Fuoco incrociato

Gold Rush è stato pubblicato nel 2017 ed è rimasto da allora nella mia wishlist musicale. L’estate e l’inevitabile blocco delle uscite discografiche mi ha permesso di recuperare il secondo album della cantautrice americana Hannah Aldridge. Il suo country contaminato dalle sonorità rock e blues mi aveva conquistato subito ma, come spesso mi capita, ho aspettato troppo prima di ascoltarlo. Non avevo più scuse ed era giunto il momento di scoprire un’artista sapevo averebbe avuto tutte le caratteristiche per rientrare tra la mia musica preferita. Ecco dunque Gold Rush che segue Razor Wire del 2014 ed anticipa una raccolta live, Live In Black And White, dello scorso anno.

Hannah Aldridge
Hannah Aldridge

Aftermath apre l’album con il suono delle chitarre e ci avvia verso un country rock tanto classico quanto buono. La voce della Aldridge è graffiante ma educata con una venatura dark che ne caratterizza ogni singola canzone. La successiva Dark Hearted Woman è una ballata rock che amplifica questa anima oscura. Un assolo di chitarra elettrica aggiunge fascino ad un canzone che ci inizia a svelare una delle tante sfumature che questa cantautrice sa creare. Burning Down Birmingham è un bel pezzo country, energico e trascinante. La Aldridge è eccezionale, supportata da una band che ne esalta le doti vocali. Una delle migliori di quest’album per orecchiabilità e immediatezza. Da ascoltare. Segue The Irony Of Love che è di tutt’altro tenore. Qui Hannah Aldridge rallenta l’andatura senza rinunciare al quel sentimento di rabbia celato sotto la sua voce. Una delicata cavalcata rock che cresce pian piano fino al finale. Shouldn’t Hurt So Bad è uno dei brani che preferisco di questo album. Si sente l’influenza southern rock che mi fa tornare in mente quei quattro ragazzi di Athens, che di questo stile ne hanno fatto il loro marchio di fabbrica. Davvero un bella canzone. Il singolo di punta dell’album è No Heart Left Behind, un country rock carico e potente. Hannah Aldridge tiene le redini della canzone con sicurezza e mestiere. Un altro brano orecchiabile e trascinante che ci fa ammirare il talento di questa cantautrice. Living On Lonely è un bel country blues che sfiora i cinque minuti e mezzo ma il carisma e l’interpretazione della Aldridge permettono a questo pezzo di essere una delle ballate più belle di questo album. La voce graffiata delle canzoni più rock lascia spazio alla sua versione più morbida e malinconica. La successiva I Know To Much ha un fascino tutto suo. Un rock oscuro nel quale la Aldridge gioca a fare la cattiva ragazza. Le chitarre conducono il gioco e scorrono come un torrente in piena. Lace è una lunga confessione che va oltre i sei minuti. L’anima blues della Aldridge spinge per emergere, con una pulsione sensuale e magnetica. Uno dei brani più maturi e intensi di questo disco. Si chiude con la title track Gold Rush, un altra canzone intensa e dolorosa. In un album personale, questa è forse la canzone che scava più a fondo di tutte. Un finale che sembra mettere in pace le molteplici le anime tormentate dell’album.

Gold Rush è un album che vuole imbrigliare un’inquietudine derivata da storie di autodistruzione e delusioni. Hannah Aldridge è in cerca di riscatto e attraverso la sua voce, l’energia e la rabbia, emerge forte questa sensazione. Sicuramente quest’artista va ad aggiungersi a quelle da tenere d’occhio per il prossimo futuro. Colpevolmente ho lasciato che questo album mi sfuggisse ma per fortuna la mia tendenza al scartare il meno possibile in fatto di musica mi ha permesso di scoprire questo gioiellino che racchiude tutte le variazioni del rock americano. Gold Rush è un album personale e forte ma allo stesso tempo orecchiabile e molto piacevole da ascoltare. Le sue sonorità familiari ci conducono tra le braccia di un genere musica che non stanca mai e si rivela sempre essere uno dei più affascinanti e sorprendenti.

