Una discesa nel maelstrom

Come ogni anno, in questo giorno, arriva il momento, per me, di fare un bilancio dei dodici mesi appena trascorsi su questo blog, che è arrivato al suo tredicesimo compleanno. Questa volta però sarà diverso, perché diverso è stato il 2023. Ci ho pensato a lungo riguardo a quello che avrei voluto fare e scrivere questo post mi ha schiarito le idee sul futuro del blog.

Lo scorso gennaio mi sentivo bello carico, pronto ad affrontare qualche cambiamento che avevo deciso di apportare ai miei post abituali, rendendoli più brevi e meno impegnativi sia da scrivere e che da leggere. Non che mi aspettassi da questa scelta chissà quali risultati o riscontri in termini di visite (che fondamentalmente non mi sono mai interessate molto) ma mi aspettavo almeno di ritrovare un po’ di quella energia, quello slancio dei primi anni. Ebbene, non è successo.

Il 2023 si è portato dietro dall’anno precedente quella difficoltà nel mettermi al pc ed iniziare a scrivere, acuendosi poi la scorsa primavera. Non potevo immaginare che quel mio tentativo di cambiare mi avrebbe portato a scrivere questo post che state leggendo.

Anche se quest’anno ho avuto degli alti e bassi, è guardandomi indietro che non posso non notare tutto il lavoro che ho fatto in questi tredici anni. Ho scritto molto ma per la prima volta in tanti anni, mi sono sentito schiacciato da questa abitudine del fine settimana. Pur continuando ad avere voglia di scrivere, ho iniziato a provare un senso di scoramento. Per chi scrivo tutto questo? Qualcuno mi legge ancora? Ma sì, che qualcuno mi legge ancora, mi dicevo. Magari sono pochi e non leggono tutto tutto ma qualcosa leggono, o no? Non lo so. Il fatto è che, fondamentalmente, non lo so.

Devo farvi una confidenza: questo mio blog è sempre stato un segreto. Nessuno che mi conosce di persona sa che io ho questo blog. Non so se è una cosa normale per chi ha un blog ma ho scelto fin da subito questa sorta di anonimato estremo ma non perché voglio nascondere il mio nome o questo blog per strane ragioni. La ragione è la più semplice: voglio sentirmi libero di scrivere ciò che voglio.

Non fraintendetemi, qui non sono diverso da quello che sono di persona nella vita di tutti i giorni ma permettere a questo blog di uscire nella vita reale significherebbe esporre una parte di me e le conseguenze non saprei come affrontarle. Ogni post su questo blog è stato scritto solo ed esclusivamente per persone che non conosco. Quindi l’unico modo che ho per avere un riscontro di quello che ho fatto finora è racchiuso tutto qui dentro, in questo mondo virtuale fatto di like e di brevi commenti. La vita di questo blog è legata strettamente al solo mondo virtuale.

Per chi scrivo davvero, dunque? Chi legge davvero? Scrivo per me stesso? Chi sono io qui? Non sono impazzito. Queste sono le domande che mi pongo ogni volta che metto mano a questo blog, fin dal primo giorno. Tutto questo, questa segretezza, questo anonimato, queste parole che si sono accumulate per oltre un decennio, gravano su di me come un obbligo verso qualcuno, o meglio verso qualcosa, che non so bene identificare. Un obbligo di cui mi potrei facilmente liberare, dimenticare, mettere da parte. Ma c’è stato qualcosa che finora mi ha impedito di fare ciò.

Difficile spiegare il motivo che mi ha trattenuto qui per così tanto tempo. Il piacere di scrivere non basta a spiegarlo, il piacere di essere letto nemmeno. C’è stato dell’altro. Forse un sogno di costruire qualcosa. Di lasciare un segno, come la natura di essere umani ci spinge a fare. Di potermi guardare indietro e dire: tutto questo l’ho fatto io. Ed è successo, ho detto tra me e me queste parole. Ed è questo il punto, l’ho detto tra me e me. A nessun altro.

Forse ho sbagliato tutto. Quel gennaio del 2011 avrei dovuto far uscire questo blog dal mondo virtuale, renderlo vero ma non sarebbe durato così a lungo, di questo ne sono sicuro. Avrebbe avuto però una doppia esistenza, dove io sarei stato l’autore di quel segno. Invece no, sono finzione al pari di voi che mi leggete e di quanti mi hanno letto. Se staccassi la spina finirebbe tutto. Il mio mondo reale, per gli altri e per me, non cambierebbe. Il mio mondo virtuale sparirebbe in un buco nero, zittendo quelle voci che da tale buco potrebbero emergere. E io chi sarei a quel punto? Sarei quello reale, senza un blog segreto scritto sotto falso nome. Perderei un pezzo di me? No, non credo. Anzi mi restituirebbe una parte del mio tempo libero, quel tempo che sentivo dover essere occupato dallo scrivere parole attraverso un display. Mi dispiacerebbe è ovvio ma la verità è che non so il perché dovrebbe dispiacermi. A chi farei un torto? Non ho migliaia di lettori e nemmeno centinaia, temo. Nessuno rimarrebbe orfano delle mie parole. Tranne io.

Eppure qualcosa c’è che mi trattiene da mettere la parola fine al blog, come ho sempre immaginato di fare un giorno. Sono abbastanza vecchio da rendermi conto quali siano i miei difetti. Uno di questi è che, su alcune cose, sono maledettamente costante, direi ostinato, tendente all’abitudinario. Nella mia testa c’è qualcosa che mi dice che devo continuare per dare un senso a quel segno che voglio lasciare. Torno a guardarmi indietro e penso che forse ho già fatto abbastanza. Il gioco è durato più di quanto mi sarei mai immaginato. Sono pur sempre tredici anni quelli che ho passato qui. Una vita. Avevo ventuno anni quando ho iniziato. Quella voce, la costanza, però insiste che c’è ancora tempo per recuperare entusiasmo. In fondo in fondo però non ci credo davvero.

Quello che dovevo e volevo fare è stato fatto. Non c’è altro, non c’è un futuro chiaro davanti a questo blog. Non è finita, non ancora almeno ma qualcosa è profondamente cambiato. Quella costanza insistente non è abbastanza per tenere in piedi questo mio vecchio caro blog. Quell’abitudine che mi dice che devo pubblicare ogni settimana se voglio andare avanti, non è più così forte da vincere sulla sensazione di scivolamento che provo. Sì, questo blog sta scivolando giù nell’oblio, nel maelstrom del cyberspazio. Non riesco più a trattenerlo. Non gli dirò addio, non credo di riuscire a farlo mai.

Voglio solo essere incostante, perché è l’unico modo che ho per recuperare quella libertà che ho cercato inizialmente, scegliendo di mantenere segreto il blog e il mio nome. Essere incostante, slegato da quella cadenza settimanale mi ha permesso, sì, di essere qui dopo tredici anni ma che, lentamente, mi ha privato di tale libertà. Questo blog entra da oggi in una sorta di limbo dove ogni nuovo post sarà un’occasione per tornare a scrivere davvero e lo farò quando avrò semplicemente voglia di farlo. Non voglio credere che questo blog sarà inghiottito da questo nero gorgo senza proferire le sue ultime parole. Saranno probabilmente parole in libertà, più di quanto lo siano state finora ma molto più simili, nella forma, a quelle dei primi post. Scriverò ancora di musica, di libri e quant’altro mi andrà di scrivere. Non finirà per diventare un blog fatto di post brevi e frequenti come tanti altri, perché qualche idea e qualche bozza sono già lì che attendono solo di essere pubblicate. E lo farò.

