Non mi giudicate – 2020

Siamo arrivati in fondo a questo strano anno. Il 2020 è stato davvero particolare per tutti noi ma avrò modo di scriverne più avanti. Ora è arrivato il consueto appuntamento di decidere quelli che, secondo me, sono stati i migliori album che ho ascoltato quest’anno (e un libro scelto tra quelli letti da Gennaio). Nessuna classifica, impossibile per me farne una, ma solo premi individuali. Il mio pc mi dice che sono 56 i dischi usciti quest’anno ed entrati a far parte della mia collezione e quelli scelti qui sotto sono solo 14, va da sé che molti di essi ho dovuto scartarli. Ma non temete, quelli degni di nota li trovate tutti qui 2020. Molti album non sono passati per questo blog anche se mi sono piaciuti. Ma il tempo è inclemente e faccio quello che posso. Anche questo argomento troverà spazio nei prossimi giorni su questo blog. Se in queste festività, ognuno a casa propria, avanzate un po’ di tempo per ascoltare della buona musica, ecco cosa ho scelto per voi quest’anno.

  • Most Valuable Player: Courtney Marie Andrews
    Questa cantautrice non delude mai e il suo Old Flowers ne è la conferma. Un album emozionante come pochi altri quest’anno e non potevo escluderlo da questa lista.
    Come navi nella notte
  • Most Valuable Album: Huam
    Il trio di artisti scozzesi Salt House pubblica un album magnificamente ispirato. Fin dal primo ascolto si percepisce la sensazioni di non essere davanti ad un disco qualunque.
    La speranza è quella cosa piumata
  • Best Pop Album: The Human Demands
    Amy Macdonald è Amy Macdonald. Questo album è probabilmente il migliore dei suoi finora. L’ho ascoltato un’infinità di volte e non ne ho mai abbastanza. Ho detto tutto.
    Una pallottola al cuore
  • Best Folk Album: An Sionnach Dubh
    Scelta non facile quest’anno ma quello di Dàibhidh Stiùbhard è l’album folk che più mi ha affascinato quest’anno. L’irlandese e gaelico scozzese possono risultare incomprensibili ma la musica è un linguaggio universale.
    La volpe nera
  • Best Country Album: That’s How Rumors Get Started
    Anche in questo caso avevo l’imbarazzo della scelta ma Margo Price con il suo terzo album l’ha spuntata sui concorrenti. Cambio di marcia per questa cantautrice che non tradisce sé stessa.
    Una luna piena sopra una strada vuota
  • Best Singer/Songwriter Album: Song For Our Daughter
    C’è qualcuno che può competere con Laura Marling quando si tratta di cantautrici? Difficile dirlo con obbiettività ma per me lei è tra le migliori in assoluto e lo sarà ancora a lungo.
    L’amore è una malattia curata dal tempo
  • Best Instrumental Album: Shine
    Sto allargando i miei interessi agli album strumentali e questo della musicista irlandese Caroline Keane è tra quelli che ho ascoltato di più.
    Musica tradizionale irlandese per concertina che allieta l’animo.
    Mi ritorni in mente, ep. 70
  • Rookie of the Year: Diana DeMuth
    Pochi dubbi a riguardo. Misadventure è un gran debutto, convincente sotto ogni aspetto. I contendenti non erano pochi ma quest’artista si è guadagnata questo premio con largo anticipo.
    Lo stesso vecchio gioco
  • Sixth Player of the Year: Shayna Adler
    Premio dedicato alla sorpresa dell’anno. Wander è un album, per l’appunto, sorprendente e se lo merita tutto. Un folk americano diverso dal solito, un viaggio affascinante.
    Ho visto tante, tante cose
  • Defensive Player of the Year:  Siv Jakobsen
    Chi invece non è una sorpresa ma una certezza è questa cantautrice norvegese che quest’anno a pubblicato A Temporary Soothing. Un album sincero e personale, anche molto fragile.
    Un lenitivo temporaneo
  • Most Improved Player: Hailey Whitters
    La scelta alla fine è ricaduta su di lei e il suo The Dream che mi ha accompagnato nei momenti più bui della prima ondata. Un buon country, positivo ed orecchiabile. Cos’altro chiedere?
    Bougainvillea, whiskey e un sogno
  • Throwback Album of the Year: In All Weather
    Dedicato all’album non uscito quest’anno. A mani basse lo vince Josienne Clarke. Una cantautrice unica che devo ancora scoprire ma senza fretta. Ogni volta che lo ascolto è come la prima volta.
    Bel tempo si spera
  • Earworm of the Year: Supernasty
    Non è stato un anno di canzoni particolarmente martellanti ma questa di Lynne Jackaman lo è stata senza dubbio. Tutto l’album One Shot merita un ascolto. Non vi deluderà.
    Mi ritorni in mente, ep. 72
  • Best Extended Play: Marmalade
    Il terzo EP della cantautrice Sophie Morgan è andato al di là delle mie aspettative. Si merita una menzione in questa lista di fine anno. Speriamo in un album nel prossimo. Sto già aspettando.
    Mi ritorni in mente, ep. 68
  • Most Valuable Book: Le sette morti di Evelyn Hardcastle
    Ho letto più libri del solito quest’anno ma nessuno come questo. Un giallo tanto appassionante quanto ingarbugliato. Stuart Turton ha fatto un ottimo lavoro. E siamo solo al suo debutto.
    Ancora un altro libro, ep. 3

