Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 3

Questa settimana ho letto un interessante articolo che riguardava la fruizione della musica nel mondo e in Italia. Per correttezza pubblico il link dal quale l’ho letto: La musica in download vicina all’estinzione. Lo streaming a pagamento è quasi metà del fatturato globale.
Tra l’altro ultimamente, ho l’abitudine di appuntarmi, a chissà quale scopo, gli articoli più interessanti che trovo online. A volte devo ammettere che mi tornano utili, altre volte sinceramente non so perché li metto da parte. Ma torniamo al tema di questo articolo. Il titolo è eloquente, lo streaming musicale si sta divorando il download ma ha ancora pietà per CD e vinili. In Italia chi scarica ancora musica (legalmente s’intende) rappresenta solo l’1% del totale. Sapevo che la mia abitudine di comprare musica in digitale era da tempo passata di moda ma non credevo di essere parte di una così ristretta minoranza.

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Meglio tardi che mai, ep. 2

Prima di che finisca anche quest’anno ho deciso di raccogliere qui qualche uscita che avrebbe meritato un post dedicato su questo blog. Purtroppo non è stato possibile nelle scorse settimane ma ora è arrivato i momento di rimediare. Ecco dunque qualche consiglio. Sarò breve, lo prometto, lascio spazio alla musica.


Fritillaries è un progetto della cantautrice folk Hannah Pawson che debutta con l’omonimo Fritillaries. Insieme al musicista Gabriel Wynne, propone un folk moderno ma allo stesso tempo non lontano dalla tradizione inglese. L’album è davvero molto bello e vario. Atmosfere distese e malinconiche vi accompagneranno lungo tutta la sua durata. Un nome da tenere presente in futuro.


Per la cantautrice canadese Rosie Valland, il nuovo Emmanuelle rappresenta il suo terzo album, nonché la conferma dei quanto ci ha fatto ascoltare con il precedente BLUE. Il suo è un pop moderno nel quale non mancano sperimentazioni ma in più occasioni si dimostra anche capace di creare melodie orecchiabile e accattivanti, come nel caso di Attiser le dilemme.


Quest’anno ha visto anche il ritorno di una delle voci più belle del folk scozzese, ovvero quella di Siobhan Miller. Nel suo nuovo album Bloom, riunisce la band che l’ha accompagnata nel fortunato Strata, portando nuova linfa ai brani tradizionali e cover contemporanee. La voce della Miller è sempre perfetta e pulita in questo album nel quale si respira l’amore per il folk in tutte le sue sfumature.


Andrea von Kampen è una cantautrice folk americana che debutta ora anche come attrice nel film A Chance To Encounter. Nel film interpretata una cantautrice folk che trova l’amore in Italia, più precisamente a Taormina. Le canzoni del film, interpretate dalla von Kampen, sono raccolte in un EP omonimo del film. In attesa di vedere il film (molto probabilmente disponibile solo in lingua originale) si può ascoltare questa manciata di canzoni davvero piacevole, nello stile delicato di quest’artista.

Persi in questo incantesimo

A distanza di due anni dal precedente Old Country, torna la cantautrice americana Andrea von Kampen e lo fa con l’album That Spell, uscito lo scorso agosto. I singoli che lo hanno anticipato confermavano intatto lo stile di quest’artista, con le sue melodie folk e la voce delicata ed eterea. Come sempre, quando giunge il momento di ascoltare il secondo album di un artista, la curiosità è alta perché non si può mai sapere cosa si troverà al suo interno. Alcuni artisti però, come la von Kampen, non danno mai l’impressione di voler sorprendere e quindi cambiare radicalmente il loro approccio alla musica. Puntano piuttosto su ciò che esprime meglio la loro personale visione, lasciando che sia più naturale e semplice possibile.