Tredici anni e si ricomincia.

A presto…

Questa sporca dozzina

Questo blog è arrivato al suo dodicesimo giro intorno al sole. Come ogni 8 di gennaio eccomi qui a scrivere qualche pensiero in occasione del compleanno di questo mio blog. Innanzitutto devo riconoscere che come previsto, anche nel 2022 poco o nulla è cambiato da queste parti. Mi ero ripromesso di provare a cambiare un po’ l’impostazione dei miei post ma non l’ho fatto. Ebbene, forse ci siamo. Credo sia arrivato il momento di rivedere qualcosa ma prima è necessaria una premessa, perché non è come state pensando. 

Come qualcuno di voi saprà, da qualche anno sono iscritto a Twitter. Decisi di farlo solo perché stare dietro alle novità musicali senza qualcosa che aggregasse le varie fonti (siti, blog, artisti ecc), era diventato sempre più difficile. Facebook e il suo fondatore non mi sono mai stati simpatici e così ho scelto il social dell’uccellino. Già che c’ero ho collegato il mio profilo a questo blog e ciò mi ha dato anche qualche soddisfazione. Come è noto quest’anno un ricco signore annoiato ha deciso di portare un lavandino nella sede di Twitter. Non invidio per nulla Elon Musk, nemmeno per il suo conto in banca, anche se gli riconosco dei meriti (l’acquisizione del social network non è tra questi). Nel periodo più buio del social, quando sembrava che stesse per andare a fare compagnia di MySpace, ho deciso di provare Mastodon, che rappresenta una specie di simil-twitter, almeno nella forma. 

Vi racconto la mia esperienza all’interno dell’istanza italiana più importante. Non sto a spiegavi cos’è un’istanza, perché per quello che voglio raccontarvi, non è necessario. Sappiate solo che ne esistono diverse all’interno di Mastodon (che di per sé non è un social network come lo intendiamo di solito). La prima impressione che ho avuto appena iscritto è la stessa che ho provato quando mi è capitato di iscrivermi ad un forum. Un gruppo ristretto di utenti e amministratori accoglie amichevolmente il nuovo arrivato, per buona educazione, ma poi è compito dello stesso trovare spazio all’interno della comunità. Mi sta bene. Ci sono delle regole, ovviamente. Ogni istanza ha le sue: alcune scritte, altre no. Le prime sono condivisibili e per rispettarle basta aver un po’ di buon senso. Niente di ché ma ovviamente rappresentano un problema per i cosiddetti “leoni da tastiera” e i vari “no-qualcosa”. Con queste regole il clima perciò è sereno anche se un po’ uniforme. Le seconde, quelle non scritte, sono un po’ più insidiose e difficili da rispettare. Principalmente perché non sono alla portata di tutti e poi perché potrei anche non volerle rispettare. Una su tutte è quella di non linkare direttamente i video da YouTube. Queste regole da “nerd open source contro il sistema” non aiutano certo l’integrazione di chi è meno avvezzo a certe pratiche. Ma mi sta bene, ancora. Il problema con Mastodon si rivela essere soprattutto mio (che poi è lo stesso che mi ha tenuto lontano dai social network per anni). Mi ero iscritto a Twitter per seguire chi produce contenuti e notizie. Per rimanere aggiornato, insomma. Mastodon in questo è naturalmente ancora parecchio indietro e non si è rivelato quindi molto adatto allo scopo. A questo punto mi si è rivelata la verità sui social network, verità che sono riuscito a nascondere su Twitter in tutti questi anni: io non capisco del tutto la loro utilità. Mi spiego meglio. A me di foto di cani, gatti, tramonti, mari, montagne, boschi, piatti e vacanze non frega nulla. Di pensieri sparsi buttati lì come fossero poesie, aforismi a caso, meme vari, considerazioni, opinioni non richieste e battutine non frega nulla. Capite bene che tutto ciò che ho evitato per anni in un attimo me lo sono ritrovato seguendo una decina di profili (di cui neanche la metà attivi). Non è colpa di Mastodon (su Twitter è cento volte peggio anche in termini di linguaggio), semplicemente è un volto dei social che fatico a comprendere. Ho voluto provare anche io a essere social ma proprio non ci sono tagliato. E lo sapevo. 

Ma perché raccontarvi tutto questo? Perché se ho provato Mastodon per ripartire con i social, questo mi ha fatto tornare al punto di partenza. Ovvero a questo blog. Il mio ecosistema virtuale ha raggiunto il suo equilibrio nel corso degli anni e non ho bisogno di destabilizzarlo provando a fare il bravo utente social che ci tiene a fare sapere a tutti cosa sta pensando mentre è in coda alla posta o che il proprio gatto è un fenomeno a fare il gatto. Questo blog, nel bene o nel male, è un pezzo di me e qui mi troverete se vi va di leggere quello che scrivo. Niente foto di piatti, tramonti imperdibili o foto delle vacanze, ve lo posso assicurare. Grazie a questo mio vano tentativo di essere più social ho deciso di dedicare più attenzione a questo blog e a tutta la bella community che si è creata in dodici anni. Lo farò, paradossalmente, alleggerendo i miei post e (forse) rendendoli più frequenti. Non prometto nulla ma ho seriamente intenzione di provarci. Mal che vada sarà tutto come è sempre stato. Non so se l’ho mai fatto prima (non sono bravo in questo genere di cose) ma ringrazio chi mi legge da anni, chi lo sta facendo per la prima volta adesso, chi mi ha letto in passato e a chi lo farà in futuro. Grazie. Ci rivede da queste parti (un po’ meno sui social network).

