Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 4

Questa è una di quelle volte in cui non so come iniziare un post. Di solito arriva per caso, al momento giusto o quasi, ma questa volta non è arrivata un’idea abbastanza decente da meritarsi di essere messa per iscritto. E allora perché non scrivere proprio di questa assenza di idee? In realtà una mezza idea mi era anche venuta ma non mi aveva convinto molto, perciò per ora la lascio in un cassetto, magari torna utile la prossima volta. Bene, nonostante oggi sia in debito di fantasia e l’unica soluzione e scrivere di questo, la mia introduzione al post in qualche modo l’ho fatta. Il resto del post, con i consueti consigli musicali è qui sotto. La prossima volta mi impegnerò di più…

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Non chiudere gli occhi

Il mese di Febbraio ha portato con sé nuova musica, nuove uscite discografiche molto attese, come il nuovo album delle The Staves. Le tre sorelle inglesi Emily, Jessica e Camilla Staveley-Taylor tornano con Good Woman, a sei anni di distanza terzo album If I Was e a quattro da The Way Is Read in partecipazione con yMusic. Questa volta non c’è più la sapiente mano di Justin Vernon, che aveva saputo rinfrescare il sound del trio, dietro la produzione del disco. Le tre sorelle, in seguito a gioie e dolori che hanno caratterizzato la loro vita familiare, hanno ritrovato l’ispirazione per questo nuovo album che appare fin da subito come un nuovo inizio. Ecco dunque Good Woman che apre la stagione, almeno per quanto mi riguarda.

The Staves
The Staves

La title track Good Woman apre l’album ed è ispirata dalla madre e dalla nonna delle sorelle, entrambe scomparse nel 2018, di cui si può ascoltare una conversazione in sottofondo. Una riflessione su cosa significhi essere una brava donna, con le consuete tre voci ma un approccio più indie pop del passato, “Surrender is sweet, forgiveness divine / But who will build statues of me when I leave you all behind? / When I’m carrying weight but I know it’s not mine / With half a heart it’s hard to start, but I feel as though“. Best Friend riprende le più recenti sonorità del trio per dare vita ad una canzone sull’amicizia. Una visione quasi adolescenziale e pura, come le voci delle Staves, “I can see you running now / You can see me / Burning in a blackout / Coming down / Oh, said you got a new car / Give me a ride home / You could be my best friend / You could be my best friend“. La successiva Careful, Kid sorprende per la svolta indie rock, soprattutto a livello musicale. Le voci sono sporcate, distorte in un modo del tutto inedito per le sorelle, “All the kicks in the ribs / They can really make you weak / And I’m coming back ‘round / From a five-year rebound / Would you give me one side to go on?“. Next Year, Next Time torna in acque sicure. Sono soprattutto le tre voci ad essere protagoniste e raccontano di quella volontà di rimandare un sogno, un desiderio per quando sarà il momento adatto, se mai ci sarà, “So we marked it out as something we would try / Next year, next time / And we marked it out as something we would try / Next year, next time“. Segue Nothing’s Gonna Happen che è una delle canzoni più acustiche e vicine all’esordio che possiamo ascoltare in questo album. Morbide e rassicuranti, le voci delle sorelle, sono perfette come sempre e ci deliziano come la prima volta, “If I could reach you now / I’d say that I am proud / Of everything you’ve done / And the wonderful man I know you have become / ‘Cause maybe you don’t know“. Anche Sparks rispolvera quella stessa vena folk. Una canzone poetica e sincera, fatta di immagini delle piccole cose quotidiane, “Trying to see you / Trying to tell you that I’m / Living in your home now / And holding on / I love your hair / I love your heart, I need you there“. Paralysed è una canzone essenziale, caratterizzata da un’interpretazione dimessa, almeno inizialmente per poi crescere nel finale. Una canzone sul senso di impotenza e smarrimento dopo la fine di una relazione, “Paralysed and sore / For the longing / The belonging / It isn’t fair / Why don’t you care? / What a thing it is just to bore yourself / To ignore yourself and pretend“. Devotion è il cuore pulsante di questo album e ne racchiude in sé lo spirito. Una canzone che parla della sensazione di essere in balia di qualcuno, dalle tonalità potenti e nuove per le Staves, “Well I could blow those fucking windows out / Leave them dragging down the road / Your affliction isn’t mine to hold and / How should I know how to?“. Failure abbraccia sonorità indie rock ed è tra quelle che preferisco di questo album. Ironica ma non troppo, venata da un senso di tristezza spazzato via dalla consapevolezza che la vita va avanti, nonostante il dolore che hanno affrontato le sorelle dopo l’ultimo album, “I’m a failure now / Nobody wants to play with me / Nothing left to say to me anymore / I’m a failure now / Nobody wants to sing with me / Nothing left to bring to me anymore“. Satisfied si interroga se ciò che si ha avuto finora è sufficiente per ritenersi soddisfatti. Un’altra canzone sincera, intima ma soprattutto riflessiva, “Wasted time, wasted while / Guilty lying on your back / Wasted talk on the telephone / Why’d you do it like that“. Si continua con Trying dove le tinte si fanno più scure, le più scure di tutto l’album. Una canzone per certi versi dolorosa, dove le voci delle sorelle di uniscono in un canto tanto grandioso quanto disperato, “Don’t close your eyes / Please step to this / You can say I don’t know pain and so it don’t exist / I’m in my room / And that’s all there is“. Si chiude con Waiting On Me To Change che riaccende una luce di speranza con note soul. Una delle canzoni più affascinanti e magiche di Good Woman, la bellezza di aspettare il momento opportuno senza fretta, “Said you’re waiting on me to change / What you doing that for? / When I said I’ll stay the same, same, same, same, same, same / Same guy I was before“.

