Gli agnelli danzano sui ciuffi di erica

Da quando ho iniziato ad appassionarmi alla musica folk, sono diversi gli artisti che si sono aggiunti alla mia collezione. A ben vedere però, molti di questi sono scozzesi e di conseguenza il folk scozzese prevale su tutti gli altri. Tra le voci che più mi hanno fatto appassionare al genere, c’è senza dubbio quella di Claire Hastings. Dopo l’album Those Who Roam del 2019, si è presa una pausa dalla musica a seguito della nascita della figlia Nuala. Ma proprio questo evento l’ha condotta al nuovo Lullabies From Scotland, una raccolta di nove ninnananne rigorosamente made in Scotland.

Claire Hastings
Claire Hastings

Dream Angus da inizio all’album. Una ninnananna scritta da George Churchill e riproposta qui dalla Hastings in una versione minimale, incentrata sulla sua voce, così come la bella Gille Beag O. My Little One è un brano originale che mescola la tradizione che con pizzico di modernità. Un grande classico della tradizione è certamente Ca’ the Yowes, scritta dal bardo Robert Burn e reinterpretato dalla Hastings in maniera impeccabile. Coorie Doon è un’altra ninnananna, orecchiabile e melodiosa, scritta dall’irlandese Matt McGinn e dedicata ai minatori. Minnie o Shirva’s Cradle Song è una canzone tradizionale in lingua scots, dal testo rassicurante e poetico. Fa parte della tradizione The Bressay Lullaby, delicata e fragile. Matthew’s Lullaby punta ancora sull’essenziale e aggiunge un tocco di malinconia e mistero. Si chiude con Cradle Lullaby che riprende le sonorità degli esordi della Hastings per regalarci un’altra ninnananna.

Lullabies From Scotland è prima di tutto una raccolta di ninnananne ma oltre a ciò è un ottimo esempio di folk scozzese. Claire Hastings ha una voce unica che non fa altro che amplificare la bellezza di queste canzoni, rendendole ancor più melodiose e quindi perfette per fa addormentare i bambini. Chi non è più un bambino, come me, rimarrà affascinato da Lullabies From Scotland, che forse non funzionerà come ninnananna ma offrirà lo stesso qualche minuto di riflessione e conforto.

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Meglio tardi che mai, ep. 4

In questo mese di maggio ho lasciato da parte il blog qualche settimana di troppo nonostante qualche nuova uscita musicale interessante. Cercherò di rimediare nelle prossime settimane e intanto concedetemi di raccogliere in un unico post gli album che ho ascoltato e che meritano comunque una citazione tra queste pagine. Non vorrei affidarmi a questa forma di post spesso ma dopotutto dall’ultimo “episodio” è passato un mese. Ah, come passa il tempo!


Avrei voluto scrivere una recensione per il nuovo album di Lael Neale ma poi le cose sono andate diversamente. Il nuovo Stars Eater Delight segue lo sperimentale Acquainted With Night del 2015. Allora il cambio di sonorità fu piuttosto drastico, molto distante dalle atmosfere indie folk dell’esordio. In quest’ultima occasione invece la Neale torna sui suoi passi facendo però tesoro delle sperimentazioni precedenti. Il risultato è un album meno frammentario e più accattivante anche se non facilmente accessibile. Insomma, Stars Eater Delight mi piace più del suo precedessore che ammetto essere finito nel dimenticatoio.


The Sun era destinato ad una suo post dedicato, anche solo per il fatto che le sorelle Closner, Allison, Meegan, e Natalie le seguo dal 2014, anno del loro debutto sotto il nome di Joseph. Il loro pop è una fuga dai soliti generi musicali che ascolto e il precedente Good Luck, Kid ha segnato un passo in avanti molto deciso, soprattutto in termini di produzione. Questo The Sun di fatto prosegue per la stessa strada senza aggiungere nulla di più. La musica dello Joseph resta piacevole da ascoltare ed è carica di energia (forse troppa) e sentimento. A chi piace il pop fatto di inni esplosivi e vitali, qui troverà pane per i suoi denti.


Chiudo con due consigli folk, partendo da Wise As A Fool della cantautrice e arpista Georgie Buchanan. Il suo è un folk che prende spunto dalla tradizione inglese ma che, nelle sue mani, si trasforma in qualcosa di più alternativo ed etereo. Tra contaminazioni celtiche e magiche, questo album cattura fin dai primi ascolti. Ogni volta è come entrare in un mondo sconosciuto e misterioso. Otto brani che mi hanno sorpreso positivamente perché pensavo di ascoltare qualcosa di più tradizionale.