Andrea von Kampen
Andrea von Kampen

Un solo verso per poco più di un minuto, dal titolo Of him, I Love Both Day And Night, apre l’album. Un’introduzione gentile e sfuggente alla musica di quest’artista, ispirata alle parole di Walt Withman, “Of him, I love both day and night / Though I heard somewhere he had gone / That was the first time that I lived / Now it all seems so twisted and wrong“. Segue Take Back Thy Gift che conferma lo stile poetico della von Kampen. Una canzone malinconica che insegue una melodia fragile e sognante, che sembra voler intrappolare piacevoli ricordi, “Oh, the woods decay, so do they / Plow the fields, then lie beneath / I remember wild and sweet melodies / In April, hear those lips that kiss so sweet“. La title track That Spell è carica di speranza e di sogni. La melodia è luminosa e dolce, accarezzata da un canto morbido. Un canzone che trasmette positività e ottimismo ma che invita a combattere per tutto ciò che è ingiusto, “Lost inside that spell for a while / All of us learn the trick of a silent smile / And, ladies, they now hold the keys / And I don’t say yes to you because you want me to“. Celilo si poggia sul suono della chitarra e si ispira alle sonorità più classiche del folk americano. Questo brano vuole trasmettere le sensazioni, i cambiamenti di questa località dell’Oregon caratterizzata dalla presenza di nativi americani, “Goodbye to the place my mother knew / The lives we lost just to benefit the few / This land is your land and this land is mine / Where are my wheat fields and dust clouds rolling by?“. The Wait è una lenta ballata, che parla di vita e di amore. La von Kampen prende in prestito le parole del poeta Ranier Maria Rilke e le trasforma in canto nel migliore dei modi, “It is life in slow motion / It’s the heart in reverse / It’s a hope-and-a-half / Too much and too little at once“. Water Flowing Downward è forse la canzone più oscura e malinconica di questo album. Il testo è criptico, composto di cose dette e non dette, che affascina e carica di mistero questa canzone, “Take what’s given / And don’t ask questions / Do your best to look away / But I can’t go softly / I won’t go gently / I’ll choose the water everyday“. Carolina è una canzone nostalgica, poetica e toccante, ispirata da Carolina in My Mind di James Taylor. La voce della von Kampen la illumina con la sua delicatezza e leggerezza. Una delle canzoni più belle di questo album, “I want the Carolina James told me / From my childhood / And all the while Mom sang along / I knew she understood / That all of us need to go / Where we can be heard / And I know my time has come / I think my time has come / Maybe my time frame’s getting blurred“. La successiva Don’t Talk (Put Your Head On My Shoulder) è introdotta dalle note di un pianoforte. Le sonorità folk vengono messe da parte in favore di un sognante e romantico pop che meglio di fa apprezzare la voce di quest’artista, “Don’t talk, put your head on my shoulder / Come close, close your eyes and be still / Don’t talk, take my hand and let me hear your heartbeat“. Si torna alle sonorità folk con la bella Wedding Song. Una canzone romantica, come lascia presagire il titolo, ma nient’affatto scontata. Il testo è molto poetico e sensibile, ispirato dalla storia di Romeo e Giulietta, “Father, bless us both with hearts to share / My pure invocation of a lover’s prayer / Please don’t hesitate for time only takes / Still be in love when the morning breaks“. Si chiude con Magdalene che ricalca le sonorità dell’esordio. Il suono della chitarra e la voce malinconica bastano per darci ulteriore prova del suo talento ed emozionarci un po’, “Ohh, ohh / History is wrong from time to time / Ohh, ohh / The winners, oh, the winners always lie / Mm, mm / My Magdalene“.

That Spell è un album nato durante la quarantena dello scorso anno, in quel tempo sospeso che tutti noi abbiamo affrontato. Andrea von Kampen tira fuori una serie di canzoni che vogliono racchiudere ricordi e riflessioni, sensazioni sfuggenti che solo grazie ad una scrittura sicura e pulita, riescono a sopravvivere. Rispetto all’esordio c’è una maggiore varietà di suoni, sempre prevalentemente acustici, che rispecchiano le diverse emozioni che la von Kampen vuole trasmettere. That Spell è un album breve, apparentemente semplice ma che richiede più ascolti prima di apprezzarne lo sforzo creativo che si traduce in un delicato e lento viaggio fatto di pensieri. Andrea von Kampen fa un passo avanti molto importante, senza rinunciare a nulla di ciò che di buono aveva fatto all’esordio, anzi migliorandosi ulteriormente.

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In questo vecchio paese

Il nome di Andrea von Kampen non è nuovo su questo blog. Infatti il suo EP di esordio intitolato Desdemona risale al 2016 e aveva dato un assaggio delle doti di cantautrice di questa ragazza americana. Per lei è giunto il momento di misurarsi con il suo primo album, dal titolo Old Country. Sei tracce originali scritte dalla von Kampen, più una cover ed un brano tradizionale, compongono questo esordio dalle tinte folk, influenzate dalle sonorità dei grandi maestri (come Bob Dylan) del cantautorato a stelle e strisce. C’è tutto quello che piace a me e dunque non vendo motivo per conoscere meglio quest’artista.