Good Woman segna il ritorno sulla scena delle The Staves, tre cantautrici che hanno subito conquistato pubblico e critica fin dai loro esordi. Se da una parte c’è la chiara volontà di rompere con il passato, adottando un piglio più indie pop e moderno, dall’altra resta inalterata la vocalità delle sorelle, sempre capaci di incantare con le loro armonie. Non ho dunque percepito questo album come un vero e proprio nuovo inizio, se non nei contenuti più personali, ma una naturale evoluzione di quanto era stato fatto nel precedente If I Was. Certo in sei anni sono cambiate tante cose e la pausa dalla musica del trio, ha giovato all’ispirazione di una maturità conseguita. Good Woman, in definitiva, è un ottimo album, nel quale ritrovare le The Staves di sempre ma con qualcosa in più, qualcosa di diverso che è difficile spiegare a parole.

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Bosco incantato

Sul finire dello scorso anno, un po’ a sorpresa, è uscito il terzo album delle The Staves, in collaborazione con yMusic, intitolato The Way Is Read. Le tre sorelle Staveley-Taylor hanno scelto questo sestetto di musica classica di New York su consiglio di Justin Vernon. L’originalità dei musicisti di yMusic e le voci delle The Staves ha prodotto un album che esce dai consueti schemi del trio inglesee dà vita più ad un progetto a sé stante che ad un vero e proprio terzo album. The Way Is Read ha catturato così la mia attenzione, consapevole di ascoltare qualcosa di diverso dal solito e più classico.