Una pallottola al cuore

Chi segue questo blog sa bene, o dovrebbe saperlo, che tra gli artisti che amo di più c’è Amy Macdonald. Questa cantautrice, fieramente scozzese, mi accompagna ormai da diversi anni, almeno dieci, e quando ho saputo che sarebbe uscito il suo quinto album in questo triste 2020, ho pensato che almeno una cosa bella sarebbe successa. The Human Demands arriva a tre anni di distanza dal precedente Under Stars, il quale si era fatto attendere per ben cinque anni. Premessa: Amy continuerei a seguirla indipendentemente dal genere musicale decidesse di fare in un suo disco. Detto questo, il suo ultimo singolo Woman Of The World, uscito in occasione del suo “best of” del 2018, sembrava abbracciare sonorità decisamente pop. Cosa aspettarsi dunque in questo nuovo album? Puntare ad un pop dalla presa facile o andare sul sicuro e fare la Amy di sempre? Ebbene, la risposta è: nessuna delle due. Ascoltare per credere.

Amy Macdonald
Amy Macdonald

L’iniziale Fire riprende le sonorità più vicine agli esordi. Il fuoco è un’immagine ricorrente nella musica della Macdonald. Il ritornello orecchiabile e liberatorio sono caratteristici e i richiami alle produzioni passate sono evidenti, quasi autocitazioni. Non ci poteva essere inizio più promettente, “Full blown fire burning in my heart / I’ve got a little bit of what you are and / I’ve got the light, you’ve got the spark / We’re home, we’ll never be alone“. Si prosegue con la bella Statues. Non nego essere tra le mie preferite. Il ritmo prende il sopravvento sulla melodia, la voce della Macdonald segue a ruota con il suo inconfondibile timbro. Una malinconica ma che vive di una particolare gioia. A questo punto si inizia ad intravedere qualcosa di nuovo, “All the children stand like statues / On the street where I was born / It’s a street where nothing changes / But the road where I come from / Now the cherry blossom’s falling / And the nights are drawing in / Oh, I’m standing here, I’m frozen / As the world goes ‘round again“. Il vero punto di svolta è forse Crazy Shades Of Blue. Probabilmente una delle canzoni più cupe della sua carriera. Non riesco ad immaginare nessun altro cantare questa canzone, dove il sorriso della Macdonald lascia spazio ad un’accorata presa di coscienza, “And this world’s a crazy shade of blue / It’s lost and lonely without you / The air feels thick and I can’t breathe / I’m under now, we’re in too deep“. Ci pensa The Hudson a tirarci su il morale. Il singolo di punta dell’album è ispirato ad un viaggio a New York dei suoi genitori negli anni ’70. La canzone affronta le illusioni di una giovane coppia di innamorati che devono, oggi, fare i conti con gli anni. Un ritorno alle sonorità classiche di quest’artista che sono sempre benvenute, “Where did it all go wrong, my love, where did we fall apart / Summer in the 70s, living like a king and queen / Looking back on where we are / Where did it all go wrong, my love, where did we drift away / Walking along the Hudson, singing you my love song / Never let it fade away“. La title track The Human Demands è una cavalcata pop rock che affronta la solitudine che sembra emergere prepotente con il passare degli anni. Amy Macdonald appare sincera più che mai ma soprattutto matura e consapevole. Il ritornello è semplicemente perfetto, “Do you ever really feel like you’re all alone / When you’re surrounded by the people that you love the most? / And you can’t explain it ‘cause they won’t understand / It’s not simple feelings, it’s the human demands“. Il pezzo più rock dell’album è, a mio parere, We Could Be So Much More. A tratti persino un po’ punk. Davvero una Macdonald in splendida forma, una canzone carica di energia e risentimento, con un ritornello che ti prende per il collo,”Will you save me? I’ve been holding on / Treading water since the day I was born / Will you teach me how to live again? / I lost it all inside my head / I lost it all in life and love my friend / Can we start again?“. Quasi inaspettata giunge Young Fire, Old Flame. Una canzone acustica, folkeggiante che ricorda gli esordi di quest’artista. Quella voce così unica, che mi ha folgorato anni fa, la ritrovo qui, intatta come se il tempo non fosse mai passato. Un gioiellino, “Young fire, old flame / Look at you, you’re back again / Weighing me down like a ten tonne train / Young fire, old flame“. Bridges è un ancora un bell’esempio di quello che rappresenta questo album. Ancora spazio al rock dove le tinte più cupe si fanno spazio attraverso parole ed immagini vivide e forti. Tutto questo mi piace e ancora una volta un ritornello da manuale, “‘Round and ‘round we go / I’ve heard it all before / Will you twist the knife? / ‘Cause I can’t feel it anymore / A bullet to my heart / Lying broken on the floor / Just kick me when I’m down / ‘Cause that’s the man you are“. Strong Again sorprende per delle contaminazioni vagamente elettroniche, spazzate via però da una melodia appiccicosa e davvero inedita per lei, “Oh, I want to let you know / The words just don’t come out / I want you to be strong again / Oh, it’s harder every day / ‘Cause life gets in your way / I need you to be strong again“. Something In Nothing chiude questo album. Un lento pop rock che racchiude in sé il mood dell’album. La voce della Macdonald è come di consueto calda e più profonda del solito. Un altro brano che si fa apprezzare per le sue caratteristiche insolite rispetto alle precedenti produzioni di quest’artista, “They think I’m crazy but they’ll never see / All of these colours, they’re shining for me / Lost in a moment, I’m caught in a dream / Looking for something in nothing / It’s done when we’re caught in between“.

