Non sono un fan del folk allo stato puro sia quello straniero che quello nostrano. Ciò che ha di buono la musica folk è quella capacità di farci sentire a casa, qual senso di appartenenza che pochi altri generi musicali sono in grado di dare, a discapito però dell’originalità. Quell’effetto “già sentito” è il cuore e la forza della musica folk senza il quale non avrebbe senso di esistere. Questa caratteristica è sia un pregio che un difetto. Io personalmente lo vedo più come un difetto che agevola la produzione di canzoni. Quel giro di chitarra lì, quella melodia nel ritornello là ed ed ecco la canzoncina folk e popolare che piacerà sicuramente a tutti. Perchè a tutti piace guardare al passato e la musica può farci viaggiare nel tempo. Ma che senso ha, e soprattutto, dove sta la magia nel farlo più e più volte? Portare avanti la tradizione è cosa buona ma approfittarsi di essa per andare sul sicuro è la cosa che mi da più fastidio della musica folk. Questo genere mi piace ma ha volte è troppo ripiegato su sè stesso anche se influenzato da culture diverse. Quando però il folk è ben mescolato con il rock e il pop ne nasce qualcosa che sicuramente è più gradito alle mie orecchie.
Mi è capitato, del tutto casualmente, di ascoltare Turpentine della cantautrice statunitense Brandi Carlile la scorsa estate e di rimanerne affascinato. Una canzone dal sapore country ma dall’animo rock cantata da una giovane ragazza dalla voce sincera e carica. Turpentine mi ha convinto ad ascoltare per intero l’album The Story nel quale era contenuta. Forse proprio a causa della mia maldisposizione nei confronti della musica folk, l’album è passato senza lasciare traccia. Ma ultimamente Turpentine è tornata a galla e non ho resistito alla tentazione di riprovarci con The Story. Non so per quale motivo in queste mesi sto riscoprendo alcuni album che quest’estate avevo accantonato. Brandi Carlile è l’ultima bella risoperta.
The Story, pubblicato nel 2007, si apre con Late Morning Lullaby che rappresenta al meglio lo stile di Brandi Carlile. Rock, pop, folk e country si incontrano a formare una canzone assolutamente piacevole dove Brandi da sfoggio delle sue doti vocali, “Only beautiful, beautiful bright eyes, lie / Only beautiful, beautiful bright eyes cry / Late morning lullaby“. La canzone che da il itolo all’album è il primo assaggio di un poetico rock americano che Brandi Carlile ci fa ascoltare, “All of these lines across my face / Tell you the story of who I am / So many stories of where I’ve been / And how I got to where I am / But these stories don’t mean anything / When you’ve got no one to tell them to / It’s true…I was made for you”. La palla passa alla già citata ballata malinconica Turpentine. Che altro dire se non che a mio avviso si tratta di una delle canzoni più belle dell’album, “These days we go to waste like wine / That’s turned to turpentine“. La successiva My Song ci riporta di nuovo nel rock a stelle e strisce carico e trascinante ed che è impossibile non amare, “Here I am / I’m so young / Hey I am bitter / I’ve been jaded / Cause everyday / I bite my tongue / If you only knew / My mind was full of razors / To cut you like a / Worry from this song. / This is my song“. Per un attimo Brandi posa la chitarra e si mette al pianoforte in Wasted, la quale, inizialmente potrebbe sembrare una canzone che non brilla per originalità ma riscoltandola acquista sempre più fascino soprattutto grazie alla sua interpretazione. Con Have You Ever si entra dritti nel county-folk più sfacciato, ne risulta una piacevole canzoncina impreziosita dai giochi di voce, “Have you ever wandered lonely through the woods? / And everything there feels just as it should“, seguita dalla sorellina Josephine. Quest’ultima però è più intensa e meno frivola e funziona perfettamente, “Take me back Josephine / To that cold and dark December / I am missing someone but I don’t know who“. Finalmente con Losing Heart si torna al pop-rock americano che tanto mi è caro, “Am I made of steel / Am I locked up tight / I’m human /But I’m wide awake and afraid to fight“. Con Cannonball si ritorna alle sonorità tipiche delle ballate folk americane dalle atmosfere malinconiche, “I was born when I met you / Now I’m dying to forget you”. Until I Die è una canzone pop-rock che non si discosta di molto dalle atmosfere che caratterizzano l’album e che conferma ancora una volta che a Brandi Carlile ci sa fare, “Run run run catch me if you can can can / Come and hold my hand and I’ll be your biggest fan”. Ancora una volta la ragazza ci sorprende con un’altra splendida ballata folk cullata dalla sua altrettando splendida voce ed energia, “But I’ve moved on / Like a rolling stone / In a crowded room / I’m alone”. Chiude questo ciclo di canzoni Shadow On The Wall che si divide tra folk e blues dando origine ad un’altra bella ballata, “I don’t want wanna be / Nobody’s fool / I’ve played that part so many times before”. Infine il rock liberatorio di Again Today chiude i giochi, “Broken sticks and broken stones / Will turn to dust just like our bones“.
Brandi Carlile mescola folk, rock, pop e blues confezionando canzoni dai tratti tipicamente americani che non guardano semplicemente al passato, per ottenere un effetto deja-vù ma piuttosto cercano nuovi spunti per continuare a portare avanti la tradizione. Forse la mia scarsa predisposizione per la musica folk ha fatto in modo che ai primi ascolti non mi sembrasse niente di eccezionale. Invece la sinceritè e la carica nella voce di Brandi mi hanno convinto. Anche se penso che questo sia il limite massimo che posso tollerare per quel “già sentito” che mi sollecita la musica folk. Brandi Carlile entra di fatto tra la mia musica preferita e chissà se non è solo l’inizio di un’apertura verso questo genere che riesco ad apprezzare solo quando è sapientemente mescolato al rock o al pop. In fondo la musica non dovrebbe avere genere e dobbiamo selezionarla solo in base a ciò che ci fa piacere ascoltare. Non deve essere il genere di musica a farci scegliere le nostre canzoni preferite ma sono le canzoni che ci fanno scegliere i nostri generi preferiti.