The Staves & yMusic
The Staves & yMusic

L’album si apre con Hopeless, dove le voci delle tre sorelle si uniscono nella consueta armonia, introducendoci nelle atmosfere dell’album. Per chi non le conoscesse queste sono le The Staves, “I’m hopeless in the morning / And helpless in the night / I’m hopeless in the morning / And helpless in the night“. Con la successiva Take Me Home facciamo la conoscenza degli yMusic. In un rincorrersi di archi e fiati si sprofonda in una sorta di bosco incantato. Musica e voci si fondono in un inseguimento senza sosta, dalle immagini nitide ed evocative, “If only I was younger, / wouldn’t be so old / If you should find me out / there could you take me home / Could you take me home, / could you take me home / Could you take me home“. C’è tutta la poesia delle The Staves in Trouble In My Mind. Qui la presenza yMusic appare più defilata ma non meno importante all’interno del brano. Un canzone di rara bellezza e purezza, “And you know it when it / Holds you under a wave / Cold and dying Moving in reverse, / slow motion I feel it, / t’s in my skin, / oh it’s in the heart of me“. Segue una versione breve di una composizione musicale già pubblicata da yMusic, intitolata Blanded Stance. Atmosfere rarefatte ed eteree che ci accompagnano al brano successivo. In All My Life prendono il sopravvento gli archi, che introducono il canto delle The Staves. Qui si ha una profonda fusione tra musica classica e un canto moderno, generando un brano originale e artistico, “Oh my life / Never seen the way in the light / Never known the heaven in night / Or the sound of the Northern Lights“. Lo stesso vale per Silent Side. Qui però la presenza di yMusic si limita ad accompagnare le tre voci delle The Staves che propongono un brano perfettamente nel loro stile impeccabile, “Only to go hungry, / only to go spare Starter poet, / looking for somewhere / I can feel you now, / you’re back it makes me weak / I could lay you down, / lay you down to sleep“. Con Year Of The Dog, gli yMusic reinterpretano una canzone di Sufjan Stevens. L’elettronica del cantautore americano lascia il posto ai fiati e archi del sestetto e le tre sorelle arricchiscono il tutto con le loro voci. Courting Is A Pleasure è fondata sull’armonia delle voci, inframezzate da straordinarie melodie di archi. Una delle canzoni più poetiche e magiche dell’album, “Never marry a fair young maid / With a dark and a roving eye / Just you kiss her / and you embrace her / Never tell her the reasons why“. All The Times You Prayed ci riporta alle sonorità più folk degli esordi delle The Staves. Il canto va ad unirsi alla musica classica della band. Ancora una canzone delicata e poetica, “Here again but who / to sing to now / You’re so far away / Tell me all the times you prayed / Tell me all the times you prayed“. La bella Appetite ha un piglio più pop ed è una delle più orecchiabili dell’album. Una canzone che va idealmente a legarsi alla precedente, quasi ne fosse una continuazione, “I’ve got an appetite / (I’ve got an appetite) / Keeps me up in the night / (Tell me all the times you prayed) / I can never leave alone“. Si prosegue sulla stessa onda con Spring Of Thyme. Archi e fiati tratteggiano lo sfondo sul quale aleggiano le tre voci delle sorelle, “Once I had a sprig of thyme / It grew both night and day / ‘Till a false young man came / a’courting to me / And he stole all my thyme away“. La conclusiva The Way Is Read è un coinvolgente brano, che chiude in corsa così come la prima traccia apriva questo album, “I see you in the silence / Sailors on a frozen sea / Heaven’s arms to sunder me / Falling on the night / Sailors on a frozen sea / Away, away, away / Under the starry sight / Under the wayward night / Under the Northern Lights“.

La collaborazione tra le The Staves e yMusic ha dato vita ad un album particolare e interessante. Un album dove folk e musica classica si uniscono, trovando i giusti appigli attraverso le voci delle sorelle Staveley-Taylor. The Way Is Read è per certi versi un album ambizioso che non merita ascolti distratti e questo è raro oggigiorno. Ogni canzone al suo interno è come una storia sola, e alcune di esse contengono riferimenti alle altre. I testi sono sfuggenti e affascinanti ma qui è la musica a fare la differenza. Il sestetto yMusic ha un’impronta capace di dare magia alle canzoni, come le scenografie su un palcoscenico. The Way Is Read non è un album convenzionale ma saprà affascinarvi come pochi altri.

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Mi ritorni in mente, ep. 38

Ora che Agosto è arrivato e ho finalmente staccato la spina ma questo blog vive di vita propria e continua a postare. Io intanto cerco di stare dietro agli ultimi album arrivati nella mia collezione. Ultimamente faccio fatica a resistere e mi butto su tutto ciò che mi capita sotto mano, dunque ho accumulato un po’ di album da scodare. Non nascondo che c’è qualche delusione là in mezzo ma sono cose che capitano. Qualche nuova uscita è in arrivo per la fine del mese e a Settembre ma c’è ancora un album che aspetto da quattro anni. Ma pare che il nuovo di Amy Macdonald vedrà la luce all’inizio del prossimo anno. Speriamo bene, cara Amy. Ma a parte questo, c’è un EP uscito qualche mese fa del qualche non ho scritto su questo blog. Perchè non farlo ora?

Lo scorso anno le tre sorelle inglesi Staveley-Taylor, Emily, Jessica e Camilla hanno pubblicato un ottimo album intitolato If I Was e quest’anno hanno voluto ripetersi con un EP di tre canzoni intitolato Sleeping In A Car. Le The Staves sono sempre perfette e anche questa volta fanno centro. Un EP dalle atmosfere notturne ed eteree, dove spicca su tutte la bella Roses. Qui sotto il singolo che da il nome alla raccolta di canzoni.

