Non mi giudicate – 2021

L’anno è finito ed è arrivato il momento di provare a capire cosa è rimasto di questo 2021. Il mondo della musica ha subito gravi ripercussioni dovute all’epidemia ma la pubblicazione di album non ha subito rallentamenti (o così almeno mi è parso), complice anche l’impossibilità di fare concerti che ha spinto molti artisti a scrivere nuove canzoni piuttosto che starsene con le mani in mano in attesa di tempi migliori. Dal canto mio ho avuto modo di ascoltare numerosi album di debutto (come piace a me) ma ho notato che sono davvero pochi quelli di folk tradizionale, come se, per un genere di nicchia come questo, lo stop ai concerti abbia pesato di più. O semplicemente sono io che mi sono lasciato scappare qualche titolo che mi è passato sotto il naso. I freddi numeri dicono che sono 58 gli album usciti quest’anno e finiti dritti nella mia collezione. Come sempre qui cercherò di riportare gli album e gli artisti che hanno lasciato in qualche modo il segno in questo 2021, con l’inevitabile sensazione di aver escluso qualcuno. Ma tutte le novità di quest’anno, passate per questo blog le trovate qui: 2021.
Oltre alle solite categorie, ispirate ai premi NBA, ho aggiunto “Honourable Mention” per chi ha saputo coraggiosamente cambiare rispetto al passato e merita una “menzione d’onore”.

  • Most Valuable Player: Josienne Clarke
    Questa canatutrice ha deciso di chiudere con il passato e diventare del tutto indipendente. Il risultato è A Small Unknowable Thing, un album che racchiude il talento e l’anima di quest’artista sempre ispirata e prolifica.
    Il tempo è un grande guaritore
  • Most Valuable Album: In These Silent Days
    Se c’è un nome che ormai è una garanzia è quello di Brandi Carlile. Con questo album si conferma una cantautrice abile e sensibile, capace ancora di emozionare oggi come allora.
    Il proiettile d’argento
  • Best Pop Album: Californian Soil
    Il trio inglese dei London Grammar si rinnova rimanendo fedele al sound che li ha fatti diventare una delle promesse più scintillanti del pop alternativo. Questo potrebbe essere un nuovo inizio.
    In buone mani
  • Best Folk Album: The Eternal Rocks Beneath
    Il debutto di Katherine Priddy è senza dubbio il migliore degli album folk di quest’anno. La voce melodiosa e la scrittura sono eccezionali e lasciano intendere tutte le sue potenzialità.
    Le rocce eterne al di sotto di noi
  • Best Country Album: Ramble On
    Non sono pochi gli album country di quest’anno ma quello di Charlie Marie ha qualcosa in più. Un ottimo debutto dove trovare tutto il buono del country tradizionale e una scrittura brillante.
    Baciami gli stivali
  • Best Singer/Songwriter Album: Ignorance
    Scelta difficilissima ma che ricade su Tamara Lindeman, e il suo progetto The Weather Station. L’impegno ambientalista e sociale di questa cantautrice emergono in un album potente ed affascinante.
    Questo è lo scopo delle canzoni
  • Best Instrumental Album: Perséides
    Non potevo che premiare il breve ma riuscitissimo album di Cœur de pirate che, rimasta senza voce e sola al pianoforte traccia un mappa delle note che sono l’anima della sua musica.
    Sans voix
  • Rookie of the Year: Morgan Wade
    Il suo Reckless è un ottimo debutto e sin dai primi ascolti l’avevo già piazzato qui tra i migliori di quest’anno. Una cantautrice carismatica e dal passato turbolento, che ci regala un album sincero ed accattivante.
    Sotto quei tatuaggi
  • Sixth Player of the Year: Vincent Neil Emerson
    La sorpresa dell’anno va a lui al suo album omonimo. Questo cantautore combatte i suoi demoni con la musica e il risultato è un album profondamente country e diretto. Un astro nascente di questo genere musicale.
    Meglio imparare ad annegare
  • Defensive Player of the Year:  Cœur de pirate
    Ancora lei, Coeur de pirate, che con Impossible à aimer ripropone il suo pop malinconico mai scontato ma sempre orecchiabile e unico. Resta una delle cantautrici pop più riconoscibili e coraggiose della sua generazione.
    C’est parfait si l’on tremble
  • Most Improved Player: Danielle Lewis
    Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal nuovo corso di questa cantautrice gallese che con Dreaming In Slow Motion si rinnova e dimostra tutta la forza espressiva della sua voce.
    Sognare al rallentatore
  • Throwback Album of the Year: Prairie Love Letter
    Pochi dubbi riguardo questo album di Brennen Leigh. Una dichiarazione d’amore per la sua terra e la musica country. Un album che ho colpevolmente aspettato troppo ad ascoltare.
    Lettere d’amore alla prateria
  • Earworm of the Year: The Wild One
    Molte canzoni in questo anno mi sono entrate in testa con facilità e tra queste c’è The Wild One, cover nata dalla coppia Jackson+Sellers. Tutto l’album Breaking Point merita un ascolto.
    Punto di rottura
  • Best Extended Play: No Simple Thing
    Devo ammetterlo, gli Sheepdogs non hanno avuto molti concorrenti in questa categoria ma anche diversamente, la sola Keep On Loving You non poteva mancare in questa lista.
    Mi ritorni in mente, ep. 79
  • Honourable Mention: Tori Forsyth
    Ci sono grandi esclusi che non compaiono qui ma l’album Provlépseis è stato un riuscito cambio di rotta per questa cantautrice e non potevo non premiarla, per l’ottimo risultato.
    Sogni oscuri

