Due amici

Era il 2011 quando Tom Smith, leader degli Editors, e il suo amico e collega Andy Burrows, si unirono per realizzare un album di canzoni di Natale, intitolato Funny Looking Angels. Da allora ognuno ha proseguito per la propria strada per poi ritrovarsi di nuovo insieme e pubblicare quest’anno un album dal titolo eloquente Only Smith & Burrows Is Good Enough. Il duo, che non di definisce una band, è inevitabilmente caratterizzato dalla voce di Smith che in queste occasioni si discosta dalle atmosfere cupe che caratterizzano la musica del suo gruppo più importante. Bello rivederli insieme Smith & Burrows che con quell’album di dieci anni fa hanno scritto delle canzoni che ancora oggi mi sovvengono alla mente quando quando arrivano le feste.

Smith & Burrows
Smith & Burrows

All The Best Moves apre l’album e sembra riprendere quella gioiosa energia già espressa nella precedente occasione. Non c’è modo migliore di cominciare questa nuova avventura insieme, “Get me a car, get me a limousine / And take me out to the music scene / On second thoughts I saw this thing on the news / Kids getting killed for the shoes that they chose / Sometimes life’s meant to pass you by / We’re all so small look at the size of the sky“. Segue la più scanzonata Buccaneer Rum Jum che vede Burrows prendere il microfono e illuminare questi momenti bui. Una canzone con un accompagnamento ricco e vario che mostra il talento del duo, “Got a one way ticket now you marauder / There’s nothing left for you round here / I’m not gonna mend your broken pieces anymore / With a little luck you might come down / With a little luck you might come back to me“. Torna Smith con Spaghetti. Una canzone veloce ed che riflette sulla bellezza di una vita ingarbugliata. Una canzone decisamente leggera e divertente, nello spirito di questi cantautori, “I’m gonna mess you up, just like spaghetti / I’m gonna fill my cup up to the limit / Gonna suck you down, just like spaghetti / Can you see my crown, don’t you forget it / I’vе been working you, well I’ll take the minutеs / I’ll be turning this town upside down for years, for years, oh“. Momento nostalgia con Old TV Shows con Andy che si alterna con Tom. Un brano poetico e un po’ malinconico ma risollevato dal ritornello orecchiabile, “Oh, come look at us now / A broken record will last forever / You couldn’t pick us out of the crowd / When it worked just couldn’t miss us / It’s over like top of the pops / Just a day the time’s had its way with / Over and over we’d lay / Memories like old TV shows“. La canzone che preferisco è Parliament Hill, ballata di speranza e conforto. Smith mette i brividi con la sua voce e Burrows allevia la tristezza con il ritornello. Cosa chiedere di meglio? “There’s a warm rain, are you feeling alright? / Well, I know it ain’t easy when you can’t sleep at night / There’s a band playing and they don’t give you peace / Well, I know it ain’t easy when the noises won’t cease“. Bottle Tops è un altro brano fresco che richiama le sonorità del gruppo di Smith ma con un’atmosfera meno cupa, “Untie, she’s with the bottle tops, then / Hope that you’ll notice me when you do it’ll all come clear / I’m on my own you see, just for the moment baby / I’ll be your one and only, I’ll die a happy man“. I Want You Back In My Life è una canzone d’amore malinconica ma ricca di quella speranza che questi due artisti sanno sempre regalare, “Get me out of this hole / Too much of me with myself and I’m in trouble / All the clouds are grey and the wind has the bitter bite / All I know is I want you back in my life“. Decisamente più pop Aimee Move On. Ricorda le sonorità del brit pop e si appoggia sulla vocalità incredibile di Smith. Un’altra bella canzone che sa emozionare, “I was the worst, I was the best / No, I was the best of the worst of the rest / Don’t make them miss the chances wе missed / Wouldn’t it be wonderful if I wasn’t such a fool / Stеp outside, howl at the moon“. Too Late è un pezzo pop da ballare che viaggia veloce e si illumina nel ritornello liberatorio. Buone sensazioni emergono da ogni singola nota,”Please, we don’t have forever / Play a song, play a song that keeps this together / It’s too late now / Don’t be hard on yourself, just ‘cause everything’s over / It’s too late now / Don’t be hard on your brothers or hard on your sisters“. Si chiude con Straight Up Like A Mohican. I due sembrano divertirsi insieme e forse è proprio questo lo scopo dell’album, “You and me, we’re probably thinking the same thing / Like where did it all go wrong? / Making me feel alive and suddenly I don’t know why / Where did it all go wrong?“.

