Consunto come un vecchio paio di jeans

Anche se non troverete il nome di Kelsey Waldon tra le pagine di questo blog, il suo album del 2019 intitolato White Noise/White Lines è nella mia collezione da allora. Non so esattamente il motivo per cui non ne ho scritto al riguardo ma quando è uscito lo scorso agosto il nuovo No Regular Dog ho pensato subito che fosse giunto il momento di spendere due parole per questa cantautrice country americana. Il suo è un country dal sapore tradizionale caratterizzato dalla voce unica e carismatica della Waldon. Tutto questo mi basta e avanza per sapere che avrei ascoltato un buon album country ma le sorprese non mancano mai.

Kelsey Waldon
Kelsey Waldon

La title track No Regular Dog è stata scelta per aprire l’album. Un country guidato dal suono delle chitarre e della pedal steel, sul quale riflettere su ciò che si è diventati, “Daddy loved his work, I guess I do too / Same old show, a different place, another person / Just grinnin’ in your face / But look what got me here, look at what I’ve become / Another highway, another song / Don’t it all sound sweet when we all sing along?“. Sweet Little Girl è una bella canzone venata di quella malinconia che solo questo genere di musica sa evocare. Sfumature blues e la voce della Waldon rendono tutto perfetto, “Sweet little girl, straight off the farm / Didn’t mean nobody, didn’t mean nobody any harm / Sweet little girl with her mama’s charm / Took everything she had to not put daddy’s money in her arm / I said nobody’s raisin’ you now, she said nobody ever did / So what’s it matter anyhow?“. La successi Tall And Mighty è una ballata nella quale questa cantautrice torna a fare i conti con il tempo che scorre e le scelte che ha compiuto, “Some days you’re gonna feel real fine / On top of the world, on cloud nine / Can’t nobody touch you when you’re after your piece of the pie / Other days you won’t feel alright / Other days you wanna break down and cry / Blow up in smoke like some ol’ pipeline, like teargas in the sky / You can’t stand tall and mighty all the time“. Un country folk si dispiega sulle note di un violino in You Can’t Ever Tell. Una canzone che racconta come la vita può essere imprevedibile e che si può cambiare, “You might wanna cut loose / You might kick off your ol’ boots / You might let down your hair / But now they’re coming in pairs / And they just might put you in a suit“. La malinconica Season’s Ending si affida alla voce della Waldon per cantare un invito ad apprezzare le piccole cose, perché tutto ha una fine, “I’ve heard it said that God don’t make no mistakes / But it’s hard to say that God don’t wear a crooked smile / I suppose the one that gives is the one that takes away / Seems like you can’t have Heaven on earth without hell to pay“. History Repeats Itself è tra le canzoni che preferisco di questo album. Una storia di fuga e riscatto che corre lenta ma inesorabile con la voce della Waldon tagliente come un coltello, “Worn out like an old pair of denim, I’m faded / Politicians pushin’ pills wanna keep me sedated / Keep the poor in prison and interrogated / Don’t history repeat itself? Find your faith in somewhere’s else / Gotta get out before I kill myself“. Blackwater Blues è un orecchiabile country blues che si fa amare dalle prime note. Una canzone che da ascoltare e riascoltare, “Oh mama, seems like the water’s been ten feet high / And I just don’t understand why it makes me cry / If I can keep it together ‘til the spring / When that damn river runs dry / I’ll count my blessings, just like the stars / That are in the sky“. Simple As Love è una ballata che parla della bellezza dell’amore nella sua semplicità. Sono ancora le cose semplici ad essere importanti nella vita, “Simple as a cotton dress / Patient as the moon never in contest / Just like a heart beats in a chest / It knows what it needs to survive / Love, love, love simple as love / Love, love, love simple as your love“. Segue Peace Alone è una ballata country dove è possibile trovare tutto quello che si può chiedere ad una ballata country. Non c’è bisogno di aggiungere altro, “There ain’t no money in this world that could fix you / Not if you don’t have peace, I know / You can toil all day, worry your life away / But that’s a hard row to hoe, reap what you sow“. Progress Again è un’altra ballata riflessiva ed intima. La voce della Waldon, sincera e sicura, non manca di catturare l’attenzione, “There’s time’s I’ve been rough, been a little too rowdy / Been a little too selfish cause I needed a friend / Whether I’m up or I’m down or this dream’s getting cloudy / I’ll write it all down as progress again“. Si finisce con The Dog (Outro) che riprende l’intro della traccia di apertura per chiudere il cerchio di questo album.

No Regular Dog è un album solido nel quale ogni canzone si completa con le altre, dove non c’è un solo passo falso o momenti bassi. Kelsey Waldon oltre ad avere talento come cantautrice, ha dalla sua anche una buona dose di esperienza che la guida nei territori polverosi della musica country. Lo stile della Waldon è tradizionale sia nelle sonorità che nelle tematiche ed è per questo che mi piace. No Regular Dog è uno degli album country migliori che ho potuto ascoltare quest’anno, nonché uno dei più sinceri e orecchiabili. Non mi resta che riscoprire Kelsey Waldon andando a ritroso nella sua discografia. Non vorrei mi fossi perso qualcosa che non merita affatto di essere perso.