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Mi ritorni in mente, ep. 62

Anche quest’anno si stanno avvicinando le ferie ma devo ammettere che questo mese di Luglio sembra più lungo del solito. Ma tra una decina di giorni sarà finito anche lui e lascerà spazio al più estivo dei mesi, Agosto. Dato che non ho, al momento, nuovi album da sottoporre alla vostra attenzione, mi limiterò ad una sola canzone nuova nuova.

The Highwomen è un supergruppo tutto al femminile formato da Brandi Carlile, Amanda Shires, Maren Morris e Natalie Hemby. Il loro album di debutto è previsto per il 6 Settembre ma nel frattempo ci possiamo ascoltare il primo singolo Redesigning Women. Un bel country rock nello stile di Brandi Carlile, che la vede insieme alle sue tre compagne, dare alle fiamme oggetti che solitamente sono associati alle donne. Che dire? Se c’è di mezzo Brandi Carlile sarà sicuramente un album da non lasciarsi scappare.

Rose rosso scuro

Dopo l’ottimo Gilded del 2017 (Lacrime salate), la cantautrice americana Jade Jackson ci riprova con il nuovo Wilderness. Lo stile della Jackson, che mescola country e rock, è sempre piacevole da ascoltare e lo dimostra il fatto che Gilded lo ascolto volentieri tutt’ora. Si è dimostrato uno di quei dischi che non invecchia mai e ogni volta è come la prima volta. Il primo singolo Bottle It Up non mi ha sorpreso, nel senso buono, e ho ritrovato tutto ciò che mi era piaciuto di quest’artista. Ho notato che il rock si è fatto più marcato ma volevo aspettare di ascoltare l’album per intero prima di trarre conclusioni. Ora posso dire di averlo fatto.

