Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 4

Questa è una di quelle volte in cui non so come iniziare un post. Di solito arriva per caso, al momento giusto o quasi, ma questa volta non è arrivata un’idea abbastanza decente da meritarsi di essere messa per iscritto. E allora perché non scrivere proprio di questa assenza di idee? In realtà una mezza idea mi era anche venuta ma non mi aveva convinto molto, perciò per ora la lascio in un cassetto, magari torna utile la prossima volta. Bene, nonostante oggi sia in debito di fantasia e l’unica soluzione e scrivere di questo, la mia introduzione al post in qualche modo l’ho fatta. Il resto del post, con i consueti consigli musicali è qui sotto. La prossima volta mi impegnerò di più…

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Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 2

A chi segue, come me, le nuove uscite discografiche e qualche notizia musicale qua e là, non sarà sfuggita quella del nuovo singolo di Beyoncé. Perché ha fatto notizia? Prima di tutto per la sua svolta country, un genere spesso considerato “di nicchia” e poi perché lei è afroamericana e qualcuno né ha approfittato per fare polemica. In realtà, questo è solo il punto più alto di una riscoperta della musica country da parte del pop mainstream, di cui Beyoncé è una delle massime esponenti da decenni ormai. Personalmente sono contento di essermi appassionato alla musica country anni fa, prima che diventasse cool e questa rinascita non mi lascia del tutto indifferente.

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Si deve riempire il grande vuoto con piccole canzoni

Questa estate è stata particolarmente ricca di nuove uscite discografiche di mio interesse e la maggioranza di essere sono state di musica country. Tra tutte queste non potevo ignorare uno dei più interessanti cantautori country ovvero Colter Wall. Questo artista canadese nonostante la giovane età, ventotto anni, è già un punto di rifermento di questo genere, grazie al suo carisma e alla sua voce unica. Se non avete mai ascoltato una canzone di Wall è bene che vi decidiate a farlo, che il country sia il vostro genere o no. Il nuovo Little Songs è lì ad aspettarvi, non vi resta che ascoltare.

Colter Wall
Colter Wall

Si comincia alla grande con Prairie Evening / Sagebush Waltz che conferma le doti inimitabili del buon Colter, regalandoci un finale strumentale. Da una ballata western ad un pezzo honky tonk, intitolato Standing Here, seguita da una ballata personale e triste, Corralling The Blues. Una canzone poetica ed essenziale che contrasta con la successiva The Coyote & The Cowboy. L’originale è di Ian Tyson e non è la prima volta che Wall propone una cover e non è la prima volta che riesce a renderla migliore dell’originale. Da ascoltare. Non è affatto una cover Honky Tonk Nighthawk che celebra il piacere di fare musica country e nemmeno la ballata For A Long While. Colter Wall si era già cimentato nello yodel e ci riprova questa volta con Cow / Calf Blue Yodel, che ci racconta la vita da cowboy alle prese con la mandria. La title track Little Songs ci porta verso un country rock orecchiabile ma allo stesso tempo malinconico. La seconda cover dell’album è Evangelina, dall’originale cantata da Hoyt Wayne. Anche qui Wall ci mette qualcosa di suo, rendendola di fatto una sua canzone. L’album si chiude con The Last Loving Words, una ballata country malinconica e notturna resa unica dalla voce dell’artista canadese.

Little Songs è ancora una volta un ottimo album country western che riconferma il talento di Colter Wall come interprete e come autore. La sua musica è genuina, senza fronzoli e questa volta più personale rispetto alle precedenti occasioni. Little Songs è uno di quegli album in grado di trasportarti altrove, di incantarti con la sua poesia e le sue melodie. Colter Wall continua sulla sua strada e non potrebbe fare altrimenti. Sembra nato per tutto questo. Non posso convincervi ad ascoltare questo cantautore a parole, è necessario ascoltarlo. E qui sotto c’è una canzone dalla quale vale la pena cominciare.

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Non mancano mai le donne con gli stivali

Queste ultime settimane sono state davvero ricche di nuove uscite e paradossalmente ho avuto meno tempo da dedicare loro. Spero nelle ferie estive nelle quali recuperare le mie mancanze. In qualche modo però la musica trova sempre spazio nella mia giornata e il nuovo album della cantautrice texana Jess Williamson è riuscito a ritagliarsi il suo spazio. S’intitola Time Ain’t Accidental e si tratta del suo quinto album, il secondo che ho avuto il piacere di ascoltare e riportare qui sul blog e il primo dopo l’esperienza con Katie Crutchfield e il loro progetto Plains, che ha esordito lo scorso anno.

