Eccomi tornato alla mie consuete recensioni, o più semplicemente ai miei consigli musicali. Ricomincio da un ritorno molto gradito da queste parti, ovvero quello di Courtney Marie Andrews, prolifica cantautrice americana che ha pubblicato il suo ottavo album intitolato Old Flowers. Dopo il folgorante Honest Life del 2016, quest’artista ha visto crescere i consensi da parte della critica e dei fan. Il successivo May Your Kindness Remain, uscito due anni più tardi, ha confermato tutto il suo talento, rimarcando con forza l’aspetto più malinconico della sua musica. Questo nuovo album si proponeva come un nuovo capitolo, sia artistico che biografico, e quindi un interessante punto di svolta della sua carriera. La sua uscita è stata rimandata causa pandemia ma l’attesa non è stata vana.
Si comincia con Burlap String. Splendida ballata country nello stile della Andrews che racconta di un amore finito. Se solo si potesse tornare indietro e non commettere gli stessi errori… Da ascoltare, “Time eases, but can’t erase / The sad look on true love’s face / When you know what your heart needs / And you tell them you must be free / But deep down you know the truth / There’s no replacing someone like you“. La successiva Guilty è caratterizzata dalla voce melodiosa di questa artista e da un sound vagamente soul. Sono ancora le sofferenze dell’amore a ispirarla, trasmettendo un senso di impotenza e nostalgia molto forte, “Painful, love is painful / But I am thankful for the time we shared / Hesitation, medication / Trying so hard not to care“. If I Told è una ballata solitaria ed essenziale che si interroga sulla forza dell’amore. La Andrews tiene in piedi la canzone da sola, la più lunga di questo album, quasi esclusivamente con la voce, “It’s a full moon, L.A / And we’re alone for the first time / On Venice Beach under the palm trees / Tell me your dreams and I’ll tell you mine / What would you say if I told you / You’re my last thought at the end of each night? / Would you believe me? / Or would you even reply?“. Il pianoforte prende il sopravvento in Together Or Alone. La voce è malinconica come solo quella di quest’artista sa esserlo. L’amore fa soffrire ma regala anche momenti indimenticabili, “You stay with me, no, you never really go / In the bars out on Broadway, in the chords of this piano / What a goddamn mess, fate is such a joke / But I hope one day we’ll be laughing together or alone / Together or alone“. Carnival Dream prosegue sulla stessa strada. La fine di un amore segna profondamente questo album e Courtney Marie Andrews prova, con successo, a mettere in musica i sentimenti contrastanti che l’accompagnano, “I’ve been trying each day to forget / How sweet life was when we first met / Then I lose you each night in this carnival dream / And when I wake up, all I find are memories“. La title track Old Flowers si anima con un po’ di ritmo, cercando di trovare la forza di continuare dopo una delusione d’amore. La Andrews ci incanta con la melodia della voce e la poesia delle parole, “I’ve been trying each day to forget / How sweet life was when we first met / Then I lose you each night in this carnival dream / And when I wake up, all I find are memories“. Break The Spell è un brano ancora una volta essenziale, spoglio di qualsiasi orpello musicale o vocale. Una melodia delicata e fragile basta per creare qualcosa di magico, proprio come un incantesimo, “You tell me that you’re crazy / But that is no excuse / To trick me with magic / And make me think it’s you / Please, break the spell / Please, break the spell“. Tra le mie preferite c’è It Must Be Someone Else’s Fault. Le colpe per un amore giunto al termine invadono i pensieri e fanno meditare sulle sue cause. Ma c’è una voglia di riscatto che permea questo brano a differenza degli altri di questo album, “Oh, but it must be someone else’s fault / Must be someone else’s heart who tainted mine / No, I cannot be to blame for the story of this pain / Oh, it must be someone else’s fault“. How You Get Hurt ripiomba invece in quel sentimento malinconico che non ne vuole sapere di passare. Questa cantautrice sa usare le parole e la melodia come poche altre, e lo dimostra ancora una volta, “Do you remember that night in Nashville? / Took you dancing with my friends / Laura taught you how to two-step / Then you took me for a spin“. Chiude il disco una delle sue canzoni più intense, Ships In The Night. La distanza è incolmabile ormai in questa relazione ma l’amore resiste nella speranza di sapere l’altra metà ancora felice ovunque si trovi, “Since the last time I saw you, well, I’ve seen better days / The person that I used to be seems so far away / And she’s not traveling down God’s highway, in books, or melodies / But maybe in these words is where you will find me“.
Il tema portante di questo Old Flowers è più che mai chiaro: la fine di un amore. Courtney Marie Andrews ci rende partecipi dei suoi sentimenti, riuscendoli a metterli in musica con l’efficacia del suo talento. Niente di nuovo insomma per quest’artista. Ma non è affatto un difetto. Questo nuovo album appare più forte del suo predecessore che era ispirato da un senso di solitudine e smarrimento. Qui invece i sentimenti sono più forti, quasi invadenti. Non c’è spazio quasi per altro in Old Flowers, le sofferenze causate dall’amore sono al centro del suo universo. Un album che cresce ad ogni ascolto, così personale e toccante che può risultare non di facile ascolto ma le parole e le melodie non lasciano affatto indifferenti. Courtney Marie Andrews non sbaglia nulla affidandosi a sé stessa e al suo talento così genuino e naturale da apparire fragile e forte allo stesso tempo.
Sito Ufficiale / Facebook / Twitter / Instagram / YouTube / Bandcamp