Non mi giudicate – 2015

Avanti un altro. Anche quest’anno è diventato vecchio quanto gli altri ed è ora di cambiarlo. Come ogni trecentrosessantacinque giorni ci ritroveremo festeggiare l’arrivo di un anno migliore di questo. O almeno si spera. Il mondo cambia e forse noi non siamo pronti, forse non lo saremo mai. L’importante è cercare di passare il guado e anche questa volta pare che l’abbiamo sfangata. Me lo auguro sia così per tutti voi. Non resta che rimboccarci le maniche e affrontare altri trecentrosessantacinque (anzi trecentrosessantasei questa volta) giorni con rinnovato entusiasmo, come succedeva sempre ad ogni Settembre di fronte al nuovo anno scolastico. Ma basta con questa digressione, meglio voltarsi indietro per l’ultima volta e vedere un po’ cosa ci ha offerto di bello quest’anno di musica. Per la prima volta in questo blog ho deciso di premiare alcuni artisti o album che mi sono particolaremente piaciuti, ispirandomi ai premi NBA. Non mi piace dare voti o fare classifiche ma faccio uno strappo alla regola (“Sono abitudinario, non mi giudicate, siete come me” cit.). Ovviamente per decretare chi è meglio di chi avrei dovuto ascoltare tutta la musica uscita quest’anno, nessuno escluso. Come avrei potuto farlo? A mancare è soprattutto il tempo ma anche la voglia di ascoltare tutto (ma proprio tutto). Dunque la mia è una visione ristretta a ciò che ho voluto e potuto ascoltare dal primo Gennaio a oggi. Chi non è d’accordo… bhè se ne faccia una ragione.

