Il destino d’un bracconiere

Chi segue questo blog sa che da tempo seguo con interesse la musica folk tradizionale britannica e devo dire che quasi riesco a distinguere quella inglese da quella scozzese o irlandese. Al dì là di un aspetto strettamente musicale, l’accento e spesso anche la lingua usata fanno la differenza. A volte non è poco più che un dialetto, altre volte è il meno comprensibile gaelico. Ultimo ad aggiungersi alla mia collezione è The Poacher’s Fate è una raccolta di dodici canzoni tradizionali inglesi, proposti dalla coppia Laura Smyth e Ted Kemp. L’album è uscito lo scorso novembre ma è da maggio che l’ho acquistato e da allora l’ho ascoltato con tutta calma, tirandolo fuori di tanto in tanto. Il bello di questa musica è proprio questo, non si presta ad un consumo veloce e distratto ma richiede attenzione e interesse per ciò che queste canzoni raccontano. Forse è per questo che ho aspettato così tanto per scriverne su questo blog.

Laura Smyth & Ted Kemp
Laura Smyth & Ted Kemp

L’album si apre con la title track The Poacher’s Fate. Le due voci si uniscono e raccontano di sei giovani bracconieri che escono a caccia di fagiani ma vengono scoperti dal guardiacaccia. Questo giura di uccidere uno dei ragazzi e a farne le spese è il più giovane e coraggioso del gruppo, “I and five more a poaching went to kill some game was our intent / As through the woods we gaily went no other sport we’d try / And the moon shone bright not a cloud in sight / The keeper heard us fire our gun and to the spot did quickly run / He swore before the rising sun that one of us should die“. Alizon Device racconta di una giovane donna molto povera che vorrebbe comprare tre spille da un venditore ambulante incontrato per strada. Il venditore si rifiuta di farlo e la insulta solo perché povera. La ragazza allora si augura la morte del venditore e, grazie a qualche potere oscuro, cade a terra morto poco dopo. Non a caso la figura di Alizon Device è associata spesso a quella di una strega, “And when he spoke these spiteful words it made my heart full sore / I vowed he would not speak such words to young maids anymore / And at these thoughts my will was done, down the pedlar fell / And all the while I feared that I had damned my soul to hell“. There Is A Tavern è una canzone che parla d’amore e del dolore quando questo finisce, è tradito o non corrisposto. Una delle canzoni più belle di questo album, “There is a tavern in yonder town / Where my true love goes and sets him down / He takes another girl on his knee / Now don’t you think that’s a grief for me?“. La successiva Murder In The Red Barn è cantata da Ted Kemp e racconta la vera storia dell’omicidio di Maria Marten avvenuto nel 1827. L’assassino è William Corder e questa canzone è una sorta di confessione ed è una delle tante ispirate a questo fatto di cronaca. In particolare questa è del 1912, “My name is William Corder / The truth I do declare / I courted Maria Marten / Both beautiful and fair / I promised that I’d marry her / All on one certain day / Instead of that I was resolved / To take her life away“. Cecilia è la storia di una ragazza che si veste da uomo per mettere alla prova l’amore della sua dolce metà. Tutto finisce per il meglio, la ragazza riesce a dimostrare la sua lealtà e, una volta rivelato l’inganno, sposa il giovane, “Cecilia on one certain day / She dressed herself in man’s array / With a brace of pistols all by her side / To meet her true love, to meet her true love / To meet her true love away did ride“. Winder’s Hornpipe / Kill Him With Kindness è un brano strumentale in due parti che divide l’album a metà e fa apprezzare le doti di musicisti della coppia. Segue Here’s Adieu To All Judges And Juries che racconta il dolore di un uomo che viene esiliato. Tutto la sua disperazione per essere lontano dalla sua amata emerge dai versi di questa canzone. Sette lunghi anni lontano da lei, “Here’s adieu to all judges and juries, / Justice and Old Bailey too. / Seven years I’m parted from my true love, / Seven years I’m transported, you know“. The Brown Hare Of Whitebrook è una poesia scritta da Ammon Wrigley ispirata ai paesaggi di Saddleworth. Alcuni uomini danno la caccia ad una lepre che però riesce sempre a fuggire. Dopo un lungo inseguimento e riconoscendosi sconfitti, uno dei cacciatori giura di lasciare in pace la lepre per sempre, “Going down the dale by Alphin they heard John Andrew’s horn / And every lad worth rearing was hunting bread and born / The squire and the poor man, hand in hand went they / And the life was worth the living in old John Andrew’s day“. Brave Benbow racconta la morte dell’ammiraglio John Benbow in una battaglia navale durante la guerra di successione spagnola. L’eroico ammiraglio, nonostante abbia perso entrambe le gambe, vuole continuare a combattere e questa canzone, in una delle sue versioni, celebra il suo gesto, “Admiral Benbow lost his legs / by chain shot, by chain shot / Admiral Benbow lost his legs by chain shot / he down on his stumps did fall and quite bitterly he did call / ‘Fight on my British Tars, ‘tis my lot, ‘tis my lot’“. Segue The Manchester Angel che racconta la storia di una giovane recluta che si innamora di una donna conosciuta in un pub di Manchester chiamato The Angel. La loro storia d’amore dura poco perché il soldato deve tornare subito al fronte. La canzone è legata ai fatti storici dell’insurrezione giacobita del 1745 e questa è una versione del 1906, “It’s coming down to Manchester to gain my liberty, / I met one of the prettiest girls that ever my eyes did see / I met one of the prettiest girls that ever my eyes dd see / At the Angel Inn in Manchester, there is the girl for me“. Wild Rover affronta una tematica ricorrente nelle ballate folk ovvero quella delle bevute e il girovagare senza meta. Qui il protagonista dopo una vita di bagordi decide di smettere e ritornare a casa come fece “figliol prodigo”, “It’s coming down to Manchester to gain my liberty, / I met one of the prettiest girls that ever my eyes did see / I met one of the prettiest girls that ever my eyes dd see / At the Angel Inn in Manchester, there is the girl for me“. Chiude l’album The Carrickmannon Lake. Una canzone d’amore, un amore non corrisposto, di origine irlandese, “One evening for my pastime a ramble I did take / Down by yon crystal fountain called Carrickmannon Lake / Down by yon crystal fountain an image I did view / Sure nature never could design an image quite like you“.