Che Amy Macdonald abbia sempre avuto un’anima rock è cosa nota ma mai, come in questo The Human Demands, è emersa così prepotentemente. Questo album da un calcio al passato, chiudendo un capitolo che vedeva ancora quella cantautrice ventenne, travolta dal successo di This Is The Life, sopravvivere agli anni e in qualche modo condizionare gli album successivi. Qui ci troviamo di fronte probabilmente all’album più riuscito della Macdonald, in bilico tra passato e futuro, decisamente più maturo per alcuni aspetti e soprattutto nel coraggio di alcune scelte. Non trovo nessuna canzone fuori posto in questo The Human Demands, nessun colpo a vuoto. Tutte sono ispirate dalle emozioni che la vita ci offre, comprese le difficoltà e i momenti bui. Questo album sembra migliorare ad ogni ascolto e non posso fare a meno di riascoltarlo una volta di più. Difficile scegliere una sola canzone da farvi ascoltare. L’invito è sempre quello di ascoltare The Human Demands per intero.

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Mi ritorni in mente, ep. 69

Di questi tempi molti artisti sono anche loro costretti a restare a casa, con un futuro molto incerto di fronte a loro. C’è chi cerca di restare vicino ai fan cantando qualche canzone in streaming, chi organizza veri propri concerti, sempre in streaming, ma con posti limitati ed un biglietto da pagare e chi invece cerca aiuto economico attraverso campagne di crowdfunding o simili. La cantautrice scozzese Amy Macdonlad ha scelto di condividere online qualche canzone direttamente da casa sua e di scriverne anche una tutta nuova.

Si intitola A Piece Of My Heart ed è stata ispirata da questi tempi difficili di isolamento. Una bella canzone che spero sia inclusa nel prossimo album della Macdonald che era previsto entro quest’anno. Vi lascio ascoltare la canzone, sperando posso portare un po’ di conforto mentre si vede la luce in fondo a questo tunnel.

Cos something came along
like a bolt from the blue,
and it changed your life,
and it changed mine too,
and nothing feels the same,
nothing feels the same at all.
And the world went quiet
and the lights went dark,
And once we were together
now we’re miles apart,
I’m sending you a piece,
sending you a piece of my heart,
So we’ll never be apart.