Ancora un altro libro, ep. 8

Prima che finisca anche questo anno mi sembra doveroso dare spazio anche alle mie letture. Questa rubrica infatti è ferma dallo scorso maggio e mi sembra il momento adatto per ricapitolare qui tutti i libri che ho letto da allora.

Cominciamo con Il diavolo e l’acqua scura di Stuart Turton che ci porta nel 1634 a bordo della misteriosa Saardam, una nave mercantile diretta ad Amsterdam. Dopo l’ottimo Le sette morti di Evelyn Hardcastle non vedevo l’ora di buttarmi su questo romanzo, il secondo dell’autore. Anche se potrebbe sembrare un giallo storico, la ricostruzione storica è appena accennata, per stessa ammissione dell’autore, in modo da concedere più spazio a trama e personaggi. Turton riesce sempre a creare una tensione costante nei suoi romanzi, disseminando indizi e intrecciando le vite dei vari protagonisti. Tutto molto bello se non fosse che l’impianto narrativo messo in piedi dall’autore si sofferma spesso su alcuni dettagli e lascia tempo al lettore di ragionare troppo sulla soluzione del mistero. Questo smorza la sorpresa finale, che di fatto arriva in anticipo se si escludono man mano i possibili sospettati. Va dato atto però a Turton di non lasciare nulla al caso e sono sicuro che saprà migliorarsi nei prossimi romanzi.

Il filo della spada è quarto capitolo delle avventure di Uhtred durante la nascita del regno d’Inghilterra. Bernard Cornwell è un grande narratore che questa volta lascia più spazio alla fantasia. Un’ambientazione meno vasta rispetto al solito e un obiettivo chiaro, rendono questo romanzo scorrevole e appassionante. Nuovi personaggi e vecchie conoscenze si alternano mantenendo alta la qualità di questa saga. Non vedo l’ora di continuare a seguire le avventure di questo signore della guerra, sempre diviso tra re Alfredo e il richiamo degli dei pagani.

Al mio radar dei classici gotici, per qualche motivo, è sempre sfuggito Il monaco di Matthew Gregory Lewis. Romanzo del 1796, ricco di tutte le caratteristiche del genere gotico. Fantasmi, demoni, tentazioni e cripte ammuffite fanno da sfondo alla torbida storia del monaco Ambrosio. Lewis riserva diversi capitoli agli altri personaggi che girano attorno a Lorenzo, i buoni della storia, e per un attimo ti fa credere che forse stai leggendo il libro sbagliato. Ma poi riprendono le vicende del monaco e tutto torna. Lettura scorrevole, anche grazie alla traduzione, cosa non scontata per un’opera di fine ‘700, con vivide descrizioni degli aspetti più macabri. Ma quando si parla di sesso, molto è lasciato all’immaginazione. Ritmo serrato e ben congegnato che ti tiene incollato fino al diabolico finale. Peccato per le parti in versi che non aggiungono nulla alla storia anzi spezzano inutilmente la narrazione e sembrano più un spot per l’autore che vuole vendersi come poeta.