Primo numero maestro

Questo blog è giunto al suo undicesimo anno di vita attraversando un 2021 nel quale, nonostante ciò che avevo scritto un anno esatto fa, ho continuato a pubblicare regolarmente. In realtà qualche settimana l’ho volutamente saltata per evitare di fare salti mortali per riuscire a pubblicare qualcosa. Mi sono preso il mio tempo ma non come avrei potuto o voluto. Mi ero ripromesso di dedicare meno tempo al blog a favore di altro che mi frullava nella testa. Di fatto non è andata così ed è la fine che spesso fanno i buoni propositi di inizio anno. Le (poche) pause che mi sono preso non le ho dedicate ad altro ma semplicemente sono state dettate da impegni che non mi hanno permesso di preparare qualcosa da pubblicare. Quando prevedevo l’impossibilità di scrivere qualcosa per il fine settimana, mi davo da fare buttando giù qualche riga in anticipo. Quest’anno ho voluto lasciar correre di più. Se tempo e voglia c’erano, ecco il nuovo post, altrimenti nulla. Questo è quanto di più sono riuscito a fare nel tentativo di tenere fede a quanto scritto ad inizio 2021. Avrei voluto anche cambiare il formato dei miei post, magari più brevi e veloci da scrivere, ma la verità è che non ci sono riuscito. Anzi non ci ho nemmeno provato. Ho semplicemente continuato così. Sono un abitudinario impenitente che persevera in questa avventura della quale al momento non vedo una fine certa. Tutto quello che pensavo di fare o di scrivere, oltre a questo blog, si va a scontrare con i giorni che passano. Il tempo è il grande amico e il peggior nemico di procrastinatori. Non sono tale nella vita di tutti giorni (o forse sì per tutto ciò che non ritengo di grande importanza) ma quando si tratta cambiare lo sono eccome. Non mi piacciono i cambiamenti, soprattutto quando non sono io a deciderli. Quando sono io a decidere non è che vada poi tanto meglio. Provo sempre quella sensazione di aver sbagliato scelta. A proposito di cambiamenti, ogni volta che inizio a scrivere il post per questa occasione, mi diverto a cercare un significato o una curiosità sul numero in questione. Cito Wikipedia in merito al numero undici: Nell’esoterismo e nella magia in genere, è considerato il “primo numero maestro”, essendo il primo numero di una decade numerica nuova (10+1). In generale sta a significare un forte cambiamento a fronte di una grande forza e nei tarocchi l’arcano maggiore numero 11 corrisponde infatti alla “Forza”.
Che dire? Sembra fatto apposta. Che sia questo l’anno del cambiamento per il blog? Se così fosse, io padre e padrone non ho la più pallida idea di quale possa essere.

Forse il fatto di essere un vergognoso abitudinario e un vigliacco procrastinatore a tenuto in vita questo blog per questi lunghi undici anni. Si è incollato a me, un’estensione della mia vita che ha affondato le sue radici virtuali in profondità. Togliermelo di dosso come si fa con un cerotto significherebbe creare un buco difficile da riempire, come ha dimostrato l’anno appena passato. Lasciarlo spegnere lentamente sarebbe altrettanto doloroso e non so se sarei in grado di farlo volontariamente, anche se penso sia quello che capiterà prima o poi.

Bene, il post della celebrazione per gli undici anni si è trasformato in una patetica riflessione sulla sua stessa morte (riflessione già avvenuta in passato peraltro, ben quattro anni fa). Ma qual è la vita media di un blog come questo? Credo di essere arrivato ad una sorta di maturità nella quale è più facile guardarsi indietro che verso il futuro. Oddio, non sono sicuro se quest’ultima frase si riferisca al blog o me stesso. Meglio chiuderla qui, non vorrei scrivere strane cose. Chiudo qui il post, non il blog, intendiamoci. Lunga vita a te, vecchio mio.

Blog d’alluminio

Eccomi giunto al decimo anniversario di questo blog. Dieci anni, di cui l’ultimo, il 2020 davvero particolare. Un anno nel quale ciascuno di noi, chi più chi meno, ha visto cambiare le proprie abitudini, la propria routine casa-lavoro, casa-studio o casa-qualcos’altro. Tutti ne siamo stati toccati in qualche modo. Io ho smesso, dallo scorso febbraio, di essere un pendolare, ritrovandomi da un giorno all’altro in smart working (che di smart ha poco o niente). Nel frattempo ho anche lavorato in ufficio per un paio di mesi, rinunciando però a prendere il treno. Questo cambio di routine ha determinato due cose: niente più letture e musica in treno. Sono riuscito ad organizzarmi diversamente per le letture approfittando della sera o subito dopo aver chiuso con il lavoro. Ma con la musica ho faticato un po’, dedicandogli un tempo più frammentato che in passato.

Tutto questo si è ripercosso sul blog anche se non in maniera apparente. Ho continuato a scrivere e a pubblicare regolarmente ma, devo ammetterlo, ho fatto più fatica degli anni passati. Preso dallo scoramento della situazione, soprattutto per il lavoro, e dal cambio di abitudini, ho pensato più volte di saltare qualche appuntamento con il blog. Perché non limitarmi ad ascoltare musica senza dover per forza renderne conto qui? In realtà succede già che qualche album non passi da queste parti, scegliendo tra quelli del momento e preferendo le nuove uscite. In tutta sincerità spesso scrivere di un album mi aiuta comprenderlo meglio ed ad apprezzare i dettagli che solo ascoltandolo non possono essere colti. Però mettersi lì, davanti al pc ed inventarsi qualcosa da scrivere, non è sempre facile. Per questo, dopo dieci anni, perso lo slancio iniziale verso l’ignoto e l’euforia di condividere ciò che mi piace, comincio a sentire il peso di un obbligo che nessuno mi ha imposto. Con questo non voglio dire che chiudo tutto e dico addio ma che sarò solo un po’ più flessibile con me stesso, che non proverò ad essere sempre così puntuale ogni settimana. Mi prenderò la libertà di un weekend libero ogni tanto e rivedrò probabilmente la forma delle mie recensioni, in modo da impiegare meno tempo per scriverle. Ma non è detto, forse continuerò così e non cambierà niente. La verità è che potrei impiegare questo tempo per altro, non so ancora esattamente per cosa ma ci sto pensando. Ci sono parecchi libri che vorrei leggere, altrettanti film che vorrei vedere e fare qualche passeggiata in più, DPCM permettendo.

La prova del nove

Oggi questo blog arriva al suo nono anno di vita. Quest’ultimo anno è stato quello più ricco di visite di sempre ma non sono qui a scrivere per vantarmene. Mi interessano poco questo genere di numeri. Ciò che mi sorprende di più, e succede ogni anno che passa, è la quantità di tempo che ho dedicato a questo blog. Quest’anno, in modo particolare, non ho recensito tutti gli album che ho ascoltato e i libri che ho letto. Questa cosa, anche se può sembrare un mancato obiettivo, in realtà la vedo in positivo. Mi sono sentito più libero di ascoltare e leggere quello che volevo senza necessariamente condividerlo con voi. Ciò che mi è piaciuto di più è ovviamente giunto su questo blog allo scopo di consigliarvi tale disco e tale libro. Mi sono impegnato e qualcosa in più riguardo alle mie letture l’ho postato, lo stesso vale per il cinema. Vorrei riuscire a vedere qualche film in più ma il tempo è quello che è. Riesco a soddisfare meglio la mia curiosità per quanto riguarda i libri e quest’anno posso dire di avere spuntato diversi titoli della mia lista d’attesa. Tutto questo anche grazie all’acquisto di un lettore ebook che per qualche motivo mi invoglia a leggere più spesso, sperimentando anche qualche genere diverso dai miei soliti. Sul fronte musicale continua il mio percorso alla scoperta di nuovi artisti e spaziando su più fronti ho trovato diverse cose interessanti. Ma come scrivevo sopra, alcune di queste sono rimaste fuori, per forza di cose, dal blog. Ma lasciate che in questa occasione possa scrivere di tre argomenti che riguardano direttamente o indirettamente questo blog: il ruolo delle donne nella mia musica, la musica italiana e la musica oggi.