Mi ritorni in mente, ep. 57

Anche se non è passato molto tempo dall’ultimo appuntamento con questa rubrica, mi trovi costretto, a causa di un impegno, a rinunciare alla consueta recensione della settimana. Ma non temete, c’è sempre spazio per la musica. Proprio questo venerdì è uscito un “best of” che non può mancare nella mia collezione. Woman Of The World: The Best of 2007-2018 racchiude dieci anni di carriera della cantautrice scozzese Amy Macdonald, dal grande successo di This Is The Life al più recente Under Stars. Come questo blog può testimoniare, Amy Macdonald è un’artista alla quale sono particolarmente legato. Ha rappresentato per me una sorta di inizio del mio viaggio alla ricerca costante di nuova musica. Ma tutto questo credo di averlo già raccontato in un’altra occasione.

Lascio spazio alla musica con questo inedito contenuto nell’album, intitolato appunto Woman Of The World. Per chi conosce già Amy questa è una buona occasione per ripercorrere i suoi, e i nostri, ultimi dieci anni e per chi non dovesse conoscerla, beh, è giunto il momento di porvi rimedio.

Non mi giudicate – 2017

L’ultimo giorno è arrivato e come sono solito fare da tre anni, pubblico una lista dei migliori album di questo 2017 appena finito. Se devo essere sincero, questa volta ho fatto davvero fatica a scegliere. Non perché è stato un anno povero di buona musica, al contrario, ho dovuto “sacrificare” qualcuno che ha comunque trovato spazio per una menzione d’onore dopo gli album e gli artisti premiati. Per chi volesse avere una panoramica più completa di tutti i nuovi album che ho ascoltato quest’anno può trovarli tutti qui: 2017. In realtà, ci sono altri album che non hanno avuto spazio su questo blog, forse lo troveranno in futuro o forse no.

  • Most Valuable Player: Amy Macdonald
    Lasciatemi cominciare con il ritorno di Amy Macdonald e il suo nuovo Under Stars a cinque anni di distanza dall’ultimo album. Un ritorno che attendevo da tempo e non poteva mancare in questa rassegna di fine anno. Bentornata.
    Amy Macdonald – Down By The Water
  • Most Valuable Album: Semper Femina
    Laura Marling è sempre Laura Marling. Il suo Semper Femina è la dimostrazione che la Marling non può sbagliare, è più forte di lei. Ogni due anni lei ritorna e ci fa sentire di cosa è capace. Inimitabile.
    Laura Marling – Nouel
  • Best Pop Album: Lust For Life
    Non passano molti album pop da queste parti ma ogni volta che c’è Lana Del Rey non posso tirarmi indietro. Lust For Life è uno dei migliori della Del Rey che è riuscita a non cadere nella tentazione di essere una qualunque pop star. Stregata.
    Lana Del Rey – White Mustang
  • Best Folk Album: The Fairest Flower of Womankind
    La bravura di Lindsay Straw e la sua ricerca per questa sorta di concept album sono eccezionali. Un album folk nel vero senso del termine che mi ha fatto avvicinare come non mai alla canzone tradizionale d’oltre Manica. Appassionante.
    Lindsay Straw – Maid on the Shore
  • Best Country Album: All American Made
    Il secondo album di Margo Price la riconferma come una delle migliori cantautrici country in circolazione con uno stile inconfondibile. Non mancano le tematiche impegnate oltre alle storie di vita americana. Imperdibile.
    Margo Price – A Little Pain
  • Best Singer/Songwriter Album: The Weather Station
    Determinato e convincete il ritorno di Tamara Lindeman, sempre più a sua agio lontano delle sonorità folk. Il suo album omonimo è un flusso di coscienza ininterrotto nel quale viene a galla tutta la sua personalità. Profondo.
    The Weather Station – Kept It All to Myself
  • Rookie of the Year: Colter Wall
    Scelta difficilissima quest’anno. Voglio puntare sulla voce incredibile del giovane Colter Wall. Le sue ballate country tristi e nostalgiche sono da brividi. Serve solo un’ulteriore conferma e poi è fatta. Irreale.
    Colter Wall – Me and Big Dave
  • Sixth Man of the Year: Jeffrey Martin
    Forse la sorpresa più piacevole di quest’anno. Questo cantautore americano sforna un album eccellente. In One Go Around ogni canzone è un piccolo gioiello, una poesia che non risparmia temi importanti. Intenso.
    Jeffrey Martin – Poor Man
  • Defensive Player of the Year:  London Grammar
    Il trio inglese ritorna in scena con una album che riconferma tutto il loro talento. Con Truth Is A Beautiful Thing non rischiano ma vanno a rafforzare la loro influenza electropop lontano dalle classifiche. Notturni.
    London Grammar – Non Believer
  • Most Improved Player: Lucy Rose
    Con il suo nuovo Something’s Changing la cantautrice inglese Lucy Rose, si rialza dalle paludi in un insidioso pop che rischiava di andargli stretto. Un ritorno dove il cuore e le emozioni prendono il sopravvento. Sensibile.
    Lucy Rose – End Up Here
  • Throwback Album of the Year: New City Blues
    L’esordio di Aubrie Sellers è un album che ascolto sempre volentieri. Il country blues di questa figlia d’arte è orecchiabile e piacevole da ascoltare. Un’artista da tenere d’occhio il prossimo anno. Affascinante.
    Aubrie Sellers – Sit Here And Cry
  • Earworm of the Year: Church And State
    Non è stato l’anno dei ritornelli, almeno per me, ma non in questo post poteva mancare Evolutionary War, esordio di Ruby Force. La sua Church And State è una delle sue canzoni che preferisco e che mi capita spesso di canticchiare. Sorprendente.
    Ruby Force – Church and State
  • Best Extended Play: South Texas Suite
    Non potevo nemmeno escludere Whitney Rose. Il suo EP South Texas Suite ha anticipato il suo nuovo album Rule 62. Il fronte canadese del country avanza sempre di più e alla guida c’è anche lei. Brillante.
    Whitney Rose – Bluebonnets For My Baby
  • Most Valuable Book: Storia di re Artù e dei suoi cavalieri
    L’opera che raccoglie le avventure di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda mi ha fatto conoscere meglio i suoi personaggi. Scritto dal misterioso Thomas Malory e pubblicato nel 1485, questo libro è stato appassionante anche se non sempre di facile lettura.