Ultimo ma non ultimo, l’esordio della cantautrice scozzese Beth Malcom, intiolato Kissed And Cried. Anche in questo caso ero pronto per ascoltare un altro ottimo album di canzoni tradizionali scozzesi e invece non è stato esattamente così. La Malcom abbraccia tutte le sfumature del folk, sconfinando a volte anche in sonorità vagamente jazz. Il tutto si poggia sulla voce calda e delicata di quest’artista, una voce con la quale può permettersi di fare qualsiasi cosa. Un album molto piacevole da ascoltare che spiazza per i suoi repentini cambi di rotta e la sua vitalità. Consigliato.

Meglio tardi che mai, ep. 3

È arrivato il momento di raccogliere in un unico post alcuni degli album che ho ascoltato durante questo primi mesi dell’anno ma che non ho avuto modo di riportare in precedenza qui su questo blog. Le nuove uscite incalzano con l’arrivo della primavera ed è giusto dare spazio anche a questi artisti, senza dilungarmi troppo ma lasciando che sia la musica a fare il resto.


Si comincia con il duo Phil Tyler e Sarah Hill che ripropone diverse canzoni della tradizione folk inglese con l’aggiunta di tre composizioni originali, raccolte sotto il titolo di What We Thought Was A Lake Was A Field Of Flax. Un album essenziale che rimane fedele ad un folk dalle caratteristiche riconoscibili, anche grazie alle storie che racconta, spesso ricorrenti nei temi e nella forma.


Dall’altra parte dell’oceano invece ho trovato un cantautore country che come tanti cerca fortuna in quel di Nashville. Il country di JD Clayton è personale ed intimo, spesso mescolato ad un sound blues. Il tutto accompagnato da una voce ruvida ma ancora giovane e dei testi ben scritti. Davvero una scoperta interessante che potrebbe riservare qualche sorpresa nel prossimo futuro. Non lo perderò di vista, nel frattempo mi ascolto il suo debutto intitolato Long Way From Home.


Ultimamente mi sto interessando agli album strumentali o che comunque contengono al loro interno molte tracce esclusivamente musicali. Tra questi ho riscoperto il gruppo scozzese Breabach che propone, nel suo Fàs, uscito lo scorso anno, un mix affascinante di brani strumentali e non solo. Tra testi in inglese e in gaelico, il gruppo guidato da Megan Henderson (che già conoscevo per il suo album solista Pilgrim Souls), affascina ad ogni nota. Una fortuna averlo recuperato per tempo.


Seguendo questo mio interesse sono arrivato sulle tracce di un trio di musicisti scozzesi che si presenta con il nome di ELÌR. Anche anche in questo caso Silver Sails si snoda tra brani strumentali e canzoni dalle sonorità uniche anche grazie alle influenze diverse portate dai componenti del trio, composto dalla scozzese Niamh MacKaveney (voce e violino), l’italiano David Lombardi (violino) e in francese Jean Damei from (chitarra)


Chiudo con qualcosa di piuttosto insolito ma che mi ha catturato al primo ascolto. L’album è composto da nove canzoni accomunate dalla particolarità di essere tutte sean-nós songs ovvero canzoni tradizionali irlandesi nelle quali la voce è usata come uno strumento musicale. Anche se spesso non prevedono l’uso di altri strumenti, qui la cantante e arpista Síle Denvir, è accompagnata dal suono di un violoncello. L’album Anamnesis ha un fascino tutto particolare e meditativo.

Il luccichio del mare

A volte penso che se non esistesse siti come Bandcamp o il sempre ottimo Folk Radio UK, le probabilità di scoprire un album come questo sarebbero pressoché nulle. Il suono di un’arpa e il canto in una lingua sconosciuta non catturano certo l’attenzione di un pubblico ampio ma catturano quantomeno la mia di attenzione. L’arpa è quella della musicista scozzese Rachel Hair e la voce appartiene a Ruth Keggin che canta in lingua mannese o gaelico mannese. Una lingua che era stata data per estinta ma che viene mantenuta in vita da una manciata di abitanti dell’Isola di Man. La collaborazione di queste due artiste ha dato origine all’album Lossan, che significa “luce, bagliore, lucentezza, fiamma”, incluso tutto ciò che luccica nel mare.