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La morte di mille sigarette

Stacy Antonel è uno dei nuovi nomi della musica country che mi sono appuntato sin dai tempi del suo primo EP, Ginger Cowgirl, uscito nel 2019. Tre anni dopo eccola debuttare con Always The Outsider con un country ricco di influenze, che vanno dal jazz al R&B. Un country un po’ diverso da quello che si può ascoltare di solito e per questo mi ha incuriosito fin da subito. Sono dovuto uscire però dalla mia comfort zone per poter apprezzare fino in fondo questo album. Il mio sforzo è stato ripagato.

Stacy Antonel
Stacy Antonel

La title track Always The Outsider apre l’album viaggiando sulle sonorità della classica ballata country. La voce della Antonel è sicura e venata di una forza, dettata forse dalle difficoltà di essere un’artista, citate proprio nel testo di questa canzone, “Burned by my own fire / watching my own hunger / eat me alive / I’ve got no one to blame / thought I was too good to play / It’s been a rough two years / ‘cause I was wrong“. Karmic Cord è una canzone personale e sincera su una relazione che finalmente è stata interrotta. Qui si intravedono le influenze musicali che caratterizzano il country di quest’artista, “A nagging seed of doubt told me I shouldn’t stay / Thought it might go away / but it grew / Slowly it took over my entire chest / Brambled and bloomed and crept / And I knew“. La successiva Kicking And Screaming è una ballata western che dimostra come questa cantautrice ci sappia fare. Ancora una canzone per una delusione d’amore, “There’s not enough liquor in the world / for you to seem like a good idea again / Is your breath still hot, still stale / from the death of a thousand cigarettes“. Planetary Heartache è un lento country blues che racconta di un amore troppo grande finito troppo presto. Ancora una volta la Antonel si dimostra a suo agio anche con qualcosa di diverso, “It took an alien for me to feel / That earthling love is all too real / Well you left me and went back to Mars / Left me with a planetary heartache“. Più scanzonata è Heartbroken Tomorrow che risulta essere una delle canzoni più accattivanti e orecchiabili di questo album anche grazie ad un bel assolo di chitarra nel finale, “Heartbroken Tomorrow / Catatonic today / There’s no sorrow / It’s lying in wait / Eyes on the ceiling all night long / Slowly the shadows cross the walls / Saw you on the street with my own eyes / Where were you going? And why did you lie?“. Più malinconica e riflessiva è la bella Absent Captain. Un senso di spaesamento e incertezza è quello che il testo evoca, lasciando a chi ascolta la libertà di interpretarlo, “I’m from another plane / Where bodies don’t exist / Called me down to earth / Flesh from the abyss / Ooooh / Ooooh / There’s no captain on my ship / There’s no captain I’m adrift“. Lo spirito malinconico del country emerge in Texas Lasts Forever. Tra pedal steel e chitarre, questa canzone corre leggera grazie al suo stile un po’ vintage, “The car gets so crowded with all three of us / And all this time my anxious mind treads the same old lines / Wondering if he’ll be there / When my key turns in the lock / He & I & Texas can’t say goodbye“. You Can’t Trust Fate è un’ottima ballata country folk dalle atmosfere notturne e fumose dei bar. Una canzone tra le più belle e ben scritte di questo album, “They pushed through the crowd / To where the bar curved and met the wall / The music was loud / Soon the bartenders were threatening last call / They ignored it all“. Altrettanto si potrebbe dire di I Talk When I’m Nervous. Una canzone d’amore e sentimento nella quale la Antonel ci mostra il suo lato più intimo e sincero, “I talk when I’m nervous / I drink beer too / But I want to be bold / when I’m around you / You’re at the piano / your guitar’s in my hand / Your smoke billows skyward / toward the ceiling fan“. I’m Not Looking For Love è una canzone breve ma che ribalta l’idea di essere perennemente in cerca di un’amore. Una canzone d’amore al contrario praticamente, “I’ve got a heart like Magellan / And a pussy in rebellion / I’m tempted by the offer / But love conquers / Maybe this all changes tomorrow / But not today“. Si chiude con Better Late Than Never che torna ad affrontare uno dei temi di questo album: la vita da cantautrice country. Non tutto è bello come appare ma chi tiene duro alla fine sarà ripagato di tutto, “You’ve gotta see and be scene / Took me awhile to wake up / Better late than never / hate the game but now I’m playing / Now I’m playing“.