Only Smith & Burrows Is Good Enough è un album fatto da due amici che si vogliono semplicemente divertire e accendere una luce in questi momenti difficili. Quando Tom Smith smette i panni dell’enigmatico front-man degli Editors, trascinato dal sempre positivo Andy Burrows, il risultato non può che essere questo: un’album spensierato ma non troppo leggero, fatto di buoni sentimenti, che non dimentica però i momenti difficile. Non me ne voglia in buon Andy ma la voce di Smith è fondamentale per il duo. Il suo modo di cantare, la sua interpretazione aggiungono quel qualcosa in più anche in canzoni meno celebrali alla quale ci ha abituati. Only Smith & Burrows Is Good Enough offre un ascolto piacevole, intriso dal sentimento di reciproca amicizia di questi due cantautori e del loro talento, che strappa una sorriso più di una volta.

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Paura di cadere

Non ricordo quanto tempo sia passato dalla prima volta che ascoltai una canzone degli Editors, una versione acustica di Smokers Outside The Hospital Doors per MTV. Forse era il 2007 o il 2008 quando mi innamorai della voce di Tom Smith e di quel gruppo che è ritornato quest’anno con l’album In Dream. Si tratta del quinto della loro discografia, il secondo con la nuova formazione priva del chitarrista Chris Urbanowicz. Il precedente The Weight Of Your Love del 2013 era il risultato di un recupero dei brani scritti con l’ex chitarrista durato quattro anni. Un album che lasciò qualche perplessità e qualche buona sensazione per il futuro ma che deluse molti fan legati al quel sound dei primi due album. Questa volta il gruppo è partito da zero cercando di trovare un’identità nuova, che passa sempre dalla voce del leader Tom Smith. Eccoci dunque di fronte a In Dream, ennesimo cambio di direzione per la band inglese, ennesimo tentativo di trovare una definitiva consacrazione.