The Poacher’s Fate è un album di ballate tradizionali, eccetto Alizon Device scritta dalla Smyth, riproposte in maniera semplice e mantenendosi fedeli alla tradizione. Laura Smyth e Ted Kemp sono una coppia che ben si completa, dove la voce femminile prevale nella maggior parte delle canzoni. Conoscere il significato delle canzoni è quantomeno indispensabile per apprezzare questo album, e in generale questo genere di musica, che non si propone di essere immediato. Ammiro sempre la volontà di questi ragazzi di portare avanti la tradizione, a volte con un tocco di modernità e altre, come nel caso di Laura Smyth e Ted Kemp, mantenendosi il più possibile fedeli ad una versione originale, che spesso è andata persa con il passare degli anni o, addirittura, secoli.

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Una bottiglia vuota nel vicolo

Ho conosciuto Anna Tivel grazie alle sue collaborazioni con Jeffrey Martin e ho deciso così di ascoltare il suo ultimo album uscito lo scorso anno, intitolato Small Believer. La musica di questa cantautrice americana ha tutte le caratteristiche che piacciono a me e Martin ha fatto il resto. Questo album è uno di quelli che mi sono tenuto in serbo per ascoltarlo beatamente durante le vacanze estive e devo ammettere che non potevo fare scelta migliore. Le atmosfere intime e introverse della sua musica sono l’ideale per passare alcuni minuti di relax cullati dalle melodie e dalla voce. Eccomi dunque alla prese con il quarto album di Anna Tivel.

