutto a loro stessi. Anche se può sembrare strano questo loro modo di vivere la musica mi piace. Forse questo The Weight Of Your Love non soddisfa tutti e delude qualcuno ma è stato lo stesso anche per il suo predecessore, il quale oggi viene ritenuto il migliore. Personalmente trovo questo album ben riuscito nel quale gli Editor hanno cambiato registro mantenendo un’anima dark inalterata o forse un po’ più ruffiana. In definitiva è un album di rottura che vuole allontanare e far dimenticare lo spettro dell’ex chitarrista. Un’album che ha qualche grosso difetto e qualche grosso pregio. Un nuovo punto di partenza per una nuova band che vale quanto un esordio. Pensare che gli Editors potrebbero produrre 15 album con fecero i loro (e i miei) amati R.E.M. dimostra che questo quarto lavoro non è che un piccolo passo in avanti della loro carriera.

Mi ritorni in mente, ep. 3

C’è una canzone che mi perseguita da ormai diverso tempo. Appena può si fa viva. Pensadoci bene parecchie canzoni degli Editors mi rimangono in testa. Il segreto sta tutto nella musica e nella voce di Tom Smith. Una voce chiara e profonda sorretta da quel modo di scandire ogni singola parola. Sono tanti i nomi che vengono associati a loro, Joy Division, Depeche Mode, U2, R.E.M., Interpol e chissà chi altro. Io modestamente penso che siano una delle band più interessanti degli ultimi anni forse non tra le più originali ma sicuramente interessanti. Vantano anche tentativi di imitazione, vedasi White Lies. Proprio mentre qualcuno dubitava del fatto che potessero resistere a lungo alla tentazione di uscire dai bassifondi dell’indie-rock cominciando dal secondo album An End Has A Start, loro hanno spiazzato tutti pubblicando In This Light On This Evening. Chi voleva ascoltare qualcosa di più accattivante è rimasto deluso e chi voleva qualcosa di poco accessibile ha avuto pane per i suoi denti. Gli Editors hanno diviso la critica e i fans. Qualcuno ha apprezzato l’uso dei synth e altri rivolevano indietro le chitarre. Forse questi ultimi hanno sofferto l’addio del chitarrista Chris Urbanowicz che rappresentava parte dell’anima del gruppo. Sinceramente io non l’ho trovata una grossa perdita, l’idea che gli Editors potessero intraprendere una strada dalle sonorità vicine quelle degli U2 più recenti (dei quali Urbanowicz ne è un estimatore) un po’ mi spaventava. Il rock da stadio non lo sopporto e piuttosto mi tengo i synth.

Gli Editors dunque si sono ritrovati con le idee un po’ confuse e il loro ultimo album In This Light On This Evening risale al 2009. L’addio del chitarrista, che aveva già collaborato alla realizzazione delle nuove canzoni ha forse schiarito le idee e le intenzioni a Smith e compagni. Non ho idea di come possa essere il quarto lavoro perchè, anche se sono disponibili in rete numerose di queste canzoni in versione live, ne esistono varie versioni ante e post Chris. E poi le ho solo assaggiate per non rovinarmi l’abbuffata dell’album completo. Tale abbuffata pare sia molto imminente. Intanto mi ascolto i primi tre album e i numerosi b-sides. Direttamente da In This Light On This Evening sono andato a pescare una delle sue canzoni più belle, intitolata Like Treasure. Testo criptico, oscuro e ritmo ipnotico fanno di  Like Treasure la hit del momento dentro la mia testa. Guai a risvegliarla perchè poi è difficile metterla a tacere.

Ain’t it just like the old days, / Wait and see how the hand plays,  /Living out our second-hand clichés,  /Ain’t it just like the old days.
You are what you eat, / You’ll become digested, / Well love, it isn’t felt. / No love is tested.
You will keep forever, / I’ll bury you like treasure.