Lo scorso Ottobre riportai su questo blog l’interessante scoperta di una band inglese che si fa chiamare Millbrook. Sotto questo nome si celano tre ragazzi di Birmingham che hanno pubblicato il loro primo album, Millbrook, appunto. In quell’occasione mi soffermai sulle somiglianze tra lo stile degli americani R.E.M. e il loro singolo Real Time. Incuriosito, ho deciso di ascoltare per intero questo esordio, dove ho potuto trovare conferma delle mie impressioni. Nonostante Birmingham, Eddie Barber, Rohan Simmons e Tom Naqvi, sembrano provenire direttamente dal Nuovo Mondo. Il folk americano influenza questo esordio e getta le fondamenta per futuri sviluppi della loro musica.
Wandering è l’inizio scoppiettante che vede la partecipazione preziosa di Milo Sadler al sax. Un blues rock si diffonde nell’aria e non si può che apprezzare la classicità di brani come questo. La voce di Eddie Barber non prende mai il sopravvento e si integra perfettamente nella canzone. Non si può fare a meno di continuare con il brano successivo. We Are Bold è una delle migliori dell’album. La chitarra in stile Peter Buck/Byrds traccia la melodia e la voce di Barber non manca di sollevare qualche brivido. Questa canzone mette in mostra tutto il talento di questa giovane band. Where The Rhythm Winds ricalca la celeberrima melodia di Sweet Home Alabama. Gli animi sono più quieti ma trovano spazio sferzate più rock, in contrasto con la voce sommessa di Barber. Un’altra bella canzone che suona come un classico e dà spazio agli assoli di chiarra. Anche The Sweet Divine è qualcosa di già sentito ma questi tre ragazzi ci sanno fare e quindi lasciamoli fare. Southern rock è la parola d’ordine in questi casi. Ancora un assolo di chitarra dà aria alla canzone, a dimostrazione delle buone intenzioni di questi tre ragazzi. Nothing To Sing è più folk e introversa. Il ritmo rallenta e si intravede il sole del mattino tra le note, un velo di malinconia la ricopre. Un bella canzone, non c’è dubbio. Sulla scia di quest’ultima c’è Eastbound, con la sua melodia e la voce di Barber che si fa più morbida. L’armonica conferisce ancora di più “americanità” alla canzone, un tratto ormai caratteristico della band inglese. Poi c’è Real Time, la canzone più vicina allo stile dei primi R.E.M. che abbia mai sentito (Stipe e soci esclusi). Mi ha fatto saltare sulla sedia quando lo sentita per la prima volta. Non è un tributo, non fanno il verso alla band di Athens ma è una canzone spontanea e altrettanto spontaneamente ne è influenzata. Da mettere tra le migliori dell’album solo per questo motivo. Something Strange è funky ma i tre ragazzi non rinunciano alle trame del folk americano. Ancora una volta i Millbrook ci mettono qualche assolo qua e là, dimostrando di essere preparati. When The Sun Hangs Around è una straordinaria ballata, semplice ma non banale. Tutta l’abilità nello scrivere le canzoni viene fuori qui, in questi quattro minuti abbondanti, nei quali realizziamo che siamo di fronte ad un esordio di tutto rispetto. A chiuderlo c’è Voyager, lunga cavalcata di oltre cinque minuti. I Millbrook reggono fino alla fine, come poche altre band della loro esperienza sanno fare. Qualche chitarra distorta in più e l’effetto è epico ma sapientemente smorzato dalla voce di Barber. Ormai non c’è più da sorpendersi.
I Millbrook sfoderano una prova maiuscola e mettono alla luce un esordio eccezionale. Il gruppo inglese parte da delle basi solide, quelle della musica americana per costruirsi un futuro che appare luminoso. La band non ha nascosto di essere ambiziosa e si stente in ogni singolo brano. Non si tratta di musica innovativa ma, come è naturale che sia, i Millbrook si ispirano ai loro modelli artistici che hanno fatto grande il folk americano (Neil Young in primis). Così facendo pongono solide fondamenta sulle quali costruire un futuro nel quale posso esprimersi in canzoni più personali e meno legate al passato. Non gli manca nulla, nemmeno il talento. Questo esordio è un tesoro nascosto che spero sia il trampolino di lancio per tre ragazzi inglesi con gli USA nel cuore.