Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 5

In queste settimane, nonostante i vari ponti, ho ascoltato poca musica in termini puramente legati al numero di ascolti. Perché in realtà aprile è stato un mese ricco di uscite interessanti ed attese da tempo ma che non ho ancora ascoltato un soddisfacente numero di volte. Sì, perché prima di abbandonare un album e riporlo nel dimenticatoio o quasi, concedo sempre una seconda possibilità a tutti. A volte, così facendo, mi accorgo che il mio giudizio era stato affrettato, altre invece confermo le mie prime impressioni. Questo vale soprattutto per i nuovi artisti, perché per i miei preferiti difficilmente un loro album cade presto nel suddetto dimenticatoio. Siccome maggio si presenta anche lui ricco di nuove uscite, è bene ricapitolare qui sotto gli album più meritevoli che ho ascoltato ultimamente. Tra conferme e nuove scoperte, alla fine non è andata male nemmeno stavolta.

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Io, lettore – Tempi moderni

Prima parte: Io, lettore – Le origini

I classici che volevo assolutamente leggere si esaurirono velocemente anche se in tempi più o meno recenti ho continuato a leggerne altri, come Moby Dick di Hermann Melville e Il Processo di Franz Kafka. A questi ci aggiungerei anche Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien che sarà importante per me in tempi più recenti. Ma il filone horror non poteva chiudersi con i classici e iniziai ad avvicinarmi al nome di Howard Phillips Lovecraft, con una breve raccolta di racconti. Mi accorsi di essermi addentrato in un mondo oscuro fatto di terribili mostri dalle origini antiche e misteriose. Il solitario di Providence, devo ammetterlo, non mi hai mai appassionato quanto Poe. Il suo modo di scrivere sempre tra sogno e realtà, i lunghi monologhi e le infinite descrizioni oniriche non sempre agevolano la lettura. Dovevo cercare qualcosa d’altro, qualcosa di più moderno e contemporaneo.

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Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 4

Questa è una di quelle volte in cui non so come iniziare un post. Di solito arriva per caso, al momento giusto o quasi, ma questa volta non è arrivata un’idea abbastanza decente da meritarsi di essere messa per iscritto. E allora perché non scrivere proprio di questa assenza di idee? In realtà una mezza idea mi era anche venuta ma non mi aveva convinto molto, perciò per ora la lascio in un cassetto, magari torna utile la prossima volta. Bene, nonostante oggi sia in debito di fantasia e l’unica soluzione e scrivere di questo, la mia introduzione al post in qualche modo l’ho fatta. Il resto del post, con i consueti consigli musicali è qui sotto. La prossima volta mi impegnerò di più…

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Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 3

Questa settimana ho letto un interessante articolo che riguardava la fruizione della musica nel mondo e in Italia. Per correttezza pubblico il link dal quale l’ho letto: La musica in download vicina all’estinzione. Lo streaming a pagamento è quasi metà del fatturato globale.
Tra l’altro ultimamente, ho l’abitudine di appuntarmi, a chissà quale scopo, gli articoli più interessanti che trovo online. A volte devo ammettere che mi tornano utili, altre volte sinceramente non so perché li metto da parte. Ma torniamo al tema di questo articolo. Il titolo è eloquente, lo streaming musicale si sta divorando il download ma ha ancora pietà per CD e vinili. In Italia chi scarica ancora musica (legalmente s’intende) rappresenta solo l’1% del totale. Sapevo che la mia abitudine di comprare musica in digitale era da tempo passata di moda ma non credevo di essere parte di una così ristretta minoranza.

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Io, lettore – Le origini

L’Italia, almeno secondo l’Istat, non è un paese di grandi lettori. Sembrerebbe che meno del 40% della popolazione legga libri. Meno della metà di loro arriva a 3 libri all’anno, un po’ pochini per definire una persona “un lettore” ma accontentiamoci. Chi legge almeno un libro al mese rappresenta poco più del 16% di queste strane creature che provano piacere ed un perverso bisogno di dedicarsi a questa attività. Io faccio parte di questo ristretto gruppo di italiani. Un giorno però ho alzato gli occhi dal libro che stavo leggendo e ho pensato: ma come sono diventato un lettore? Quali sfide ho affrontato, quali mondi ho attraversato, quante vite ho vissuto? Perché lo faccio? Che senso ha abbassare lo sguardo per l’ennesima volta su quel muro di parole e lettere, da solo, pagina dopo pagina, ore dopo ore? Ho deciso così di provare a capire, passo per passo, che lettore sono e come lo sono diventato e di metterlo per iscritto. Ne è venuto fuori un lungo post che ho deciso, per chiarezza, di dividere in più parti e pubblicarle separatamente.