Anna Tivel
Anna Tivel

L’iniziale Illinois affronti temi con il viaggio e la solitudine, che vanno spesso a braccetto. La voce delicata della Tivel esprime una fragilità che è raro trovare così naturale. Il folk cantautorale americano è una costante di questo album, “And nothing hurts like crying on a long drive home / Nothing worse than hiding in the dark alone / From the beautiful lights of a dangerous love“. Saturday Night esprime il contrasto tra il sabato sera chiassoso e la volontà di passare una serata tranquilla in solitudine. Anna Tivel esprime bene i sentimenti di chi è introverso è preferisce stare solo, anche il sabato sera, “The only light in the basement apartment, the flicker and fade of time / The heavy and hopeful heart of a Saturday night / Of a Saturday night“. La successiva Alleway è una delle canzoni che preferisco di questo album. Una riflessione su una vita di coppia che deve affrontare le difficoltà della vita. In quella melodia, in quelle parole ed immagini ritrovo tutta la bellezza delle canzoni di Jeffrey Martin, “But sometimes still at night I dream, an empty Bottle in the alleyway / On a night so clear a billion stars are born / And each one is a world I guess, of dust and flame And wishes cast / By lovers hoping love will last til morning“. Dark Chandelier racconta la storia di Tommy, un operaio che ha passato la vita in fabbrica, fa un incidente guidando ubriaco di notte. La voce della Tivel è tagliente, ferma, in contrasto con il suo timbro delicato, “Thirty-one years on the factory floor / The grease and the motor, the seven to four / And the face of his daughter, no child anymore / His wife and his mother, his life and his love“. Ancora la notte e la solitudine si ripresentano alla porta con Blue World. Poetica riflessione sulla vita, fatti di singole immagini che si susseguono una dopo l’altra, quasi uscissero naturalmente, senza filtri, “And no one to call your name / And no one to bring a rose / And you come to the heavy gate / And you open it all alone / And a wild magnolia blooms / On the damp uncovered earth / And the twist of the tangled roots / And you’re leaving the blue world“. Last Cigarette è tra le migliori di questo album. Tra le più orecchiabili ma non meno intensa e malinconica delle altre. Ancora immagini di vita quotidiana, di difficoltà affrontate con tutta la forza e la speranza di un riscatto, “You woke and the window wide open, your pillow, all wet from the rain in the night / The trail of a siren, the red and white neon, a broken reflection, a cry / Just a girl in the alley, a bicycle bell, and the last cigarette won’t light“. Riverside Hotel è un altro gioiello di poesia e malinconia. Tutta la sensibilità della Tivel viene fuori in un incessante melodia triste e malinconica, “A memory comes winding through the ruin of his mind / The hardhats and the heavy boots, the nail gun’s ringing whine / A jungle with the same sharp sound, his brothers falling all around / They built them up, just to tear them down, and left him half alive“. Ordinary Dance racconta il passare del tempo attraverso le immagini di una casa che si va svuotando e invecchia. Anna Tivel usa la voce e la musica come un pennello per di dipingere un quadro, “And nobody remembers anymore / Nobody remembers anymore, it’s just another story that never got told / And ordinary dance across an ordinary floor / Nobody remembers anymore“. In All Along è protagonista ancora il viaggio, la nostalgia di casa. Tutto è perfetto, un accompagnamento mai sopra le righe che lascia emergere la voce della Tivel, “There you go just running, like a color, like an engine / You got ninety miles to get back to the place where you were born / And truth is just a sound you make, when no one else is listening / And the blue and bitter wind has left you feeling mighty low“. Con Highest Building la cantautrice americana si spinge verso sonorità più rock. Quello che è fatto è fatto, sembra voler dire questa canzone, “And the sun beats on the highest building / And a shadow on the street below / And there ain’t no fixing what’s been broken / And there ain’t no price for what’s been sold“. La title track Small Believer chiude l’album. Voci, persone e paesaggi si fondono, portandoci nell’universo poetico e solitario della Tivel, “And small believer i’m alive i guess / The whiskey mixing with a dream i had / The music lifting me above the bed / The silver trumpet and the clarinet“.

Anna Tivel è una cantautrice che non nasconde sé stessa all’ascoltatore. Small Believer è un viaggio sia dentro l’animo che fuori, una lunga riflessione sulla vita e le sue piccole cose che la rendono preziosa. I sentimenti più tristi e malinconici trovano espressione attraverso la musica, sempre essenziale, e la sua voce delicata. Anna Tivel ha il talento di cogliere le più piccole sfumature della quotidianità, frutto di riflessioni fatte, molto probabilmente, in solitudine. Small Believer non è un album immediato ma nemmeno un ascolto difficile. Basta solo sapersi ritrovare, anche solo un po’, nelle sue atmosfere e scoprire così di essere di fronte ad una cantautrice dalle eccezionali qualità che mai avrebbe potuto fare altro nella vita. Qui sotto Anna Tivel e Jeffrey Martin con Alleway.

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Inchiostro – Il ritorno

Anche quest’anno, durante le ferie, ho dedicato un po’ di tempo al disegno. Lo scorsa estate avevo ripreso a disegnare condividendone i risultati con voi lettori di questo blog con un post intitolato Inchiostro. La settimana scorsa ho ripreso la penna in mano e ho iniziato a riempire i fogli bianchi che avevo davanti. In realtà è da gennaio che mi tengo in allenamento facendo qualche disegno (più o meno riuscito) nei ritagli di tempo, arrivando così con il polso più sciolto all’appuntamento delle ferie.

Ebbene potete trovare quello che ho prodotto su Flickr a questo link Disegni 08/18. Sempre al mio profilo ci sono anche i disegni che ho fatto da gennaio. Tutti fatti usando una semplicissima penna nera. Anche questa volta non mi sono aiutato con una matita. La prendo un po’ come una sfida, o mi riesce al primo colpo o lascio perdere. Penso di essere migliorato rispetto allo scorso anno anche perché mi sono cimentato in soggetti più complessi, impiegando anche più di mezz’ora per un sola figura.