Il ruolo delle donne nella mia musica. Chi mi segue da tempo avrà sicuramente notato quante ariste donne siano presenti nella mia musica preferita. Non mi sono mai messo a contare quante sono ma credo che si avvicinano al 90% della mia collezione. E pensare che fino a qualche anno fa non era affatto così. Tutto è cominciato per caso quando ho iniziato ad ascoltare il primo album di Amy Macdonald. Capii che c’era un panorama musicale al femminile che non fosse quello sovraesposto del pop da classifica. Da allora sono entrato in una sorta di circolo vizioso. Sì, credo di poterlo chiamare così: un circolo vizioso. Nel caso degli artisti uomini, tendo a preferire quelli che hanno un timbro vocale particolare o le band ma nelle donne non ho particolari preferenze. Ed è proprio per questo che faccio fatica ad uscire dal giro. Oggi viviamo in un epoca in cui le donne vogliono farsi sentire sempre più forte e dal mio (maschile) punto di vista ci stanno riuscendo particolarmente bene nel mondo della musica. E non sono solo io a dirlo. Le artiste oggi sono un passo avanti rispetto agli uomini in quanto ad intraprendenza e coraggio anche se, in generale, faticano a trovare spazio nelle radio. Personalmente credo che nell’era di internet e dei social, sperare nelle radio per avere visibilità sia una cosa sorpassata. Penso sia una questione di principio ormai, solo per rivendicare una parità di trattamento con gli uomini. Non sono un maschilista, la mia musica e questo blog sono lì a dimostrarlo e non posso definirmi femminista in quanto uomo. Per me le donne nella musica, e nell’arte in generale, ci presentano un modo con occhi diversi rispetto ad un uomo. Può sembrare banale ma la penso così. La verità è quasi non mi accorgo di scegliere spesso artiste di sesso femminile. Per me non c’è nessuna differenza ma l’ago della bussola punta sempre, e per qualche motivo, in quella direzione. In definitiva, se non ci fossero state le donne, mi ritroverei con un pugno di artisti da ascoltare e forse questo blog non avrebbe avuto l’aspetto che ha ora e non avrebbe raggiunto il suo nono anno di vita.

La musica italiana. Ahi, andiamo a toccare un tasto che ha sempre tormentato le mie opinioni in fatto di musica. Perché non scrivo di musica italiana su questo blog? In realtà in passato l’ho fatto. In un post del 2016 mi sono espresso a riguardo, in seguito al festival di Sanremo di quell’anno (potete leggerlo qui Dopo festival). Il mio rapporto con la musica del Bel Paese continua ad essere conflittuale come allora e la persistente tendenza a generalizzare. Continua a vedere artisti ultra trentenni che non hanno ancora una personalità ben definita e si adattano alla moda pop del momento nel tentativo, inspiegabile, di tenersi buono un pubblico adolescenziale che nel frattempo è cresciuto (o forse no). Io che ho raggiunto i 30 anni trovo inspiegabile come si faccia ad ascoltare artisti come Emma Marrone (tanto per fare un nome) alle prese ancora con patemi d’amore tanto drammatici quanto scontati. Lo so è musica pop ma si potrebbe fare di meglio con poco. A proposito della Marrone, ho ancora impresso nella memoria una terribile versione di La sera dei miracoli di Lucio Dalla. No, non linkerò qui il video, andatevelo a cercare se volete farvi un idea di cosa trovo insopportabile nella musica italiana di oggi. Non sopporto nemmeno i cantautori/ le cantautrici di nuova generazione con la loro spocchia e sicumera. I loro giri di parole, le loro canzoni farcite di paragoni e metafore sempre uguali e fini a sé stesse. Se ascoltate bene le parole non riuscirete a trovare un qualcosa che possa darvi indicazioni di cosa stiano parlando. Sembrano fatte con lo stampino, bell’e pronte per fare citazioni sui social. Lo so, sono pigro quando si tratta di musica italiana e non mi informo abbastanza a riguardo. Chissà, magari qualcuno sa consigliarmi qualche sito o blog pieno di musica italiana interessante. Finora io ho sempre fatto fatica a trovare qualcosa di nuovo da ascoltare, anche nel panorama indipendente. Qualche volta è capitato di provare un po’ di curiosità in merito ad un artista italiano ma non sono andato più in là di un paio di ascolti, sopraffatto dalla fastidiosa sensazione di presunzione che mi trasmettevano. Per favore niente italiani che cantano in inglese! Non avrebbe senso per me che sto cercando di scoprire un certo feeling con la musica italiana e poi, diciamolo, per un italiano cantare in inglese è un ammissione di inferiorità e debolezza nel mercato internazionale. La nostra lingua è musicale e ha un bel suono ma da anni ci ostiniamo a scimmiottare americani ed inglesi perdendo la nostra identità. A pagarne le conseguenze sono sopratutto i cantautori, una volta il nostro vanto ma che oggi sono imbarazzanti per come non riescono a trarre ispirazione dai loro più illustri predecessori. Proposito per l’anno nuovo: trovare uno o più artisti italiani da aggiungere alla mia collezione che oggi vede solo Elio e le Storie Tese e Samuele Bersani.

La musica oggi. Ho letto che passati i 30 anni si tende ad essere nostalgici in fatto di musica. In pratica schifiamo tutto ciò che è nuovo. Sarà vero? Ve lo saprò dire presto. Intanto io continuo ad ascoltare cosa c’è in giro, cosa riempie le classifiche. Posso dire che trovo spaventoso l’appiattimento musicale che percepisco? A me sembrano tutte uguali queste pop star. La musica e i temi si ripetono, come un’invasione di cloni. Il rock è morto si sa, schiacciato proprio da tutto questo rap, hip hop, trap, r’n’b e derivati. Nel corso degli anni ’90 e i primi del duemila nutrivo una certa simpatia per la musica rap. Era qualcosa di nuovo, in controtendenza con il pop commerciale di quegli anni, una rivoluzione. Sporco, cattivo e acuto. Poi è diventato un genere per fighetti ricchi che si vantavano di esserlo alla faccia tua. Gente del ghetto, tutt’altro che simpatica. Anche in Italia, da sempre in ritardo sotto questo aspetto, vanta degli esponenti di riguardo che ancora oggi provano, invano, a mantenere un po’ di credibilità. E da lì in poi secondo me è iniziata la veloce decadenza della musica commerciale. Non c’è stato spazio per nient’altro e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze. Ma si tratta di mode e di gusti e va bene così, vanno e vengono. Ciò che mi preoccupa di più è che spesso i testi ma ancora di più i video sono espliciti sotto ogni aspetto. Droga e sesso infarciscono ogni secondo di queste canzoni che spesso sono indirizzate ad un pubblico giovane. Non dico che dovrebbero parlare di campi di fiori ma se dovete proprio parlare di droga e sesso fate almeno lo sforzo di celarlo tra le righe e lasciare che sia l’ascoltatore a trarre le sue conclusioni! L’ha fatto per tanto tempo la musica rock ed ha funzionato a meraviglia. Invece no, ve lo sbattono in faccia chiaro e tondo per evitare dubbi o forse perché i loro ascoltatori (e perfino loro stessi) farebbero fatica a comprendere frasi sibilline. Qualche tempo fa era nata una polemica riguardo ad un video di Ariana Grande, e in generale alla sua immagine. A miei tempi il massimo che vedevi su MTV era Britney Spears in una tutina rossa aderente o vestita da scolaretta, oppure Shakira che si rotolava nel fango. Oggi si va oltre tutto questo. La parola d’ordine è “esplicito”. Tutto deve essere esplicito per non far lavorare troppo di fantasia i nostri ragazzi, in nome della libertà d’espressione ed di un’emancipazione sulla quale l’industria discografica ci sta marciando da anni. Ciò che mi sorprende più di tutto è che le donne tendono a difendere artiste come Ariana Grande o Miley Cyrus. Davvero le donne di sentono rappresentate da tutto questo? Non sono forse gli uomini a desiderarlo, sfruttando il corpo delle donne come oggetto? Oggi la musica sembra in mano ai ragazzini e ai loro pruriti, tutto il resto è nascosto e passa quasi inosservato. La situazione si è ribaltata, ciò che prima era confinato nei ghetti oggi è sotto le luci della ribalta, da spremere finché ce ne, il resto è stato confinato a musica per sfigati, vecchi e nostalgici che nel loro ghetto difendono la loro musica da cattive influenze.