Ruth Keggin & Rachel Hair
Ruth Keggin & Rachel Hair

Si comincia con Arraneyn Cadlee, un brano in cui possiamo sentire la melodia di “Cadlee ny Moidyn Moirrey” (Ninnananna della Vergine Maria) e il canto di “Arrane y Chlean” (Canzone per la culla). La splendida voce della Keggin e il tocco leggero della Hair sono pura poesia. Segue l’affascinante Mish as y Keayn (Io e il mare) scritta dalla poetessa e compositrice Annie Kissack e seguita da “Arrane ny Niee” (Canzone per lavarsi), un’altra composizione tradizionale. L’armonia tra voce e strumento è perfetta è non si può far altro che rimanerne incantati. Tri Nation Harp Jigs è un brano che raccoglie tre melodie tradizionali che arrivano dalle tre terre diverse, “Na compaich ag ol” (dalla Scozia), “My Shenn Ayr” (dall’Isola di Man) e “Willie Coleman’s” (dall’Irlanda). Un’occasione per apprezzare tutto il talento della Hair. Segue Arrane Saveenagh (Canzone del sonno), altra tradizionale ninnananna mannese per la sola voce delle Keggin. Ora tocca lei lasciarsi apprezzare in tutta la sua bellezza. Keayrt hug mee Graih (Una volta ho amato una signora), è composta dalla melodia dal titolo, “I Once Loved a Lady” di David Speers e dal testo di Colin Jerry. Il tutto splendidamente reinterpretato in modo impeccabile. Un altro brano tradizionale è Graih Foalsey (Falso Amore) che racconta la storia di un uomo che non perde la speranza nonostante scopra che non è amore vero. Ny Kirree Fo Niaghtey (La pecora sotto la neve) è il lamento di un gregge che si perse durante una bufera di neve nel 1600, seguito poi da un’aria scozzese “Bothan Airidh ‘m Braigh Raineach” (The Bothy in the Braes of Rannoch). Tra le mie preferite c’è Eubonia Soilshagh che unisce due “drinking song” tradizionali, “Eubonia Soilshagh” e “Grine veg Oarn” nella melodia rinnovata di Annie Kissack e unite dalla giga “Moirrey ny Cainle Jig” eseguita durante la festa della Candelora. Yn Scollag Aeg (Il giovane studioso) è un brano strumentale tradizionale dalle tinte oscure e misteriose. Vuddee Veg (Dolce ragazzina) è ancora scritta dalla Kissack per far addormentare la figlia quando era bambina. Arrane Oie Vie (Canzone della buonanotte) è perfetta per chiudere l’album nel migliore dei modi.

Lossan è una raccolta di canzoni che si lascia ascoltare grazie alla voce melodiosa di Ruth Keggin e la magia dell’arpa di Rachel Hair. Ancora una volta il potere della musica va ben al di là della lingua usata, anzi offre in più il misterioso fascino dell’ignoto. Le lingue gaeliche sanno essere morbide e dure allo stesso tempo, sembrano provenire da un altro mondo non ancora del tutto scomparso. Lossan è uno scrigno di una tradizione sempre più fragile nei tempi in cui viviamo ma che proprio grazie ai giovani e alla modernità di internet è in grado di superare mari e oceani e raggiungere chiunque abbia la pazienza di cercare e la volontà di fare nuove scoperte.

Sito Ruth Keggin / Sito Rachel Hair / Bandcamp

Ciò che tiene unito il mondo

Uno degli album che mi ha accompagnato in questa calda estate è What Holds The World Together del trio folk The Wilderness Yet. Si tratta del loro secondo album, dopo l’ottimo esordio omonimo di due anni fa. Il trio si distingue per la voce dolce e melodiosa di Rosie Hodgson, accompagnata da Rowan Piggott e Philippe Barnes che sanno dare vita a nuove canzoni ispirate alla tradizione d’oltremanica e rinnovate i brani tradizionali. Anche in questa occasione ho partecipato alla loro campagna di crowdfunding, sapendo per certo che in questo album avrei trovato dell’ottima musica folk.