Jess Williamson
Jess Williamson

L’album si apre con la title track Time Ain’t Accidental che, senza sorprese, riprende le sonorità del duo Plains. Una scelta più che azzeccata che si ripete in canzoni come la bella God In Everything, orecchiabile e ben scritta, e nella conclusiva Roads, una canzone di speranza e rinascita. Anche Something’s In the Way si potrebbe inserire nel gruppo, grazie all’accompagnamento vario ed originale. Il singolo Hunter punta su eteree sonorità pop per raccontare la voglia di riabbracciare le cose reali dopo gli anni difficili della pandemia. Chasing Spirits è una canzone riflessiva e persona, una canzone sulle canzoni d’amore nella quale brilla tutto il talento della Williamson. Non manca una ballata di grande impatto e porta il titolo di Stampede. Un impossibile amore a distanza è l’ispirazione per una canzone che viaggia sulle note di un pianoforte. A Few Season, scritta per un amore finito, non si allontana da quelle atmosfere, aggiungendo però una buona dose di tristezza. Ancora l’amore, questa volta non ricambiato, è protagonista nell’essenziale e fragile I’d Come To Your Call. Completano l’album la coppia di brani intitolati Tobacco Two Step e Topanga Two Step due canzoni notturne e malinconiche, una più folk e l’altra di ispirazione più pop.

Time Ain’t Accidental è un album che ci presenta una Jess Williamson ispirata e meno inaccessibile che in passato. Buona parte di queste canzoni sono orecchiabile ma mai banali, capaci di farci cogliere con facilità il messaggio che ognuna di esse porta con sé. Difficile inquadrare lo stile o il genere della musica di quest’artista che abbraccia tutte le sfumature dell’americana e del country alternativo, senza disdegnare influenze indie rock. Time Ain’t Accidental segna dunque un punto importante della carriera della Williamson che prende confidenza con le proprie capacità di autrice ed interprete, dando alla luce l’album che potrebbe dare il via ad una carriera ricca di soddisfazioni, meno in ombra di quanto lo sia stata finora.

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Mi ritorni in mente, ep. 90

Anche se l’album Paint Horse risale al febbraio scorso, la scoperta da parte mia del cantautore canadese Benjamin Dakota Rogers è piuttosto recente. Sono rimasto subito impressionato dalla sua voce e dalla passione con la quale interpreta le sua canzoni. Lo stile è quello del country folk americano più classico e tradizionale, fatto di ballate e storie da raccontare. Questo è il suo secondo album che segue Better By Now del 2019.

Difficile scegliere una sola canzone da questo album. Molte sono le ballate intitolate con un nome femminile Maggie, Rosie ed Eloise. Altre sono caratterizzate da un fascino particolare come Blackjack County Chain o la bella John Came Home. Ce n’è per tutti i gusti in questo Paint Horse e chi è appassionato di questo genere musicale troverà davvero delle ottime canzoni. Ho scelto Back To You perché è tra le più orecchiabili e immediate dell’album ma non posso che consigliarvi di dedicare un ascolto, anche più di uno, a questo album.

Non sai come funziona il fuoco

Anche se il nome di Kassi Valazza è nuovo su questo blog, il suo primo album Dear Dead Days del 2019 è stato uno di quelli che hanno dovuto attendere al lungo nella mia wishlist. Quando ho saputo della pubblicazione del suo secondo album, Kassi Valazza Knows Nothing, previsto per maggio di quest’anno, ho pensato di recuperare prima di il suo esordio. Devo imparare a fidarmi di più di me stesso quando metto le cose in wishlist. Un buon motivo per averle messe lì c’è sempre. Oggi però vi voglio consigliare il suo disco più recente di questa cantautrice americana ma non è peccato andare ad ascoltare quello precedente, anche se profondamente diverso nelle atmosfere e nelle sonorità ma siamo pur sempre nell’orbita del country, americana e compagnia.

Kassi Valazza
Kassi Valazza

Room In The City ci introduce a quelle sonorità che di fatto ci accompagneranno per il resto dell’album. Melodie dolci e malinconiche, accompagnamento acustico essenziale e voce carismatica sono gli ingredienti della musica della Valazza. I punti più alti si raggiungono con la splendida Rapture, la sfuggente ed dura Canyon Lines e la solitaria Long Way From Home, che incanta grazie alla voce unica di questa cantautrice. Corners rappresenta una piccola variazione sul tema dell’album, almeno all’apparenza, offrendoci una triste canzone d’amore. Song For A Season si rifà alle sonorità anni ’60, nelle quali Kassi Valazza sembra stare a proprio agio. Una canzone poetica, guidata dalla melodia così come Watching Planes Go By che introduce un gusto vagamente rock che ritroviamo poi in maniera più marcata in Smile. Chiudono l’album l’evocativa Welcome Song e Wildageeses, una canzone che sa di natura, immensi paesaggi e libertà.