Ne avrei da scrivere ancora ma per il momento mi fermo qui. Non vorrei apparire polemico, perché non voglio esserlo. Ognuno è libero di ascoltare la musica che vuole e, credetemi, sono il primo a sostenere che ogni genere ha la sua dignità di esistere. Ci sono generi fatti per ballare, divertire, altri per emozionare, innamorarsi, per diffondere un messaggio. Per quanto riguarda la qualità, quella è soggettiva secondo me ed è una battaglia destinata a non avere vincitori. Ciò che più mi spaventa e non mi piace è il vuoto, l’assenza di uno scopo. Quale futuro ci aspetta?

Cosa resterà di questi anni… dieci

Per chi non se ne accorto, è mio dovere farvi notare che sta per finire un decennio. Tutti parlano degli anni ’60, dei ’70 oppure degli anni ’80 ma intanto qui, oggi, siamo alla conclusione dei primi vent’anni del nuovo millennio. Ebbene, dato che questo blog attraversa per la prima volta la fine di un decennio, in questo caso quello che va dal 2010 al 2019 (no, non sono nove anni, come sostiene qualcuno, contateli bene), ho deciso di fare una personalissima playlist Spotify (ahimè).

Ero partito con l’interessante idea di stilare i miei 10 migliori album del decennio. Prendo il pc e faccio una bella playlist automatica che filtra le canzoni pubblicate in questo tra il 2010 e il 2019. Quando ho visto che contava circa 360 album e oltre 3500 canzoni ho avuto un ripensamento. Era semplicemente impossibile cavarne fuori 10 miseri album. Non avrebbe rappresentato appieno la mia musica di questi 10 anni. Allora mi sono messo a scegliere qualche brano tra i miei artisti preferiti, anche più di uno ciascuno. Ero arrivato cosi ad una playlist di circa 130 canzoni. Un po’ lunghina. Così ho deciso di tenere una sola canzone per artista. Il risultato finale sono 74 canzoni. Non ho scelto necessariamente le più belle ma semplicemente quelle che hanno un significato particolare per me oppure hanno rappresentato, in generale, un successo per questo artista. La maggior parte di queste le ho scelte perché sono le canzoni che mi hanno fatto scoprire questo o quell’altro artista.

Non è stato facile scegliere ma sappiate che quello tutto quello che ascolterete in questa playlist è un pezzettino di me. Sono solo 5 ore di questi dieci anni ma sono ore che hanno plasmato la mia vita e accompagnato in questo viaggio. Buon ascolto.

Otto all’otto

Questo blog è giunto al suo ottavo compleanno. Permettetemi di scrivere un post per questi otto anni. Non sarà breve. In un, evidentemente, noioso sabato 8 Gennaio del 2011 ho iniziato a scrivere le prime righe, senza sapere dove sarei andato a finire. Avevo otto anni in meno di oggi e fa un certo effetto a pensarci. Quello che è successo dopo lo trovate tutto qui, per chi avesse la pazienza di leggersi anche i post più vecchi. Perdonatemi se qualcuno di questi non è un granché, e in alcuni casi non mi trovo nemmeno più d’accordo con quanto scrissi allora ma questo è, e rimarrà a testimonianza del fatto che si può cambiare idea e fare esperienza. Non ci crederete ma ho una buona memoria di quanto scritto in questi anni. A volte mi ricordo di un certo post, credendo di averlo scritto in tempi recenti, ad esempio 2-3 anni fa. Invece, si rivela essere un articolo risalente addirittura a 6-7 anni fa. Eppure era così ben impresso nella memoria da considerarlo molto più recente. Se penso a quanto ho scritto in tutti questi anni mi vengono in mente tanti ricordi. Mi capita di rileggere qualche vecchio post e rivedo me stesso che scrivevo, i miei pensieri e le opinioni di allora. Qualche volta ne vado fiero, qualche altra un po’ meno. Rispetto ai primi due anni, nei quali scrivevo per lo più pensieri sparsi, la linea di questo blog è cambiata parecchio. Chissà magari troverò un po’ di spazio per scrivere ancora qualcosa in libertà come sto facendo oggi. Ci proverò ma non aspettatevi nulla.

Otto anni. A pensarci bene otto anni non sono pochi, affatto. Otto anni nei quali non ho mai mollato. Otto anni nei quali ho visto blogger molti volenterosi “morire” nel tentativo di pubblicare un post al giorno, anche piuttosto ben scritti ed articolati devo ammettere, per poi rendersi conto che non è una cosa che puoi fare a lungo se fai altro nella vita, come studiare o lavorare. A meno che il blog non diventi il tuo lavoro. Non è il mio caso e non voglio nemmeno che diventi un impegno, anche se a volte, non lo nego, mi ha portato via del tempo che avrei potuto spendere in altro modo. Sottolineo, che “avrei potuto” e non che “avrei voluto”. Non è una differenza da poco. Il blog rischia di diventare la tua ossessione, mangiarsi il tuo tempo libero, trascinandosi dietro gli effetti collaterali dei social network. Like, followers e numero di visite potrebbero diventare poco a poco sempre più importanti e portarti via sempre più tempo. Se ti va bene così, sono contento per te e ti auguro di avere successo. Altrimenti puoi scegliere una strada più tranquilla e fregartene di tutte queste cose e prendere i like, i followers e il numero di visite come un riconoscimento per aver fatto leggere o ascoltare qualcosa che a qualcun altro, oltre che a te, è piaciuta. Credo di non averlo mai fatto finora ma vorrei ringraziare, nel più banale dei modi, tutti quelli che mi leggono, italiani e non. Ringrazio anche chi mette like e segue solo perché vuole essere seguito e avere un like a sua volta. Questa è una cosa che io non faccio mai ma capisco che funziona e forse sono io ha non averla sfruttata abbastanza.