Questi album hanno passato una “lunga” selezione ma non potevano mancare altre uscite, che ho escluso solo perché i posti erano limitati. Partendo dagli esordi folk di Emily Mae Winters (Siren Serenade), Rosie Hood (The Beautiful & The Actual) e dei Patch & The Giant (All That We Had, We Stole). Mi sento di consigliare a chi ha un’anima più country, due cantautrici come Jade Jackson (Gilded) e Jaime Wyatt (Felony Blues). Per chi preferisce un cantautorato più moderno e alternativo c’è Aldous Harding (Party). Chi invece preferisce qualcosa di più spensierato ci sono i Murder Murder (Wicked Lines & Veins). Questo 2017 è stato un album ricco di soddisfazioni e nuove scoperte. Spero che il prossimo si ancora così, se non migliore.

Buon 2018 a chi piace ascoltare musica e a chi no…

best-of-2017

Mi ritorni in mente, ep. 49

È la vigilia di Natale e come è tradizione serve una canzone natalizia per creare la giusta atmosfera. Oltre ai classici che ogni anno vengono riproposti dai più svariati artisti, ci sono anche degli inediti. Quest’anno è la volta di Amy Macdonald. Il brano si intitola This Christmas Day ed è dedicato a sua nonna che era affetta dal morbo di Alzheimer. Per questo i proventi della canzone andranno alla Alzheimer’s Research UK.

La cantautrice scozzese è autrice di una bella canzone malinconica accompagnata da un video composto da immagini di una Amy bambina in compagnia della sua famiglia e della nonna. Nel suo Natale di bambina rivediamo il nostro Natale di bambini. Quale modo migliore per augurare a tutti Buon Natale?

Sotto lo stesso cielo

Questa non è una recensione come le altre. Ho atteso questo momento per cinque anni, tanto è il tempo passato da Life In A Beautiful Light, terzo album della cantautrice scozzese Amy Macdonald. La scorsa settimana è uscito Under Stars, il suo nuovo album dopo un’interminabile attesa. Se ho iniziato ad ascoltare musica così tanto come in questi anni lo devo, in qualche modo, al lei. Se questo blog è andato avanti per tutti questo tempo, lo devo a questi cinque anni passati ad aspettare questo album. Per ingannare l’attesa ho ascoltato altro ma non ho mai dimenticato Amy Macdonald. In cinque anni sono cambiate parecchie cose ma neanche poi tante. Mi ricordo quando ascoltavo Life In A Beautiful Light in treno, di ritorno dai primi giorni di lavoro, in una calda estate. Il lavoro è lo stesso e il treno anche. Io e Amy siamo più vecchi di cinque anni. Questo Under Stars si è fatto attendere ma alla fine è arrivato. La domanda che è naturale porsi è: ne è valsa la pena? Per scoprirlo non resta che ascoltarlo. Nella versione deluxe naturalmente.