Kassi Valazza Knows Nothing è un album nel quale la melodia gioca un ruolo fondamentale e necessario per mantenere un equilibrio che altrimenti farebbe sprofondare tutto in un insieme di canzoni monotone e prevedibili. Kassi Valazza riesce a fare un lavoro straordinario, obbligandoci ad ascoltare e riascoltare le canzoni per cogliere ogni sfumatura, trovandone sempre di nuove. Non è un album che offre un approccio semplice e immediato. Non è un album nel quale cercare una canzone che spicca sulle altre. Qui tutto è immerso in un’atmosfera poetica e anche un po’ psichedelica. Si sente l’anima country che produce ballate e il piacere di cantare e scrivere canzoni. Kassi Valazza Knows Nothing è un gran bell’album che da una nuova forma e dimensione alla musica di questa cantautrice, lasciandoci presagire un futuro molto interessante.

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Come i fiori sul comodino

Lo scorso anno presi la decisione di ascoltare Just Like Leaving, album d’esordio della cantautrice canadese Bella White, a ben due anni di distanza dalla sua pubblicazione perché, in un modo o nell’altro, questo titolo me lo ritrovavo sempre quando mi mettevo alla ricerca di qualcosa di nuovo da ascoltare. L’album si affidava alla classiche sonorità bluegrass e alla cosiddetta musica appalachian, seguendo uno stile scarno ed essenziale. La sua particolarità stava nella capacità della White di rendere questo genere più moderno e contemporaneo senza, peraltro, fare nulla di clamoroso, quasi fosse una sua naturale evoluzione. Ebbene, lo scorso mese è uscito Among Other Things e io non ho voluto mancare all’appuntamento, perché ero in qualche modo sicuro che Bella White avrebbe puntato su qualcosa di più ricco e meno “banjo-centrico” del suo predecessore.

Bella White

Il nuovo corso intrapreso dalla White si intravede chiaramente in canzoni come Break My Heart, un country rock spensierato alle prese con un amore difficile, oppure Numbers, nella quale riflette sulla cose effimere della vita. Un country folk vecchio stile dà forma a Marilyn, nella quale la White esprime solidarietà con una donna che non conosce ma che è vittima di un uomo rozzo e sciocco. Anche The Way I Oughta Go richiama il classico country fatto di amori finiti e ricordi, guidato dalla voce carismatica di quest’artista. Voce che arricchisce la bella ballata Rhododendron. Le ballate sono, anche in questo album, predominanti sulle altre canzoni. Flowers On My Bedside è una ballata folk dolorosa e personale, seguita poi da Dishes ancora più essenziale e fragile. Anche The Best Of Me abbraccia le stesse sonorità e tematiche, definendo la cifra stilistica di questo album. Il country riemerge con forza in Worth My While, dove sentimenti di solitudine prendono il largo. La title track Among Other Things non è da meno e mette il sigillo all’album e ci fa apprezzare il talento di questa cantautrice in tutto il suo splendore.

Among Other Things è un album solido nel quale Bella White dimostra più sicurezza e determinazione, cercando di variare i colori a sua disposizione e riuscendo ancora una volta di bilanciare la tradizione con una spruzzata di modernità. Di fatto questa modernità sta più nell’approccio giovane, nell’immagine in sé, che nelle sonorità. Quelle restano ben ancorate al country classico e al bluegrass. Among Other Things è un album comunque più vario del precedente e per certi versi anche più orecchiabile. Bella White in definitiva mette a segno un altro colpo, riuscendo a mantenersi sulla rotta giusta e ha fare un primo significativo passo verso una carriera interessante che potrebbe riservare ben più di una sorpresa. Ma questo potrà confermarlo solo il tempo.

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Se quell’oceano è ancora blu

Durante tutta la settimana mi appunto sempre qualche artista interessante al quale concedere un ascolto più approfondito appena possibile. Sono molti gli artisti ai quali concedo un “assaggio” ma sono pochi in effetti quelli che poi mi convivono davvero. A volte bastano pochi secondi come nel caso di Ellie Turner, cantautrice americana al suo esordio con l’album When The Trouble’s All Done. Gli album di debutto mi attirano sempre e non potevo sottrarmi al desiderio di immergermi in queste dieci canzoni. Sapevo benissimo che non avrei avuto grosse sorprese ma a volte è proprio questo che cerco. Lo stile americana e la voce pulita mi bastano e avanzano per sentirmi al sicuro.