In otto anni è passata da queste parti tanta musica ma non tutta per la verità. A volte capita che un album non mi abbia entusiasmato troppo o semplicemente non avevo molto da scrivere a riguardo nonostante mi sia piaciuto, anche parecchio in alcuni casi. In un primo momento questa mi sembrava una buona occasione per citarne alcuni di essi, dei quali non ho mai scritto e quasi sicuramente non lo farò in futuro. Ma poi ho pensato: perché farlo dopotutto? Per quale motivo elencarvi nomi di artisti e album dei quali, perfino io faccio fatica a citarvi una canzone? Per lo stesso motivo per il quale non faccio recensioni negative. Questo blog è qui per consigliare e non giudicare. Perciò sarà chi legge a storcere il naso eventualmente. A volte mi scappa qualche recensione tiepida, altre volte meno, ma cerco sempre di trovare il buono in ogni album o perlomeno di comprendere le motivazioni che stanno dietro le scelte di un artista. Quindi niente nomi.

Cosa aspettarsi per il futuro? Il solito, mi verrebbe da dire ma non è esattamente così. Dallo scorso settembre ho deciso di istituire una giornata particolare che si ripeterà quattro volte l’anno, l’ultimo sabato del mese. Mi sono reso conto solo in secondo momento che in pratica questo giorno coincide con il cambio di stagione (sic). Mi sono dato la possibilità di anticiparlo o posticiparlo di una settimana e di considerarlo perso se vado fuori tempo massimo. In tale giorno, acquisto cinque album il più possibile di generi musicali diversi tra loro. Lo faccio perché mi rendo conto a volte di essere un po’ ripetitivo e la mia curiosità ad esplorare un certo genere musicale mi trattiene dal provare qualcosa di diverso. E poi perché gli album che ho in (non so quante) wishlist sparse ovunque, stanno crescendo a vista d’occhio ed è bene che cominci a toglierne qualcuno. In questo giorno, dunque, mi auto-obbligo a scegliere cinque album senza fare troppo il difficile su quello che posso trovarci dentro. Un album deve rientrare nella categoria folk e simili, un altro in quella country o americana e simili. E fin qui tutto facile, ho solo l’imbarazzo della scelta. Poi il terzo possibilmente pop o rock, ed un quarto blues, jazz o simili. Questi ultimi due per me sono più difficili da scegliere e pesco un po’ alla cieca. Il quinto lo tengo come jolly, purché sia diverso dai precedenti quattro. L’importante è che siano tutti e cinque album, niente EP o cose del genere e che siano stati pubblicati in tempi recenti (questo è più forte di me, posso farci poco o nulla). Ho già sperimentato questa novità dei cinque album in due occasioni e devo dire che sta funzionando alla grande. Saranno in tutto 20 album all’anno in più che si vanno ad aggiungere a quelli che entreranno a far parte della mia collezione in tempi di normale amministrazione. Quindi in futuro, in questo blog potreste veder comparire qualche recensione di album che non rientrerà nei soliti generi che vado a coprire. Sono sicuro che sarà divertente per me quanto per voi ascoltare qualcosa di diverso ogni tanto.

E poi c’è sempre la questione dei libri. Non riesco più come un tempo ad incastrare post di musica e di libri come facevo una volta, pur rimanendo un lettore regolare. Se ci deve essere un buon proposito per l’anno nuovo, ecco, sarebbe quello di scrivere più spesso di romanzi. Devo anche ammettere che con la recensione di un libro si va abbastanza sul sicuro qui su WordPress. Sono molti i blog che seguo dove si possono leggere recensioni interessanti che, spesso e volentieri, mi aiutano quando sono alla ricerca si qualcosa di nuovo. Le grande quantità di blog che recensiscono libri però mi invoglia sempre di più a scrivere di altro (musica) per muovere l’interesse del lettore verso qualcosa che non siano libri o film. Ecco appunto, il cinema. Lo scorso anno ho fatto un post su qualche film che avevo visto e che mi sono sentito di consigliare. Forse la formula che ho usato in quell’occasione (poche righe per ogni titolo) potrebbe funzionare anche per i libri. In realtà l’ho già fatto in passato ma era solo per tamponare le mancanze letterarie del blog, l’idea è di farlo più regolarmente. Lo stesso vale per i film che sono altrettanto ben coperti dai blogger di questa piattaforma. Il fatto di scrivere di più di libri e cinema non è una promessa, è un buon proposito appunto. Si sa poi dove vanno a finire i buoni propositi.

Ok, credo di aver scritto abbastanza per questa volta e se qualcuno ha avuto la costanza di leggersi tutto il post, mi congratulo con lui. Non è una cosa scontata di questi tempi ma credetemi scrivo più di quanto parlo. Tipico di chi parla poco come me. Otto anni a scrivere, spero non sempre completamente a vanvera, ne sono la dimostrazione.

Come i nani

Eccomi ancora qui a su questo blog dopo sette anni. Non mi sembra vero che per sette anni consecutivi sono riuscito a tenerlo in vita, anche in modo piuttosto dignitoso, devo ammettere. Continuerò a farlo finché avrò tempo (un’oretta per scrivere si trova sempre) ma soprattutto finché ne avrò voglia. Sì perché quella a volte può venire meno e anche se si ha un’intera giornata libera per scrivere va finire che non si scrive nulla. Fortunatamente non mi succede spesso e quando capita basta buttare giù qualche riga per ritrovare la voglia perduta.

Vi rivelerò un segreto. Forse più che un segreto è una fantasia proibita. Chissà se succede solo a me oppure è ricorrente in chi ha un blog. Ogni tanto mi capita di pensare all’ultimo post, quello di addio. Un post dove si salutano tutti e ci si scusa ma a causa del sopraggiungere di altri impegni il blog verrà abbandonato a sé stesso. La data dell’ultimo articolo resterà immobile come un orologio segna l’ora del delitto nei migliori gialli. Quell’identità virtuale che ci siamo creati sarà destinata ad appannarsi sempre di più, scomparendo nella fitta nebbia dalla quale è venuta. È giusto rivelare al lettore la causa dell’abbandono? Oppure bisogna mantenere il riserbo sull’accaduto? Forse non è nemmeno necessario un post d’addio. Semplicemente si abbandona il blog e gli avventori vedranno la data dell’ultima attività allontanarsi sempre più indietro nel tempo. Capiranno da soli. Chi c’è dietro quel nome, penseranno, non scrive più, non scriverà più. Che fine avrà fatto? Niente di grave spero. Magari ha solo perso la password. Oddio, non gli sarà successo mica qualcosa di brutto! Forse non aveva semplicemente più voglia o tempo. No, non è bello non scrivere nulla, i poveri avventori potrebbero restarci male. Oppure ai poveri avventori non frega assolutamente nulla dell’ennesimo blogger che non ce l’ha fatta, che ha abbandonato la barca che lui stesso sì è fatto. Diciamocelo, in fondo me la sono andata a cercare. Un po’ per noia, un po’ per curiosità ma me la sono andata a cercare comunque. Ma resto padrone di questo blog e decido io per lui. Scrivere l’ultimo post sarebbe la cosa giusta da fare. Può arrivare a sorpresa, un articolo come un altro. Zac! L’avventura è finita. Oppure giunge dopo un più o meno lungo periodo d’inattività. Era già nell’aria. Che bravo si è preso la briga di scrivere ancora una volta per noi lettori. Addio e buona fortuna. O chissenefrega, tanto non leggerò nemmeno il tuo ultimo post. L’addio deve essere breve, criptico, lasciare un po’ l’amaro in bocca a chi legge. Un addio lungo è un controsenso. Non avevi più voglia di scrivere sul blog e poi infili un commiato lungo mille parole? O forse è giusto così, sì un post lungo è un degno finale. In pochi arriveranno fino in fondo. Meglio così. Alla fine poi io, blogger amatoriale dimissionario, volevo solo salutare. Per una questione di educazione, non per altro.