Editors
Editors

No Harm reintroduce i synths abbandonati da In This Light And On This Evening ma più leggeri e meno opprimenti. Smith si prende la scena con la sua voce inconfondibile e da forma ad una canzone essenziale ed intensa. Un gradito ritorno alle atmosfere oscure, tipiche del gruppo, “The fever I feel, the fake and the real / I’m a go-getter / My world just expands / Things just break in my hands / I’m a go-getter“. La successiva Ocean Of Nigth è portatrice di un po’ di luce, notturna e lontana. Quasi ci culla veloce verso una notte senza fine, trasfortati da una confortante melodia. In sottofondo la voce femminile di Rachel Goswell (Slowdive) che duetterà più avanti con Smith. Una delle migliori dell’album, “Wasting on nothing / Effortlessly, you appear / Sound of the thunder / Reverberate in your ears / This is a slow dance / This is the chance to transform / Pause for the silence / In habit, the calm of the storm“. Forgiveness fa tanto anni ’80. Sembra di tornare indietro e ritrovare gli Editors che conosciamo. C’è energia e rabbia che non sfocia in un sound epico nel quale Smith e soci sono talvolta caduti, “The line in the sand ain’t drawn for everyone / The flag in your hand don’t make you American / Stripping your soul back, be forever young, forever young / Forever young“. Salvation apre con gli archi e continua con l’elettronica facendo galleggiare Smith in un’aria densa. Il ritornello è un’esplosione, un cambio di marcia carico di energia che spezza l’equilibrio. Una buona canzone, forse un po’ frammentaria ma potente, “Son, you were made to suffer / Oh, but the morning comes / Oh, when the light is failing / Temptation takes you to / Salvation / Swimming with the swarm of electric stars / Salvation / Deliverance is ours by the light of the stars“. Il pezzo forte dell’album è sicuramente Life Is A Fear, pulsazione elettroniche ci catturano e ci trascinano tra laser e luci stroboscopiche. Tom Smith ancora una volta non disdegna il falsetto ma non manca di cantare a piena voce. Da ascoltare, “Every siren often my lullaby / Every heartbeat functioning thrown to the night / I’m quenched in your light / And see the floor rising through a dream / Forgotten thoughts lost in a memorable theme / And soaked to the skin“. The Law è essenziale e minimalista, dove trova posto Rachel Goswell con la sua voce fredda. Anche se c’è tutta l’intenzione di sperimentare, forse questo brano è un po’ debole e sottotono. Lecito aspettarsi di meglio dagli Editors, “What’s that accent? Where are you from? / What are you drinking? How’d I get some? / Sinking my teeth into something new / Doing what my maker taught me to“. Our Love è troppo disco per i miei gusti. Quel falsetto poi è troppo. No, questa non mi piace e più l’ascolto e più mi convinco che non fa per me. La salvo solo per il finale, “All eyes on you now / The cigarette burning, the taste of ash in your mouth / I understand, I understand / This ain’t a dream, it’s your world caving in (I always knew) / Your world caving in (I always knew)“. Ma gli Editors si riscattano con la bella All The Kings. Si torna a sentire Smith in tutto il suo splendore, che insegue il ritmo e la melodia, è questo che voglio sentire. Il brano si chiude con un estratto da Harm, canzone contenuta nella versione deluxe, “The place where we met is haunted by thieves / Sifting through memories, from the foreign leaves / Oh, bank us your soul, now race with the clock / Immunity over, take a moment, then stop“. Una ballata triste e profonda come solo gli Editors sanno fare è racchiusa in At All Cost. La voce di Smith è fredda e lontana, tutto è rallentato e confuso. Senza orpelli nè distrazioni, essenziale, “When I’m calm / And oh, I’d lie / And all my doubts are dead / Take me back to then / Don’t let it get lost / Don’t let it get lost / At all cost / At all cost“. Chiude l’album Marching Orders, lunga marcia che sfiora gli otto minuti. Una canzone epica e malinconica. Una bella canzone che dimostra che questo gruppo ha ancora qualcosa da dare. Un saluto perfetto, “I used to write down my dreams / Now they’re gone when my eyes open on you / Well even though you’ve fucked up / There’s still the makings of a dreamer in you“.

In Dream è un album nel quale gli Editors decidono di guardarsi indietro e provare qualcosa di nuovo. Il paragone con In This Light And On This Evening vale solo per l’uso preponderante dei sintetizzatori sulle chitarre, perchè questa volta si intravede una luce in fondo al tunnel. Gli Editors sono tornati con la voglia di fare bene e ci sono riusciti ma manca ancora quell’identità che permetterebbe loro di staccarsi una volta per tutte dai loro modelli. Restano vittime della critica che sembra aver perso fiducia in questo gruppo, troppo simile a tanti suoi predecessori. No, In Dream, non è ancora l’album perfetto, quella pietra miliare che segnerà la loro carriera. Gli Editors sembrano destinati a scrivere album sempre ottimi, a volte buoni, ma non sembrano destinati a sfornare un capolavoro. Con questo album, la nuova formazione, ha stabilito le nuove linee guida per il futuro, affidandosi a Tom Smith e al suo carisma. Proprio lui, che campeggia da solo in copertina, come non era mai successo finora. Gli Editors restano ancora un gruppo dai tratti indefiniti ma paradossalmente in grado di sorprendere.

Tutto pronto

Ci siamo. Gli Editors sono pronti a pubblicare il loro quarto album. Da domani sarà possibile ascoltare il singolo A Ton Of Love, il primo estratto dell’album che uscirà a Luglio. La data ufficiale e il titolo non sono ovviamente ancora stati resi noti ma lo saranno a breve. Dopo quattro anni, finalmente, gli Editors sono tornati e si trovano in un momento importante della loro carriera. In primo luogo l’addio del chitarrista Chris Urbanowicz nel 2012, ha costretto il gruppo a rimettere mano alle canzoni già pronte per questo quarto album. Nel frattempo si sono aggregati al gruppo, non solo come supporto ma proprio come membri della band, il chitarrista Justin Lockey e il tastierista e chitarrista Eliott Williams. La seconda prova che devono affrontare i nuovi Editors è sicuramente quella di dimostrare che il discutibile In This Light and on This Evening si trattasse solo di un esperimento. Lo stesso Tom Smith ha detto di essere orgoglioso di averlo fatto ma ha anche aggiunto che non lo rifarebbe. Questo questo lavoro quindi ha tutte le carte in regola per presentarsi come una svolta. Per ora il singolo A Ton Of Love è disponibile solo nella versione live di qualche tempo fa.

