Ufficialmente l’estate è finita, perciò mi sembra corretto chiudere la stagione con l’ultimo album che mi ha tenuto compagnia durante le vacanze. Sempre seguendo le tracce del folk tradizionale inglese, sono giunto ad ascoltare la voce di Rosie Hodgson. Originaria di Midhurst, un caratteristico paese del West Sussex, questa cantautrice mi ha incuriosito già lo scorso anno con il suo album d’esordio, Rise Aurora. Solo qualche settimana fa però ho ritrovato questo album nella mia, ormai sconfinata, wishlist di Bandcamp e non ho saputo resistere. Ecco dunque un altro album folk che si aggiunge ad un bel gruppetto formatosi quest’anno del tutto spontaneamente.
L’album si apre con la bella Path Into The Woods. La voce delicata e melodiosa della Hogson è complementare al violino di Rowan Piggott. Una triste storia di passione e tradimento, ispirata alle vicende di Tristano e Isotta, “Well last night I dreamed / Of a kingdom upon its knees / And you and I, my love, will bear the blame, / But let the kingdom fall / Let the walls crumble around me, / And my sweet sinner, give me my sin again“. Bee-Boy’s Song è una poesia di Rudyard Kipling messa in musica e cantata a due voci, nella versione di Peter Bellamy del 1972. Una canzone davvero riuscita, con un’atmosfera carica di magia e tensione, “Bees! Bees! Hark to your bees! / Hide from your neighbours as much as you please, / But all that has happened, to us you must tell, / Or else we will give you no honey to sell!“. La title track Rise Aurora è una delle più belle canzoni dell’album. La note del violino sono come una seconda voce e insieme ci accompagnano in mare. Una canzone di amore e speranza, delicata e sognante, ispirata della storia della sua famiglia, “Rise Aurora, Aurora rise, / Cast around your golden rays, / So I may to the harbour fly / For to feel his warm embrace“. Woman Of The Woods è il canto di una signora che vive in un bosco e dai lei vanno donne e uomini alla ricerca di consigli e aiuto, “There’s many who’d shun a woman like me, / Though many I have had hand in helping, / When times are hardest or hope nearly lost, / It’s into the the woods they come calling“. Un’altra canzone folk tradizionale si cela sotto il titolo The Cuckoo. Quasi esclusivamente sorretta dalla voce cristallina della Hodgson, questa versione è davvero eccezionale ed essenziale, “Oh the Cuckoo is a pretty bird she sings as she flies, / She brings us good tidings she tells us no lies, / She sucks the little birds’ eggs to keep her voice clear / And when she cries “cuckoo” the summer draws near“. Un intro di violino dà inizio a Footsteps In The Snow, una canzone che racconta la storia di un marito partito per la guerra e sua moglie rimasta sola con i sui figli, “And your daughter, you’ve barely seen her / And yet still she asks about you all the time. / And you may as well have been a stranger, / But you’re that stranger in her prayers every night“. Hush è la storia un un uomo che corrompe il padre di una ragazza pur di averla per sé. La voce della Hodgson è sempre perfetta e melodiosa, “Lovely lady fair and bright, / Will you lay with me tonight? / And let you down that golden braid, / In my arms ‘til morn will stay“. Hetty’s Walz è ispirata alla storia d’amore dei suoi nonni ed ad essi è dedicata. Una storia d’amore nata a bordo un autobus, “Let’s take the 10.50 right past the Minster, / A tower so proud reaching right to the sky.” / Joe says to Hetty, “Love, I’ll make you a wager: / There’s no-one in this wide world as in love as I… / “. Come è giusto che sia in un buon album folk, bisogna rendere omaggio a Robert Burns. Per farlo Rosie Hodgson sceglie Westlin Winds. Una poesia cantata a due voci che rende giustizia al bardo scozzese, “The partridge loves the fruitful fells, / The plover loves the mountain, / The woodcock haunts the lonely dells, / The soaring hern the fountain, / Through lofty groves the cushat roves / The path of man to shun it, / The hazel bush o’erhangs the thrush, / The spreading thorn the linnet”. In buona parte degli album folk che ho ascoltato quest’anno c’è una versione della ballata tradizionale di William Taylor. Qui la Hodgson ne propone un’altra carica di tensione, intitolata Willy Taylor, “If you’re in search of your true lover, / Pray come tell to me his name.” / “Willy Taylor they do call him, / But Fitzgerald is his name”. Chiude l’album la ninnananna Liverpool Lullaby, che sembra essere una canzone tradizionale ma in realtà è stata scritta dalla Hodgson all’età di quattordici anni. Una dimostrazione di talento, “When you’re not tired / But are tucked up in bed, / When you want to dance / But have to go to sleep instead, / When you need help drifting off / Please just close your eyes / And I’ll sing to you the sweetest / Of the Liverpool Lullabies“.
Rise Aurora è un album composto per la maggior parte da canzoni originali scritte da Rosie Hodgson ma che mantengono fede alla tradizione, così tanto da sembrare esse stesse tradizionali. La chitarra della Hodgson e il violino di Piggott sono i due strumenti che accompagnano le canzoni dell’album, creando un’atmosfera di intimità e confidenza con l’ascoltatore. La capacità di questa cantautrice di scrivere canzoni è davvero notevole, un talento naturale assolutamente da non sottovalutare. Rise Aurora mi ha accompagnato nei pigri pomeriggi d’estate, deliziandomi (non trovo altra parola migliore) per tutta la sua durata e accompagnami sempre più dentro il bosco incantato del folk tradizionale.
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