Jade Jackson
Jade Jackson

Bottle It Up dà il via, trascinandoci subito nel country rock della Jackson che non perde quel fascino da bad girl. In realtà è più romantica di quanto sembra volendo imbottigliare i bei momenti per poterne bere un goccetto quando ci si sente un po’ giù, “Bottle it up the way we feel right now / Whenever I get lonely gonna drink a little down / Bottle it up the way you’re holding me / If ever I get lonely gonna pour myself a drink“. La successiva City Lights è tra quelle che preferisco. La batteria scandisce il ritmo, le chitarre e la voce ci mettono il resto. Una canzone dalle venature rock, addolcite dalla voce malinconica delle Jackson, che rivela una scrittura poetica ricca di immagini, “Traffic flows like water / Rivers, white and red / Some roads stretch forever / Some come to an end / Yeah and I can see the city lights shining / I can hear the cars drive by / I wonder where they’re going to“. Don’t Say That You Love Me racconta di un amore ardente che le parole “ti amo” farebbero esplodere. Un brano pop rock, leggero e fresco, da ascoltare e riascoltare, “Don’t say that you love me / ‘Cause I heard those words before / Don’t say that you love me / Only makes me want you more / And I feel alright now / Ain’t nothing gonna bring me down / And I feel alright, yeah / Whenever you’re around“. Divisa tra amore e sogni in Multiple Choice, Jade Jackson ci travolge con un rock sentimentale. Qui quest’artista dimostra la sua abilità di scrittura, ispirandosi alle sonorità più classiche del cantautorato americano, “Your skin is dappled in dark leaves / Shadows cast by the moon behind the trees / Windows cracked, lets in a cool breeze / Wondering what the hell’s come over me“. Segue Now Or Never che si concede una deviazione decisamente più rock. Voce da dura e chitarre che invadono l’aria, confermano le sonorità scelte per questo album. Jade Jackson non sbaglia un colpo, “I don’t wanna wait for somethin’ real / Like a thief with nothin’ to steal / Fool’s gold fills an empty chest / Broken love and bitterness / Yeah, you ask me to wait / So I wait, feels like forever / It’s got to be now or never“. Tonight ritorna su un sound più country e malinconico. Le difficoltà d’amore prendono anche il cuore di una ragazza rock, che le affronta con una bella canzone, “Dark red, fragrant roses / Would make anybody blush / A warm embrace, a handsome face / Could give any lonely heart a rush / I’m confused / But that don’t take away my right to refuse / If you let me choose / I wouldn’t do something that I don’t want to“. Le ballate non possono mancare e Dust è una di queste. La voce rotta della Jackson dà la giusta tensione ad una canzone triste e toccante, impreziosita dal suono inconfondibile di una pedal steel. Una canzone matura e ancora una volta davvero ben scritta, “She was right, what she said, what she told me I’d become / That I’d be just like her, I’d be nothing but knocked up by twenty-one / I bear his child, and so therefore I must stay / But I wish that I too could float away“. Long Way Home vira verso sonorità decisamente più country. Jade Jackson si rifà ai grandi nomi che hanno fatto di questo genere uno stile di vita, senza però rinunciare alla chitarra elettrica e al suo indiscutibile fascino, “Nine times out of ten I’ll write my number wrong / If I wasn’t lonesome, how would I stay strong / When depression’s dark as the night is long / A pair of arms becomes where I belong“. Loneliness parla di promesse infrante e solitudine. Una delle migliori canzoni di questo album, per passione e interpretazione. Jade Jackson è in forma e ha una grande voglia intrappolare emozioni nelle sue canzoni, “How come loneliness is something we don’t talk about / Broken promises, hardly ever spoke aloud / I can’t do this anymore / Is my heart worth fighting for? / How come loneliness is something we don’t talk about / It’s something I don’t talk about“. La title track Wilderness riprende le sonorità che hanno caratterizzato la prima parte dell’album, srotolando un trascinante rock. Un ritornello orecchiabile completa una delle canzoni più oscure del disco, “I can’t handle all my stress / To you, this I must confess / It’s alright / Never know what I’ll come home to find / Maybe another memory to leave behind“. Shiver è essenziale e solitaria. Il suono confortante di una chitarra e la voce della Jackson, danno vita ad un altro gioiellino malinconico al punto giusto, “Baby do you want me back / Cause I be coming home so fast / You won’t even know that I ever left / Shoulda seen those buzzards flying / Maybe then I’d know our love was dying / Loving you was like the river / I couldn’t help but shiver“. L’album si chiude con Secret. Il ritmo e le chitarre provano a nascondere un segreto che sta creando qualche pensiero di troppo alla nostra Jade. Sarà sicuramente un segreto rock, “I tried to scream in a dream / But I was speechless / I woke up in a cold sweat / Dreamt that somebody told my secret“.

Wilderness ripropone gli stessi ingredienti del suo predecessore con l’aggiunta di un piglio più rock e meno country. Resta indiscutibile la capacità di Jade Jackson di sfornare canzoni orecchiabili ma mai scontante, soprattutto dal punto di vista dei testi. In alcuni casi si nota una maggiore maturità in essi seppure il tema principale resta quello dell’amore. L’energia del rock si completa con i sentimenti e le storie del country, confermando la giovane cantautrice americana come una delle stelle del futuro firmamento di questo genere musicale. Wilderness vede il ritorno di una Jade Jackson in ottima forma per niente interessata a cedere ai logori meccanismi commerciali, mantenendo quell’aria da bad girl sentimentale che è un piacere per gli occhi e le orecchie.

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Si è spento il sole

Dopo l’ottimo esordio intitolato Siren Serenade (Serenate per sognatori), la cantautrice inglese Emily Mae Winters è tornata quest’anno con High Romance. Se vorrete ascoltarlo però dovrete aspettare fino al 19 Luglio, data ufficiale di uscita. Io ho potuto farlo in anticipo perché ho partecipato alla campagna di crowdfunding che sarebbe servita a finanziarlo. Sfortunatamente PledeMusic ha chiuso i battenti lasciando a mani vuote molti artisti tra i quali anche Emily. Nonostante questo è stata gentile ad inviare ai partecipanti una copia dell’album in anticipo. Eccomi dunque tra le mani questo High Romance che, fin da subito, prospettava un cambio netto di sonorità, scostandosi dal folk tradizionale del suo predecessore.