The Wilderness Yet
The Wilderness Yet

L’album si apre con Wild Northeaster, nella quale ritroviamo il testo di una poesia di Charles Kingsley intitolata “Ode To The North-East Wind”. La musica si rifà ad una tradizionale melodia irlandese “The Blast of Wind”, il tutto impreziosito dalla voce incantevole della Hodgson, “But the black North-easter, / Through the snowstorm hurled, / Drives our English hearts of oak / Seaward round the world. / Come, as came our fathers, / Heralded by thee, / Conquering from the eastward, / Lords by land and sea“. Segue la misteriosa Old Brock, una rivisitazione di una canzone di Tim Brooks intitolata “Down In The Dark”. Le tre voci si uniscono creando un’atmosfera notturna e affascinante, “Down in the dark where no-one can see us, / Down in the dark through the sand and the loam, / Down in the dark where no-one can hear us, / Old Brock he’s a digging, digging, digging. / Old Brock he’s a digging, digging his home“. Charlie Fox è una cavalcata folk che corre su una giga intitolata “Johnny O’Leary” e il testo scritto da Dave Webber che racconta la caccia alla volpe dal punto di vista della malcapitata preda, “Now Charlie he was six year old afore he fell to hounds, / And hundreds were the times he’d killed while on his farmyard rounds, / But though his mask and brush have gone, in a trophy room to lay, / Don’t ever forget the fifty times that Charlie got away“. La title track What Holds The World Together è una canzone originale scritta dalla Hodgson e ispirata alla riforestazione che avviene nel villaggio di Piplantri in India. Una canzone sul rispetto della natura e la sua forza vitale, “What holds the world together but roots grown deep beneath the changing whims of man? / But what is now was never / And natures grip it slips as soil shifts into sand / And what richness there she tethered, it falls from fields and farms / With the bones of all those daughters held there in her arms“. The Carol Of The Floods è scritta e cantata da Piggott che ci ricorda come la convivenza tra uomo e natura offra degli esempi positivi. In questo caso i corsi d’acqua e i bacini di Sheffield Lakeland hanno creato un nuovo habitat naturale da preservare, “Down sleeping hill / Through forge and mill / Her waters drive the wheel / Of nature’s sloth / And mankind’s growth / A city made of steel / This city’s tale / Has left its trail / In weir and dam’s release / Each pass and dale / Each oaky vale / Holds reservoirs of peace“. The Banks Of The Bann è una canzone tradizionale cantata a cappella a tre voci e racconta di una storia d’amore tra un povero ragazzo disposto a tutto pur di sposare la ricca fanciulla del quale è innamorato, “On the banks of Bann, where I first beheld her / She appeared like fair Juno or a Grecian queen / Her eyes shone like diamonds, her hair softly twining / Her cheeks were like roses, or like blood drops in snow“. Of All The Gods è stata scritta da Rosie Hodgson come regalo di san Valentino a Rowan Piggott. Molto di più che una canzone d’amore, una dolce poesia, profonda e ispirata, “Of all the gods that man has conjured / In his wonder and his fear / And for their love torn asunder / All the world for ten thousand years / They cannot move me, for all their might / Like my lover’s arms that reach to find me in the night“. La successiva The Last Shanachie si apre con la voce del bisnonno di Piggott, registrata su un cilindro di cera. La canzone si ispira a queste storie in antico irlandese narrate dal bisnonno, uno “shanachie”, un narratore, “Once there was, yet once there was not / In a beehive hut, on a mountain green / A teller of tales both tall and short / Who told of what is, and of what had been / The last shanachie in the land of memory / Sang a song the mountains sing for you and me…“. Il brano strumentale in due parti Midnight Accountant / The Optimist è opera di Barnes e Piggott che si prendono la scena esibendo tutto il loro talento di musicisti. T Stands For Thomas è una rivisitazione di brano tradizionale noto anche nella versione “P Stands For Paddy”. Una ballata folk dalle atmosfere tipiche che si ritrovano spesso in questo genere, “As I walked out one bright morning / So early in the Spring / I leaned my back on an old garden gate / Just to hear two lovers sing / To hear two lovers sing my boys / And hear what they might say / In case I’d learn just a little of love / Before I go away“. The Nightingale’s Lullaby è una ninnananna scritta da Piggott e cantata dalla Hodgson per la loro figlia. La melodia e il canto sono perfette allo scopo ma pare non abbia sortito gli effetti sperati, “Hush thee my baby, dry you your eyes / For the nightingale soon will take wing / And he’ll lilt you a garland of sweet lullabies / To the tune of an evening in Spring / The dry notes of Summer will fade into brown / As the air of the Autumn wind blows / With the low strains of Winter he’ll whistle on down / As the turning year shields your repose“. Chiude l’album, Emigrantvisa è un addattamento di una canzone tradizionale svedese, qui riproposta in una versione a tre voci diversamente da quella comparsa nell’album solista “Mountscribe” di Rowan Piggott, “Tonight I must journey to a far-off land, / One from whence I may never return. / Farewell you fine fellows, may you understand / That my heart will for you ever yearn“.

What Holds The World Together è la conferma delle qualità di questo trio già dimostrate nel loro esordio. Le loro canzoni hanno un tratto caratteristico reso più evidente dal sempre ottimo accompagnamento musicale e dalla voce di Rosie Hodgson. L’amore per la natura e la poesia emerge da ogni verso in ciascuna delle dodici canzoni di questo disco. The Wilderness Yet è un progetto che riesce a valorizzare ogni suo singolo elemento attraverso brani tradizionali e non solo. Le canzoni originali sono ispirate dai nostri tempi ma rispettose della tradizione. What Holds The World Together è il motivo per cui mi piace partecipare alle campagne di crowdfunding. Comprare a scatola chiusa fa crescere il piacere della scoperta.

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Brutale bellezza avvolta dalle mareggiate occidentali

Non conoscevo molto la musica di Iona Lane, cantautrice di stanza a Leeds ma quando ho saputo che aveva bisogno di supporto per il suo album di debutto, non ho esitato a contribuire. A volte mi piace acquistare un album a scatola chiusa e con largo anticipo. L’attesa è durata fino allo scorso marzo, quando Hallival è stato pubblicato. Con curiosità mi sono messo all’ascolto e ho capito subito che avevo fatto bene a dare fiducia a Iona Lane. C’è tutto quello che mi piace della musica folk e i nomi di chi a collaborato con lei sono una garanzia.

