Un paio di anni fa scrissi la recensione dell’esordio degli olandesi Mister And Mississippi e quest’anno il gruppo è tornato con un nuovo album intitolato We Only Part To Meet Again. Questa band mi fece una buona impressione ed ero curioso di ascoltare qualche loro nuova canzone. Il folk etereo, dei Mister And Mississippi, si mescola ad un pop dal sapore americano creando un stile piuttosto riconoscibile. La chiave sta sicuramente nella voce di Maxime Barlag, leader femminile del gruppo. In patria hanno ottenuto un discreto successo che non si è propagato di molto al di fuori del confine nazionale. Io arrivai a loro grazie ad una recensione di Ondarock e successivamente non ho smesso di seguirli quando ho intuito che sarebbe uscito il loro secondo album.
Apre il singolo Meet Me At The Lighthouse nel quale si riconoscono la dolce voce di Maxime e la musica avvolgente che l’accompagna, “Meet me at the lighthouse / Bye the seaside, when the night falls / I’ll wait there, staring out to sea / Let’s sail away now, disappear with me“. Cambio di passo con In Between. Qui si sente l’influenza americana che la band non nasconde a partire dal nome. Una canzone che cresce con il passare dei minuti, in un incessante scambio di musica e parole, “In drizzling rain / We’ll meet again / Out of thin air / I’ll spell your name / You define yourself / As I ignite myself“. La titletrack We Only Part To Meet Again svela il lato più caldo della voce di Maxime. In assoluto una delle canzoni più belle di questo album, “I see my reflection / Covered in black / As I sit here and wonder / How I want it back / And I try not to miss you / I try to pull through / But everything around me / Reminds me of you / Yes of you“. Where The Wild Things Grow è un vero passo avanti nella loro musica. Misteriosa, oscura ma trafitta da lampi di luce. Una canzone davvero affascinante che rimante purtroppo un caso isolato in questo album, “Brightly coloured flowers / ascend from our garden / You know / that ancient place / where the wild things grow“. Con Nocturnal mi sembra di sentire la voce di Brandi Carlile nella voce di Maxime Barlag. Nonostante ci sia di mezzo un oceano a separarle, non sono mai state così vicine, “I’m numb in my head and my eyes they look red / I smell of smoke, got stains on my shirt / I’m filled with sadness, a slave to my madness / and it seems that the drugs just don’t work“. La successiva The Filthy Youth è molto legata alle sonorità del primo album. Chitarre squillanti e ritmo disteso sono il marchio di fabbrica del gruppo che non manca di farlo notare nella sua canzone più lunga. Mancando di un brano strumentale, presente all’esordio, questa canzone vuole porre rimedio, “Sunny state of mind / Fields of green, we lay between the pines / We carved our names in the trees“. Southern Comfort sembra perfetta per essere ascoltata sulla sabbia di una delle fredde spiagge del nord Europa. Una bella canzone che rischia di passare inosservata ad un primo frettoloso ascolto, “It’s way too hard to keep it in / Let it out and take a stand / I’ll be here to hold your hand / In the end we’re all the same / Soon we’ll be singing a different tune / and this is how it goes“. Shape Shifter è un altro punto a favore della crescita del gruppo. Qui si intravede, più chiaramente, quella che potrebbe essere la strada da seguire in futuro. Soprattutto perchè dimostrano di saperci fare anche con un po’ di rock, “We’re stealing from what we perceive / Consumed by society’s greed / Come to sense, not how or when / Knowledge helps you grow / and though there is not much to say“. In For Us To Remember, Maxime si fa accopagnare dalla voce chitarrista Danny van Tiggele (o almeno credo di tratti di lui). Il risultato è una canzone che si conclude con un epico trionfo da film kolossal. Niente male, “Learn how to breathe / The more I see the less I know / Learn how to breathe / To find means nothing at all“. Chiude A Song For The Quiet Ones, dolce ninnnananna cullata dalla voce di Maxime. Un piccolo gioiellino racchiuso in fondo a questo album, “Please leave the light on / They can bear no more / Sad songs for the quiet ones / Who’ve been ignored“.
Questo è un album che fuziona meglio se ascoltato come sottofondo, un po’ come una colonna sonora. Se ascoltato ponendo l’orecchio a tu per tu con la voce, si rivela un po’ monotono ma comunque coerente. L’esordio spaziava di più alla ricerca di un’identità mente questo We Only Part To Meet Again ne ha una ben definita, a discapito, però, della varietà. Alcune canzoni sono del tutto compatibili al precedente lavoro ed questo può lasciare perplessi. Ci sono anche però molti aspetti positivi a partire dall’inglese. Nel primo album si notava la poca dimestichezza con questa lingua ma stavolta il gruppo è migliorato nei suoi testi spingendosi oltre le frasi fatte. Anche sotto il punto di vista musicale, qualche canzone riserva sorprese. Forse era lecito aspettarsi qualcosa di più dai nuovi Mister And Mississippi ma We Only Part To Meet Again conferma le capacità del gruppo e ne rafforza l’identità e lo stile.