Emily Mae Winters
Emily Mae Winters

Come Living In My Heart & Pay No Rent, ispirata ad una poesia di Samuel Lover, apre l’album. Ritroviamo la voce inconfondibile della Winters, questa volta sostenuta della chitarra elettrica. Le sonorità folk rock d’oltreoceano sono ben evidenti sin da questo inizio. This Land è un evocativo folk rock dalle atmosfere tese, in un crescendo di chitarre. La Winters sempre educata con la voce prova nuove soluzioni, trovando la chiave della canzone. La successiva Would The World Stop Turning? si avvicina più alle produzioni precedenti a questo album ma l’approccio strizza sempre l’occhio all’America. Un bella canzone che si fa apprezzare per le doti vocali della Winters. Wildfire ben rappresenta la svolta musicale intrapresa. Qui si entra nel territorio del country, dove ritmo e melodia si fondono, unite da una voce morbida ed pulita. Funziona, funziona eccome. Gin Tingles & Whiskey Shivers non molla la presa anzi, stringe a sé ancora più forte un blues rock che si confà alla voce della Winters, che in questa occasione mostra le sue venature più black. How Do Fix A Broken Sun è una ballata folk ben scritta e ben interpretata. Il suono inconfondibile della chitarra elettrica scolpisce la musica ma lascia libero sfogo alla potenze vocale di questa cantautrice. Da ascoltare. Il ritmo rallenta e il tempo si ferma in Take Me In. La voce è delicata e sommessa, inedita per quest’artista. La musica è più essenziale che in precedenza, quasi un ritorno alle origini. Una delle mie preferite di questo album. Flaming Rose è probabilmente la canzone più orecchiabile di questo album. Nel ritornello la Winters dà enfasi al canto sporcando la voce e restando aggrappata alla musica con le unghie. Anche qui ci sono tutte le novità di questo album. Ancora più rock la successiva Closer. Canzone breve ma nella quale è ben percepibile la tensione ed il ritmo. Non posso nascondere che sia una delle mie preferite, mi piace, ma non mi sarei mai aspettato nulla del genere da Emily. Si rientra in ritmi più blandi con Across The Wire che affronta l’amore al tempo di internet. Si fa tesoro del canto folk che viene ben mescolato ad un accompagnamento moderno ed essenziale. L’album si chiude con la bella One Of These Days. Una ballata molto delicata e piacevole da ascoltare. Emily Mae Winters ammorbidisce ancora una volta la voce e ci fa scivolare lentamente in un’atmosfera romantica, come da tema dell’album.

High Romance è una vera svolta, più di quanto avrei immaginato. Se Emily Mae Winters poteva essere associata alla nuova generazione di cantautrici folk, con questo album fa tabula rasa di qualsiasi certezza in merito. Non è frequente trovare un’artista con il coraggio di cambiare sonorità già al secondo album, di questo va dato merito alla Winters. Il risultato è un album nel quale si percepisce la volontà di far passare un messaggio, che il romanticismo non è morto e c’è ancora spazio per le emozioni. E il veicolo scelto è il folk americano e affini ma soprattutto la chitarra elettrica. Il suo suono pervade l’album e determina inequivocabilmente il distacco dal folk inglese. High Romance è un album che vuole essere diretto, risultando meno complesso del suo predecessore e sottolineando la volontà di ricercare sonorità più appetibili. Si nota ancora un po’ di Inghilterra in questa America di Emily, che priva di quella ruvidezza necessaria le sue canzoni. La voce sopperisce in parte alla mancanza ma a volte è troppo educata per riuscirci davvero. Emily Mae Winters con High Romance apre una nuova via nella sua musica, che sia questo solo l’inizio o una parentesi, ci lascia comunque ancora una volta incantati.

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