Amy Macdonald
Amy Macdonald

Il singolo Dream On apre l’album e ritroviamo subito il pop rock accattivante e orecchiabile della Amy di sempre. Un ritornello che è finito per girarmi in testa per settimane e continuerà a farlo, un buon segno ma sopratutto un buon inizio, “Live on and dream on / I’m on top of the world and I’m on the right track / I’m on top of the world and I won’t look back“. La title track Under Stars è un trascinante pop che ci ricorda che siamo tutti sotto lo stesso cielo, nonostante le distanze. Una delle mie preferite di questo album e sono tante, “In life you gotta find your feet / In life you gotta dare to dream / Don’t worry / We still love you / You still feel it even when we’re miles apart / You’re living under Stars and Stripes“. Con Automatic, Amy Macdonald condivide con noi le emozioni di viaggiare per i mondo con sincerità e semplicità. Qui, come in altri brani, si sente tutta l’influenza di Bruce “The Boss” Springsteen, “Feeling sadness, feeling shame / I’ve taken the easy way out over and over again / Open road, I’m coming home / I’m free to live, I’m free to roam“. La successiva Down By The Water ci fa ascoltare una Macdonald inedita quasi soul. A sottolinearlo c’è la partecipazione della cantate soul Juliet Roberts. Uno dei suoi brani più toccanti e in questo album non il solo, “I tried to call you but you didn’t hear / Darkened feeling what you’re doing here / Where’s your baby? Where’s your girl? / Out in the water, out in the world“. Segue la bellissima Leap Of Faith dove tutto è perfetto. Melodia, ritmo ed un’interpretazione carica di energia. Mi piace cercare canzoni che rappresentano al meglio un album, ecco, questa potrebbe essere una di quelle, “I don’t know, if it’s Yes or No from me, but / All You do is hold me back / Standing on the water’s edge / Dreaming of a better place / I’d feel the air again / I’d feel the air again“. Amy Macdonald con Never To Late mette a segno un colpo basso per i nostri deboli cuori. Senza dubbio una delle sue canzoni più emozionanti. Un canzone di speranza e conforto, una di quelle canzoni che ti portano altrove, “Ain’t no use in sitting around / Waiting for the world to change / Never too late to stand your ground / Do what it takes to make them proud / And never too late the change your mind / The book has not been written / The page is blank, the scene is set / Let’s start at the beginning“. Si ritorna al pop rock con Rise & Fall. Ispirata al personaggio di Frank Underwood, questa canzone sarà in grado si scaldare il pubblico durante i concerti. Amy sa bene come si fa, “Everything must come to an end / Don’t rely on the trust of men / Remember how it used to be? / People helping those in need“. Un po’ di USA nella successiva Feed My Fire, una canzone d’amore come sempre carica di energia e buoni sentimenti, convogliati dalla voce inimitabile della Macdonald, “Picking up the pieces of the heart you left behind / Put me back together this new love I’ve found / Basking in the glory, masking out the pain / These memories in my head will never be the same again“. The Contender è un altro bel pezzo pop rock con un ritornello che ti fa venire voglia di correre. Una canzone che trasuda libertà e sacrificio, una Amy Macdonald in gran forma, “And I’ve got the scars to prove I’ve been there / I’ve got the marks from when I tried / I’ve covered miles and miles to get here / Only for you to cast me aside“. Prepare To Fall è, secondo me, la canzone che più rappresenta la crescita di quest’artista. Una canzone matura, quel genere di canzone mi sarebbe piaciuto trovare nel nuovo album ed eccola qui. Mi piace. Tutto qui, “Come rain, come shine / You’re happy all the time / Your dreams they didn’t come true / What the hell happened to you / Are you waiting for the call / I guess they didn’t get through it all / Be like me / Prepare to fall / Prepare to fall“.  Chiude l’album la splendida ballata From The Ashes, riflessione su tempo che passa e l’incertezza del futuro. Un bel modo per salutarsi, ancora una volta, “All my hopes and memories are blowing in the wind / I started off with nothing and I’m back her once again / The little things in life are free / The simple things like you and me / And like love, like love, like love, like love“. Prima dei titoli di coda c’è ancora qualche canzone riproposta in versione acustica e una bella (e immancabile) cover di I’m On Fire, del mitico Boss.