  • Most Valuable Player: Laura Marling
    Quest’anno è iniziato con un grande ritorno. Quello di Laura Marling, sempre meravigliosa nonostante abbia ritoccato il suo sound. Avere venticinque anni e cinque ottimi album alle spalle non è cosa da tutti. Soprattutto essere già diventati così influenti è ancora più raro. La migliore.
    Laura Marling – False Hope
  • Most Valuable Album: How Big How Blue How Beautiful
    I Florence + The Machine quest’anno hanno sfornato un album grandioso. Un grande riscatto, carico di emozioni ed energia. Florence Welch con la sua voce domina incontrastata, inimitabile e unica. Senza dubbio l’album più forte dell’anno, da ascoltare se non l’avete ancora fatto.
    Florence + The Machine – Delilah
  • Best Pop Album: Light Out The Dark
    Il secondo album Gabrielle Aplin è convincente e lancia la giovane cantautrice inglese tra quegli artisti da tenere assolutamente d’occhio in futuro. Anzi forse il futuro è già qui. Io ho avuto la fortuna di scoprirla agli esordi, prima del suo debutto e sono molto contento che abbia trovato la sua strada.
    Gabrielle Aplin – Light Up The Dark
  • Best Folk Album: The Firewatcher’s Daughter
    Forse considerare folk The Firewatcher’s Daughter è riduttivo, lo stesso vale per Brandi Carlile ma dovevo assolutamente inserire la cantautrice americana in questa lista. Brandi Carlile migliora con gli anni e il successo di questo album se lo merita pienamente. Una voce emozionante senza eguali.
    Brandi Carlile – Wherever Is Your Heart
  • Best Singer/Songwriter Album: Tied To The Moon
    Rachel Sermanni è tornata con Tied To The Moon, riconfermandosi come cantautrice di talento e sensibilità. Anche per lei è arrivato il momento di cambiare sound ma lo fa con attenzione senza strappi con il passato. Voce e chitarra acustica è una ricetta semplice ma eccezionale quando si parla di questa giovane cantautrice scozzese.
    Rachel Sermanni – Banks Are Broken
  • Rookie of the Year: Lael Neale
    Tra gli esordi di quest’anno è difficile scegliere quale sia il migliore. Voglio premiare la cantautrice americana Lael Neale che con il suo I’ll Be Your Man ha dimostrato di saper scrivere canzoni magiche ed emozionanti. Spero per lei che in futuro possa avere più visibilità perchè è un’artista che non merita di stare nascosta.
    Lael Neale – To Be Sad
  • Sixth Man of the Year: Kacey Musgraves
    Per sesto uomo si intende colui il quale parte dalla panchina ma dimostra di avere un ruolo importante nella squadra. Kacey Musgraves partiva da un buon album ma niente di eccezionale. L’avevo quasi accantonata quando il suo secondo Pageant Material la eleva a country star. Kacey saprà sicuramente deliziarvi con la sua musica.
    Kacey Musgraves – Are You Sure ft. Willie Nelson
  • Defensive Player of the Year:  The Weather Station
    Ovvero l’artista più “difensivo”. Tamara Lindeman e il suo Loyalty la riconferma come cantautrice intima e familiare. Sempre delicata, non cerca visibilità e successo ma solo un orecchio al quale porgere le sue confidenze. Un piacere ascoltare The Weather Station e lasciarsi abbracciare dalla sua musica.
    The Weather Station – Way It Is, Way It Could Be
  • Most Improved Player: The Staves
    Niente da dire. Le tre sorelle inglesi Staveley-Taylor sotto l’ala di Justin Vernon hanno fatto un album che ruba la scena al buon esordio. If I Was è malinconico ma anche rock, le The Staves non sono mai state così convincenti e abili. Speriamo che in futuro la collaborazione di ripeta perchè abbiamo bisogno di voci come quelle di Jessica, Emlily e Camilla.
    The Staves – Steady
  • Throwback Album of the Year: Blonde
    L’album Blonde della cantautrice canadese Cœur de pirate è del 2011 ma solo quest’anno ho avuto il piacere di ascoltarlo. L’ho ascoltato a ripetizione per settimane, catturato dalla voce dolce e dai testi in francese di Béatrice Martin. Un album pop dal gusto retrò che ha trovato il suo erede (più contemporaneo) in Roses, pubblicato quest’anno.
    Cœur de pirate – Ava
  • Earworm of the Year: Biscuits
    Non avrei voluto che un’artista apparisse in due categorie diverse ma non posso fare a meno di premiare Biscuits di Kacey Musgraves. Mi ha martellato la testa per settimane.“Just hoe your own row and raise your own babies / Smoke your own smoke and grow your own daisies / Mend your own fences and own your own crazy / Mind your own biscuits and life will be gravy / Mind your own biscuits and life will be gravy“.
    Kacey Musgraves – Biscuits
  • Most Valuable Book: Moby Dick
    In questo blog, saltuariamente, scrivo anche di libri. Non tutti quelli che leggo durante l’anno ma quasi. Senza dubbio Moby Dick è il migliore. Un classico, un libro a tutto tondo. Non è una semplice storia, non è un avventura ma un’esperienza come lettore. Un’enciclopedia sulle balene, dialoghi teatrali, scene comiche e drammatiche, digressioni filosofiche. Tutto in un solo libro.

A conti fatti, ho premiato un po’ tutti. Chi è rimasto escluso è solo perchè altrimenti avrei dovuto inventarmi una categoria per ognuno di essi! Sarebbe stato sinceramente un po’ patetico oltre che inutile. Un altro anno è qui davanti, carico di musica nuova e meno nuova da ascoltare e riascoltare. Ci saranno tanti graditi ritorni…

Buon 2016.
Anno bisesto, anno funesto. 😀

S’i fosse fuoco

Lo scorso anno ritrovai abbandonato nella mia libreria, l’album d’esordio delle The Staves, intitolato Dead & Born & Grown. Le tre sorelle inglesi Staveley-Taylor, Emily, Jessica e Camilla le ascoltai per la prima volta quando il folk non rientrava nei miei generi preferiti e per questo motivo hanno dovuto attendere un po’ prima di tornare alla ribalta tra la mia musica. Quando feci la recensione Dead & Born & Grown esepressi qualche perplessità riguardo il loro modo di cantare. Le tre voci sussurranti risultavano a volte soporifere e le canzoni in grado di sfruttarle nelle loro bellezza erano poche. Quest’anno le The Staves sono tornate in compagnia del buon Justin Vernon. Ero ottimista riguardo questa collaborazione perchè sapevo che Bon Iver avrebbe saputo dare quello che mancava alle tre sorelle, compreso un approccio più moderno alle loro canzoni. Il risultato è questo If I Was, secondo album delle The Staves.