Anche Agnes Obel si sta preparando per l’uscita del suo nuovo singolo che si dovrebbe intitolare The Curse. Nel caso della cantautrice danese le informazioni sono frammentarie e da quel poco che si può capire pare che uscirà il 20 Maggio o comunque verso la fine di questo mese. Il secondo album di Agnes Obel è uno dei più attesi dell’anno, grazie soprattutto al successo del precedente Philharmonics. Sono convinto che Agnes non deluderà i suoi fan, compreso io, che non vedono l’ora dopo tre anni di ascoltare qualcosa di nuovo.

Tutto è pronto. Non resta che aspettare pazientemente l’uscita di questi due nuovi album.

Agnes Obel
Agnes Obel

Mi ritorni in mente, ep. 3

C’è una canzone che mi perseguita da ormai diverso tempo. Appena può si fa viva. Pensadoci bene parecchie canzoni degli Editors mi rimangono in testa. Il segreto sta tutto nella musica e nella voce di Tom Smith. Una voce chiara e profonda sorretta da quel modo di scandire ogni singola parola. Sono tanti i nomi che vengono associati a loro, Joy Division, Depeche Mode, U2, R.E.M., Interpol e chissà chi altro. Io modestamente penso che siano una delle band più interessanti degli ultimi anni forse non tra le più originali ma sicuramente interessanti. Vantano anche tentativi di imitazione, vedasi White Lies. Proprio mentre qualcuno dubitava del fatto che potessero resistere a lungo alla tentazione di uscire dai bassifondi dell’indie-rock cominciando dal secondo album An End Has A Start, loro hanno spiazzato tutti pubblicando In This Light On This Evening. Chi voleva ascoltare qualcosa di più accattivante è rimasto deluso e chi voleva qualcosa di poco accessibile ha avuto pane per i suoi denti. Gli Editors hanno diviso la critica e i fans. Qualcuno ha apprezzato l’uso dei synth e altri rivolevano indietro le chitarre. Forse questi ultimi hanno sofferto l’addio del chitarrista Chris Urbanowicz che rappresentava parte dell’anima del gruppo. Sinceramente io non l’ho trovata una grossa perdita, l’idea che gli Editors potessero intraprendere una strada dalle sonorità vicine quelle degli U2 più recenti (dei quali Urbanowicz ne è un estimatore) un po’ mi spaventava. Il rock da stadio non lo sopporto e piuttosto mi tengo i synth.

Gli Editors dunque si sono ritrovati con le idee un po’ confuse e il loro ultimo album In This Light On This Evening risale al 2009. L’addio del chitarrista, che aveva già collaborato alla realizzazione delle nuove canzoni ha forse schiarito le idee e le intenzioni a Smith e compagni. Non ho idea di come possa essere il quarto lavoro perchè, anche se sono disponibili in rete numerose di queste canzoni in versione live, ne esistono varie versioni ante e post Chris. E poi le ho solo assaggiate per non rovinarmi l’abbuffata dell’album completo. Tale abbuffata pare sia molto imminente. Intanto mi ascolto i primi tre album e i numerosi b-sides. Direttamente da In This Light On This Evening sono andato a pescare una delle sue canzoni più belle, intitolata Like Treasure. Testo criptico, oscuro e ritmo ipnotico fanno di  Like Treasure la hit del momento dentro la mia testa. Guai a risvegliarla perchè poi è difficile metterla a tacere.

Ain’t it just like the old days, / Wait and see how the hand plays,  /Living out our second-hand clichés,  /Ain’t it just like the old days.
You are what you eat, / You’ll become digested, / Well love, it isn’t felt. / No love is tested.
You will keep forever, / I’ll bury you like treasure.