Iona Lane
Iona Lane

Western Tidal Swell apre l’album, ispirandosi alle montagne dell’isola di Rum in Scozia. Un folk di ampio respiro, uno sguardo sulle bellezze di quel territorio e la sua aspra natura, “Drink from Kilmory well / Forever you’ll be bound / To Shearwaters on the slopes of Hallival / Brutal beauty wrapped in western tidal swell / Brutal beauty wrapped in western tidal swell“. La successiva Mary Anning si ispira alla storia una paleontologa vissuta nel 1800 ma che essendo donna ha dovuto vedere le sue scoperte ai colleghi maschi. Qui la voce e lo stile della Lane mi hanno ricordato Rachel Sermanni e questo è un bene, “Naivety is clear to see / Wiped from their memories / For breaking ground in man’s dominion / They’re after my compliance / They shut the door on my discoveries / Bought my name scrubbed it out / Bought my name scrubbed it out / Told me beyond any doubt“. Tipalt Burn è un folk dalle tinte che vede la collaborazione di Jenny Sturgeon in un dialogo tra il fiume omonimo e il Vallo di Adriano. Il suono della chitarra accompagna la voce della Lane, dolce e eterea, “Said the burn to the wall / There’s use within your tumbled brick / You’re slumped in the ground / Here’s a chance to repurpose relics / In the borderlands / You’re making your home / Nature’s gift will give you / A licence to roam“. May You Find Time è una canzone dalle sonorità tipiche della tradizione folk. La scrittura è pulita, poetica e il canto galleggia sulle note degli archi. Da ascoltare,”Look for tides to take your sorrow / Let currents take you / Wild lands you’re free to borrow / To your island go / May you find time to love another / Explore the world as a pair / Share all you have / All you have is to share“. Fingal & Bran si ispira ai monoliti di Machrie Moor per raccontare una storia di compagnia e condivisione. Iona Lane riesce ancora a dare a vita ad una canzone splendida, “Aged Titan’s past his prime / His old friend Bran is moving slower / Soon they’ll hear three knocks in tow / But to spite tide and tide, they’ll protect one another / For years we explored peaty wastelands / Blown barren by westlin winds“. Schiehallion racconta invece del cosiddetto esperimento dello Schiehallion avvenuto nel 1774 per tentare di misurare la densità della Terra e le celebrazioni che ne seguirono. Brano che vede la partecipazione di due musiciste come Rachel Newton e Lauren MacColl, “How do you measure the weight of the earth / The sun the moon and all our neighbours / Just an only lonely mountain / And tricks of scientific labour / Caught by surprise / Mythical animals run and ride“. Il suono inconfondibile di un shruti box si spande in Mermaid. La voce si prende la scena in una melodia folk solitaria e oscura che ci racconta la leggenda di una sirena, “To this day her presence haunts the loch / Her body deformed by the shoreside / She lurks in the depths, tries to hide / But now she resides / As the mermaid of Assynt / The mermaid of Assynt“. Headspace è una delicata canzone folk, breve e personale. Una canzone senza tempo e bella nella sua semplicità, “As time’s flown and I’ve grown / On my own a stones throw / As time’s flown and I’ve grown / To love you / Oh I do / Oh I love you / Oh I do“. Crossroads si affida ad un folk più moderno, tratteggiato sulle note della chitarra. Un’altra bella canzone, ben scritta ed interpretata, “You showed me how to live on our own land / Against armoured boots who hurt ‘cause they can / Let’s take our chance meet tomorrow where I’ll be / On our crossroads we can dance and love we can be free“. The Poet & The Painter sembra voler racchiudere qualcosa di inafferrabile, così come fanno la poesia e la pittura. Un brano essenziale, dalle atmosfere dilatate e di grande effetto, “The line that you drew / Across the page from where I see me and you / A palette of blue / That swirls around you / A canvas your brushes choose“. Chiude l’album Humankind, nella quale ritroviamo Jenny Sturgeon. La voce della Lane corre sulle note della chitarra, in un delicato equilibrio, “May you find, in due time / What we need, is a soul / To follow us / Only to remind that / When we fall, and we all fall / Someone will be there to hear us / May you find, then rewind / Some of your time, for humankind“.

Hallival è un ottimo album di debutto che mette in luce le capacità, affinate negli anni, di Iona Lane. Come succede spesso nella musica folk, di oggi e di ieri, sono le piccole cose, le più semplici a dare ispirazione per delle canzoni che vogliono regalarci qualche minuto di poesia. Hallival è una finestra sulle bellezze della natura ma anche sugli uomini che la abitano, arrivando infine a noi stessi. Un piccolo universo a sua volta contenuto in uno più grande. Iona Lane usa con sapienza ed attenzione tutti gli stilemi del folk moderno che trae a piene mani dal passato, onorandolo con rispetto e ammirazione.