Ellie Turner
Ellie Turner

Il singolo One More Day traccia in modo chiaro e inconfutabile quali saranno le atmosfere e le caratteristiche di questo album e della Turner. La malinconia esce da ogni nota ma c’è spazio anche al romanticismo come in The ‘I Love You’ Song. Il titolo la dice lunga sul contenuto di questa canzone zuccherosa che sembra pensata quasi per gioco. Canzoni come Daughter e Wandering evidenziano tutta la sensibilità di questa cantautrice, capace di dare vita a canzoni fragili e poetiche. La semplicità e la difficoltà di dire addio prendono forma nella bella A Little Farther Down The Line. Il suo stile classico e senza tempo sono un valore aggiunto da non sottovalutare, soprattutto in un album d’esordio come questo. Katabatic si ispira al vento per tessere un brano luminoso e la successiva If That Ocean’s Still Blue è un delicato valzer sempre segnato dalla malinconia e dalla fragilità delle parole. Ancora spazio all’amore in Holyoke nel quale emerge con forza la delicata voce della Turner che incanta ad ogni strofa. L’unica cover dell’album è Oh, Sister di Bob Dylan, artista che ha influenzato questo album dalla prima all’ultima nota. La title track When The Trouble’s All Done è una sorta di ninna nanna che ci accompagna alla conclusione di questo album.

When The Trouble’s All Done è un buon album di debutto che ci fa scoprire Ellie Turner attraverso canzoni personali e fragili. Ogni brano, registrato dal vivo e in acustico, restituisce un’esperienza genuina ed intima. Le influenze dei cantautori folk americani si fanno sentire ma è normale all’inizio di una carriera in questo genere musicale. La voce è forse il tratto più caratteristico di quest’artista e non è affatto nascosta dall’accompagnamento musicale, anzi è valorizzata dall’essenzialità di quest’ultimo. When The Trouble’s All Done può essere l’inizio di qualcosa di più importante, le premesse sono ottime, non resta che goderselo ed aspettare.

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Mi ritorni in mente, ep. 88

Tra le uscite dello scorso anno mi sono lasciato scappare, per così dire, l’album Peculiar, Missouri del cantautore e poeta statunitense Willi Carlisle. Si tratta del suo secondo disco ma non mancherò di approfondire la sua discografia il prima possibile. Inutile aggiungere che sono bastati pochi ascolti per ammirare la sua capacità di raccontare storie ed essere sincero con chi ascolta, catturato dalla sua voce e dal carisma del classico artista country un po’ scapestrato.

Oggi vi propongo Vanlife solo perché ho dovuto fare una scelta e questa canzoni è anche accompagnata da un bel video. Ma ci sono molte canzoni che meritano un ascolto in questo Peculiar, Missouri. Come ad esempio la splendida ballata Tulsa’s Last Magician o Este Mundo dalle melodia messicane. Non posso non invitarvi ad ascoltare anche l’intensa I Won’t Be Afraid o Rainbow Mid Life’s Willow che ricorda le sonorità folk anglosassoni. Oppure se vi piace il bluegrass, The Down and Back fa per voi ma se preferite qualcosa di più particole c’è la title track Peculiar, Missouri, interamente recitata. Insomma c’è un po’ di tutto in questo album e questa Vanlife ne è solo un assaggio.

Non mi giudicate – 2022

Come tutti gli anni è giunto il momento di tirare le somme di questo 2022. Sono 72 i miei album usciti quest’anno e quindi candidabili per la breve selezione che troverete qui sotto. Come sempre, ma quest’anno in particolar modo, è stato difficile scegliere per alcune categorie. Forse anche a causa nel gran numero di album, molti di più del 2021. Avrei voluto dare spazio su questo blog ad altri album ma anche sulle recensioni ho dovuto fare delle scelte, spesso a malincuore. Ma tutto ciò mi ha aiutato a restringere la rosa dei candidati per questa lista. Ecco dunque svelati i miei personalissimi migliori album del 2022. Buona parte degli esclusi lì trovate comunque tutti qui: 2022. E i restanti? Li trovate un po’ qui, su Bandcamp, e un po’.. chissà dove.

