Mi ritorni in mente, ep. 26

Ci sono canzoni e album che mi piacciono anche quando non so bene perchè. Questo è il caso di Same Trailer Different Park. Poco meno di un paio di anni fa ascoltai volentieri l’album d’esordio della cantautrice americana Kacey Musgraves e ancora oggi mi chiedo perchè lei sia l’unica interprete del country commericiale a piacermi. Intendiamoci di belle ragazze che fanno un misto di pop e country al di là dello oceano ce ne sono a bizzeffe ma Kacey ha saputo distinguersi. Il suo punto di forza è nel cosiddetto songwriting ovvero l’abilità di scrivere i testi delle canzoni. Proprio nei testi la Musgraves trova i consensi anche al di fuori dei fan del country. Infatti spesso le sue canzoni sfatano qualche tabù di questo genere musicale. La sua è una piccola rivoluzione.

Recentemente Kacey Musgraves ha pubblicato il singolo Biscuits che anticipa il suo secondo album, molto probabilmente previsto per l’estate. Qualche similitudine con il precedente Follow Your Arrow c’è ma si tratta pur sempre di un singolo. Anche in questo caso l’argomento è interessante. Una canzone antibullismo che riserva una speranza per che ne è vittima. Mi piace la voce della Musgraves e il suo modo di cantare, e se Biscuits è solo l’inizio sarà un bell’album da ascoltare questa estate. Vogliamo anche aggiungere anche che è una bella ragazza? Sì, aggiungiamolo. Che male c’è.

Tanta energia, tanto cuore

Tra i ritorni più attesi di questo 2015 c’è sicuramente quello di Brandi Carlile. La cantautrice americana è tornata con il suo quinto album intitolato The Firewatcher’s Daughter. L’album segna il passaggio ad una casa discografica indipendente dettato dalla voglia, dell’artista, di fare qualcosa di diverso di quanto fatto in passato. La quinta fatica di Brandi Carlile è stata registrata live in studio con lo scopo di conservare tutta la genuinità della sua voce e della sua musica. Ho letto recesioni molto positive ma, positiva, è stata anche l’accoglienza del pubblico. The Firewatcher’s Daughter è risultato essere il più grande successo di Brandi Carlile, superando l’ottimo risultato del precedente Bear Creek. Quello che mi aspettavo da questo album era semplicemente ritrovare Brandi Carlile nella sua forma migliore e così è stato.

Brandi Carlile
Brandi Carlile

Wherever Is Your Heart è il miglior inizio che si potesse dare a questo ritorno. Energia e cuore sono le basi di questo album e questa canzone ha tutto. Vi ritroverete a cantare il ritornello in men che non si dica. Brava Brandi, “I think it’s time we found a way back home / You loose so many things you love as you grow / I missed the days when I was just a kid / My fear became my shadow, I swear it did“. Più delicata è The Eye ma l’anima della cantante sembra venir fuori da ogni singola nota, anche grazie alla consueta e preziosa partecipazione dei gemelli Phil e Tim Hanseroth, “I wrapped your love around me like a chain / But I never was afraid that it would die / You can dance in a hurricane / But only if you’re standing in the eye“. The Things I Regret è carica e vibrante. Un’altra bella canzone nella quale si può ritrovare quella Carlile che ci piace tanto, “There’s a hole in my pocket where my dreams fell through, / from a side walk in the city to the avenue. / There’s a leak in my dam ‘bout the size of a pin, / and I can’t quite remember where the water’s getting in“. Quel qualcosa di diverso che voleva fare in questo album è spiegato da Mainstream Kid. Un blues rock che esplode con la voce della Carlile. Una bella prova per lei e il risultato mi piace, “I came to separate the classes / To place the fails above the passes / And there has never been a better time to set the bar beneath the masses / Can I blend in with your kind?“. Più classica Beginning To Feel The Years immersa in un’atmosfera malinconica creata dall’abile voce della Carlile, “And I’m beginning to feel the years / but I’m going to be ok / as long as you’re beside me along the way / Going to make it through the night / and into the morning light“. Probabilmente la più bella di questo album è Wilder (We’re Chained) dedicata al figlio di Tim Hanseroth, Wilder. Un semplice folk dove la voce della Carlile è carica di emozione e il testo gioca con le rime e il suono delle parole. Un piccolo capolavoro, “You came into this world with eyes as clear as water / You didn’t look a thing like your grandmother’s daughter / With a heart so heavy and beating like a drum / Yeah, neither did you look like your grandfather’s son“. Blood Muscle Skin & Bone è un pop rock pulsante con un altro ritornello indimenticabile. Tanta energia e tanto cuore, la ricetta e semplice, “I need somebody strong / For when I’m feeling weak / With an open heart that can listen / For when my soul is too tired to speak“. Un classico pezzo alla Brandi Carilie è I Belong To You che non spicca certo per la sua originalità ma non è quella la sua missione. Una canzone che si ascolta volentieri e nient’altro, “I know I could be spending a little too much time with you / but time and too much don’t belong together like we do / If I had all my yesterdays I’d give ‘em to you too / I belong to you now“. Alibi è un altro bel pezzo pop rock che dimostra tutto il talento della cantautrice americana. Anche questa volta il ritornello funziona, “If you’re good at telling lies / You could be my alibi / And I won’t have to atone for my sins / If you’re good at telling lies / You could be my alibi“. The Stranger At My Door è un folk affascinante e oscuro di ispirazione biblica. Forse la sua canzone più ambiziosa ma sicuramente la più originale dell’album anche grazie alla marcia nel finale, “It’s a good ol’ bedtime story, give you nightmares ‘til you die / And the ones that love to tell it, hide the mischief in their eyes / Condemn their sons to Hades / And Gehenna is full of guys, alive and well / But there ain’t no hell for a firewatcher’s daughter“. Heroes And Song è una di quelle canzoni che solo Brandi Carlile sa fare, “Some rights and some wrongs / Some heroes and songs / Are much better left unsolved / Between fiction and fact / Illusion and pact / Where we’ve been into what we’ve become“. Chiude l’album una bella cover di una bella canzone The Avett Brothers, Murder In The City, “If I get murdered in the city / Don’t go revenging in my name / A person dead from such is plenty / There’s no sense in getting locked away“.