Non ricordo quale sia stato il primo libro che ho letto, è più facile ricordarsi quale sia stato il primo libro “per adulti” affrontato in tenera età. Attualmente nella mia libreria fanno ancora capolino alcuni volumi del Battello a Vapore, ottimi per cominciare ma troppo fanciulleschi perfino per i miei gusti di allora. Ho di gran lunga preferito Roald Dahl ma soprattutto R.L. Stine e i suoi Piccoli Brividi. Ed a questo punto che capii cosa volevo leggere. Non mi interessavano le storie di bambini alle prese con formative avventure con gli amici. No, volevo sfidare le mie paure, esplorare l’ignoto. Non volevo leggere libri per bambini.

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Ancora un altro libro, ep. 16

È giunto il momento di dare spazio alle mie letture, l’ultimo post di questo genere risale alla metà dello scorso dicembre. Qui brevemente cercherò di riassumere le mie impressioni raccolte di volta in volta termino un libro.

Cominciamo da Le strade di Laredo di Larry McMurtry. Ambientato circa vent’anni dopo i fatti narrati nel precedente Lonesome Dove, questo romanzo racconta una caccia all’uomo tra Texas e Messico. I protagonisti sono più o meno gli stessi, solo più vecchi e abituati ad una vita diversa, a parte il capitano Woodrow Call che si mette sulle tracce di un pericoloso assassino. La storia però procede lentamente e bisogna attendere tre quarti di libro prima che succeda qualcosa di significativo. Nel frattempo gli assassini psicopatici diventano due e uno è di troppo e, a conti fatti il suo peso nella trama è praticamente nullo. Inoltre ci sono troppe coincidenze, comportamenti inspiegabili da parte di alcuni personaggi, situazioni poco credibili e numerose ripetizioni. Anche i dialoghi non sono all’altezza del suo predecessore ma in generale è un romanzo ben scritto. Le strade di Laredo è una storia profondamente triste e diversa da quella di Lonesome Dove, nella quale non c’è redenzione per nessuno.

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Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 2

A chi segue, come me, le nuove uscite discografiche e qualche notizia musicale qua e là, non sarà sfuggita quella del nuovo singolo di Beyoncé. Perché ha fatto notizia? Prima di tutto per la sua svolta country, un genere spesso considerato “di nicchia” e poi perché lei è afroamericana e qualcuno né ha approfittato per fare polemica. In realtà, questo è solo il punto più alto di una riscoperta della musica country da parte del pop mainstream, di cui Beyoncé è una delle massime esponenti da decenni ormai. Personalmente sono contento di essermi appassionato alla musica country anni fa, prima che diventasse cool e questa rinascita non mi lascia del tutto indifferente.

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Mi ritorni in mente, ep. 91

Ascolto raramente la radio e quando succede di solito sono in auto e senza la mia scorta di mp3. Per i viaggi più lunghi la porto sempre con me, proprio per evitare di ascoltarla. Ho riciclato un vecchio lettore mp3, che è diventato quasi del tutto insensibile alla pressione dei tasti, collegandolo alla presa usb dell’auto.
Non mi piace ascoltare la radio principalmente perché non si sente altro che pubblicità e quando non è così ci pensano i dj a chiacchierare del più e del meno. Inoltre la musica che passano la maggior parte delle radio non va incontro ai miei gusti. Va da sé che preferisco lasciarla spenta.
Qualche tempo fa però, in una delle rare occasioni nelle quali era accesa, mi è capitato di riascoltare una canzone di diversi anni fa di cui non ricordavo né il titolo né l’artista. L’ho ascoltata fino in fondo confidente sul fatto che il dj facesse il suo lavoro e ricordasse a tutti titolo e artista. E invece niente. Così mi sono precipitato subito nei miei archivi della memoria e ho aperto tutti cassetti.

