Tutto quello che cerco

A volte ho l’inspiegabile bisogno di sentire un certo tipo di musica piuttosto che un altro. Alcune canzoni che prima tenevo poco in considerazione diventano improvvisamente e casualmente fonte di un bisogno che non si ferma a quella canzone. Meglio fare un esempio. Da tempo sto cercando un band o qualche artista che crei una musica dalle atmosfere rilassate ma non eccessivamente lente e noiose. Ho provato con i Sigur Ros ma i lunghi silenzi delle loro canzoni non facevano per me. Ho provato con i Radiohead e la cosa è riuscita a metà. La loro scelta di usare l’elettronica non mi è andata ha genio ma non li ho mai abbandonati completamente e chissà se un giorno saprò apprezzarli. Ho capito, infine che quello che cercavo potevo trovarlo nel post-rock. Ma lì in mezzo c’è di tutto e si somiglia anche l’uno con l’altro. Ultimamente mi è capitato di riascoltare Insomnia dei Wintersleep. Ho capito quello che volevo. Il problema è cercare di trovare tutto questo in altre canzoni. Nemmeno gli stessi Wintersleep ci sono riusciti o almeno non completamente. Ho cercato ovunque ma non ho trovato ancora nulla che mi convince. O forse no. Due gruppi molto simili tra loro hanno catturato la mia attenzione, For A Minor Reflection e Explosion In The Sky. Questi ultimi più famosi dei primi. Ho scelto di partire dagli islandesi For A Minor Reflection che mi hanno convinto di più grazie alla loro vena rock. Speriamo di trovaci qualcosa di buono.

Se qualcuno a qualcosa da consigliarmi si faccia avanti…

Un classico non-morto mai morto

Tutto è iniziato diversi anni fa con Edgar Allan Poe, per poi continuare con H.P. Lovecraft. L’ultimo è stato Stephen King. Un trio di scrittori accomunati dalla passione per il mistero e l’orrore. Il maestro Poe influenzerà Lovecraft che a sua volta lo farà con King. Sembrava quasi che questi tre nomi fossero i più importanti nel genere. Ovviamente ce ne sono molti altri lì in mezzo ma ero sicuro di aver dimenticato un altro nome importante. Paradossalmente il suo personaggio è uno dei più famosi della cultura horror precursore dei vampiri tanto di moda oggigiorno. Sto parlando di Dracula e di suo “padre” Bram Stoker. In realtà Stoker non ha inventato nulla e ci si chiede come mai un vampiro, un essere già presente in miti e leggende da sempre, sia diventato un personaggio tanto celebre. Un personaggio malefico e terribile ma massacrato in tutti modi. Arrivato fino a nostri giorni dopo essere passato per rivisitazioni discutibili, prequel, sequel e parodie. In un certo senso Dracula non è più quello di una volta e ha perso parte del suo fascino. Oggi i vampiri sono usciti di nuovo dalle loro tombe e rivivono al cinema e nei libri. Bram Stoker mi mancava nella lista e dovevo assolutamente leggere il suo capolavoro. All’inizio ero un po’ scettico riguardo a questo libro pensando di trovarmi davanti ad un Dracula un po’ vintage e bidimensionale. Ma dopo aver terminato un qualsiasi classico capisci perchè viene definito tale.

Se pensate di leggere la storia di un malcapitato protagonista alle prese con Dracula e le sue mogli nel castello in Transilvania, vi sbagliate. Almeno in parte. Nei primi capitoli incontreremo tutto quello che conosciamo di Dracula e incredibilmente ci troveremo davanti al Conte per la prima volta, una delle rare volte nelle quali succede. Perchè poi il vampiro scompare. Proprio così. Il protagonista non sara lui ma altri personaggi. L’ambientazione è una Londra di fine 800 dove con una serie di lettere, pagine di diario, memorandum, articoli di giornale e quant’altro la storia prende forma. Attraverso tutto ciò conosceremo Jonathan Harker, Mina Murray, John Seward, Lucy Westenra e il proferssor Abraham Van Helsing. Loro saranno le vittime dirette e indirette di Dracula e noi verremo a conoscere le loro esperienze attraverso i loro occhi. Proprio per questo motivo, Stoker non ci fornisce mai un descrizione oggettiva di Dracula e del suo operato. I protagonisti parlano di lui, ne subiscono l’influenza ma lo incontrano davvero raramente. Il Conte Vlad è una presenza costante in tutto il romanzo ma partecipa direttamente a pochissime scene. Quello che mi ha sorpreso di Dracula come romanzo è proprio questa totale assenza di quello che potremmo pensare come protagonista o principale antagonista.