The Firewatcher’s Daughter è un ottimo album. C’è la Brandi Carlile di sempre e quella nuova più rock e divertente. Chissà magari qualcuno si aspettava di più dal suo quinto lavoro ma io lo vedrei piuttosto come un nuovo inizio. Si percepisce in ogni canzone la libertà con la quale è stata scritta e il cuore che ci è stato messo. Un album nel quale viene fuori lo sconfinato talento della cantautrice, spesso sottovalutato anche se qualche volta non sfruttato a pieno. Sono contento del successo che sta avendo, perchè Brandi Carlile se lo merita tutto. Parte del merito va anche ai gemelli Hanseroth, co-autori di numerose delle sue canzoni. The Firewatcher’s Daughter è un album da non perdere.

Capelli di lino

Può una giovane ragazza fare canzoni tanto cupe e tristi? Dietro a quella faccia d’angelo, i capelli biondi e gli occhi azzurri si nasconde un animo tormentato che permette alla ventitreenne cantautrice inglese Marika Hackman di scrivere delle canzoni, così intense, da far invidia ad alcune college più in là con gli anni. Dopo una serie di EP e cover, ha finalmente pubblicato il suo atteso album d’esordio, We Slept At Last. Nonostante conoscessi già da diverso tempo Marika Hackman, non mi sono mai pienamente convinto a concedergli qualche ascolto in più. L’album del suo esordio è stata una buona occasione per fare la sua conoscenza. Volevo inoltre capire perchè la sua musica veniva spesso classificata come folk nonostante io non riuscissi ad inquadrarla in tal senso. Questo album mi ha schiarito le idee a riguardo anche se con riserva.