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Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 1

Torno a scrivere su questo blog cercando di trovare una nuova forma a questi miei post.  Per il prossimo futuro sono pronti una manciata di articoli nei quali racconterò la mia storia di lettore e del rapporto che ho con i social network. Argomento, quest’ultimo, che in queste ultime settimane è sulla bocca di tutti. Insomma vale ancora il vecchio detto ma rivisto e corretto, chi di social ferisce, di social perisce. Ormai i social non sono più un passatempo per ragazzi ma una vera e propria parte della nostra società, direttamente per chi li usa e indirettamente per chi preferisce starne fuori. Molti non si rendono conto che anche una sola frase pubblicata un po’ per scherzo un po’ per goliardia potrebbe essere potenzialmente letta in tutto il mondo e avere delle conseguenze inaspettate. A maggior ragione potrebbe essere letta dal nostro datore di lavoro, dalla nostra compagna o compagno di vita, da un amico o da persone che non conosciamo e condivisa ovunque, uscendo così dal nostro controllo. Ciò che scriviamo e facciamo oggi sui social potrebbe essere motivo di imbarazzo, o peggio, anche dopo anni. Come avrò modo di approfondire, io non sono mai stato un utente social attivo e interessato alle dinamiche di quel mondo. Preferisco scrivere qui in modo anonimo, senza pretese di essere letto e facendo del mio meglio per essere rispettoso di tutti. Forse è proprio questo che non mi rende un utente social modello ma non mi interessa.

Mentre finisco di preparare questi post di prossima pubblicazione torno a concentrarmi sulla musica, argomento principe da sempre di questo blog.

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Una discesa nel maelstrom

Come ogni anno, in questo giorno, arriva il momento, per me, di fare un bilancio dei dodici mesi appena trascorsi su questo blog, che è arrivato al suo tredicesimo compleanno. Questa volta però sarà diverso, perché diverso è stato il 2023. Ci ho pensato a lungo riguardo a quello che avrei voluto fare e scrivere questo post mi ha schiarito le idee sul futuro del blog.

Lo scorso gennaio mi sentivo bello carico, pronto ad affrontare qualche cambiamento che avevo deciso di apportare ai miei post abituali, rendendoli più brevi e meno impegnativi sia da scrivere e che da leggere. Non che mi aspettassi da questa scelta chissà quali risultati o riscontri in termini di visite (che fondamentalmente non mi sono mai interessate molto) ma mi aspettavo almeno di ritrovare un po’ di quella energia, quello slancio dei primi anni. Ebbene, non è successo.

Il 2023 si è portato dietro dall’anno precedente quella difficoltà nel mettermi al pc ed iniziare a scrivere, acuendosi poi la scorsa primavera. Non potevo immaginare che quel mio tentativo di cambiare mi avrebbe portato a scrivere questo post che state leggendo.

Anche se quest’anno ho avuto degli alti e bassi, è guardandomi indietro che non posso non notare tutto il lavoro che ho fatto in questi tredici anni. Ho scritto molto ma per la prima volta in tanti anni, mi sono sentito schiacciato da questa abitudine del fine settimana. Pur continuando ad avere voglia di scrivere, ho iniziato a provare un senso di scoramento. Per chi scrivo tutto questo? Qualcuno mi legge ancora? Ma sì, che qualcuno mi legge ancora, mi dicevo. Magari sono pochi e non leggono tutto tutto ma qualcosa leggono, o no? Non lo so. Il fatto è che, fondamentalmente, non lo so.

Devo farvi una confidenza: questo mio blog è sempre stato un segreto. Nessuno che mi conosce di persona sa che io ho questo blog. Non so se è una cosa normale per chi ha un blog ma ho scelto fin da subito questa sorta di anonimato estremo ma non perché voglio nascondere il mio nome o questo blog per strane ragioni. La ragione è la più semplice: voglio sentirmi libero di scrivere ciò che voglio.

Non fraintendetemi, qui non sono diverso da quello che sono di persona nella vita di tutti i giorni ma permettere a questo blog di uscire nella vita reale significherebbe esporre una parte di me e le conseguenze non saprei come affrontarle. Ogni post su questo blog è stato scritto solo ed esclusivamente per persone che non conosco. Quindi l’unico modo che ho per avere un riscontro di quello che ho fatto finora è racchiuso tutto qui dentro, in questo mondo virtuale fatto di like e di brevi commenti. La vita di questo blog è legata strettamente al solo mondo virtuale.

Per chi scrivo davvero, dunque? Chi legge davvero? Scrivo per me stesso? Chi sono io qui? Non sono impazzito. Queste sono le domande che mi pongo ogni volta che metto mano a questo blog, fin dal primo giorno. Tutto questo, questa segretezza, questo anonimato, queste parole che si sono accumulate per oltre un decennio, gravano su di me come un obbligo verso qualcuno, o meglio verso qualcosa, che non so bene identificare. Un obbligo di cui mi potrei facilmente liberare, dimenticare, mettere da parte. Ma c’è stato qualcosa che finora mi ha impedito di fare ciò.