Quel momento non è ancora giunto ma è bene pensarci per tempo. Forse ogni blogger dovrebbe tenere un post d’addio per ogni occasione nelle bozze. Pensateci se non l’avete già fatto. Dopo sette anni smettere con questo blog sarebbe un piccolo cambio di abitudini, quasi di vita. Almeno per quanto mi riguarda cambierebbero i miei fine settimana. Ho scritto abbastanza per oggi e NON è un post d’addio questo. Per quello devo ancora pensare a cosa scrivere e non credo arriverà presto. Sono pronto per un altro anno di musica e di libri. E di blog, ovviamente.

Mezza dozzina

Sei anni. Sono di nuovo qui, su questo blog, dopo sei anni esatti dal primo post. Lo scorso anno è stato un anno nel quale ho ascoltato davvero tanta musica, lasciandomi trasportare dalle sensazioni del momento, senza badare troppo al genere o dalla popolarità dell’artista. È stato anche un anno su Twitter che mi ha permesso di non perdere nessuna nuova uscita e fare nuove conoscenze. Il 2016 però è stato anche l’anno nel quale ho fatto più fatica a tenere aggiornato questo blog. Credo di non aver saltato neanche un weekend, anzi ho pubblicato spesso anche a metà settimana, ma è stato più impegnativo che in passato. Un po’ a causa di qualche impegno di lavoro e a volte anche per una semplice questione di voglia. Ho pensato, ma perchè non ascolto musica semplicemente senza doverne scrivere? Non conosco la risposta ma mi piace farlo e, anche se ci sono momenti nei quali vorrei mollare tutto, ho intenzione di continuare. Ma vediamo un po’ quali sono le curiosità statistiche di questi sei anni.

Il post più visto è La Tartaruga non ci può aiutare, uno dei primi post nel quale scrivevo di It il capolavoro di Stephen King. Buffo come un blog che tratta soprattutto di musica abbia come post più visto uno su un libro! Al secondo posto c’è una recensione recente, Fuori legge, dell’album From The Stillhouse dei Murder Murder. È il post di musica più visto, con grande distacco dal primo in classifica. Il terzo posto spetta a Mal di cuore altra recensione dell’EP Singing & Silence di Rorie, anche questa pubblicata lo scorso anno.
Tra i temini di ricerca più usati per arrivare a questo blog, il più ricercato è “lana del rey“. Seguono “amy macdonald” e “wintersleep hello hum“. Ma la Tartaruga di Stephen King in tutte le sue varianti è la più ricercata.

Ma ci sono alcune ricerche piuttosto divertenti. Qualche esempio? “dove posso scaricare l’ultimo album di amy macdonald 2012” è la classica domada diretta a Mr Google. Non è chiaro avesse intenzioni piratesche o meno. C’è chi è più chiaro in merito: “dove si compra life in a beautiful light“. La curiosa “voglio ascoltare tutte le canzoni che a cantato peter buck“, che oltre a contenere un errore grammaticale, è anche piuttosto vaga. Caro amico, insieme ai R.E.M., Peter Buck non cantava ma da solista ne ha fatto un po’. Quante di preciso non ne ho idea. Ma qualcuno ha ancora dei dubbi, “peter buck canta“. Poi c’è chi cerca canzoni di seconda mano: “aurora aksnes canzone usata“. Quest’altra è un po’ vaga ma efficace, “cantante rossa inglese“. Sarà Florence Welch? Poi c’è l’interessante: “parole che escono da sole“. Non me ne viene in mente nessuna. Tutte in coppia. Una disperata: “believe la cantaurtice di believe“. Mi dispiace ma non la so. Anche io ho fatto una richerca del genere una volta: “quale era la canzone che faceva mmmm mmh mmh“. Questa la so, è Mmm Mmm Mmm Mmm dei Crush Test Dummies. Un po’ confusa la ricerca di: “coeur de pirate la canzone francese con i tatuaggi“. Una canzone con i tatuaggi? Non so come ma anche una ricerca come questa: “come s’intitola la canzone di oggi del stacchetto delle veline” ha portato al mio blog. Non avrà trovato quello che cercava. Il dubbioso: “battute nonsense fanno ridere?“. Dipende, tu ridi? In cerca di conferme chi ha cercato, “l’indie rock sta diventando mainstream“. Problemi con l’inglese: “vorrei ascoltare a month of sathurdei dei r e m” oppure “canzone rem con parole streig wuo oh“, “ho sentito una cazone ritornello fa est see you est see mi” ma peggio chi li ha con l’italiano, “cuando cina avuto 500 milioni di abitanti“. Quest’ultima è una ricerca sensata per il mio blog. Davvero. A voi scoprire il post in cui ne parlo. Una radio con solo Florence + The Machine? Possibile, “in che radio posso ascoltare florence?” ma non a tutti piacerebbe, infatti: “florence welch non mi piace“. Ho letto un paio di libri sui R.E.M. e so quasi tutto su di loro ma questa mi mancava: “rem my losing religion la cantano dei preti“. Addirittura si entra nel mistero, “antichi sacerdoti di culto che cantavano rem my religion“. Qualcuno accusa di plagio Amy Macdonald ma non è sicuro di chi sia la canzone originale, “chi  ha cantato  e suonato per primo ‘life in a beautiful light’ ?“. Ma anche Lovecraft non la racconta giusta: “lovecraft non si è inventato niente“. Qualcun’altro ha le idee ben chiare su cosa cercare: “agnes obel sexy“. Giuro che non so nulla di quello che succede lì dentro: “la camera da letto di miley cyrus“, si insiste: “immagini o famo strano“. Spero sempre che ognuno trovi ciò che cerca, perchè questa è difficile: “per radio circola una canzone tipo scozzese“. Questa poi è ancora più difficile, “ultimamente sento una canzone dei rem“. Fantasie su Lana Del Rey: “lana del rey dorata“, fammi sapere quando trovi qualcosa, anche se ormai lo sanno tutti che “lana del rey rifatta“. Ma soprattutto: “a quanto pagano la lana quest’anno“? Qualcuno chiede una “descrizione oggettiva di dracula“, una fotografia sarebbe l’ideale. Anzi no, i vampiri non vengono nelle foto. Probabilmente la stessa persona ci ha riprovato per un’altra strada: “descrizione oggettiva di un morto“! Questa non l’ho capita: “осенняя фотосессия в парке идеи“. Non è facile ma c’è chi ci riesce: “mi distinguo dalla massa“. “qualcuno conosce la tv marchio obell?“, no mi dispiace. C’è ne anche per Anna Calvi: “anna calvi cosa vuol fare capire con la canzone eliza“, saranno anche affari suoi. Strani personaggi si affacciano in questo blog: “come far venire dal passato. una antenata“. Personaggi anche piuttosto confusi, ““in francese” titolo canzone donna “anno fa” paradise” ma sempre determinati: “canta una canzone in inglese stando seduta“. I London Grammar non piacciono a tutti, c’è chi sa fare di meglio: “la versione bella della canzone hey now dei london grammar“.

