Giovane fuoco, vecchia fiamma, ep. 3

Questa settimana ho letto un interessante articolo che riguardava la fruizione della musica nel mondo e in Italia. Per correttezza pubblico il link dal quale l’ho letto: La musica in download vicina all’estinzione. Lo streaming a pagamento è quasi metà del fatturato globale.
Tra l’altro ultimamente, ho l’abitudine di appuntarmi, a chissà quale scopo, gli articoli più interessanti che trovo online. A volte devo ammettere che mi tornano utili, altre volte sinceramente non so perché li metto da parte. Ma torniamo al tema di questo articolo. Il titolo è eloquente, lo streaming musicale si sta divorando il download ma ha ancora pietà per CD e vinili. In Italia chi scarica ancora musica (legalmente s’intende) rappresenta solo l’1% del totale. Sapevo che la mia abitudine di comprare musica in digitale era da tempo passata di moda ma non credevo di essere parte di una così ristretta minoranza.

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Chi fermerà la musica

Mi prendo una pausa dalle recensioni e recupero un post che ho scritto qualche tempo fa ma che non ho mai pubblicato riguardo un tema che sta emergendo negli ultimi anni e mi interessa particolarmente. Ovvero la profonda trasformazione che sta provocando (o forse ha già provocato) lo streaming musicale nel mercato discografico. Non ho intenzione di annoiare nessuno con cifre che vogliono dimostrare quanto i servizi come Spotify rendano molto poco agli artisti che non hanno milioni e milioni di ascolti. Pare infatti che ormai per questi ultimi, Spotify sia diventato una specie di social network, nel quale farsi un po’ di pubblicità e nient’altro. Non rappresenta quindi una sostanziale fonte di entrate. Ma chi se ne importa, potrebbe pensare qualcuno, di dare soldi a questa gente! Che si trovassero un lavoro vero! Forse per alcuni di essi sarei anche d’accordo ma trovo questa visione delle cose un po’ fuori dal tempo. Ci sono persone che fanno (molti) soldi, in modi assurdi o al limite della legalità, e non vedo nulla di male scegliere la musica come un lavoro. Un lavoro piuttosto rischioso, per altro. Oggi vai alla grande e domani non esisti più per nessuno. Una scelta sbagliata e la caduta nell’oblio spesso è inevitabile.

Qualche anno fa sembrava che la pirateria fosse la causa di tutti i mali. Scaricare illegalmente era una cosa considerata normale e ancora oggi per molti lo è. Chi lo faceva senza nessun senso di colpa, ha continuato a farlo e tutti gli altri invece hanno scelto lo streaming legale. Ottimo. La questione sembrava, almeno in parte, risolta. Ma ben presto la realtà si è rivelata un’altra. Lo streaming non poteva sostituire in pieno la vendita di dischi. L’ascolto di musica è sempre in aumento ma i guadagni per gli artisti e le case discografiche calano vertiginosamente. Evidentemente qualcosa non sta funzionando. Ci troviamo in una situazione nella quale le superstar continuano a guadagnare perché possono permettersi maggiore visibilità (pagando spazi pubblicitari all’interno dello stesso servizio di streaming) mentre gli altri si devono arrangiare, spesso illusi dall’ampio riscontro che oggi i social network possono dare.

Ogni artista fa quello che può, ad esempio facendo più concerti (la cui organizzazione ha dei costi), vendendo merchandising, oppure affidandosi a campagne di crowdfounding, alle quali anche io ho partecipato più volte. L’acquisto degli album, anche se spesso non è sufficiente nemmeno per coprire le spese, resta un buon modo per sostenere un artista soprattutto se indipendente o autoprodotto. Ecco perché ho sempre preferito l’acquisto degli album piuttosto che lo streaming. La maggior parte dei dischi che ho sono in formato digitale. Anzi praticamente tutti. I vantaggi di acquistare un album in digitale sono diversi. Prima di tutto il prezzo. Un CD può costare anche più del doppio del digitale per via del fatto che ha i costi di stampa, materiale e distribuzione, ecc. Occupa spazio e se volete ascoltarlo in movimento (a piedi, in treno e perfino in auto ormai) sarete costretti a farne una copia in digitale, abbandonando di fatto il supporto fisico. Capite benissimo che sarebbe inutile pagare il doppio per usare sempre e comunque il digitale. Se ne fate una questione di qualità audio allora vuol dire che siete degli audiofili appassionati. Perché ormai gli album digitali in alta qualità, mp3 a 320 kbits/s o FLAC, si possono acquistare anche senza differenze prezzo, e per distinguere un mp3 320 kbits/s dalla qualità CD dovreste avere un orecchio davvero fino ed allenato.