Un libro che racchiude tutto il fascino dei classici ma che porta con sè una originale forma di narrazione che lo rende ancor più misterioso. I protagonisti vedono ciò che vogliono e il lettore può vedere solo quello che vedono loro. Ognuno di essi interpreta a suo modo cio che gli accade attorno, non fornendoci di fatto un versione univoca nella storia. Dracula in tutto questo non ha diritto di replica e in breve tempo si trasforma da predatore a preda del gruppo di protagonisti intenzionati a fermarlo. Guidati da Van Helsing (meno muscoli e più cervello della recente versione cinematografica), i protagonisti, insieme ad altri valorosi amici mettono in pratica tutte le antiche soluzioni anti-vampiro nel tentativo di fermare il Conte. Se ci siano riusciti oppure no, lo scoprirà il lettore ma di certo Dracula non si è fermato all’ultima pagina.

Dracula (Nosferatu)
Dracula (Nosferatu)

Oltre i due mondi

Amy MacDonald
Amy MacDonald

Sono passati diversi mesi dall’uscita di Life In A Beautiful Light, la terza e ultima fatica di Amy MacDonald e mi è già capitato di pensare al suo futuro. Questo album, in un certo senso, è stato necessario per riportare Amy sul binario giusto e convicere quei fan che avevano storto il naso ascoltano il secondo, A Curious Thing. La voce torna in primo piano e i ritmi pop-folk tornano più marcati. Un ritorno alle origini. Ma si può parlare di un ritorno alle origini per una ragazza di 25 anni e con tre album all’attivo? No, non si dovrebbe fare. Forse il caso di Amy è un po’ diverso dato che nel 2007 all’età di soli 20 è stata investita dal successo mondiale di This Is The Life. Un tale successo è croce e delizia per qualsiasi artista. Perfino i mitici R.E.M. in più di trent’anni di carriera e quindici album, non hanno saputo togliersi di dosso Losing My Religion. Proprio tale canzone pare si stata la scintilla che ha dato il via all’idea di abbandonare le scene sotto un unico nome. Durante l’ultimo tour, il gruppo salendo sul palco si chiedeva: “Dobbiamo cantare per l’ennesima volta Losing My Religion?”. La risposta era sempre quella: “Sì, dobbiamo farlo”. Non era la fine che i R.E.M. avrebbero voluto fare ovvero continuare con  concerti ricolmi di vecchi successi. Hanno preferito chiudere la baracca e ciò che è stato fatto è stato fatto. Il rischio che Amy MacDonald possa subire il peso di This Is The Life in futuro è alto. Anzi lo sta già subendo. In Italia è letteralmente scomparsa e ad oggi lo si può dire con certezza dato che i due singoli dall’ultimo album non hanno mai raggiuto le mie orecchie.

Life In A Beautiful Light dovrebbe tradursi come l’ultimo di una trilogia. Un po’ come succede per i libri. Insomma, Amy deve dare una svolta alla sua carriera. Non intendo che debba necessariamente tornare al successo e alla popolarità acquisita nel 2007 ma dare ai fan un buon motivo per continuare a seguirla e archiviare questi tre album come si fa con le fotografie. Ho già espresso la mia opinione riguardo quest’ultimo album e posso confermarla e perfino cambiarla in meglio. Dov’è, quindi il problema? Proprio come ho scritto all’inizio di questo post Life In A Beautiful Light era necessario. Un futuro quarto album e i successivi però non possono continuare su la stessa strada dei precedenti. La trilogia è finita, c’è bisogno di una nuova storia. Amy ha un marchio indelebile, la sua voce. La musica si può copiare così come i testi ma la voce appartiene solo a lei e oltrettutto la sua è perfino unica. Sono sempre stato dell’idea che Amy debba affidarsi unicamente alla voce e alla sua inseparabile chitarra. Paradossalmente una svolta potrebbe essere la semplicità unita al dono della sua voce. La semplicità di cui parlo è tangibile nel passaggio dal secondo al terzo album. Allora perchè non portarla all’estremo realizzando un album prevalentemente acustico? Un album sulla scia di Road To Home, per intenderci. Il rock acustico con le sue venature pop sono molto diffuse oggi. I cantautori con la chitarra in mano e le melodie sognanti nascono ogni giorno. Road To Home era un b-side di This Is The Life e forse il futuro che mi auguro possa scegliere Amy è racchiuso in altro b-side. La traccia nascosta Two Worlds è la prova che Amy ci sa fare. Si trova proprio alla fine dell’album essendo una traccia nascosta e spero possa simboleggiare un ipotetico collegamento con il futuro o quanto meno mi piacerebbe. Per il momento mi godo quest’ultimo album aspettando di ascoltare dopo Two Worlds una canzone altrettanto semplice quanto magica.