The Staves
The Staves

L’inizio va sul sicuro con Blood I Bled, già contenuto nell’EP omonimo dello scorso anno. C’è tutto quello che serve, le tre meravigliose voci unite in una melodia altrettanto bella. Percepibile come sempre l’influenza americana del gruppo, “If I want, if I am, if ever did, if I ever had / Pick up my roots and now leaves are dead / They tumbled down in bruise of all the blood I bled“. Steady è la prima canzone nella quale si sente chiaramente l’intervento di Bon Iver. Acustico mescolato ad un po’ di elettronica usata con sapienza creano un’atmosfera calda e avvolgente fino a creare una delle canzoni più belle di questo album, “Rabbit in a snare, why you sleeping softly in your bed? / (Can you see from where you’re standing?) / When unruly wild blood is pumping, why you running scared? / (Can you hear where I’m coming from?) / Why you running scared?“. La successiva No Me , No You, No More è un colpo al cuore. Si risentono le The Staves dell’esordio ma con una nuova forza, più energia. Le tre voci tessono una dolce supplica ad un amore perduto, “How can I want you, / A little bit more than I did before? / I don’t need you, but I want you back, / A little bit more, than I knew, / Now I can’t go back to life before, / Before I knew, / That you didn’t love me no more“. Segue a ruota, Let You Down, un’altra bella canzone che conferma il nuovo corso delle tre sorelle. Una buona dose di intensità in più nell’interpretazione è la chiave per tirare fuori tutto il meglio delle loro voci, “On and on, even the good die young, / Heavy hands, scupper the best laid plans, / On and on, ever the foolish one, / Who says what he wants, / But he wants what he can’t understand“. Black & White è breve ma non ha nulla da invidiare alle sue sorelle maggiori. Una batteria pulsante e le chitarre sono uno sfondo piuttosto insolito per il trio ma insieme funzionano. La sensazione è che dovrebbero fare più spesso canzoni così, “Black and white, it isn’t right / To hold me down and bleed me dry / Cut the ties that keep me up at night / Or make me see myself in black and white“. Bilancia la lunga e malinconica Damn It All. Delicata e sonnolenta è una giornata di tiepido sole che anticipa la primavera. Un piccolo gioiellino da ascoltare fino alla fine, “Reading an open book, / Part of the heart I took, / Part of what you mistook for innocence, / If that makes sense? / I wanna keep you ‘side me like a secret that I’ll never tell, / And when all is said and done, / We’ll run“. The Shining è una rilassante canzone da fine settimana pigro. Anche questa entra comodamente tra le migliori dell’album. La voce scivola via sun un tappeto di suoni ovattati. Una sensazione piacevole, “Speaking to the red phone, thinking of the ride home, / Standing in the shower with the water running cold. / Sit and watch the shining, with just the kitchen light on“. Più vicino allo stile classico delle The Staves è Don’t You Call Me Anymore. Si riesce a sentire anche qui l’intervento di Justin Vernon e le sue atmosfere malinconiche e affascinanti, “Don’t you call me anymore, / I don’t want to hear, I’m sick of your singing. / Your voice isn’t silver to me now, / Your voice wasn’t silver before. / You’re the start to my end, / I may have made a few mistakes, / That I wish I could make them again, / I wish we were friends“. Horizions è la più luminosa e positiva dell’album. Una boccata di aria fresca, “Oh it’s a ride on, / Set it on, set it on, / Set it on. / Two-point-five to the horizon, / Set it off, set it on, / Set it off, set it on“. L’americana Teeth White è un richiamo agli esordi da annoverare tra i picchi più alti di questo album. Ancora una canzone viva e vibrante, così come non ne avevano sapute fare nel precedente lavoro. Brave sorelline, “I got my teeth white and my jeans tight / I got my hair long and it’s still wrong / And I wanna know / When I can start taking it slow / Cause I’ve had enough“. Le acque tornano a placarsi con Make It Holy, incantevole pezzo folk dal sapore nostaligico nel quale le The Staves sono maestre, impreziosito dalla partecipazione di Justin Vernon, “High ends in the fire moving on, moving on / Torn apart and tired of it all, of it all / Walk, never the same / Feel no glory, feel no pain“. Chiude If I Was la bella Sadness Don’t Own Me. Un pianoforte chiama a raccolta per l’ultima volta le tre voci e ancora il risultato è inappuntabile. Un altro gioiellino, “All that time, over too soon, / And there’s panic rising up, spilling out, / eclipsing the moon. / Deep, deep, down, / Getting back up. / Check your jacket pocket, / Check your jeans, / But it’s not enough“.