Andrea von Kampen
Andrea von Kampen

L’album si apre con la triste Tomorrow, un indie folk incentrato sulla voce eterea della von Kampen. Si delinea subito l’atmosfera di questo album e l’essenzialità delle scelte musicali, straordinariamente evocative, “How long till you unlock the cage? / How long till their free from their pain? / How long can the blood stain the hands / Of greedy men with greedy thoughts in their head?“. Teton si affida alle atmosfere malinconiche del folk americano. Andrea von Kampen, con la sua voce pulita, mette in luce le sue ottime capacità di scrittura, “I got off at Jackson Hole / There was a nice strong man in a blue strong coat / He said I’ll help you / Mama said, ‘beware of nice men / Funny thing is they never seem to listen’“. Il singolo Portland è una delle canzoni più belle di questo album. Ancora un po’ di nostalgia ben mescolata con un senso d’amore e speranza, lasciano a chi ascolta una bella sensazione, “Nobody cares if the foundation’s cracked / As long as it looks good when somebody asks / Yet I’ve got a man who loves me despite what I lack / We’re goin’ to Portland, Oregon if anyone asks“. La successiva Try richiama alla memoria le sonorità dell’EP di debutto. Un testo poetico e incredibilmente maturo che conferma le ottime doti di songwriting della von Kampen, accompagnata dal suono del violino. Da ascoltare, “Yes I’ll try, do my best / Can’t promise I’ll always be kind / But I’ll try, do my best / Can’t promise we’ll always see eye to eye / But I’ll try“. Julia racconta di un amore e di un’attesa vana con una leggerezza che rischiara i colori della prima parte dell’album. La cantautrice americana dimostra di essere a suo agio anche in questa occasione, “Julia moves to the city to find a new kind of memory / clear her mind / And the sun goes down, and the sun goes down / She won’t find another / Julia is hung up on her lover“. Wildwood Flower è un tradizionale canzone country trasformata dalla von Kampen in una ballata folk malinconica. Davvero una scelta azzeccata, impreziosita dal violino, “Oh I’ll twine with my mingles and waving black hair / With the rose so red and the lilies so fair / And the myrtles so bright with the emerald dew / The pale and the leader and eyes look like blue“. La title track Old Country è una sorta di preghiera cantata dalla von Kampen con il cuore. Una delle canzoni più emozionanti dell’album, una prova del suo talento, “Working longer in the fields these days / With nothing to hold on to / Except a Mama laying flat in a daze / Praying and pleading for you / Old country, why did you let him leave?“. If You See Her, Say Hello è una bella cover dell’originale di Bob Dylan. Non si sbaglia mai a fare una cover di Dylan e Andrea von Kampen non si allontana molto all’originale, aggiungendo solo una spiccata sensibilità tipicamente femminile, “If you get close to her kiss her for the kid / Who always respected her for doin’ what she did / Oh, I know it had to be that way it was written in the cards / Though the bitter taste still lingers on it all came down so hard“.

Arrivati in fondo ad Old Country si ha la sensazione aver appena ascoltato un’artista di indubbio talento che, in particolare per le canzoni originali, riesce ad incantare per la semplicità con la quale queste canzoni sembrano essere state scritte. Chi ascolta non può fare a meno di ammirare la capacità di Andrea von Kampen di tratteggiare immagini ed emozioni con straordinaria chiarezza. Non c’è una ricerca di grandiosità o sorpresa ma un costante tentativo di racchiudere, attraverso le parole e la musica, qualcosa che sarebbe difficile spigare altrimenti. Old Country nonostante la sua breve durata, ci rivela senza dubbio una giovane cantautrice dal talento cristallino, nascosto in parte ancora dall’eco di chi l’ha preceduta ma pronto a brillare presto.

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Mi ritorni in mente, ep. 45

Questa rubrica si sta trasformando in un buon modo per farvi conoscere qualche uscita dello scorso anno e che non ho riportato in questo blog. La musica e gli artisti sono per me un po’ come le ciliegie, una tira l’altra e più ascolto, esploro e conosco e più mi ritrovo sommerso da titoli, nomi, album ecc. La cosa mi piace e le nuove uscite scandiscono le mie settimane. E poi ci sono giornate come oggi che mi dedico a qualche acquisto (sì, io gli album li compro ancora) e così finisco per aggiungere altra musica più o meno nuova alla mia collezione. Gli album e le canzoni passano uno dopo l’altro nelle mie orecchie e spesso più velocemente di quanto riesca a scriverne su questo blog. Ma non voglio lasciare indietro nessuno e questa è una buona occasione per recuperare senza troppo impegno.

Attratto fin da subito dal singolo Desdemona non ho potuto resistere ad continuare l’ascolto delle canzoni della giovane cantautrice americana Andrea von Kampen. Il suo EP intitolato per l’appunto Desdemona è una raccolta di cinque canzoni dalle sonorità folk americane sulle quali spicca la title track. Si passa dalla più fresca e spensierata Two Stupid Kids alla ballate romantiche come Let Me Down Easy. Voce morbida e un’ottima abilità nello scrivere canzoni, come dimostrato in Dink’s Song, sono le caratteristiche principali, nonché i punti di forza, di Andrea von Kampen. Non mi resta che aspettare il suo album d’esordio, la forma sotto la quale preferisco ascoltare un nuovo artista.