Alcune cose nella vita cambiano velocemente e senza preavviso. Quando succede non resta che accettarle e andare avanti ma è fondamentale prendere tempo per capire se la nuova direzione ci piace. Si può sempre cambiare, no? Ad accompagnarmi in queste tre settimane di cambiamenti è stata la musica di Erin Rae & The Meanwhiles, trio americano di stanza in quel di Nashville, Tennessee. Dopo un EP intitolato Crazy Talk, il gruppo ha pubblicato lo scorso anno l’album d’esordio Soon Enough. Mi è bastato un ascolto di una delle sue canzoni per convincermi ad ascoltare anche il resto. Erin Rae mi ha trasmesso sicurezza e tranquillità attraverso la sua musica dal buon sapore del folk americano.
L’album si apre con Light Pt.1, delicata e melodiosa introduzione alla musica di Erin Rae & The Meanwhiles. La voce delle Rae è rassicurante e famigliare, d’altri tempi, “I know, darling, sometimes you go to a dark place / And you have a hard time letting the light in / I know for me sometimes, if I’m in a dark place / I have such a hard time letting the light in“. La successiva Clean Slate è una bella canzone dallo stile americano, caldo e avvolgente. Erin Rae cattura l’attenzione su di se, lasciando alla musica il ruolo di accompagnarla, “Everyone I loved was ill / In their mind or in their body / And I knew not how to heal / The things that weighed / And every one of my attempts / Has only led me to a folly / And the comfort of this hold on me persuades“. Minolta (sì, la macchina fotografica) è una delicata e malinconica ballata che vede la partecipazione del cantautore Charlie Whitten. Una delle canzoni più orecchiabili dell’album, “Good things are on their way for you / And if I’m not beside you for the ride / Take a picture I can come and look at sometime“. La titletrack Soon Enough è carica di buoni sentimenti sempre trasmessi con semplicità e sincerità. Erin Rae è ormai un’amica in confidenza con l’ascoltatore, “Emma, sweet girl / The lessons you will learn from love / No need to hunt them down / They’ll come to you soon enough / Soon enough / Soon enough / Soon enough“. A seguire c’è la luminosa Spitshine. Ancora una volta non si può fare altro che rimanere catturati e lasciarsi trasportare dalla Rae, che con la sua voce saprebbe calmare chiunque, “I know you’re heart’s heavy / From times you weren’t ready and rushed in / And this early on there’s no kind way / To know how to begin / Oh, to be patient!“. Monticello non faricherà ad entrarvi in testa con il suo ritornello dallo stampo classico ma efficace. Una canzone semplice che piace a tutti, a dimostrazione che la musica è un linguaggio universale, “I wish it were Monticello / And I could come to see you / And you might talk me down / And put my mind at ease“. Panic non è da meno e fa leva su meccanismi consolidati della tradizione americana. Tutto è perfetto e armonioso, nulla potrà rovinare questa piccola magia, “So baby let me go / I hope you still think well of me / Selfish words, I know / But I will not keep you / Where you should not be“. Poi c’è Rose Color. Solitaria e malinconia, Erin Rae con la sua voce ci fa sentire qualche brivido. Ahimè, faccio fatica a resistere a canzoni così semplici e affascinanti. Da ascoltare, “You saved my heart somehow / And I cannot repay you / A painful conversation to be had / I recognize“. Si prosegue con Owe Your Own, altra prova del talento di questa cantautrice e del suo gruppo che non sbaglia un colpo, “And in my sleep / Recurring dreams / You meet me there / A smile sweet / You’re out of reach / It’s hardly fake“. Pretty Things è nostaligica e lucente. Ha il tutto il fascino delle “belle canzoni di una volta” alle quali è difficile resistere, “You can make a pretty thing / Out of anything at all / It may awhile sometimes / To let the pretense go / But if you ain’t too turn stubborn / And you set you mind just right / You can make a pretty thing / Out of anything, you know“. La successiva Futile Attempts ha più ritmo delle precedenti e la voce delle Rae porta quella melodia che serve a creare un’atra canzone orecchiabile e piacevole, “I almost did not want to tell you / Afraid it might harm you more than help / No, we did not give up on you / Just because we did not show / It’s just so hard to know the things to do / So hard to know“. Sleep Away è una delle più commoventi canzoni di questo album. Una figlia che rassicura il padre rimasto solo. Un altro gioiellino da ascoltare, “But if you’ve gotta be dreaming / For angels to come singing / For your heart to be open / To hearing what they say / If you’ve gotta be dreaming / For your memories to quit screaming / For your mind to get quiet / Then sleep away“. Chiude l’album Light, Pt. 2, seconda parte del brano di apertura, quasi a voler racchiudere queste canzoni in un aura di luce.
Soon Enough è un album nel quale trovare canzoni rassicuranti e dal tono famigliare. Non c’è un eccesso di malinconia o nostalgia ma un tangibilie sentimento di conforto convogliato dalla sorprendente voce di Erin Rae. Insieme ai suoi Meanwhiles, questa cantautrice ha dato prova di una straordinaria sensibilità, affidandosi alla solida tradizione americana. Non troverete in questo album nuovi orizzonti da esplorare ma una casa calda e accogliente. Non ci saranno sorprese ad attendervi, solo un posto sicuro nel quale rifugiarsi anche se per poco. Infatti Soon Enough ha ben tredici canzoni ma la sua durata non arriva a quaranta minuti. Le cose qui fuori cambiano ma nella dimensione di Erin Rae & The Meanwhiles troverete solo certezze.