If I Was è senza dubbio superiore al precedente Dead & Born & Grown per diversi motivi. Il primo dei quali è sicuramente l’uso delle voci di Emily, Jessica e Camilla. Finalmente si possono sentire in tutta la loro bellezza. Niente eccessi o virtuosismi ma un loro sapiente uso, uno strumento ineguagliabile. I miei auspici e le mie aspettative per questo album sono stati soddisfatti. Non poteva essere un album migliore in questo momento per le The Staves. Un grande passo avanti, reso possibile anche grazie a quel Justin Vernon che ha tirato fuori i meglio delle tre sorelle. Non solo. Ha anche soffiato via un po’ di polvere dalle melodie consunte che l’esordio si portava con sè. Un album da ascoltare per trovare un momento di pace e tranquillità, trasportati, là dove ci piacerebbe essere, dalle voci più in armonia tra loro che si possano ascoltare.

Mi ritorni in mente, ep. 25

La scorsa settimana il gruppo britannico Ellen And The Escapades ha annunciato ufficalmente di essersi sciolto. Da tempo di vociferava che il loro secondo album sarebbe uscito quest’anno e contenesse il singolo Lost Cause ma è evidente che qualcosa è andato storto. Quali siano i motivi non è dato saperlo. Mi dispiace non poter tornare ad ascoltare nuove canzoni da questo gruppo. Lo scorso anno ho potuto apprezzarlo grazie al loro album d’esordio All The Crooked Scenes, che poi è di fatto anche l’ultimo. Sono sicuro però, che Ellen Smith continuerà da sola la sua carriera o insieme a qualche altro gruppo. Terrò d’occhio l’evolversi della vicenda.

Intanto questo mese sono cambiate un po’ le carte in tavola per quanto riguarda le nuove uscite che mi interessano. A partire da Rachel Sermanni che aveva fatto intendere che Tied To The Moon sarebbe uscito alla fine di questo mese e invece è tutto rimandato a Maggio. Speriamo sia la volta buona anche perchè non è l’unica. Le tre sorelle The Staves avevano annunciato l’uscita del loro If I Was per l’inizio di Febbraio salvo poi rimandare tutto al 23 Marzo. Ancora in via del tutto ufficiosa il nuovo album di The Weather Station, intitolato Loyalty, dovrebbe essere pubblicato il 5 Maggio. Notizia di pochi giorni fa è l’annuncio dell’atteso terzo album dei Florence + The Machine dal titolo, How Big How Blue How Beautiful previsto per il primo di Giugno. Nell’attesa delle nuove uscite annunciate e poi rimandate ascolto quella che è l’ultima canzone degli Ellen And The Escapades, Lost Cause.

Prendere nota

Come prevedibile, il prossimo anno sarà ricco di uscite discografiche che mi interessano particolarmente. Queste ultime settimane sono state ricche di annunci che rigurdano numerosi nuovi album. Mi sono appuntato diverse date sul calendario partendo dagli olandesi Mister And Mississippi che pubblicheranno il loro secondo album, We Only Part To Meet Again, il 30 Gennaio. Seguono a ruota le tre sorelle The Staves con If I Was il 2 Febbraio. Da tenere in considerazione anche l’esordio di Marika Hackman, We Slept At Last, che vedrà la luce il 16, sempre di Febbraio. Questo mese non si chiude senza il tanto atteso album della consacrazione delle cantautrice scozzese Rachel Sermanni. Il suo secondo album si intitolerà Tied To The Moon, in uscita il 23.

Marzo non è da meno. Questa settimana Brandi Carlile ha ufficializzato l’uscita del suo quinto album, intitolato The Firewatcher’s Daughter. Un album registrato il presa diretta, dal sapore sano del rock americano (o almeno così dice chi lo ha già ascoltato), disponibile dal 3 Marzo. Il singolo The Eye è l’ennesima conferma che Brandi non sbaglia un colpo. Giunge inatteso, almeno per me, il nuovo album della regina del folk di nuova generazione, ovvero Laura Marling. Il 23 Marzo è il giorno di Short Movie, quinta fatica della cantautrice inglese anticipata dal singolo omonimo, che segna una nuova strada per la Marling. Il 2015 sarà ricco di nuova musica anche più di quella che mi aspettassi. C’è ancora qualche gruppo/artista che aspetto per il prossimo anno ma adesso so come riempire l’attesa.