Prosegue la mia avventura nella saga de La Spada della Verità di Terry Goodkind che vede sempre protagonisti Richard e Kahlan con l’aiuto del mago Zedd. Il tempio dei venti è poco vario nelle ambientazioni e comunque alcune di questa già viste in precedenza e soprattutto piuttosto lento rispetto agli altri. Kahlan a volte va in paranoia e Richard sembra tanto risoluto ma basta poco per fargli cambiare idea. La storia è piuttosto debole ma resta comunque una lettura piacevole. La violenza gratuita rende questo fantasy adulto anche se il linguaggio usato da Goodkind non sconfina mai nel volgare. E non ne capisco sinceramente il perché. Incredibile ma vero nell’edizione italiana manca un intero capitolo ma non preoccupatevi, non si nota nemmeno. Questo è chiaramente un segno che il romanzo ha qualche pagina di troppo comunque.

I Wu Ming con L’armata dei sonnambuli danno il meglio in questo romanzo storico ambientato nei primi anni della rivoluzione francese. Tre protagonisti, le cui storie convergono nei capitoli finali, e un antagonista, si muovono in una Parigi instabile e confusa. Ci sono momenti horror vagamente paranormali, scene d’azione e le immancabili riflessioni sociopolitiche, il tutto intervallato da documenti, articoli di giornale e gazzettini vari. Divertenti i resoconti sgrammaticati ma genuini di chi “in piazza c’è stato davvero”. Forse un’introduzione alla situazione in Francia sarebbe stata d’aiuto per districarsi tra le varie fazioni ma si può porre rimedio comunque per proprio conto. Come al solito i Wu Ming mostrano l’altra faccia della Storia, supportati da una documentazione a volte esile ma ricca di fascino e mistero, senza disdegnare scene di puro intrattenimento.

Primo libro di DeLillo che leggo dopo averlo sentito associare a David Foster Wallace. In Rumore bianco ho notato delle somiglianze tra i due ma DeLillo fa uso dell’ironia più raramente, limitandola alle situazioni più grottesche. Un romanzo raccontato in prima persona, fatto di episodi e salti temporali brevi ma frequenti. L’autore sembra scegliere le parole una per una, senza lasciare nulla al caso. Un romanzo che parla di morte, ne è pervaso dalla prima all’ultima riga. Questo perché il protagonista ne è terrorizzato e non riesce a smettere di pensare ad essa. Più si va avanti nel racconto e meno trovano spazio le battute un po’ nonsense del postmodernismo, a beneficio di un ritmo più serrato. Non un libro semplice da leggere ma sicuramente ricco di spunti di riflessione. Mi sono rivisto spesso nei pensieri e nelle idee del protagonista e un po’ mi ha fatto impressione. Leggerò senza dubbio altro di DeLillo.

Da parecchio tempo non leggevo Deaver e La scimmia di pietra è una delle prime indagini di Lincoln Rhyme che mi ero lasciato indietro. Ne ho letti molti ma questo non mi ha lasciato particolarmente soddisfatto. Ho intuito il principale colpo di scena con largo anticipo ma la spiegazione di Deaver lascia qualche buco e il resto è poco credibile. La prevedibile imprevedibilità di questo autore non è un meccanismo perfetto e ogni tanto si inceppa. Resta una lettura piacevole e tornerò di nuovo sulla scena del crimine con Linc e Amelia.

Una cosa divertente che non farò mai più è il reportage di David Foster Wallace a bordo un una crociera superlusso ed è irresistibile. Tutto il talento di questo scrittore condensato in poche ma divertenti pagine che raccontano la sua esperienza in modo lucido e dettagliato. Sono molti i passaggi che strappano una risata sincera. La capacità di DFW di scrivere di ogni cosa che gli passa davanti a gli occhi e per la testa con una facilità disarmante ed efficacia, è sorprendente. Difficile comprendere cosa sia stato “romanzato” e cosa no ma la mia idea è che la penna di questo autore sia più vera del vero e anche questa volta, nella sua superficiale leggerezza, sia riuscita a scavare nella profondità dell’animo umano e della cultura americana e occidentale. Consigliato a chi vuole scoprire lo stile di DFW senza impegno.

Con Le creature del buio – Tommyknockers, Stephen King si dà alla fantascienza ma senza rinunciare al suo immaginario horror. Perfetta come sempre la costruzione dei personaggi che popolano Haven, anche se in un paio di occasioni si dilunga troppo e inutilmente. King riesce a rendere verosimile perfino una storia che racconta di dischi volanti, arricchendola di dettagli. Gli alieni ci sono ma non si vedono mai per davvero e l’idea della mutazione è ben congegnata. Lettura scorrevole come di consueto per King anche se lui stesso lo considera il peggiore dei suoi. Il finale un po’ assurdo e sopra le righe toglie un po’ di magia ma poco male, c’è tanto di buono in questo libro.