Prima della fine

L’estate volge al termine e inevitabilmente si pensa al freddo, il quale, si sa, decreta la fine dell’anno. Finito un anno se ne fa un altro ma è troppo presto per tirare le somme. All’orizzonte si possono già avvistare nuove terre da esplorare. Mi riferisco alle uscite discografiche dei prossimi mesi. Sulla mia agenda ne ho appuntate ben quattro. La prima, anche in ordine cronologico dovrebbe essere rappresentata dal quarto lavoro degli Editors. Il titolo è ancora avvolto nella nebbia (immagine che si adatta al trio inglese) ma c’è il sospetto che possa essere Every Conversation Within You, dal nome scelto per il loro spazio su Tumblr in cui hanno pubblicato due video (in arrivo il terzo): everyconversationwithinyou.tumblr.com. Le novità più interessanti arrivano però da Twitter con il quale Tom Smith aggiorna periodicamente i fans sullo stato della lavorazione dell’album. Dopo quasi un mese di silenzio Tom è tornato a twittare specificando che il silenzio era dovuto al duro lavoro. Speriamo ne nasca qualcosa di buono. Non è tutto. Arriva la conferma dei titoli per Two Hearted Spider, What Is This Thing Called Love, The Weight Of Your Love, Sugar, Formaldehyde, The Sting, Nothing e un altro brano da titolo provvisorio The Phonebook. La previsione del ex Chris Urbanowicz riguardo al possibile rilascio a novembre non è ancora da escludere anche se sarei più propenso a credere che il quarto album verdrà la luce più tardi, addirittura nel 2013. Non ci resta che aspettare.

Agnes Obel
Agnes Obel

Sembra più che certo che il prossimo anno sarà l’anno di Agnes Obel. Da più parti arrivano conferme riguardo al fatto che il secondo album della cantautrice danese arriverà all’inizio del prossimo anno. Intanto dall’altra parte dell’oceano i Wintersleep perdono momentaneamente e “artisticamente” Jon Samuel, tastierista e voce aggiunta del gruppo, che pubblica il suo primo album da solista intitolato First Transmission. In rete si possono già ascoltare alcuni brani così come dal sito ufficiale (jonsamuel.ca) dal quale, iscrivendosi alla newsletter si potrà scaricare gratuitamente il brano Follow The Leader. Non ho ancora ascoltato per intero il suo album ma lo farò e non mancherò di riportare qui le mie impressioni.

Jon Samuel
Jon Samuel

Chi invece da segnali concreti di un nuovo album, il primo in questo caso, è Gabrielle Aplin che ha pubblicato in rete il suo singolo d’esordio Please Don’t Say You Love Me corredato dall’immancabile lyrics video. Il singolo in questione uscirà fisicamente il 18 novembre e molto probabilemente l’album della giovane cantautrice sarà pubblicato il prossimo anno. Una canzone non delude le mie personali aspettative. Credo che Gabrielle si andata in crescendo nel corso dei suoi tre EP ed è lecito aspettarsi un album che potrebbe riservare qualche piacevole sorpresa. Dunque questo è quello che c’è ora e ciò che ci sarà nei mesi a venire. Qualcosa di nuovo da ascoltare c’è sempre. Fino alla fine del mondo 😉