Under Stars arriva dopo anni passati ad ascoltare le nuova canzoni dai video di qualche concerto in giro per l’Europa. Ora trovo quelle canzoni sotto un unico nome, tutte insieme, nella loro forma migliore. Sotto quel sorriso e i suoi occhi azzurri (e qualche tatuaggio in più) ho trovato una Amy Macdonald ispirata e con tanta voglia di fare bene. Non esiste un album più bello dell’altro ma Under Stars è sicuramente quello nel quale le canzoni vanno ad incastrasti una con l’altra, c’è maggiore coesione tra loro che in passato. Si tratta del primo album dove Amy Macdonald a non ha scritto tutte le canzoni da sola e questo ha reso più ricca la tavolozza di colori a sua disposizione. Under Stars andrà a ripetizione per il resto dell’anno e oltre. Spero solo che il prossimo album non si faccia attendere come questo. Ma per ora mi godo il ritorno di un’artista alla quale sono legato particolarmente. Mi sono posto una domanda all’inizio di questo post e la risposta è una sola: sì.

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Mi ritorni in mente, ep. 41

Tra i primi articoli di questo blog compare un post che raccontava la mia scoperta della cantautrice scozzese Amy Macdonald nel 2011. Quel momento ha rappresentato un punto di svolta nella mia ricerca musicale essendo stata la prima donna ad aggiungersi alla mia musica preferita. Da quel momento ho iniziato il mio consumo di musica che chi legge questo blog ben conosce. Il primo This Is The Life non restò a lungo da solo e qualche settimana dopo ascoltai A Curious Thing. L’anno successivo Amy Macdonald pubblica Life In A Beautiful Light e io prontamente l’ho ascoltato e recensito. Dal quel momento è iniziata l’attesa per il quarto album. Ci sono voluti quattro anni per poter tornare ad ascoltare Amy Macdonald con una nuova canzone.

Ecco dunque che questa settimana ha annunciato Under Stars, il nuovo album che sarà pubblicato il 17 Febbraio dell’anno prossimo, a cinque anni di distanza dall’ultimo Life In A Beautiful Light. L’annuncio è accompagnato da una versione acustica di Down By The Water. Per quello che ho potuto ascoltare dalle registrazioni live di questi anni e da questo nuovo brano, mi sembra di notare la un maggiore maturità con la quale la Macdonald affronta questo ritorno. Down By The Water mi piace e sono convinto che questo album possa essere un passo in avanti per una delle artiste per le quali da sempre ho un debole. Bentornata cara Amy, spero che Under Stars questi cinque anni di attesa li valga tutti. Sono sicuro di sì.

Mi ritorni in mente, ep. 38

Ora che Agosto è arrivato e ho finalmente staccato la spina ma questo blog vive di vita propria e continua a postare. Io intanto cerco di stare dietro agli ultimi album arrivati nella mia collezione. Ultimamente faccio fatica a resistere e mi butto su tutto ciò che mi capita sotto mano, dunque ho accumulato un po’ di album da scodare. Non nascondo che c’è qualche delusione là in mezzo ma sono cose che capitano. Qualche nuova uscita è in arrivo per la fine del mese e a Settembre ma c’è ancora un album che aspetto da quattro anni. Ma pare che il nuovo di Amy Macdonald vedrà la luce all’inizio del prossimo anno. Speriamo bene, cara Amy. Ma a parte questo, c’è un EP uscito qualche mese fa del qualche non ho scritto su questo blog. Perchè non farlo ora?

Lo scorso anno le tre sorelle inglesi Staveley-Taylor, Emily, Jessica e Camilla hanno pubblicato un ottimo album intitolato If I Was e quest’anno hanno voluto ripetersi con un EP di tre canzoni intitolato Sleeping In A Car. Le The Staves sono sempre perfette e anche questa volta fanno centro. Un EP dalle atmosfere notturne ed eteree, dove spicca su tutte la bella Roses. Qui sotto il singolo che da il nome alla raccolta di canzoni.

Adamantine

English version of Adamantina originally published one year ago.