Trova le differenze

Tempo fa mi ero già espresso riguardo ai voti nelle recensioni  e al loro contenuto spesso soggettivo. In questi giorni un noto sito di recensioni, Ondarock.it ha pubbilicato la sua recensione dell’ultimo album dei Wintersleep, Hello Hum. Il fatto che abbiano pubblicato la recensione diversi mesi dopo la sua uscita potrebbe far pensare che il recensore si sia preso tutto il tempo necessario per valutare con oggettività le canzoni. Sempre che davvero lo si possa fare in modo oggettivo. Invece, a quanto pare, il recensore parte prevenuto e tutto il tempo avuto per ascoltare l’album non gli ha fatto cambiare idea. Innanzitutto ci fa subito notare il passaggio dei Wintersleep ad una major e questo per un indie-snob non è tollerabile. A questo punto, caro lettore, non aspettarti un voto al di sopra della sufficienza a prescindere dall’effettiva qualità dell’opera. I Wintersleep non sono più indie e tutto quello che faranno d’ora in poi non sarà all’altezza di quanto fatto in precedenza. Come avevo fatto notare quando ho scritto la mia personale opinione su questo album, le atmosfere allegre e le melodie orecchiabili sarebbero state malviste dai recensori più indie. Ondarock mi ha dato ragione.

Non mancano, naturalmente, per rendere più appetibile questo “Hello Hum”, scintille elettroniche e riffoni squillanti (“Resuscitate”), espedienti perfetti per orchestrare qualche gioco di luce sui palchi che contano e distrarre dalla pochezza compositiva dei brani proposti […]

Tali melodie sono frutto del piegarsi al volere della major e del loro sistema di business. Il fatto che potesse trattarsi di una scelta stilistica è un alternativa che il tipico recensore indie-snob non prende in considerazione. Anche se i Wintersleep abbiano scelto di fare canzoni più orecchiabili e destinate ad un pubblico più vasto (comunque limitato) io lo considero più che legittimo. Forse quando si inizia a suonare con una band, lo si fa un po’ per divertimento e un po’ per passione ma quando questo diventa un lavoro vero è giusto trarne il massimo guadagno, come farebbe qualsiasi lavoratore. Una carriera orientata solo dal denaro sarebbe però priva di quell’ispirazione artistica utile per fare musica ed è giusto che un artista cerchi il compromesso tra le due cose.

Quello che sorprende di più dell’intera recensione è il riferimento a Tom Smith e i suoi Editors.

Bordate elettrico-elettroniche, quiet-loud di bassissimo conto, riff scheggiati e una vena Editors che appiattisce la voce di Paul Murphy su una declamazione nasale (“Rapture”). […] Oppure non si passa neanche l’aspirapolvere, e compare “Unzipper” nella tracklist, con lo spirito di Tom Smith che si impadronisce improvvisamente della canzone. […] il pezzo per dimostrare che “anche noi lo famo strano” (“Permanent Sigh”, come se gli Editors provassero a fare i Grizzly Bear, o i Wolf Parade).

Ma che centra Unzipper  con Tom Smith?! Ma l’ha sentita la canzone?! Paragonare la voce di Murphy con quella di Smith poi… Due voci diverse, usate in modo diverso. Insomma è una recesione un po’ raffazzonata, con l’obiettivo di confermare la teoria delle band indie e le major. Una recensione breve e senza argomentazioni che sarebbe risulatata meno ridicola se il recensore si sarebbe limitato ad un semplice: “Non mi piace”. Dimenticavo che la valutazione è 4.5/10. Un altro sito di riferimento per la musica indie in Italia è IndieRock.it che, badate bene si è si tratta della recensione dello stesso album, ribalta la valutazione con un bel 7/10 accompagnato da un altrettanto valida recensione.

