Come prevedibile il 2012 ha svelato il quinto album della band canadese Wintersleep. Già dalle prime battute si presentava come una svolta piuttosto importante e così è stata. Ascoltarlo per intero dimostra quanto Hello Hum sia solido e ispirato, senza cali di tensione o canzoni tappabuchi. La svolta riguarda soprattutto la musica che si rinnova scongiurando il pericolo di fare qualcosa dichiaratemente indie-rock, anche se Unzipper dimostra che ci sanno fare anche la più classica delle canzoni di questo genere. Le chitarre sono avvolgenti, incollate assieme dalle tastiere, presenti più che mai, e dal basso. Ultima ma non ultima la batteria di Loel Campbell veloce e potente che caratterizza il sound della band. La caratteristica peculiare di ogni canzone è la voce di Paul Murphy sempre più protagonista. Un vero strumento musicale.
La title track apre l’album e chiarisce subito le intezioni dei Wintersleep. Un po’ di elettronica in più rispetto al passato e ritornelli orecchiabili. Ecco la ricetta. La conferma arriva con In Came The Flood e Resuscitate non a caso scelti come brani apripista. Nel mezzo troviamo Nothing Is Anything (Without You) che sta diventando un mezzo fenomeno su web. Una canzone fresca e brillante perfetta per uscire come singolo in vista dell’estate. A seguire Permanent Sigh dove si mescolano quasi due canzoni differenti, un po’ dark ma anche no. Una melodia striscia lungo gli oltre 5 minuti di canzone e conferma il gran lavoro della band soprattutto in apertura e nel finale. Saving Song ci riporta su un terreno più acustico quasi un lento che fa coppia con Someone, Somewhere. Due brani più in sintonia con la produzione precedente ma che si inseriscono perfettamente in Hello Hum spezzando il ritmo. Ritmo che si ritrova subito con Rapture, un ritornello che sorprende ad ogni ascolto con la voce di Murphy in evidenza e un assolo, un raptus, di Tim D’eon da brividi che chiude il brano prima dell’ultima strofa. Insieme a Resuscitate, è la canzone simbolo dell’album. La già citata Unzipper è un classico brano indie-rock che poco aggiunge e nulla toglie. Zones è un esplosione di luce e “ah-aah” (ce ne sono in abbondanza in Hello Hum, per tutti gli appassionati). Chiude Smoke , una ballata classica di 6 minuti che mostra un altro volto dei Wintersleep.
Un album sicuramente più energico e luminoso del precedente New Inheritors. Una svolta che potrebbe segnare il futuro della band canadese che finalmente sembra aver trovato quel sound originale in grado di distinguere loro da tutti gli altri. I fans dell’indie-rock storceranno il naso di fronte a cotanta luce e a simili ritornelli ma è giusto anche cambiare e i Wintersleep lo hanno saputo fare nei migliore dei modi. Non posso che augurare loro di continuare così.