Marika-Hackman
Marika Hackman

Il singolo Drown ci fa sprofondare nell’avvolgente oscurità della musica della Hackman, nella quale si può cogliere un dolce melodia che ci salva dall’affogare, “And I was born with a healthy appetite / For all that glisters / White and pure in the light / I had to find your words, your heart“. La successiva Before I Sleep è viaggio notturno in una foresta, ispirato da un poema di Robert Frost, Stopping By Woods On A Snowy Evening, “And the heart-stained sheets I used to wrap around my waist / Well I hope you find the peace you seek / Wake me up in five, six week“. Ophelia ha un inizio più folk dei precedenti per poi trasformarsi in un indie rock che trasmette quell’inquietudine che solo le canzoni grunge sanno fare, “I am on my hands and knees / Bending at the heart of me / Hiding in the midnight of my soul / Please don’t break this shell that I call home“.  Open Wide si porta dietro un peso, una canzone che gira attorno al tema della depressione, che si rifà a quelle atmosfere tanto care ai Nirvana, “The lighter on the bed / The petrol in your head / The fire at your door / Still hungry / What’s your favourite game to play / Lying on your back all day?“. Skin vede la collaborazione del cantautore Sivu che con la sua voce rende ancora più inquetante questa canzone. Una delle più belle di questo album, “I’m jealous of your neck / That narrow porcelain plinth of flesh / It gets to hold your head / And I’d rather perform the task instead / I’ll use my hands“. Claude’s Girl è il primo pezzo che si può definire folk. Una ninnananna ispirata da quel Claude che non è altro che Debussy e la sua “ragazza dai capelli di lino”, “The flies on my walls, they’re silent / But the swarm in my head is a hell / So I’ll try to play you correctly / For a toll of your deep slumber bell“. Animal Fear é la prima canzone che si potrebbe definire in qualche modo allegra. Sempre che essere un licantropo sia divertente ma almeno è avventuroso, “Hold my body, trembling fur and tooth / I won’t bite, or did I speak too soon? / Treacherous light that ignites the moon“. Con In Words la Hackman ritorna ad esplorare i lati oscuri dell’anima con più delicatezza di quanto fatto finora. Si tratta della canzone più tranquilla e meno inquietante dell’album, nonchè una delle migliori, “And I must be left, for a little while, to walk my road / The ways back are shut now / And I’ll be left to tread alone / I want to go home“. La melodia primaverile di Monday Afternoon contrasta con le parole della canzone che sembrano essere scritte da un cadavere abbandonato nella foresta. Che allegria, “I have no head / The forest floor is my bed / The leaves that fall I use as a blanket / For my bones are as cold as lead“. Undone, Undress come se non bastasse è la canzone più tormentata dell’album. Più elettronica e suoni distorti creano un’ambientazione plumbea e densa ma non priva di fascino, “They heard my heart for miles / The air inside / Was seeping out / In silent shouts / It crumpled in my chest“. Next Year è un ode al tempo che passa, il tutto sempre dal punto di vista della Hackman, “Oh, Father Time / Grow me, change me / Age and shed the infant skin that was mine / Did you hear the wind / Howling, growling? She knows something / She is older than I“. L’ultima Let Me In è un agrodolce brano che racchiude il senso dell’album e le sue atmosfere, “I plunged into the lake to hide my tears / Conceal my salty fears / Heaving on the grass / Gasping at the air, the sky went dark / The fire broke apart / We slept at last“.

Si può arrivare in fondo a questo We Slept At Last in due modi differenti. Ascoltando le canzoni in modo distratto e apprezzando i toni scuri oppure lasciandosi trasportare dai suoni e dalle parole della Hackman, finedo per provare un po’ di inquietudine. Impressionante come sia al limite della depressione la sua musica, anche se lei è in tutto e per tutto una ragazza come tante altre che ha perfino fatto da modella in alcune occasioni. Questo album dimostra la maturità artistica che condivide con la collega Laura Marling, di soli due anni più grande di lei. Proprio con la Marling ha fatto un tour e sempre lei è protagonista del video di Animal Fear qui sotto. Un album tutt’altro che piacevole da ascoltare ma che ha il suo fascino. Un fascino oscuro che non a tutti potrebbe piacere e se deve essere sincero un po’ inquieta anche me.

Domande a vuoto

Ricordo un tweet di Lucy Rose che annunciava di aver terminato le registrazioni del suo secondo album. Era un giorno di Dicembre del 2013. Sì, proprio così, l’album era terminato più di un anno fa. Cosa è successo nel frattempo a Lucy Rose? Dopo aver anticipato lo scorso Giugno il brano Cover Up, sembrava che l’album dovesse arrivare entro la fine del 2014. Poi il dietro front, inizio 2015. Questa settimana, però si è rivelata decisiva. L’album dovrebbe uscire a Luglio ed è anticipato dal singolo Our Eyes.

Evidente è il cambiamento nella musica della cantautrice inglese. Se Cover Up anticipava le novità, questa Our Eyes le amplifica. Lucy ha detto di aver scritto come non aveva mai fatto prima. La domanda è spontanea: ce n’era bisogno? Non saprei. Questa trasformazione non mi ha convinto. Cover Up era in qualche modo ancora vicina alla Lucy Rose che conoscevo. Quest’ultima è troppo lontana. Non è il mio genere. Io ho apprezzato Lucy Rose per canzoni come Night Bus ma questa Our Eyes è di un’altro pianeta. Non è un po’ presto, il secondo album, per intraprendere una strada diversa? Non è per caso che dietro questo continuo voler rimandare l’uscita dell’album, da parte della casa discografica (come Lucy Rose ha dichiarato) si celi un lieve malcontento? E non è che tutto questo tempo ha finito per portare la cantautrice a rimaneggiare in continuazione le sue canzoni, portandole ad un livello di artificiosità un po’ eccessivo? Sono domande che mi sono sorte quando ho ascoltato per la prima volta Our Eyes. Però ho fiducia in lei e so che devo aspettare l’album prima di dare un giudizio e trovare le risposte, anche se le premesse non sono nelle mie corde.