Ognuno è libero di scrivere la recensione che gli pare ma che distingua i suoi gusti personali ed eventuali pregiudizi da una disamina oggettiva dell’album. E se tale recensione deve essere negativa, che lo sia con delle valide ragioni. Si tratta solo dell’ennesima prova dell’inutilità delle recensioni quando sono fatte in questo modo. Ecco le due recensioni : ondarock.it e indierock.it

Prima della fine

L’estate volge al termine e inevitabilmente si pensa al freddo, il quale, si sa, decreta la fine dell’anno. Finito un anno se ne fa un altro ma è troppo presto per tirare le somme. All’orizzonte si possono già avvistare nuove terre da esplorare. Mi riferisco alle uscite discografiche dei prossimi mesi. Sulla mia agenda ne ho appuntate ben quattro. La prima, anche in ordine cronologico dovrebbe essere rappresentata dal quarto lavoro degli Editors. Il titolo è ancora avvolto nella nebbia (immagine che si adatta al trio inglese) ma c’è il sospetto che possa essere Every Conversation Within You, dal nome scelto per il loro spazio su Tumblr in cui hanno pubblicato due video (in arrivo il terzo): everyconversationwithinyou.tumblr.com. Le novità più interessanti arrivano però da Twitter con il quale Tom Smith aggiorna periodicamente i fans sullo stato della lavorazione dell’album. Dopo quasi un mese di silenzio Tom è tornato a twittare specificando che il silenzio era dovuto al duro lavoro. Speriamo ne nasca qualcosa di buono. Non è tutto. Arriva la conferma dei titoli per Two Hearted Spider, What Is This Thing Called Love, The Weight Of Your Love, Sugar, Formaldehyde, The Sting, Nothing e un altro brano da titolo provvisorio The Phonebook. La previsione del ex Chris Urbanowicz riguardo al possibile rilascio a novembre non è ancora da escludere anche se sarei più propenso a credere che il quarto album verdrà la luce più tardi, addirittura nel 2013. Non ci resta che aspettare.

Agnes Obel
Agnes Obel

Sembra più che certo che il prossimo anno sarà l’anno di Agnes Obel. Da più parti arrivano conferme riguardo al fatto che il secondo album della cantautrice danese arriverà all’inizio del prossimo anno. Intanto dall’altra parte dell’oceano i Wintersleep perdono momentaneamente e “artisticamente” Jon Samuel, tastierista e voce aggiunta del gruppo, che pubblica il suo primo album da solista intitolato First Transmission. In rete si possono già ascoltare alcuni brani così come dal sito ufficiale (jonsamuel.ca) dal quale, iscrivendosi alla newsletter si potrà scaricare gratuitamente il brano Follow The Leader. Non ho ancora ascoltato per intero il suo album ma lo farò e non mancherò di riportare qui le mie impressioni.

Jon Samuel
Jon Samuel

Chi invece da segnali concreti di un nuovo album, il primo in questo caso, è Gabrielle Aplin che ha pubblicato in rete il suo singolo d’esordio Please Don’t Say You Love Me corredato dall’immancabile lyrics video. Il singolo in questione uscirà fisicamente il 18 novembre e molto probabilemente l’album della giovane cantautrice sarà pubblicato il prossimo anno. Una canzone non delude le mie personali aspettative. Credo che Gabrielle si andata in crescendo nel corso dei suoi tre EP ed è lecito aspettarsi un album che potrebbe riservare qualche piacevole sorpresa. Dunque questo è quello che c’è ora e ciò che ci sarà nei mesi a venire. Qualcosa di nuovo da ascoltare c’è sempre. Fino alla fine del mondo 😉

Inediti Editori e altro

Il quarto album degli Editors prende sempre più forma (molto probabilmente uscirà a novembre). Qualche sera fa Tom Smith ha partecipato ad una serie di concerti per i 30 della casa discografica [PIAS] Recordings e in questa occasione ha cantato alcune nuove canzoni: Two Hearted Spider, What Is This Thing Called Love, The Weight Of Your Love. In particolare queste ultime due nessuno le aveva ancora ascoltate. Eccole direttamente da youtube, in versione acustica.

In questa versione è difficile giudicare le nuove canzoni ma il marchio di fabbrica degli Editors sembra intatto e forse hanno scelto di abbandonare in parte le sonorità dell’ultimo album. Da segnalare anche la presenza di Agnes Obel che ha cantato Riverside.

