La discografia della cantautrice inglese Lucy Rose è stata molto condizionata dalle esperienze di vita che hanno portato la stessa artista a rivedere le sue scelte musicali. Il suo debutto del 2012, Like I Used To (Timidi esordi) era caratterizzato da un delicato e timido indie pop che lasciava intravedere la sua spiccata sensibilità. Tre anni più tardi, dopo un lungo periodo di lavorazione, vede la luce Work It Out (Fino alla fine) condizionato da una, forse, troppo invadente produzione. Ci sono voluti altri due anni e tanti concerti in giro per il mondo, per fare tabula rasa e ricominciare con l’ottimo Something’s Changing (Circolo virtuoso). Lucy Rose non si è adagiata sulla sua ritrovata ispirazione ma ha provato a scavare più a fondo, esponendo sé stessa come mai aveva fatto. Il risultato è il nuovo album, dall’eloquente titolo No Words Left.
L’iniziale Conversation ci introduce nelle personali ed oscure atmosfere di questo album. La voce della Rose è fragile e il suo canto naturale e sincero. Un accompagnamento mai invadente ma toccante, rende questa canzone perfetta sotto ogni aspetto, “But I came for you / I’ve dreamt names for you / It’s true / No one makes me high like you do / And I craved for you / I lost sleep with you / Who knew? / No one loves me quite like you do“. Un breve passaggio strumentale dal titolo No Words Left Pt. 1 ci traghetta verso la successiva Solo(w). Un brano che sprofonda ancora di più nella penombra delle debolezze dell’anima. Un pianoforte guida la voce della Rose che appare sempre più rotta dal peso di qualcosa di più grande di lei. “Come back to me / You begged of me / Well you don’t have to be / What they ask you to be / It’s true I’m afraid of the morning / I’m afraid of the evening / But I can’t help it / When I am / Solo“. Treat Me Like A Woman si affida a sonorità molto care a questa cantautrice che non vuole mostrarsi come una donna forte ma una donna con le sue incertezze ma capace ancora di resistere, “And I’m afraid and I’m scared and I’m terrified / That these things won’t ever change / And I’m afraid and I’m scared and I’m terrified / That this is how it will be for all of my life“. The Confines Of This World è una canzone toccante, una confidenza profondamente personale ed intensa. Lucy Rose tocca uno dei punti più alti della sua intera produzione, “I really don’t mean to bring you down / And I need someone to talk to / And hey then I might’ve brought you down / And I need someone to see through / Well that person’s you“. Just A Moment è come un breve intervallo, nel quale si sentono solo poche note di una chitarra e qualche suono d’ambiente. Una pausa per riflettere che introduce Nobody Comes Around Here. Splendida ballata per pianoforte, accarezzata dalla voce inconfondibile della Rose. Con naturalezze e sentimento ci fa correre un brivido lungo la schiena. Cara Lucy, ci sei riuscita ancora, “The sky is still blue / But it’s not the same / The pain that you feel / It’s never gone away / And time is no one’s friend / And the day never ends / So lay down with me / Take my hand, I’ll try and understand“. What Does It Take ricalca le sonorità dell’album d’esordio, arricchendole con un accompagnamento d’archi squisito. Nonostante le apparenze è una canzone molto malinconica, “So take this old and beaten heart / Make it strong and make it stop / So take this old and beaten heart / Make it strong and make it stop / For me“. Ma le insicurezze continuano a spingere e Lucy Rose ci rende partecipi ancora delle sue emozioni con Save Me From Your Kindness. Un altro gioiellino di questo album, “Do I have to, do I have to say it out loud? / I’m not sure of anything / I’m walking around in a head-spin, oh / And I’m not sure of anything / Since there’s been a hole where you once were“. Con Pt. 2 chiude il brano aperto all’inizio dell’album e sembra esserne il suo manifesto. Non vuole nascondersi Lucy, “This time I’m looking out for me / And I won’t hesitate, you believe it / This time I’m looking out for me / Till’ I’m whole again / I need to feel“. Chiude l’album Song After Song. Ancora una canzone sincera, fatta di immagini familiari, come sempre tratteggiate con la mano leggera di questa cantautrice di raro talento, “She’s singing / Song after song after song / All about me and my misery / She lie on my bed, stroke my head, touch my face / Tell me I’ll be alright and I’ll be just fine / But she’s still blue“.
No Words Left è una album speciale che vede Lucy Rose all’apice della sua espressione artistica. Tutte le canzoni sono accomunate da un sentimento profondo che espone l’animo di questa ragazza sulla soglia dei trentanni. Io e Lucy siamo coetanei e questa è una cosa che mi ha sempre affascinato in un artista. Il suo quarto album è un ritratto di una donna che affronta le sue insicurezze in un’età nella quale si è troppo grandi per continuare a fare i ragazzi e troppo giovani per diventare adulti. Ma questo No Words Left rappresenta qualcosa di più ampio e profondo. Ogni canzone sembra nascere sul momento, non c’è un racconto, un filo conduttore ma solo un flusso continuo, così sincero da mettere in difficoltà l’ascoltatore. In definitiva No Words Left è un album splendido per la sua sincerità, scritto per liberarsi di un peso, o più di uno, e non per allietare un ascolto distratto.
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