Difficile spiegare il motivo che mi ha trattenuto qui per così tanto tempo. Il piacere di scrivere non basta a spiegarlo, il piacere di essere letto nemmeno. C’è stato dell’altro. Forse un sogno di costruire qualcosa. Di lasciare un segno, come la natura di essere umani ci spinge a fare. Di potermi guardare indietro e dire: tutto questo l’ho fatto io. Ed è successo, ho detto tra me e me queste parole. Ed è questo il punto, l’ho detto tra me e me. A nessun altro.

Forse ho sbagliato tutto. Quel gennaio del 2011 avrei dovuto far uscire questo blog dal mondo virtuale, renderlo vero ma non sarebbe durato così a lungo, di questo ne sono sicuro. Avrebbe avuto però una doppia esistenza, dove io sarei stato l’autore di quel segno. Invece no, sono finzione al pari di voi che mi leggete e di quanti mi hanno letto. Se staccassi la spina finirebbe tutto. Il mio mondo reale, per gli altri e per me, non cambierebbe. Il mio mondo virtuale sparirebbe in un buco nero, zittendo quelle voci che da tale buco potrebbero emergere. E io chi sarei a quel punto? Sarei quello reale, senza un blog segreto scritto sotto falso nome. Perderei un pezzo di me? No, non credo. Anzi mi restituirebbe una parte del mio tempo libero, quel tempo che sentivo dover essere occupato dallo scrivere parole attraverso un display. Mi dispiacerebbe è ovvio ma la verità è che non so il perché dovrebbe dispiacermi. A chi farei un torto? Non ho migliaia di lettori e nemmeno centinaia, temo. Nessuno rimarrebbe orfano delle mie parole. Tranne io.

Eppure qualcosa c’è che mi trattiene da mettere la parola fine al blog, come ho sempre immaginato di fare un giorno. Sono abbastanza vecchio da rendermi conto quali siano i miei difetti. Uno di questi è che, su alcune cose, sono maledettamente costante, direi ostinato, tendente all’abitudinario. Nella mia testa c’è qualcosa che mi dice che devo continuare per dare un senso a quel segno che voglio lasciare. Torno a guardarmi indietro e penso che forse ho già fatto abbastanza. Il gioco è durato più di quanto mi sarei mai immaginato. Sono pur sempre tredici anni quelli che ho passato qui. Una vita. Avevo ventuno anni quando ho iniziato. Quella voce, la costanza, però insiste che c’è ancora tempo per recuperare entusiasmo. In fondo in fondo però non ci credo davvero.

Quello che dovevo e volevo fare è stato fatto. Non c’è altro, non c’è un futuro chiaro davanti a questo blog. Non è finita, non ancora almeno ma qualcosa è profondamente cambiato. Quella costanza insistente non è abbastanza per tenere in piedi questo mio vecchio caro blog. Quell’abitudine che mi dice che devo pubblicare ogni settimana se voglio andare avanti, non è più così forte da vincere sulla sensazione di scivolamento che provo. Sì, questo blog sta scivolando giù nell’oblio, nel maelstrom del cyberspazio. Non riesco più a trattenerlo. Non gli dirò addio, non credo di riuscire a farlo mai.

Voglio solo essere incostante, perché è l’unico modo che ho per recuperare quella libertà che ho cercato inizialmente, scegliendo di mantenere segreto il blog e il mio nome. Essere incostante, slegato da quella cadenza settimanale mi ha permesso, sì, di essere qui dopo tredici anni ma che, lentamente, mi ha privato di tale libertà. Questo blog entra da oggi in una sorta di limbo dove ogni nuovo post sarà un’occasione per tornare a scrivere davvero e lo farò quando avrò semplicemente voglia di farlo. Non voglio credere che questo blog sarà inghiottito da questo nero gorgo senza proferire le sue ultime parole. Saranno probabilmente parole in libertà, più di quanto lo siano state finora ma molto più simili, nella forma, a quelle dei primi post. Scriverò ancora di musica, di libri e quant’altro mi andrà di scrivere. Non finirà per diventare un blog fatto di post brevi e frequenti come tanti altri, perché qualche idea e qualche bozza sono già lì che attendono solo di essere pubblicate. E lo farò.

Tredici anni e si ricomincia.

A presto…