Sempre da youtube un’altra novità. Un utente ha postato un video sul concerto a Moncton dei Wintersleep del 21 gennaio scorso. Non è specificato se si trattano di nuove canzoni del nuovo album ma non mi sembra di averle già sentite. Ecco la prima parte di questo video. La seconda, sempre che esista, si fa attendere.

Registrati e registranti

Il nuovo album dei Wintersleep sta per arrivare. Non c’è ancora una data sicura ma dovrebbe uscire in primavera. L’unica cosa certa sembra essere il titolo. Se infatti tempo fa si vociferava che sarebbe stato True Colors, ora sembra che sia Hello Hum. Il termine “hum” significa mugugnare, canticchiare a bocca chiusa e cose del genere ma potrebbe anche trattarsi di altro. In un primo momento avevo pensato ad una abbreviazione di “human”.

Per ora stanno facendo qualche concerto oltre oceano, cantando già le nuove canzoni. Ma su youtube ancora non si trova nulla.

Gli Editors invece stanno registrando il loro quarto album e Tom Smith tiene una sorta di diario sulla sua pagina di Twitter: THMSSMTH. Per ora ha twittato solo immagini che contengono (forse) qualche indizio sulle nuove canzoni.

Stay tuned…

Proprio così, Agnes

La canzone di chiusura dell’album natalizio di Tom Smith e Andy Burrows, intitolata The Christmas Song, vede la partecipazione di Agnes Obel. Devo ammettere che questo nome mi risultava del tutto sconosciuto. Facendo qualche ricerca ho scoperto che Agnes Obel è una cantautrice danese che ha raggiunto il successo grazie all’album Philharmonics nel 2010. Molto probabilmente Philharmonics è passato insosservato in Italia mentre nel resto dell’Europa ha ottenuto un ottimo successo di critica e di pubblico. Agnes Obel incarna la figura della cantautrice “piano e voce”, mescolando musica classica e folk.

Le melodie delle sue canzoni sono straordinarie e la sua voce si sposa perfettamente con le note che escono dal pianoforte. Le due canzoni più famose dell’album sono Riverside e Just So entrambi piuttosto orecchiabili. Tre tracce sono esclusivamente strumentali ovvero Falling, Catching, Louretta e Wallflower. Le atmosfere dell’album sono delicate, sognanti ma anche un po’ oscure come in Riverside. I testi sono altrettanto misteriosi e allegorici ma pieni di fascino. Questo per ora è il suo primo e unico album ma Agnes ha dichiarato di essere al lavoro su nuove canzoni.

L’atmosfera che circonda l’album è stata sicuramente la caratteristica che mi ha colpito di più delle canzoni della cantautrice danese e da tempo cercavo delle belle canzoni “piano e voce” che non fossero troppo classiche. Agnes Obel è sicuramente riuscita a creare quel mix tra classico e pop-folk che mi piace. L’album Philharmonics è consigliato a chi vuole ascoltare musica di qualità ma con un pizzico di pop, senza esagerare.

Agnes Obel
Agnes Obel

Smith & Burrows per Natale

Smith & Burrows - Funny Looking Angels
Smith & Burrows - Funny Looking Angels

Non ho mai trovato gli album natalizi particolarmente interessanti. Ma si da il caso che questa è una collaborazione particolare e la considero un’eccezione. Infatti Tom Smith, voce degli Editors, e Andy Burrows, batterista e voce di vari gruppi tra i quali We Are Scientists e Razorlight, formano un gruppo, semplicemente Smith & Burrows. Forse chimarlo gruppo non è corretto, non solo perchè sono in due, ma semplicemente perchè si tratta di una collaborazione. L’album nasce dall’idea di reinterpretare alcune canzoni a sfondo natalizio con qualche inedito. Tra le cover c’è  Only You degli Yazoo, Wonderful Life di Black e per finire The Christmas Song con Agnes Obel. Alla fine del post, il singolo omonimo dell’album che uscirà il 28 novembre.

A proposito di Tom Smith, il nuovo lavoro degli Editors pare verrà registrato tra gennaio e marzo, dunque è probabile che vedrà la luce nell’estate del 2012.

Intanto la tracklist dell’ultima fatica dei Wintersleep sta per essere resa nota e non mancherò di riportarla.