  • Most Valuable Player: Aldous Harding
    Pochi altri artisti sono paragonabili a lei. Con il suo Warm Chris si conferma una delle più originali cantautrici della sua generazione. Una di quelle che si faranno ricordare a lungo. Ascoltare per credere.
    Amore è il nome del gioco
  • Most Valuable Album: Palomino
    Il ritorno delle First Aid Kit è segnato da un album eccezionale. Probabilmente il più bello della loro carriera sotto tutti i punti di vista. Positivo e solare ma venato di una malinconica maturità.
    Lascia che il vento ti riporti a casa
  • Best Pop Album: Dance Fever
    I Florence + The Machine danno vita ad un album potente ma allo stesso tempo fragile e insicuro. Le difficoltà del lockdown ci mostrano una Florence Welch meno dea e più mortale.
    Welch la Rossa, il diavolo e la voce d’oro
  • Best Folk Album: To Have You Near
    Categoria colma di ottimi album. Alla fine però l’angelica voce di Hannah Rarity riesce a spuntarla sulle contendenti. Il suo è un folk moderno ed emozionante che prende ispirazione dalla tradizione.
    Un vento pieno di ricordi
  • Best Country Album: No Regular Dog
    Pochi dubbi sul migliore album di questa categoria. Kelsey Waldon ci regala un album solido nel quale ogni canzone si completa con le altre, dove non c’è un solo passo falso. Non so quante volte l’ho riascoltato.
    Consunto come un vecchio paio di jeans
  • Best Singer/Songwriter Album: Loose Future
    Altra categoria affollata di ottimi album. Ho voluto premiare il coraggio di Courtney Marie Andrews di rinnovarsi e trovare nuove strade. Il risultato è ottimo come lo è sempre stato per questa cantautrice americana.
    La vita è migliore senza piani
  • Best Instrumental Album: Beatha
    Quest’anno ho ascoltato album prevalentemente strumentali più del solito. La mia scelta ricade però su quello di Tina Jordan Rees, stimata musicista scozzese, che debutta da solista con le sue composizioni originali.
  • Rookie of the Year: Iona Lane
    Con Hallival questa cantautrice inglese debutta con un album che è una finestra sulle bellezze della natura ma anche sugli uomini che la abitano, arrivando infine a noi stessi. Un folk moderno e senza tempo.
    Brutale bellezza avvolta dalle mareggiate occidentali
  • Sixth Player of the Year: Katie Spencer
    Quando ascoltai The Edge Of The Land non avrei mai pensato di inserirlo tra i migliori di quest’anno. Ma pian piano è cresciuto e ogni tanto mi chiama ancora a sé ed io ritorno piacevolmente da Katie.
    Come il gelsomino la sera
  • Defensive Player of the Year: Erin Rae
    Non poteva mancare questa cantautrice con il suo Lighten Up che torna a deliziarci con la sua voce unica e le sue canzoni sincere. Un album rassicurante e familiare, dove rifugiarsi quando se ne sente il bisogno.
    Sotto un vecchio familiare bagliore
  • Most Improved Player: Hailey Whitters
    La mia scelta ricade, senza esitazioni, sull’album Raised. Il country spensierato e solare ma anche un po’ nostalgico di questa cantautrice trova qui la sua massima espressione. Semplicemente irresistibile.
  • Throwback Album of the Year: Saint Cloud
    Complice il debutto del duo Planis, ho riscoperto questo album del 2020 di Waxahatchee ovvero Katie Crutchfield. La sua voce carismatica e il suo stile particolare mi hanno conquistato subito.
    Mi ritorni in mente, ep. 86
  • Earworm of the Year: Karma Climb
    Molte sono le canzoni che mi sono ronzate in testa per un bel po’. Forse più delle altre c’è questa degli Editors, che sono tornati come sempre carichi di novità, con il loro EBM. Tom Smith è una garanzia.
    È così che ci nascondiamo dalla vita moderna
  • Best Extended Play: I Promised You Light
    Sono ben due gli EP pubblicati quest’anno da Josienne Clarke, uno di brani originali e uno di splendide cover. Ho scelto il primo solo perché ne ho scritto a riguardo da queste parti ma anche l’altro Now & Then merita un ascolto.
    Queste furono le prime luci
  • Honourable Mention: Nikki Lane
    Non potevo dimenticare lei e il suo Denim & Diamonds. Un ritorno in grande stile a distanza di anni. Una album maturo e personale che segna una svolta rock ma che non rinnega l’anima outlaw country di questa cantautrice.
    Ti farà girare e ti sputerà fuori