Sognare al rallentatore

Tra gli artisti dei quali attendevo l’album di debutto c’è sicuramente il nome di Danielle Lewis, cantautrice gallese con alle spalle vari EP. Una delle sue caratteristiche principali è senza dubbio la voce meravigliosa, inizialmente al servizio di un folk melodico e poi di un folk pop dalle sonorità alternative. Questo Dreaming In Slow Motion ha iniziato a prendere forma già un paio di anni fa e i singoli che lo hanno anticipato lasciavano intravedere le sue atmosfere e le sue sonorità. A Danielle Lewis l’onore di chiudere un anno consigli di questo blog per il quale è arrivato il momento di tirare le somme.

Danielle Lewis
Danielle Lewis

Woman Like You ci apre al mondo etereo della Lewis. La voce ci avvolge e la musica riempie l’aria, attirandoci a sé. Delicatezza e forza si incontrano e lasciano il segno, “A place of kindness / Was your kingdom / A home with many to grow / You gave me strength, imagination / To a girl awaiting the world“. La title track Dreaming In Slow Motion è semplicemente meravigliosa. La voce è melodia pura e si apre verso spazi infiniti. Danielle Lewis mette in mostra tutte sue capacità, sia come scrittura che come canto. My Youth viaggia su leggere note folk pop, venate da un sentimento di malinconia. L’accompagnamento musicale è più ricco ma non nasconde la voce, “I was last seen at sea / Until you came over me / The lightning doesn’t strike / The same place twice / I will let my youth wash over you / If we don’t come through / I won’t make you / I won’t lose my youth“. Flower esprime un desiderio di rinascita, come un fiore che aspetta la primavera. Il canto della Lewis è musica ed incanta, “Light, leave me to grow / I can find my own way home / Glow, lay me to bloom / Embody me alone / I am a flower / I need the rain / Like moon the moves the water / I breathe in your air“. La successiva In My Sleep è tratteggiata sulle note di un pianoforte ma ancora una volta è la voce, qui particolarmente impalpabile, a fare la differenza, “I see a silhouette in dreams, in my sleep, / Guide me like I’m a fantasy, / Through the night, / Whispers in my mind in the silence / A presence by my side in the darkness / I’ve felt in my sleep“. Slow, Sad And Real è tra le mie preferite di questo album. Una canzone dal testo oscuro e affascinante che si apre in un ritornello meraviglioso, “I’m a warrior, a barrier / Stick to what I’m needing / Lose what I believe in / I’m an animal, a criminal / Tempted by the wrong things / Shut down by these feelings“. Temporary prosegue su sonorità eteree, esaltate dalla voce della Lewis. Non molto lontano dalle sonorità degli esordi, questa canzone è tra i momenti più alti di questo disco. Segue Life Of Worth che si libra leggera nell’aria grazie ad un ritornello che è un piacere per le orecchie. Qui musica e voce si fondono in perfetta armonia. Let Me Imagine è essenziale e il canto è musica. La voce della Lewis è pulita e sempre venata di una certa malinconia capace di dare un tratto unico alle sue canzoni. Help Me chiude l’album e lo fa con sonorità marcatamente più folk. Una ballata moderna e ispirata che ben s’addice alla voce di quest’artista.

Dreaming In Slow Motion è un ottimo debutto che rivela la capacità di Danielle Lewis di prendere ciò che c’era di buono nella sua produzione precedente e riproporlo in una chiave più moderna e personale. Al centro resta la melodia, incarnata dalla voce e intorno ad essa di dispiegano suoni a volte elettronici ed altre più acustici. In Dreaming In Slow Motion le traccie sono coerenti tra loro anche se frutto, probabilmente, di un lavoro durato più anni. Danielle Lewis debutta quindi con un disco più che convincente, ben al di sopra delle mie personali aspettative. Sono contento per lei ma anche per me, che mi scopro ancora capace di sorprendermi per un po’ di musica.

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Le nuvole corrono nel cielo

Questo autunno è stato davvero ricco di nuovi album e spero di riuscire a chiudere l’anno con pubblicando qui tutti i consigli che meritano un ascolto. Tra questi non può mancare Wonderful Oblivion delle sorelle australiane Mabel e Ivy Windred-Wornes, in arte Charm Of Finches. Il loro terzo album è uscito lo scorso ottobre ed ero sicuro che avrei trovato di nuovo le melodie e le voci cristalline del duo che già nell’ultima occasione aveva dimostrato una crescita significativa. In questa stagione (fredda e buia da in questo emisfero) non c’è niente di meglio che ascoltare questo folk oscuro e nuovo.