Chi ha tempo da perdere in questo ferragosto può divertirsi a riconoscere qualche volto noto tra quelle figure che non si propongono certo di essere dei ritratti ma devo ammettere che qualcuno di questi è inconfondibile.

Disegno0818

Mi ritorni in mente, ep. 54

Finalmente è tempo di vacanze e come lo scorso hanno questo blog si prende una settimana di vacanza. Ed è proprio dal 2017 che arriva questa canzone. Numerosi album mi hanno accompagnato la scorsa estate ma c’è una canzone che più di altre che mi ritorna in mente.

Con White Mustang di Lana Del Rey è stato amore al primo ascolto. Canzone lenta, noiosa proprio come una giornata eccessivamente afosa. Un buon esempio della musica della cantautrice americana. Bhè, non resta che ascoltarla mentre si ozia beatamente cercando di salvarsi dal caldo.

Buone vacanze

 

Cinque colpi delle dita, ep. 1

Chi segue questo blog sa che non scrivo spesso di cinema. Anzi, a dire la verità, non è praticamente mai successo. Con il cinema ho sempre avuto un rapporto strano. Ho sempre seguito con interesse le nuove uscite ma poi di fatto i film che andavo a vedere erano davvero pochi. Non sono di gusti facili e non mi va di perdere un paio d’ore vedendo un film mediocre. Le occasioni per vedere qualche buon film in televisione non mancano e qualche tempo fa ho fatto il pieno di Alfred Hitchcock. Ma si sa che i film in tv sono continuamente interrotti dalla pubblicità e sembrano durare un’eternità.

Da quest’anno però ho deciso di recuperare qualche titolo che, da anni, mi ero appuntato di vedere. Inizialmente ho provato Netflix ma sono rimasto fin da subito deluso dalla scarsa proposta di film o almeno ne ho trovati pochissimi di quelli che cercavo. Ho approfittato per vedere Non è un paese per vecchi e rivedere Il grande Lebowski entrambi diretti dai fratelli Joel ed Ethan Coen. Ho già messo in lista qualche altro loro film da vedere prossimamente. Poi ho visto Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino che avevo già visto in parte (come spesso mi succede) in televisione. Sono sempre stato attratto dai film di Tarantino ma non sono mai andato al cinema a vederne uno. Le mie aspettative nei suoi confronti sono state pienamente soddisfatte e Bastardi senza gloria mi è piaciuto. Mi ha divertito l’imprevedibilità della trama, i dialoghi e la violenza surreale e gratuita. Finita la prova di Netflix, senza vedere nemmeno una serie (!) ho dirottato la mia attenzione su Google Play e ho visto in ordine: Interstellar diretto da Christopher Nolan. Molto ben fatto, trama interessante e i viaggi nel tempo mi piacciono sempre. Peccato per la svolta paranormale del finale che ha tolto un po’ di verosimiglianza al film; Pulp Fiction non poteva mancare se si parla di Tarantino. Un film che segui per capire come andrà a finire. Poi non va a finire in nessun modo e ti viene voglia di rivederlo; Get Out di Jordan Peele. Breve e inquietante. Un mix di commedia, horror e fantascienza. Davvero originale, non un capolavoro ma non è da lasciarsi scappare assolutamente; uno via l’altro i due Kill Bill, sempre di Tarantino. Citazioni cinematografiche a non finire, scene di combattimento esagerate ai limiti dell’assurdo. Ti tiene incollato allo schermo come pochi altri film. Mi è piaciuto molto e li rivedrei volentieri; lo scorso weekend ho chiuso con Django Unchained. Che dire… mi è piaciuto anche questo. Tarantino sembra non sbagliare mai e poi i western in generale non mi dispiacciono.

Insomma avrete capito che sto cercando di completare la filmografia di Tarantino ma ho altri film interessanti che ho messo in wishlist e di cui magari ne parlerò in futuro. Riguardo ai miei gusti avrete capito che mi piacciono i film dove si nota la mano del regista e la trama poco scontata. Dialoghi serrati, trovate originali e personaggi iconici bastano a convincermi di vedere un film. Per me il cinema deve essere immaginazione e sorpresa, le storie vere o i personaggi paranoici ai quali succedono tutte le sfighe di questo mondo non mi attraggono molto. Qual è l’ultimo film che ho visto al cinema? It, lo scorso anno. Nonostante le differenze evidenti e inspiegabili con il libro l’ho trovato un buon film, un horror per ragazzi.

Uma Thurman in Kill Bill
Uma Thurman in Kill Bill