 

Mi ritorni in mente, ep. 22

Curioso come Marika Hackman ritorni sempre, prima o poi, a farsi spazio tra i miei ascolti. Più volte, leggendo qualche sito e blog qua e là, il suo nome saltava fuori. Qualche volta pensavo “non male!”, un’altra “non fa per me” e poi “ripensandoci…”. Ed eccomi ancora qui, di fronte alla musica della Hackman. Questa volta si tratta del singolo Drown del suo album d’esordio “We Slept At Last” previsto per il 16 di Febbraio del prossimo anno. Sembra che con questa canzone Marika mi abbia convinto più di altre volte. A dire la verità non ho mai ascoltato uno dei numerosi EP che questa canturtice inglese ha pubblicato nel corso degli ultimi anni. Questo singolo ha tutte le caratteristiche che ho sempre associato alla Hackman, un folk moderno e estremamente cupo, forse un po’ troppo scuro per i miei gusti, ma sono pronto a tutto.

Intanto ci sono altre uscite che mi sono segnato sul calendario oltre a questa. Da tempo tenevo sotto contollo la pagina Facebook della band olandese Mister And Mississippi ma proprio quando ho mollato il colpo, ecco che mi sono perso l’annuncio dell’usicta del nuovo album. Si intitolerà We Only Part To Meet Again e uscirà il 30 Gennaio. Sul sito ufficiale si può ascoltare qualche assaggio delle nuove canzoni. Presto per giudicare ma sembra in linea con quanto fatto ascoltare con il precendete album omonimo del gruppo. Poco dopo, il 2 Febbraio, è il turno delle The Staves. Dopo aver ascoltato l’EP Blood I Bled sono molto fiducioso riguardo al nuovo If I Was e mi sembra che aver collaborato con il buon Justin Vernon abbia fatto bene alle tre sorelle Staveley-Taylors. Anche i canadesi Wintersleep e Coeur De Pirate sono a buon punto con il nuovo album. Anche Agnes Obel ha iniziato a lavorare al terzo album ma è presto per fare previsioni. Intanto mi lascio convincere da Drown di Marika Hackman e chissà se si aggiungerà anche lei alla mia musica del 2015.

Mi ritorni in mente, ep. 21

Ecco un’altra uscita da appuntare sul calendario di questo mese. Ottobre si sta rivelando ricco di uscite interessanti. Primo in ordine di tempo, la versione Deluxe di Aventine di Agnes Obel il 6 e Rachel Sermanni con Live in Dawson City il 13. La cantautrice scozzese ha anche finito di registrare il nuovo album che vedrà la luce il prossimo anno a distanza di tre anni dal precedente Under Mountains. Il 20 è il turno dei To Kill A King che pubblicheranno un EP, intitolato Exit, Pursued By A Bear contenente cinque canzoni inedite che anticiperanno molto probabilmente un nuovo album in uscita nel 2015. La settimana successiva, il 27, mi sono segnato un interessante debutto folk della giovane cantautrice Kelly Oliver, intitolato This Land. Il giorno successivo ci saranno ben due uscite, l’atteso Fumes di Lily & Madeleine e Blood I Bled EP delle The Staves.

Se sarà un Ottobre ricco, si prevede un 2015 altrettanto carico di nuove uscite. Amy MacDonald ha cantato un nuova canzone, in occasione del concerto a favore dell’indipendenza della Scozia, intitolata The Leap Of Faith, già la seconda di quest’anno. Sarebbe molto strano non ascoltare il suo quarto album il prossimo anno. Anche gli Editors si chiuderanno in studio in Scozia per preparare il quinto lavoro a detta loro più dance dei precedenti ma senza snaturare le caratteristiche della band. Speriamo bene.

Intanto mi ascolto questa nuova Oh, My Love dei To Kill A King che segna una svolta rock dai toni scuri per la band inglese. Un gradito ritorno per una delle più piacevoli scoperte dello scorso anno.