Charm Of Finches
Charm Of Finches

Concentrate On Breathing apre l’album con le voci delle sorelle unite in perfetta armonia. Una canzone eterea ed evocativa che ci invita a tornare all’essenziale e vivere appieno, ispirata dal lockdown, “Ooh, try to concentrate on breathing / And let your thoughts fall like water to the floor / When you put a name to what you’re seeing / Know that it’s all just the trick of the light / As simple as that“. Gravity è guidata da un accompagnamento scarno che sostiene le voci, qui tristemente ipnotiche. Una canzone con un testo molto intenso e toccante, “We all believed in a dream where she was alive and well / No one told us she was falling down then one day she fell / Couldn’t tell nobody in this whole damn world / Now we’re drunk on the floor watching it all unfurl“. La successiva Gravity si affida alle note del pianoforte per tessere una riflessione sul mondo di oggi e sul suo futuro. Tutto sembra cadere a pezzi e ci sembra di impazzire, “I watch the smoke form towers rising up to the heavens / The trees were screaming ashes as we wielded our weapons / Once the sky was blue / We could see a clear window view“. Pocket Of Stones è un’altra bella canzone dove le voci delle due sorelle ci spingono a liberarci di ciò che pesa sulla nostra vita. Una prova di scrittura davvero notevole, “Cast my memory back / Slowly draw in the net / Throw myself right into the current, will I float? / What a time we did have / When we weren’t thinking so hard / Well I guess it’s a comfort we’ve emptied our pockets of stones“. Con As A Child queste due ragazze, seppur molto giovani, hanno capito che il tempo dell’infanzia è finto. La magia e lo stupore di quegli hanno vanno dissolvendosi ma, a quanto sembra, sono rimasti impigliati in questa canzone, “When you’re a child / On a broomstick you might just fly up and away / And if you listen close / The wise old oak might have something to say“. Miranda è una ballata che racconta di una storia di gelosia. Una chitarra traccia la melodia e fa risaltare il canto. Qui si torna a sentire l’influenza delle First Aid Kit ed è perfetto così, “And on the lawn together you’d lie / And all the clouds scuttle across the sky / And you wonder if you should just, you wonder if you should just let it all pass you by / Oh Miranda, oh how hard, oh how hard you try“. Treading Water è una delicata canzone malinconica che racconta di un amore finito. La musica e le voce sono quasi impalpabili, “It’s now I remember all of the best times / Like when we camped under stars when we first met / We climbed a hill to those abandoned trams / Lay together underneath the pines and / Skinny-dipped in the river as the sun set“. Goodnight è ispirata dalla perdita di una persona cara. Una riflessione profonda sull’inevitabilità di questi eventi, scritta con talento e sensibilità, “I came home one Wednesday afternoon / It was a long day and I’d said goodbye to you / Now every piece of me is aching for that touch, / Aching for that love, / Aching for that heart to beat“. Canyon è ispirata ad un sogno e questo si può sentire nella sua leggerezza. Questa è una delle canzoni meno oscure dell’album nel quale apprezzare ancora la sintonia tra le due sorelle,”I had a dream snow was all I could see / A woman took me way up to the mountains / She wanted to show me just how far I could go / Before my lungs were at risk of exploding“. Un breve intermezzo intitolato Into The Well apre alla title track Wonderful Oblivion che chiude l’album. Una canzone affascinante e riflessiva. Dove andremo quando arriverà la nostra ora? “And when it’s our time / We’ll fade into the light / Maybe upwards or some other direction / Reaching heaven or hell / Or back into the well of wonderful oblivion“.

Wonderful Oblivion è la dimostrazione che la strada intrapresa dalle Charm Of Finches comincia a dare i suoi frutti. In modo particolare la scrittura delle due sorelle appare più matura e consapevole. Ogni canzone è ispirata e ricca di immagini, a volte vaghe e a volte più nitide, ma sempre lucide. Il passaggio all’età adulta è uno dei temi principali di questo album e lo specchio di ciò è nei testi di ciascuna canzone. Il vero grande passo in avanti fatto con questo album sta proprio nella scrittura e nella naturale sintonia che intercorre tra le due artiste. Wonderful Oblivion è la riprova del talento delle sorelle Windred-Wornes che ci regalano un ottimo album, tra i migliori di questo anno che sta per finire.

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