Spero abbiate trovato divertente questo “approfondimento” sui termini di ricerca che hanno condotto qui i visitatori in questi sei anni. Per quest’anno prevedo un’interessamento maggiore da parte mia alla musica folk anglosassone e al country americano. Non mancherò le nuove uscite di vecchie conoscenze ma soprattutto non mi darò limiti per quanto rigurda generi e stili. Un altro anno di blog ha inizio e spero, come sempre, di riuscire a tenerlo aggiornato regolarmente. Ne approfitto per condividere il nuovo singolo della band inglese To Kill A King intitolato The Problem Of Evil

Sito Ufficiale / Facebook / Twitter / Instagram / Soundcloud / Bandcamp

Non mi giudicate – 2016

Eccomi dunque ancora una volta a fare i conti con il tempo che passa. Un altro giro intorno al sole tra le pagine di questo blog se ne andato. Come ho fatto lo scorso anno, premio gli album e gli artisti che più hanno lasciato il segno nel 2016. Naturalmente le mie scelte si limitano a ciò che ho potuto ascoltare quest’anno, per ognuna di esse troverete la recensione dell’album su questo blog. Quest’anno, rispetto al precedente, ho ascoltato un bel numero di EP e così ho aggiunto una categoria tutta dedicata a loro. Un’altra novità è dettata dal maggiore spazio che ha trovato il country nella mia musica, così ho aggiunto un posto anche per questo genere americano. Quest’anno non è stato affatto facile scegliere e ho dovuto escludere qualcuno ma poco importa. In fin dei conti questo 2016 è stato un anno ricco di musica e ha volte mi sono ritrovato sommerso di cose da ascoltare. Il tutto per merito mio, si capisce.

  • Most Valuable Player: Agnes Obel
    Questa cantautrice rimane una delle più affascinanti degli ultimi anni. Il suo terzo album Citizen Of Glass è uno dei più belli di quest’anno. Un ritorno ispirato e magico, caratterizzato da tutto ciò che rende unica quest’artista. Imperdibile.
    Agnes Obel – Stretch your Eyes
  • Most Valuable Album: Jet Plane And Oxbow
    Johnatan Meiburg torna nella sua forma migliore con un disco carico e intenso. Le sonorità anni ’80 rilanciano gli Shearwater, un gruppo che non è mai troppo tardi scoprire. Vivamente consigliato per la sua qualità.
    Shearwater – Jet Plane And Oxbow
  • Best Pop Album: Keep It Together
    Lily & Madeleine virano su sonorità più pop ma riescono a non perdere la bussola. Le due ragazze di Indianapolis crescono a vista d’occhio, staccandosi sempre di più dai loro modelli e trovando una strada più personale. Ben fatto.
    Lily & Madeleine – Westfield
  • Best Folk Album: Between River And Railway
    Quando si parla di folk, si parla di tradizione. Nel caso di Claire Hasting è quella scozzese. Tra inediti e classici, questa giovane cantautrice ci porta nella sua terra con semplicità e una bella voce. Da tenere d’occhio per il futuro.
    Claire Hastings – The House At Rosehill
  • Best Country Album: Honest Life
    Courtney Marie Andrews nonostante la giovane età è già da tempo nel country che conta. Questo album però ha qualcosa di speciale, per maturità e ispirazione. Carico di sentimenti e malinconia, Honest Life è un must per gli appasionati del genere.
    Courtney Marie Andrews – How Quickly Your Heart Mends
  • Best Singer/Songwriter Album: Angel Olsen
    Difficile inquadrare questa artista americana in un genere musicale. Quello che è sicuro è che è una cantautrice. Ecco perchè non si può fare a meno di mettela al primo posto. Il suo MY WOMAN è un gioiellino anche se ha diviso critica e fan.
    Angel Olsen – Shut Up Kiss Me
  • Rookie of the Year: Billie Marten
    Con Writing Of Blues And Yellows fa il suo esordio la giovanissima cantautrice inglese Billie Marten. Il suo folk pop delicato e sognante è il suo punto di forza. Aspettavo da tempo questo esordio e questo album si è rivelato al di sopra di ogni aspettativa.
    Billie Marten – Milk & Honey
  • Sixth Man of the Year: Bon Iver
    Certo, mettere uno come Justin Vernon in panchina non è mai una buona idea ma è successo. Lui si è fatto trovare pronto con l’enigmatico 22, A Million, che provoca reazioni contrastanti. A me è piaciuto e tanto basta. Un’esperienza da fare.
    Bon Iver – 29 #Strafford APTS
  • Defensive Player of the Year:  Keaton Henson
    Come dire, Keaton Henson è Keaton Henson. Chi è più “difensivo” di lui.? Con il nuovo Kindly Now prova a buttare giù quella barriera tra lui e l’ascoltatore. Ci riesce con la consueta sensibilità e tristezza. Da ascoltare in totale solitudine.
    Keaton Henson – Alright
  • Most Improved Player: Kelly Oliver
    Dopo l’ottimo This Land, la cantautrice folk inglese compie un ulteriore passo avanti nella sua crescita artistica. L’album Bedlam è un concentrato di ballate folk senza tempo che traggono ispitazione dalla tradizione. Consigliatissimo.
    Kelly Oliver – Bedlam
  • Throwback Album of the Year: Soon Enough
    L’esordio di Erin Rae e dei suoi The Meanwhiles dello scorso anno è un album incredibilmente malinconico e emozionante. La voce di Erin Rae è tra le più e emozionanti che si possano sentire. Solo per malinconici cronici.
    Erin Rae And The Meanwhiles – Minolta
  • Earworm of the Year: Amerika
    Il gruppo canadese Wintersleep è tornato quest’anno in grande stile con The Great Detachment. Il singolo Amerika mi ha trapanato il cervello per settimane. Ritornello orecchiabile e tanto buon indie rock. Da ascoltare a vostro rischio e pericolo.
    Wintersleep – Amerika
  • Best Extended Play: Tide & Time
    Tanti EP quest’anno. Difficile scegliere ma sicuramente questo Tide & Time della cantautrice inglese Kitty Macfarlane è stato il più sorprendente. Voce unica e attenzione ai dettagli. Profondamente ispirato. Si attende un seguito.
    Kitty Macfarlane – Song to the Siren (Tim Buckley cover)
  • Most Valuable Book: I Racconti (1831 – 1849)
    Nonostante abbia letto libri con la regolarità di sempre, ho dato meno spazio a loro su questo blog. Senza dubbio la raccolta di tutti (o quasi) i racconti di Edgar Allan Poe è il libro dell’anno. Vi consiglio l’edizione di Einaudi con la traduzione di Manganelli.

Questo 2016 è stato un anno nel quale ho potuto ascoltare davvero tanti album e non tutti hanno avuto spazio in questo blog. Avevo intenzione di elencarli qui, in questo post di fine anno ma poi ci ho ripensato. Chissà magari meritano più spazio e l’anno prossimo lo troveranno. Nel 2017 ci saranno tanti ritorni e spero come sempre di avere il tempo di ascoltare musica e di scrivere in questo blog.

Buon 2017