Al dì là che preferiate il CD al digitale c’è anche un’altra componente che con lo streaming si perde: il possesso. Una volta lessi in un articolo, che evidenziava una curiosa ripresa nelle vendite di CD, una frase che diceva pressapoco così: acquistando un disco, lo paghi una volta e lo si possiede per sempre. Lo streaming lo paghi per sempre e non lo possiedi mai. Lasciando da parte per un attimo i vantaggi nell’acquisto per un artista, quello maggiore per l’ascoltatore è proprio il possesso. Immaginate se tra qualche anno Spotify dovesse chiudere i battenti. Vi lascerà ascoltare ancora gli album che avete salvato offline? Non credo proprio. Semplicemente non sono vostri, è una specie di noleggio. Tutto quello che avrete pagato, collezionato, organizzato in playlist per anni e anni potrebbe un giorno non essere più disponibile, senza che voi possiate fare nulla. Oppure un artista o un gruppo potrebbe lasciare il servizio, rendendo non più disponibile la propria musica (è già successo più volte). Se non siete degli ascoltatori particolarmente appassionati probabilmente la cosa non vi creerebbe molti problemi. Ma per chi, come me, ci tiene particolarmente alla sua collezione musicale, sarebbe piuttosto fastidioso dovesse succedere una cosa del genere.

Non nascondo che lo streaming ha i suoi aspetti positivi lato utente. Avere la possibilità di ascoltare ovunque la propria musica senza portarsi dietro i file non è un vantaggio da poco. Scoprire nuovi artisti è semplicissimo e spesso rispecchiano i nostri gusti (forse anche troppo). E poi certamente il prezzo è davvero economico. Ad esempio Spotify a 9.99 € al mese costa quanto un album digitale. A chi piace ascoltare musica come me compra più di un album al mese, perciò non serve la calcolatrice per capire che si risparmia eccome. Se la pubblicità e qualche limitazione non vi infastidiscono, tutto questo può essere perfino gratuito.
Il servizio offerto da Spotify o simili è decisamente allettante ma personalmente ho sensazione che non sia molto corretto. Che lo streaming sia il futuro è più che evidente ma lo è altrettanto che le cose non potranno rimanere a lungo così convenienti per i fan, che ovviamente in questo caso sono a tutti gli effetti dei consumatori e vanno dove costa meno.
Io sono dell’opinione che il digitale sia il miglior compromesso tra ciò che conviene e ciò che è corretto nei confronti degli artisti. La recente ripresa delle vendite di vinili e cassette è puramente una questione che riguarda i collezionisti disposti a pagare (troppo) per supporti considerati decaduti da qualche decennio ma tornati di moda per un effetto nostalgia. Il CD resta il migliore per chi vuole qualcosa da tenere fra le mani senza spendere cifre folli ma proprio a causa delle streaming è il supporto che sta soffrendo di più.

Se qualcuno tra voi volesse acquistare, sempre o qualche volta, un album digitale vi posso consigliare qualche sito. Personalmente mi sono sempre trovato bene con 7digital tra i primi store online di musica digitale. Troverete moltissimi album tutti in mp3 di alta qualità ad un prezzo mediamente di € 10, e con qualcosa in più c’è anche la possibilità di scaricare musica in formato FLAC, tutto senza DRM. Avrete il vostro account con gli album sempre disponibili da scaricare o ascoltare in streaming. Unici difetti, manca una wishlist e talvolta capita che qualche album sparisca dal catalogo dopo un po’ di tempo e non riuscirete più a scaricarlo di nuovo. Quindi è sempre meglio scaricarlo subito dopo l’acquisto, anche se è una cosa che capita raramente e non credo sia loro diretta responsabilità.
Altrimenti se volete acquistare direttamente (o quasi) dall’artista o dalla sua casa discografica c’è Bandcamp. Potrete acquistare qualsiasi cosa dai CD, al digitale, dai vinili e al merchandising vario. Gli album digitali sono senza DRM e ad offerta libera. Ci può essere un prezzo minimo ma potreste trovare qualcosa di gratuito. Si tratta per la maggior parte di artisti indipendenti o piccole etichette ma negli ultimi anni l’offerta è cresciuta molto e qualche nome importante comincia ad esserci. Avrete anche qui il vostro account con tutti gli acquisti scaricabili in qualsiasi momento e in qualsiasi formato conosciuto, pagando una volta sola. Non è una cosa da poco. C’è una wishlist e potrete seguire artisti, per essere avvisati quando esce un nuovo album, e seguire i fan, per essere aggiornati sui loro nuovi acquisti. Inoltre i prezzi sono espressi nella valuta dell’artista e quando, ad esempio, è in dollari, un album può venire a costare anche meno dei famosi 10 €. Senza contare che nella maggior parte dei casi acquisterete un album direttamente dall’artista, senza intermediari, ad eccezione dello stesso Bandcamp, che è sempre stato trasparente, e il più possibile corretto, per quanto riguarda la sua quota parte. Da notare che per avere un account è necessario acquistare almeno un album o qualsiasi altro prodotto. Qui potete trovare la ma collezione: bandcamp.com/joebarry.
Meglio ancora, se possibile, è acquistare direttamente dallo store ufficiale dell’artista o della sua etichetta.
Nei casi, rari, nei quali non riesca a trovare l’album che si sta cercando in uno di questi tre modi, non resta che Amazon, anche se non è proprio chiarissimo quale sia la qualità dei sui mp3 (comunque al di sotto di 320 kbits/s) se non dopo l’acquisto.

Quindi, se non vi va di pagare, niente è meglio della musica pirata o dello streaming gratuito. Ma se anche solo ogni tanto un album o una canzone vi piace, acquistateli.

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