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Mi ritorni in mente, ep. 75

Uno degli ultimi album che ho acquistato lo scorso anno è URRANTA, debutto della cantante scozzese Deirdre Graham. La particolarità di questo album è che è interamente cantato in gaelico scozzese e ripropone dieci canzoni tradizionali. Le lingue gaeliche hanno un fascino del tutto particolare ma devo ammettere che, al momento ci capisco ben poco. Ma questa ovviamente è una mia mancanza a cui cercherò di rimediare approfondendo la conoscenza di queste lingue.

URRANTA ridà nuova vita a queste canzoni, offrendole a noi con un piglio moderno ed un ricco accompagnamento orchestrale. Si passa dalle ballate al pianoforte come Seinneam Cliù nam Fear Ùr (Canto le lodi degli uomini nuovi), Dòmhnall nan Dòmhnall (Donald dei Donalds) e Tha Mi Sgìth ‘n Fhògar Seo (Sono stanco di questo esilio) alle canzoni nelle quali gli archi riempiono l’aria e accompagnano la voce della Graham, Uamh an Òir (Grotta d’oro) oppure Iain Ghlinn’ Cuaich (John di Glen Quoich). Molto più moderne ma altrettanto affascinanti sono Òran Mòr Scoirebreac (La grande canzone di Scoirebreac), Mairead nan Cuiread (L’astuta Margaret) e Moch an-Diugh a Rinn Mi Èirigh (Mi alzai presto). Non mancano anche sonorità più folk, rappresentate da ‘S Gann Gun Dìrich Mi Chaoidh (Non salirò più). Un album vario ma accomunato dalla passione per la tradizione e per le influenze musicali che vanno al di là della lingua scelta.

Mi ritorni in mente, ep. 73

Ho scoperto questo gruppo per caso, cercando qualcosa di nuovo da ascoltare su Bandcamp. The Deep Dark Woods sono un gruppo canadese guidato da Ryan Boldt che ha pubblicato lo scorso aprile un EP intitolato Broadside Ballads Vol. II. Devo ancora approfondire la loro conoscenza ma generalmente, mi parso di capire che questa band offre un tipo di musica diverso da queste ballate tradizionale. Si tratta di un folk rock che si ispira però anche alla tradizione. Una scoperta interessante che ben si confà ai miei gusti musicali. Sicuramente non mi fermerò a questo EP.

Cinque canzoni per altrettante versioni di ballate tradizionali. La voce Ryan Boldt mi ha fin da subito colpito, ricordandomi quella di Tom Smith nelle sue performance più acustiche. Accompagnamenti scarni danno risalto proprio alla voce e alla poesia di questi capolavori. Broadside Ballads Vol. II è uno scrigno di musica senza tempo da ascoltare in questo autunno che si sta facendo da parte per far passare il Generale Inverno.

Oltre i confini

Tra le proposte più interessanti di musica folk di questo inizio del 2020 c’è sicuramente il debutto del duo Varo. L’italiana Consuelo Nerea Breschi e la francese Lucie Azconaga, di stanza a Dublino, da anni  condividono la loro passione per la musica tradizionale irlandese, scozzese e inglese, che vede il suo compimento nell’album omonimo del duo, Varo. Attratto dal fascino del folk tradizionale e da una copertina evocativa, non ho esitato ad ascoltare questo debutto. Da anni il folk scozzese e inglese è entrato a far parte stabilmente nella mia musica preferita, a differenza di quello irlandese che ho approfondito meno. Nonostante la loro origine sia comune, questo album è un’ottima occasione per scoprire un’altra sfumatura del folk d’oltremanica.