Time ago I was looking for some music videos of Patch & The Giant on Youtube and I found some live sessions of the channel Under The Apple Tree. Among the related videos, I tried to listen to some other folk artist brought by the same channel. My attention was caught by the British singer-songwriter Kelly Oliver with the song Far From Home. I was immediately captured by the crystalline voice and plucked guitar (I like it so much). Although her style is very close to some kind of folk music that is not exactly my thing, I wanted listen to her debut album This Land anyway, it was published last October. My expectations were based exclusively on Far From Home and are not disappointed at all.

Kelly Oliver
Kelly Oliver

Opens the album The Witch Of Walkern, a beautiful folk song, energetic which tells the story of a witch. Since the first song you can appreciate the vocal abilities of Kelly Oliver and her classic approach that is the underlying theme of the entire album, “And I appeal to you, as did the Witch of Walkern. / She was given a trial, and then a royal pardon. / I am as innocent as her, I can prove this isn’t fair, / I can say the Lord’s prayer“. The single Diamond Girl introduces the fingerpicking which I wrote above. This song also features the participation of colleague Luke Jackson. This song sounds like traditional folk music but with an air more younger and more modern that makes the song one of the most catchy, “And she could do no wrong in his eyes, all he could see / was this perfect one for him to spend his time with. / And if she said the word, he would be ready for her, / she was his diamond girl“. Mary And The Soldier is an exciting ballad with old-world charm. Oliver’s voice is light and bright, enough to be worth, in my opinion, as the best interpretation of the album, “And when we’re in a foreign land, I’ll guard you darling with my right hand, / in hopes that God might stand a friend to Mary and her gallant soldier“. Looks a little bit rock the next Daughter Dear that charms for its refrain, the result of the crystalline Oliver’s voice, who does not fail to show her talent with the harmonica, “No! Oh no no no, / no girl of mine will cross the sea / for this young boy’s glee. / He’d have you follow him but no, / a father’s love can see beyond a young girl’s dream“. Mister Officer returns to the atmosphere of the opening track, raising the bar at the final in a whirlwind of words and music,“Oh sir, Mr Officer, I wish I hadn’t seen / the sight of a guilty man, with no remorse showing in him. / And sir, Mr Officer, I wish I could erase / the sound of a dying boy, praying for God to end his pain“. Far From Home is the older sister of Diamond Girl. This is the song that kept me glued to that video and the reasons can be found in simplicity, melody and lyrics. All the magic is in the girl’s voice that lulls us into another story pleasant to listen and listen again, “There was a young boy. He thought he was a man. / He’d done a lot of work, he’d seen a lot of lands. / He loved the water, he loved the wind through his hair, / he loved the country, and the city dear. / He was always far from home, but he knew he’d always come home“. The next one is a classic traditional song called Caledonia. A beautiful version of a beautiful song although I prefer that of her compatriot Amy Macdonald, “So let me tell you that I love you, and I think about you all the time. / Caledonia you’re calling me, now I’m going home. / And if I should become a stranger, know that it would make me more than sad. / Caledonia’s been everything I’ve ever had“. A Gush Of Wind is another delicate and sad song that tells the troubled history of Bernadette. Another nice song to listen, “Until tragedy fell where Bernadette was living. / She woke to find her baby brother had died. / It was the start of the sadness and shame, / and the blessings yet to come“. Off To The Market continues on the same path laid out previously. The rhythms and sounds are the same and Kelly Oliver does not fail to enchant again this time, “Off to the market we’ll go, we’ll search high and we’ll search low. / For we’re looking for a body to buy. Then we’ll take the bones and eyes, / heart, blood, liver and skin. We’ll sell it all for half a million“. Grandpa Was A Stoker is no exception, “Tell, tell the story again. Tell, tell of Grandpa again. / Grandpa worked as a stoker, he worked on his feet. / The work was hard, you wouldn’t believe. / For so the ships could sail“. Closes Playing With Sand that has a hint of pop, resulting catchy and light. The track hides an a cappella reprise of Diamond Girl, “There were five brothers and a baby girl, / they lived respectably in the Eastern part of the world. / Their father worked his way to the head of the railway. / Their mother, she was in a class of her own“.

This Land is an album that has graced this fall but is good for every season. It is hard not to fall in love with the crystalline voice of Kelly Oliver and her guitar with her harmonica. This album is an excellent debut that leaves you the feeling that this singer-songwriter is one of those discoveries to watch for the future. I’m sure you’ll hear about her in the future, when she will be a protagonist of the folk music scene.  You can listen This Land over and over again. However, it show some signs of weakness in the last few songs. Just details, nothing else. I leave you to her music and her lyrics, simple but poetic stories.

Thank you Kelly