Always The Outsider ci fa conoscere una cantautrice emergente che ha tutte le carte in regola per regalare soddisfazioni, sia a sé stessa che a noi ascoltatori. Stacy Antonel riesce a proporre un country vario e ben equilibrato, frutto, probabilmente, di anni di lavoro, tra serate in locali polverosi e qualche bevuta. Come spesso accade agli esordi dei cantautori country, il tema della scalata al successo, o quanto meno ad una stabilità economica e artistica, è un tema ricorrente. Non fa eccezione questo album, che riesce anche a restituire un ritratto più personale e intimo, e quindi non solo professionale, di una cantautrice dei nostri tempi che tenta la fortuna in quel di Nashville.

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Anguille

Da tempo il nome del trio folk inglese The Shackleton Trio riecheggia nella mia sconfinata wishlist di Bandcamp. Fortunatamente i tre artisti, Georgia Shackleton, Aaren Bennett e Nic Zuppardi hanno pubblicato un nuovo album, Mousehold, lo scorso maggio e ciò mi ha fatto prendere la decisione che era finalmente giunto il momento di conoscerli. Oltre al genere musicale che indubbiamente è tra quelli che preferisco, anche la copertina ha giocato il suo ruolo. Mi lascio attrarre facilmente dalle copertine e raramente mi deludono. Cosa ci avrei trovato all’interno sarebbe stato tutto da scoprire.

Shackleton Trio
Shackleton Trio

L’album comincia con la tradizionale No Road Across Mousehold conosciuta anche come The Crackshots Of Norwich, in una versione trascinante nella quale si può apprezzare l’intesa tra i componenti del trio. Non ci poteva essere inizio migliore. Segue Little Wooden Shoes, che ripropone ancora un brano della tradizione folk inglese. Le sonorità sono quelle più riconoscibili del genere e la voce della Shackleton è perfetta, leggera e sicura. Mandy Lynn è il brano strumentale scritto da Zuppardi. Il trio dimostra di saper incantare anche senza parole, rifacendosi naturalmente al folk ma con rinnovata vitalità. Wildman Peter è scritta dalla Shackleton che dà vita ad una canzone che sembra arrivare direttamente dalla tradizione. Ho sempre ammirato questa capacità dei cantautori folk e qui in questa occasione è davvero sorprendente. Hold The Line è ancora un brano strumentale di Zuppardi che si affida principalmente alle note del violino per richiamare la tradizione. Sonorità affascinanti catturano l’attenzione dell’ascoltatore che per un attimo viene trasportato altrove. Bird’s Nest Bound è una rivisitazione in chiave folk di un brano del chitarrista blues americano Charley Patton. Un tentativo riuscito di unire le due sponde dell’oceano, da sempre vicine nella musica. Byard’s Leap / Wackidoo è un brano strumentale diviso in due parti. La prima scritta da Zuppardi è una trascinante danza folk mentre la seconda è della musicista norvegese Annbjørg Lien che possiede tutte le caratteristiche del folk del freddo nord Europa. Ballad Of Barton Broad è l’ultimo dei brani tradizionali proposti in questo album e la Shackleton ci racconta una storia del passato legata alla pesca delle anguille. Le anguille sono protagoniste, oltre che sulla bella copertina, anche nella conclusiva Eel Song. Qui il trio propone una canzone originale che strizza l’occhio ad un folk più contemporaneo ed essenziale.

Mousehold è uno di quegli album che mi ricorda perché ho iniziato ad amare il folk tradizionale, le sue sonorità e le sue storie. Quando si rende necessario leggere le note dell’album per comprendere quali siano le canzoni tradizionali e quali no, significa che è stato fatto un ottimo lavoro e che fare musica folk tradizionale non significa semplicemente prendere vecchie canzoni e riproporle di nuovo, quasi fosse un dovere tramandarle. Significa innanzitutto comprenderne lo spirito e saperlo riprodurre di nuovo, infinite volte, provando anche ad inserire sonorità bluegrass o tipiche del genere americana. Non importa se quella canzone è stata scritta ieri o cent’anni fa. The Shackleton Trio lo hanno compreso perfettamente e ci regalano uno degli album folk più belli e affascinanti di quest’anno.

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Inchiostro – La siccità

Sta giungendo inesorabile la fine dell’estate. Finalmente il grande caldo è passato ed è arrivata un po’ di pioggia (per veder sparire le maledette zanzare è ancora presto). Le ferie sono giunte al termine ma anche quest’anno sono riuscito a dedicarmi al disegno. Per un errore mio, ho prima comprato un cartoncino liscio e poi per un altro errore mio (pigrizia) dei fogli di carta ruvida. Mi sono arreso alla carta ruvida, dilettandomi a fare qualche sfumatura con la matita ma tornando sui mie passi quasi subito, poco soddisfatto del risultato. Però ho continuato ad usare la matita per preparare il disegno che ho tracciato poi con una penna nera. Come al solito qualcosa è venuto bene e qualcosa meno. Qui sotto la galleria con quello che ho combinato. Disegni 08/22

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