Varo
Varo

Si inizia con la bella Ye Jacobites By Name, canzone che arriva dalla tradizione scozzese e richiama le insurrezioni giacobite che hanno avuto inizio verso la fine del XVII secolo. Una canzone contro i giacobiti, divenuta successivamente un inno contro la guerra in generale, grazie a Robert Burns. Una versione affascinante che sente il peso della storia, “Ye Jacobites by name lend an ear, lend an ear / Ye Jacobites by name lend an ear / Ye Jacobites by name your faults I will proclaim / Your doctrines I must blame, you shall hear, you shall hear / Your doctrines I must blame, you shall hear“. Numerosi sono i brani strumentali di questo album, a cominciare da Ben Hall’s Wake. Composizione originale ispirata alla figura di Ben Hall, fuorilegge australiano ucciso dalla polizia nel 1865. La sua vita avventurosa ha ispirato molti, comprese queste due artiste. La successiva Bidh Eoin Walz deriva da una melodia tradizionale scozzese e rivisto dalle Varo come un valzer. Un delicato equilibrio tra momenti le leggeri e giocosi e altri più cupi. A seguire Considine’s Grove, qui nella versione di Gerry O’Connor, è una delle classiche melodie irlandesi che vedono protagonista il suono inconfondibile del violino. In genere sono chiamate reel e sono spesso usate per accompagnare le danze tradizionali. The Doffing Mistress è una canzone tradizionale irlandese cantata a cappella. Le ragazze che filano il lino sono controllate da una donna, la doffing mistress appunto. Quest’ultima si rivela piuttosto severa. In questa occasione, le ragazze mettono da parte gli strumenti e dimostrano di saperci fare anche con la voce, “Oh Lizzie Murphy you went away / It’s every night for you we pray / You left us here with a broken heart / Now there’s no-one left for to take our part / Riddley-rightfull oh, riddley rightful ray“. Street of Forbes riprende la storia di Ben Hall giunta alla sua tragica conclusione. Il corpo senza vita del fuorilegge viene trascinato per le vie di Forbes, come fosse un trofeo di caccia. Una canzone perfettamente interpretata dalle Varo, che alternano le due voci fino a creare un’atmosfera tesa e triste, “Come all of you Lachlan men and a sorrowful tale I’ll tell / Concerning of a bushranger, who through misfortune fell / His name it was Ben Hall, a man of high renown / Who was hunted from his homestead and like a dog shot down“. Un’altra reel con Return To Camden Town che ci riporta ancora nelle terre irlandesi. As I Roved Out racconta la storia di una ragazza sedotta ed abbandonata da un uomo. Molto bello il ritornello, che ripetuto più volte dà drammaticità alla canzone e la rende una delle mie preferite di questo album, “No I won’t marry you my bonny wee girl, I won’t marry you my honey, / For I have got a wife at home and how could I disown her / A pint at night is my delight and a gallon in the morning, / Old women are my heart break but the young one is my darling“. Sovay è la canzone che più delle altre è stata riproposta con un approccio moderno ed oscuro. Le due voci, eteree e profonde, sono accompagnante dal suono incessante di una viola. Una donna mette alla prova il suo uomo, fingendosi un rapinatore, “Sovay Sovay all on a day / She dressed herself in man’s array / With a brace of pistols all by her side / To meet her true love, to meet her true love, the way she ride“. L’album si chiude con il brano strumentale The Rakes Of Clonmel / I Shall Ne’er Wean Her. Le due ragazze danno prova del loro talento musicale facendoci ascoltare il suono dei loro violini e incantandoci con le loro melodie.

Varo ci fa conoscere due artiste accomunate dalla volontà di mantenere viva la tradizione musicale delle isole britanniche. La particolarità è che a farlo non sono due ragazze originarie di quelle terre e, in questi tempi di Brexit, ci ricordano come la cultura non ha bisogno del passaporto. La musica tradizionale in questo album è affrontata con il rispetto e quella particolare reverenza che sembrano riservarle gli artisti folk di quei territori. C’è sintonia tra Lucie e Consuelo, c’è unità di intenti e una buona dose di talento. Sono arrivate qui passando per esperienze musicali diverse ma che, per qualche misterioso disegno, le hanno unite nel nome della tradizione folk anglosassone.

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Come il tordo in inverno

Prima di addentrarsi nelle uscite discografiche del nuovo anno è bene soffermarsi su un album uscito lo scorso dicembre, Awake Arise: A Winter Album del gruppo folk inglese Lady Maisery composto da Hazel Askew, Hannah James e Rowan Rheingans. In compagnia di Jimmy Aldridge e Sid Goldsmith hanno dato vita ad una raccolta di brani tradizionali e non, legati al periodo invernale e alle sue festività. Questo trio al femminile mi aveva già conquistato nel 2016 con il suo Cycle, un album ispirato all’avvicendarsi delle stagioni. Awake Arise è un album speciale e molto particolare, perfetto per questo periodo dell’anno.

Sid Goldsmith - Lady Maisery - Jimmy Aldridge
Sid Goldsmith – Lady Maisery – Jimmy Aldridge

