La prima cosa che mi ha incuriosito di questo album è stata la copertina. L’artista, Shayna Adler, è ritratta con abiti che ricordano un po’ lo stile fantasy, in un’atmosfera altrettanto misteriosa. Prima di ascoltare l’album, mi ero già immaginato un folk di quelli un po’ new age o vagamente gotici, chissà perché. Invece, Wander, è qualcosa di diverso e lo si intuisce fin dalle prime note. Un mix di americana, folk e indie è la ricetta di questa cantautrice californiana al suo debutto. Una sorta di concept album, un viaggio affascinante fatto di storie e personaggi. Non resta che immergersi in questi nove racconti in musica.
The Life I Could Create dà inizio al viaggio. Come nell’incipit di un buon libro, ci troviamo nei panni di un altro, in un mondo da scoprire. Un folk elegante e pulito che incuriosisce a partire dal testo, “Am I the creator / Of my own despair / Am I the inventor / Of what’s not really there / How do I leave this place / Of my own device / Of my own disgrace / Is it me / That paves my own delay“. Into The Forest si apre ad un marcato folk americano, con una melodia orecchiabile che intesse una trama ricca di fascino. Intorno noi si apre un’ambientazione che promette cose meravigliose, orizzonti da esplorare, “And we are growing like the sycamore / Will never see its knees / And we are soaring like the smallest bird / Who stands on heaven’s feet / And soon you will see / And soon you will see“. Tra le mie preferite c’è Gypsies & Caravans. Ogni volta che l’ascolto mi immagino una carovana di gitani, che ha preso posto in qualche remota radura, ballare attorno ad un fuoco ed ammaliare gli stranieri con le loro storie e magie. Davvero una bella canzone, evocativa come poche altre, “The waltz of a world / Of gypsies and caravans / Bells on her hips / The fires, the music man / Circling me / Their leader, the magician / Who calls out to me / Lost by admission“. La successiva Manchester Stone ha il fascino oscuro della magia. Un indie folk ispirato e coinvolgente, fatto di immagini misteriose che si susseguono dando vita ad una delle storie di questo album, “Of clockwork and castles / And horses to ride / With the thrill of the chase / In the dead of the night / And a world full of magic / Like never I’ve known / In this everyday life / Of Manchester Stone“. Dear Capricorn è una ballata, una lettera d’amore, una poesia. Qui la Adler mette in mostra le sue doti di songwriting, dando alla luce un’altra bella canzone, ancora una volta differente dalle altre, “Is it possible to love someone / And only know their name / Is it possible to find yourself / In all the loss you’ve gained / And if I saw the truth / Would all the colors stay the same / If love could be explained“. Quiet As The Moon volge lo sguardo al cielo e ci guida alla scoperta delle stelle. Un folk americano ricco di sfumature fa da sfondo alla voce calda ed educata della Adler, “Can you feel Orion near / The otherworldly cavalier / With haunting conversation / And stories of creation / But I’ve seen so many, many things / Troubled by such little strings / And all I have is here / Oh, can you feel Orion near“. Decisamente più country, con sfumature western e folk rock, la bella Stagecoach Sally. Anche qui le capacità della Adler di evocare immagini nitide sono confermate. La musica, l’interpretazione, le seconde voci maschili, tutto è curato nel dettaglio e si sente, “Stagecoach Sally / Gonna shake your alley / Gonna make you leave your / Shotgun by the door“. Una casa è un luogo speciale in The House. Un luogo dove il tempo lascia il segno, uno scrigno personale. Un folk come sempre ispirato dove il testo è al centro dell’attenzione, “Welcome to my house / The moment has taken its form / Welcome to my house / I just want to thank you / For knocking upon my door“. Il viaggio si chiude con Sunday Smile è un country luminoso che spazza via le atmosfere più cupe, ma non meno ricche di meraviglia, che lo precedono. Un lieto fine come ogni bella storia che si rispetti, “Honey don’t you frown at / All the good that you found / You’ll wear your Sunday smile / Monday morning / Honey don’t you cry / You were only young and wild / You’ll wear your someday smile / Without warning“.
Wander è un album particolare, capace di portarci il luoghi meravigliosi come un buon libro. Allo stesso modo ci vuole un po’ di tempo per ambientarsi e trovare il ritmo della narrazione ma con la guida di Shayna Adler non ci si può perdere. Interessante questa visione nuova del folk americano e del country, influenzato da un immaginario fantastico, che spazia dai cavalieri ai fucili, dal deserto alle foreste, dalla magia agli zingari. Sì, indubbiamente Wander è un ottimo album che mi ha lasciato quella sensazione di non voler abbandonarlo dopo l’ultima nota. Un po’ come succede con un buon libro. Shayna Adler è uno di quei nomi che mi devo appuntare perché sono sicuro ci regalerà ancora altre storie e altri personaggi in futuro.
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