Si comincia con la bella Sing We All Merrily. Una rivisitazione di un brano tradizionale che racchiude tutte le cose belle che l’inverno porta con sé, lo stare insieme, le festività e le luci che illuminano la stagione più buia e fredda dell’anno, “Sing we all merrily and sing with good cheer / For the day we love best of the days of the year / Bring out the holly, the box and the bay / Deck out our cottage for glad Christmas Day“. Segue Up In The Morning Early / The Christmas Road. Una prima parte è dedicata ad una canzone tradizionale raccolta da Robert Burns che poeticamente descrive la bellezza del paesaggio invernale. La canzone è intervallata da una lettura di uno scritto di Laurie Lee tratto dal suo libro intitlato Village Christmas, “Up in the morning it’s not for me / Up in the morning early / When all of the hills are covered with snow / I’m sure that it’s winter fairly“. Bring Hither Now the Holly Bough è una canzone che fa la sua prima apparizione nel 1872. Qui l’inverno diventa l’attesa del ritorno della bella stagione, passata in compagnia festeggiando l’arrivo del Natale, “We’ll wake the viol’s merry strings while tempest clouds advance / And while the pane cracks with big hail we tread the careless dance / Thus shall the soul’s warm summer shine ‘til changeful earth we leave / And the Yule fire and the wassail cup shall cheer our Christmas Eve“. Breve intermezzo recitato Carol Reading / Shortly Before 8.30pm anticipa Hail Smiling Morn. Una canzone cantata a cappella, pescata ancora dalla tradizione inglese, è un inno alla luce contro l’oscurità dell’inverno, “Hail! smiling morn, smiling morn, / That tips the hills with gold, that tips the hills with gold, / At whose rosy fingers open wide the gates of heaven, the gates of heaven, / At whose rosy fingers open wide the gates of heaven“. La successiva Winter Berries passa in rassegna le bacche che caratterizzano questa stagione. Una musica accompagna questo elenco nel quale vengono citate le piante che le producono e il loro colore. Segue a ruota un altro brano tradizionale intitolato The Old Churchyard. Un’altra bella versione di una canzone che ha visto molte versioni, qui particolarmente evocativa e magica, “I know that it’s vain when our friends depart / To breathe kind words to a broken heart; / And I know that the joy of life is marred / When we follow lost friends to the old churchyard“. The Bear Song è una canzone originale che ricalca le sonorità della tradizione. Un accompagnamento musicale semplice ed essenziale fa da sfondo alla voce della Rheingans. Night Came Early è un breve passaggio recitato, tratto sempre dal libro di Laurie Lee. The King riprende con la tradizione. Racconta dell’usanza di catturare un scricciolo, il re degli uccelli, per celebrare la fine dell’inverno, “Joy, health, love, and peace be all here in this place / By your leave we will sing concerning our king / Our king is well dressed in the silks of the best / With the ribbons so rare, no king can compare“. Da Day Dawn / Like As The Thrush In Winter è un brano strumentale intervallato dalla lettura di una poesia di Edmond Holmes. Una intermezzo musicale che scalda il cuore nelle fredde giornate invernali. Segue The Snow It Melts The Soonest che simboleggia il passaggio alla primavera da un punto di vista femminile. Una chitarra accompagna la voce melodiosa della Askew che incarna alla perfezione la drammaticità di questa canzone, “Oh the snow it melts the soonest when the winds begin to sing / The corn it ripens fastest when the frosts are setting in / And when a young man tells me that my face he’ll soon forget / Before we part, I’ll tell him now, he’ll be sure to follow yet“. Snow Falls è una rivisitazione di una canzone di John Tams. Uno dei pezzi più belli e affascinanti di questo album, dalla musica al canto, tutto è perfetto, “And the snow falls / The wind calls / The year turns round again / ‘Til then put your trust in tomorrow my friend / For yesterday’s over and done“. C’è anche spazio per la ricetta del wassail tratta dal libro Food in England di Dorothy Hartley. Il wassail è una bevanda alcolica calda, in questo caso si tratta di birra, al quale vengono aggiunte zucchero, spezie e infine le mele cotte. Segue Cornish Wassail che celebra proprio questa bevanda e il rito che l’accompagna. Una canto corale a cappella, gioioso e trascinante, “It’s Happy New Year, and long may you live / Since you’ve been so kind and willing to give / Long live our wassail, wassail, wassail, wassail / And joy come to our jolly wassail“. Heading For Home è una cover dell’originale di Peggy Seeger. Una riflessione sulla vita, lenta e delicata, ispirata dal clima invernale. Questo gruppo riesce ancora una volta a dare il meglio con semplicità e passione, “My face to the sky, my back to the wind / Winter is entering my bones / The day has been long and night’s drawing in / And I’m thinking of heading for home / And I’m thinking of heading for home“. L’album si chiude con Hope Is Before Us, ispirata da William Morris e i suoi Chants for Socialists del 1885. Una canzone di speranza e resistenza, “Come shoulder to shoulder, for the world grows older / Help lies in none but you and I / Hope is before us, so let our chorus / Bring joy at last to all our lives!“.

Awake Arise: A Winter Album è un qualcosa di più di una semplice raccolta di canzoni, è un compendio sull’inverno, le sue feste, le difficoltà e le gioie che porta con sé e che magicamente si ripetono ogni anno. Ci sono i suoi simboli, le sue usanze e i misteri di una stagione tanto magica quanto dura. Le Lady Maisery trovano in Jimmy Aldridge e Sid Goldsmith i compagni perfetti per un’avventura affascinante. Un album dove trovare dell’ottima musica folk ben interpretata e suonata. Un album che definirei prezioso, che scalda in cuore di chi ascolta. Perfetto per un regalo ma anche da ascoltare soli, da tenersi stretto come un album fotografico a noi caro. Awake Arise: A Winter Album ha chiuso il mio 2019 e mi accompagnerà in questo nuovo anno ancora lungo tutto l’inverno.

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